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Decorating a Victorian Buffet Table.

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Like true aesthete, attentive to the details aimed to create the beauty even in the smallest and negligible area of their everyday life as they were, our Victorians were real artists in decorating tables laid out for special occasions, from those for a simple buffet to those prepared for the Christmas celebrations.




A Buffet Table decorated with a large wreath and a lavish fountain in the middle, and golden ribbons draping the sides of the towel

Artistic arrangement for dinner table, complete with garlands of flowers and a fountain.



When THE ENCYCLOPEDIA OF PRACTICAL COOKERY - Editor Theodore Francis Garrett - was published in England in 1892, Queen Victoria had been sitting on her throne for more than 55 years and had already consecrated the period which we call in her honor Victorian Age just as a golden era for everything which was domestic and it is unquestionable that such a publication, which in the culinary sector represented one of the vertices, opened a new style for food, both for preparing and for presenting it.

Eliza Acton had published herModern Cookery for Private Families that sold copies very quickly and introduced some of the conventions we may find in modern kitchen books such as measurements and cooking times and Mrs Beeton's Book of Household Management followed it as a best-seller for about 50 years.

You have to know that during the XIXth century over 100 popular cooking books were published, therefore the choice of time to produce an eight-volume encyclopedia should have been chosen with extreme accuracy and well-guided. It was a kind of thorough and detailed cooking treatise, with contributions of no fewer than ten kitchen chefs and far competent confectioners.

It was undoubtedly ambitious in its field - its subtitle is "A Complete Dictionary of All Pertaining to the Art of Cooking and Table Service,"and it contains recipes for every occasion, including"ball suppers, picnics, garden party refreshments, race and boating baskets."

In all its details, the format of the Encyclopedia is quite classic, as it contains recipes, illustrations and descriptions of foods, but it's written with such care and passion that it happens to read more poetic than accurate measures: just think that in a recipe to prepare"Broad beans and cream"it's needed "a lump of butter the size of a fowl's egg."

It also contains recipes that could be rare for a today's chef, and on the other hand, they are far from our tastes! The black pudding, for example, is a sort of pork blood sausage, for the description of which there is a detailed half-page book; the first advice to prepare it it's to "Get a supply of large pig's entrails." And it was not entirely secondary the knowledge of the preservation of fresh products at that time, since as for the half-liter of pork blood required, it is essential to get it the same day that the animal is slaughtered.

The recipes are intertwined with a series of extremely sumptuous illustrations: some are only demonstrative, while others show more elaborate table decorations that clearly appear to be not part of nowadays "practical cooking"; it is the case of some center-table that are real works of art, such as a plate of woodcocks and other birds decorated with white swan statues arranged on several levels,




or of a fish dish decorated with King Neptune, with his trident facing upwards,



or a plaster rooster wearing a pince-nez and a hat that makes ornament for a game-based dish.



And others not less fascinating at all ...




Yes because at that time plaster statues, small fountains, etc. were used to decorate tables and dishes.

Thanks to the New York Academy of Medicine, which keeps the Encyclopedia in its collection, today we can see how people - of course only those belonging to a certain rank - cooked and ate at the end of 1800, and we do it above all with images that are a real treat for the eyes !

And always the most extraordinary decorations belong to desserts and gateaux ... judge yourself ...



I wonder why such an art was lost, along with so many, many things belonging to that period that I love so much, or should only be reserved for exceptional occasions because it does not belong to the middle class, which at the time didn't exist yet ..!

Finally, I'm  leaving you with an image suggesting the decoration for a wedding-breakfast table ... well it is an image that 'speaks' for itself!




And before taking my leave of you, 
let me thank you as always for having followed me up to here with your usual enthusiasm, 
thanks to all of you from the bottom of my heart



see you soon 💕










SOURCE: 

The Encyclopaedia of Practical Cookery: A Complete Dictionary of All Pertaining to the Art of Cookery and Table Service, Editor Theodor Francis Garrett, Contributor William A. Rawson, Illustrators Harry Furniss, George Cruikshank, W. Mann Andrew.








Da veri esteti, attenti ai dettagli volti a dar vita al bello anche nel più piccolo e trascurabile ambito della loro vita quotidiana, i Victorians erano veri artisti nel decorare le tavole imbandite per occasioni speciali, da quelli per un semplice buffet a quelli addobbati per le celebrazioni natalizie.




- immagine 1 - tavolo imbandito per un buffet con tanto di fiocchi a drappeggiare i bordi della tovaglia e fontana nel centro di una vasta ghirlanda decorata che separa i piatti dei commensali



Quando THE ENCYCLOPEDIA OF PRACTICAL COOKERY - Editore Theodore Francis Garrett - venne pubblicata in Inghilterra nel 1890, la regina Vittoria sedeva sul trono già da più di 55 anni ed aveva consacrato quel periodo che noi chiamiamo in suo onore Vittoriano, appunto, come un'epoca d'oro per tutto ciò che era domestico ed è indubbio che una tale pubblicazione, che in ambito culinario rappresentò uno dei vertici, inaugurò un nuovo stile per alimentarsi. 

Eliza Acton aveva pubblicato il suo Modern Cookery for Private Families che vendette copie molto velocemente e introdusse alcune delle convenzioni dei libri di cucina moderni, come le misurazioni delle vivande ed i tempi di cottura. Il Mrs Beeton’s Book of Household Management gli fece seguito rimanendo un best-seller per circa 50 anni.

Pensate che durante il XIX secolo oltre 100 libri di cucina popolari sono stati pubblicati perciò la scelta di tempo per dare alle stampe un'enciclopedia di otto volumi doveva essere stato scelto con estrema accuratezza e del tutto indovinato. Era questo una sorta di trattato di cucina completo e dettagliato, con contributi di non meno di dieci chef di cucina e pasticceri. 
Era indubbiamente ambizioso nel suo ambito - questo è il suo il suo sottotitolo "un dizionario completo di tutto ciò che riguarda l'arte della cucina e del servizio a tavola", e contiene ricette per ogni tipo di occasione, tra cui"cene date in occasioni di balli, pic-nic, rinfreschi da giardino, cesti preparati in occasione di gare all'aperto e di gite in barca."

In tutti i dettagli, il formato dell'Encyclopediaè decisamente classico, poiché contiene ricette, illustrazioni e descrizioni di alimenti, ma è redatto con una tale cura e passione che accade di leggervi misure più poetiche che accurate: pensate che in una ricetta per preparare" Fave in brodo con panna "è scritto che è necessario"un pezzo di burro delle dimensioni di un uovo di gallina"!

Essa contiene anche ricette che potrebbero essere rare per il cuoco di oggi, e, pur se ricercate al tempo, sono lontane dai nostri gusti ! Il budino nero, per esempio, è una sorta di sanguinaccio di maiale, per la descrizione del quale è impegnata una mezza pagina dettagliata del libro; il primo consiglio per prepararlo è "procurarsi intestini di maiali di grandi dimensioni". E non era del tutto secondaria anche una conoscenza della conservazione dei prodotti freschi a quell'epoca: a causa del mezzo litro di sangue di maiale richiesto, l'Encyclopedia afferma che è essenziale prepararlo il medesimo giorno in cui si macella l'animale.


Le ricette sono intercalate ad una serie di illustrazioni decisamente sontuose: alcune sono solamente dimostrative, mente altre mostrano decorazioni da tavola più elaborate che appaiono chiaramente come non appartenenti all'ambito della "cucina pratica"; è il caso di alcuni centro-tavola che sono vere opere d'arte - è il caso di un piatto di beccacce ed altri volatili decorato con statue di cigni bianchi disposti su più livelli 



- immagine 2



di una portata di pesce decorata con re Nettuno, con il suo tridente in alto, 



- immagine 3



o di un gallo in gesso che indossa un pince-nez e un cappello che fa da ornamento per un piatto a base di selvaggina.



- immagine 4



Ed altri ancora ...


- immagine 5


- immagine 6



Sì perché a quel tempo per decorare i piatti che si servivano in tavola venivano utilizzati statue in gesso, piccole fontane, etc.

Grazie all'Accademia di Medicina di New York, che conserva l'Encyclopedia nella sua collezione, oggi siamo in grado di intravedere come le persone - ovviamente solo quelle appartenenti ad un certo rango - cucinavano e mangiavano alla fine del 1800, e lo facciamo soprattutto con immagini che sono una vera delizia per gli occhi !

E sempre le decorazioni più straordinarie appartengono ai desserts e ai gateaux ... giudicate voi stessi ...


- immagine 7


- immagine 8



Mi chiedo perché una tale arte sia andata perduta, insieme a tante, troppe cose che appartengono a quel periodo che tanto amo, o la si debba riservare solamente ad occasioni eccezionali perché non divenuta alla portata del ceto medio, che al tempo ancora non esisteva ... !


Per concludere vi lascio con un'immagine che suggeriva la decorazione di un tavolo per un buffet di nozze ... è un'immagine che si commenta da sé !



- immagine 9






E prima di prendere congedo da voi, 
vi ringrazio come sempre per avermi seguita fin qui con l'entusiasmo di sempre,
 grazie a tutti voi dal profondo del cuore


a presto 💕








FONTE: 

The Encyclopaedia of Practical Cookery: A Complete Dictionary of All Pertaining to the Art of Cookery and Table ServiceEditor Theodor Francis Garrett, Contributor William A. Rawson, Illustrators Harry Furniss, George Cruikshank, W. Mann Andrew.





LINKING WITH:











A Day with Qeen Marie Antoinette.

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Even though it was lived between comforts and luxury, sometimes excessively, have you ever wondered how contrived and complex a day of a woman who was sitting on a throne in the XVIIIth and XIXth centuries could be?
Nothing was left to chance, everything was strictly not only foreseen, but laid down and strictly observed, nothing could be omitted, there was a rigid protocol that established even the slightest detail to follow ...



... and often all this represented a bond that closely linked the free spirits that lived and marked the History of those ages, not least the Queen of France Marie Antoinette, the AUSTRIAN, as she was called with disdain by her poeple, a daughter of Empress Maria Teresa of Austria, and became a consort of Dolphin Louis XVI in May 1770, named King after the death of his grandfather Louis XV, which occurred in May 1774, shortly after they got married.
Knowing how adamant the protocol of the Viennese court was, still adhering to the Spanish one dating back to the XVIth century, that of the court of Paris could represent a sort of 'lightening' of all that in Vienna was imposed, and perhaps the young girl who went to Paris to marry herself (Marie Antoinette went to Paris to get married at the age of 14) really thought just this way at the time, but let's read together with me how it was organized a Queen's day and you can understand why she often wandered around the gardens surrounding the rural village of the Petit Trianon that her husband had donated her, wearing just a simple muslin dress and often with a floral hat that made her almost unrecognizable to the most!








(Louis XVI offered the Petit Trianon to his young bride when his grandfather, Louis XV, who had made it build for his favorite, first Madame de Pompadour, later the Duchesse du Barry, had just died and there Marie Antoinette created a personal and intimate universe, far from the splendour of the court, by making build the Théâtre de la Reine, and adding an English garden that enlivened the monotony of the rest of the park. Richard Mique erected many buildings, between 1777 and 1782, such as a temple dedicated to Love, an "Alpine garden" with its 'belvedere' and a game of fountains, and, in a more rustic style, a borough (Hameau de la Reine) drawn by the painter Hubert Robert, according to the Russian inspiration prevailing at the time proclaiming a return to the purity and clearness of nature completed the ensemble.). 

At this moment she was especially happy with a new pastime. Amidst the stately halls of Versailles she had often longed for a villa on a smaller scale, which she might call of her own; and the wish was now gratified. [...] and, pleased with her new toy, Marie Antoinette, still a girl in her impulsive eagerness for a fresh pleasure (she was not yet nineteen), begun to busy herself with remodeling the pleasure-grounds with which it was surrounded. [ ...] She imported English drawings and hired English gardeners. She visited in person le Count de Caraman, and one or two other nobles, who had already done something by their example to inoculate the Parisians with the new fashion. And prsently lawns and shrubberies, winding walks and irregular shaped flower-beds, supplanted the stately uniformity of the terraces, alleys converging on central fountains, or on alcoves as solid and stiff as the palace itself, and trees cut into all kinds of fantastic shapes, which had previously been regardedas the masterpieces of the gardeners' invention. Her happiness was at its height when, at the end of a few months, all was completed to her liking, and she could invite her husband to an intertainment in a retreat which was wholly her own, and the chief beauties of which were her own work. 1






At 8.00, Her Majesty was awakened; a woman of the wardrobe came to her room carrying a basket with what were called "offers", namely two or three 'chemises', some handkerchiefs and some towels.

Then came the first waiting woman with the 'gazette des atours', a book that contained fabric samples of all the Queen's clothes, who for every season had twelve 'toilettes', twelve 'semi-toilettes', that were less formal dresses, and twelve sumptuous dresses with 'panniers', the striking straw padding that 18th-century fashion wanted to put on the lingerie and under the dress to round and pad the hips. The Queen picked the patterns of the dresses she wished to wear on that day by scoring them with a pin. What she had chosen was then handed over into large taffeta baskets and there there had to be "a sumptuous dress, a less formal one for the afternoon and an evening dress for theater and dinner."

The Queen was then wrapped in a long, flannel-like dress buttoned to the bottom and went to have a bath. The servants attending it (bathers) reached her with the bathing items and when she had finished, a large sheet was kept tended high to protect her from prying eyes and let her dry herself in private; so she went back to her bed wearing a white taffeta cloak and took in her hands either her embroidery work or a book to read.



A little purse belonging to the Queen which she embroidered herself



Breakfast time was set at 9.00 when, in the queen's room, a valet ran a tray with a cup of hot chocolate or coffee, and an hour later Marie Antoinette could go to visit the King's aunt in her apartments and then to the King's ones; at 11.00, her hair was dressed according to the style she liked more and therefore, when she was ready, she curtsied to everyone in the room (often swe was already reached by the King's brothers).

At noon came the time of the 'Grand Toilette' during which the Queen was got ready for lunch and the whole day, and for all the court ladies and the personal servants came with this the most important rite of the whole day: the ladies sat in circle around her  who was in the middle of the room in front of her toilet; this rite began with the cleansing of her face with detergents and astringent creams on which a whitening cream and a whitening and perfumed powder were applied. Rouge reddens her cheeks and pomade glosses her lips and since as a little girl Marie Antoinette suffered from smallpox, the little scars that were left on her cheeks were disguised with small points made with the dark pencil to simulate litle mouches - and it was so that the fashion of the pale face spurred by the often mischievously drawn mouches near the lips was launched; then her beloved toilet water, scented with orange flowers, was sprinkled on her face and on her body, and finally she wore, one by one, all her garments ( as first all it was done by her personal maids, but later the famous Mademoiselle Rose Bertin became responsable of this whole rite - she the first stylist in History, of whom HERE, long ago, I had the pleasure of telling you. )
All this shouldn't last more than half an hour as it was followed by the the rite of the Holy Mass, which the Queen and her consort heard daily before lunch (and in this case the Queen was accompanied by her following, first of all the Princesse de Lamballe,  at whom the ministers of worship joined); at 13.00 o'clock it was presented to Hes Majesty, who in the meantime retired in her rooms, the lunch menu directly from the hands of the maître d'hôtel.
Lunch in public was held every Sunday in the nobility's cabinet. On that day, the ladies titled, and then able to  enjoy the privilege of appearing among the chosen ones, sat on folding chairs placed on both sides of the table, while the not-noble ladies stood. The Queen dined alone with the King: behind the King's chair there was the captain of the guard and the first valet, behind the Queen's chair was her valet, the chief squirrel and her maître d'hôtel. The meal began when the Prince closer to the King presented him with a bowl to wash his hands and when the Princess closer to the Queen provided the same service.

Lunch was a sort of frugal snack given the Queen usually dined with only a small portion of meat and never drank wine.
After the meal the Queen visited the Dolphin's apartment and then returned to her apartments with her ladies to dedicate herself to correspondence or to read and it is at this time of the day that she removed her cumbersome and binding 'pannier' and the bottom of her dress, preferring to wear a light dress, in cotton or muslin, for the rest of the day.
At 3:00 pm she went back to visit the King's aunt and an hour later she received the Abbot in her apartments; at 5:00 p.m. there was an hour of music or singing lesson (Marie Antoinette played the harpsichord), after which she came back to pay a call to the King's aunt or went on a walk in the gardens.


At 7:00 p.m. all the preparations for the evening started, from the changing of the Queen's toilette, to arranging those activities that would have followed dinner, such as attending a theatrical performance or playing cards.
Dinner was served at 9:00 p.m. and was for the Queen a meal a little more substantial than lunch, as it usually consisted of a cup of broth, a chicken wing and a glass of water where she dipped some biscuits as a dessert. If the King wasn't present, dinner should only be served by female servants.
At 11:00 p.m. a procedure similar to the one that followed the awakening was repeated before the Queen laid down, even though it should be said that this time the offers from the wardrobe were a nightgown, a night cap and a pair of socks for the next morning; after the Queen was dressed for the night, everything she had wore during the day was taken to the wardrobe room to be repaired or cleaned.
I reveal a secret to you: to keep her hands beautiful the Queen often slept with waxed gloves.

Also for the king there was a very similar ceremony before the night retreat; while the Queen was waiting for her husband, her first maid was sitting at the foot of her bed; then the King came, and all the servants who had accompanied him were led to their rooms from the Queen's first maid, so she finally came to close the door of the Queen's room before going to bed.


Thanking you heartily for the love and interest I always read in your comments,
I'm send you a big hug, 
wishing you all my best.


See you soon 💕










ALL THE IMAGES WITHOUT CAPTION ARE FROM THE FILM MARIE ANTOINETTE  by  SOFIA COPPOLA, 2006.


BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

Marie-France Boyer, Francois Halard, The Private Realm of Marie Antoinette, Thames & Hudson, 1996;

Elisabeth De Feudeau, From Marie-Antoinette's Garden: An Eighteenth-Century Horticultural Album, Alain Baraton, 2013;

Hélène Delalex, A Day with Marie Antoinette (A Day at), Flammarion-Slp edition, 2015;

Hélène Delalex, Alexandre Maral, Nicolas Milavanovic, Marie-Antoinette, J. Paul Getty Museum, 2016;

Charles Duke Yonge, The Life of Marie Antoinette, Queen of France, 1876;

Maxime de La Rocheterie, The Life of Marie Antoinette, 1893.



QUOTATIONS:

1 - Charles Duke Yonge, The Life of Marie Antoinette, Queen of France, 1876, p. 99.












Anche se vissuta tra agi e lusso, talvolta decisamente eccessivi, vi siete mai chiesti quanto potesse essere artificiosa e complessa la giornata di una donna che nel XVIII e nel XIX secolo sedeva su di un trono ?
Nulla era lasciato al caso, tutto era rigorosamente non solo previsto, ma sancito e strettamente osservato, nulla poteva essere tralasciato, vi era un rigido protocollo che stabiliva anche il minimo dettaglio da seguire ...



- fotografia 1



... e spesso tutto ciò rappresentava un vincolo che legava strettamente gli spiriti liberi che in quelle epoche vissero e segnarono la storia, non ultima la Regina di Francia Marie Antoinette, l'AUSTRIACA, come veniva chiamata con spregio dai suoi sudditi, figlia dell'Imperatrice Maria Teresa d'Austria e divenuta consorte del Delfino Luigi XVI nel maggio del 1770, nominato re dopo la morte del nonno Luigi XV, occorsa nel maggio 1774, poco dopo il matrimonio.
Sapendo quanto fosse rigido il protocollo alla corte viennese, ancora aderente a quello spagnolo risalente al XVI secolo, viene da pensare che la corte di Parigi potesse rappresentare una sorta di 'alleggerimento' di tutto quanto a Vienna era imposto, e forse la giovanissima promessa sposa (Marie Antoinette si recò a Parigi per sposarsi all'età di soli 14 anni) davvero lo pensò, a suo tempo, ma leggete con me come era organizzata una sua giornata da regina e ben riuscirete a comprendere perché spesso la si vedesse girovagare nei giardini che circondavano il villaggio rurale del Petit Trianon che il marito le aveva donato, abbigliata di un semplice abito di mussola e spesso con un floscio cappello che la rendevano quasi irriconoscibile ai più !




- fotografia 2


- fotografia 3


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- fotografia 5


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- fotografia 7




(Luigi XVI offrì il Petit Trianon alla sua giovane sposa quando il nonno, Luigi XV, che lo aveva fatto costruire per la sua favorita, prima Madame de Pompadour, cui poi 'succedette' la Duchesse du Barry, era appena deceduto; Marie Antoinette vi creò un universo personale e intimo, lontano dai fasti della corte, facendovi costruire il Théâtre de la Reine (un teatro di società), ed aggiungendo un giardino all'inglese che vivacizzava la monotonia del resto del parco. Richard Mique vi eresse molti edifici, tra il 1777 e il 1782, ossia un tempio dedicato all'Amore, un "giardino alpino", con un suo belvedere ed un gioco di fontane, ed, in uno stile più rustico, un borghetto - Hameau de la Reine - disegnato dal pittore Hubert Robert, completò l'insieme, secondo l'ispirazione russoviana imperante al tempo che proclamava un ritorno alla purezza e alla sorgività della natura.).

In quel momento era particolarmente felice per questo suo nuovo passatempo. Tra le maestose sale di Versailles aveva spesso desiderato una villa di dimensioni più ridotte, che potesse chiamare sua; e il desiderio era ora gratificato. [...] e, felice del suo nuovo giocattolo, Maria Antonietta, ancora una ragazza nella sua impulsiva impazienza alimentata da un nuovo piacere (non aveva ancora diciannove anni), iniziò a pendersi cura di rimodellare i terreni da cui era circondata. [...] Importò disegni inglesi e assunse giardinieri inglesi. Visitò di persona il Conte di Caraman e uno o due altri nobili, che avevano già fatto qualcosa con il loro esempio per introdurre ai parigini questa nuova moda. E ora prati e arbusti, passeggiate a chiocciola e aiuole di forma irregolare, soppiantarono la maestosa uniformità delle terrazze, i vicoli che convergevano sulle fontane centrali, o le alcove solide e rigide come il palazzo stesso, e gli alberi tagliati in tutti i tipi di forme fantastiche, che erano stati precedentemente considerati come i capolavori dell'invenzione dei giardinieri. La sua felicità era al culmine quando, alla fine di alcuni mesi, tutto fu completato a suo piacimento, e lei poté invitare suo marito ad un incontro  in un rifugio che era interamente suo, e le cui bellezze principali erano frutto del suo lavoro. 1




- fotografia 8


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- fotografia 11


- fotografia 12




Alle ore 8,00 Sua Maestà veniva destata; una guardarobiera raggiungeva la sua stanza recando un cesto con quelle che venivano chiamate "offerte", ossia due o tre 'chemises', alcuni fazzoletti ed alcuni asciugamani.
Giungeva quindi la prima cameriera personale con la 'gazette des atours', un libro che conteneva campioni di tessuto di tutti gli abiti della regina la quale per ogni stagione aveva dodici 'toilettes', dodici 'semi-toilettes', ovvero abiti meno formali, e dodici abiti sontuosi corredati di 'panniers', le vistose imbottiture di paglia che la moda del XVIII secolo voleva poste sulla biancheria e sotto l'abito ad arrotondare ed imbottire i fianchi. La regina selezionava i capi che intendeva indossare quel giorno segnando i campioni con uno spillo. Ciò che aveva scelto le veniva quindi consegnato in grandi cesti di taffetà e vi dovevano essere compresi "un vestito sontuoso, uno meno formale per il pomeriggio ed un vestito da sera per il teatro e la cena".

La regina si avvolgeva quindi in una lunga veste di flanella inglese abbottonata sul fondo e si accingeva a fare il bagno: gli addetti a seguirla durante questa cerimonia la raggiungevano con gli articoli da bagno e quando ella aveva concluso, un ampio lenzuolo veniva tenuto alto ben teso per proteggerla da occhi indiscreti e lasciarla asciugare in privato; quindi se ne tornava a letto con indosso un mantello di taffetà bianco e prendeva in mano il suo ricamo o un libro da leggere.



- fotografia 13 - Piccola borsetta appartenente alla regina da lei stessa ricamata



L'ora della colazione era stabilita per le 9,00, quando, nella stanza della regina, un valletto recava un vassoio con una tazza di cioccolata calda o di caffè ed un'ora dopo Marie Antoinette poteva recarsi in visita negli appartamenti della zia del re e quindi in quelli del re; alle 11,00 i suoi capelli venivano acconciati secondo lo stile che più gradiva e quindi si rivolgeva a tutti i presenti nella stanza che assistevano compiendo inchini ( spesso era già stata raggiunta dai fratelli del re ).

A mezzogiorno giungeva il momento della 'Grand Toilette' durante il quale la regina si preparava per il pranzo e per tutte le dame di corte e le cameriere personali giungeva con questo il rito più importante dell'intera giornata: in cerchio si disponevano intorno a lei, che, davanti la sua toilette, sedeva al centro della stanza; si cominciava con la pulizia del viso che veniva effettuata con detergenti e creme astringenti sulle quali venivano applicate una crema ed una cipria sbiancante e profumata e dato che da bambina Marie Antoinette soffrì di vaiolo, le antiestetiche cicatrici che le erano rimaste sulle guance venivano camuffate con piccoli punti fatti con la matita scura a simulare dei nei - e fu così che venne lanciata la moda del volto pallido ingentilito da nei posticci spesso maliziosamente disegnati vicino le labbra; quindi veniva aspersa sul volto e sul corpo della regina la sua amata acqua di toilette profumata ai fiori d'arancio prima del rito della vestizione di cui, dapprincipio, si occupavano le sue cameriere personali, poi di tutto ciò diverrà responsabile la famosa Mademoiselle Rose Bertin, la prima stilista della storia, di cui QUI, tempo fa, ebbi già il piacere di narrarvi.

Tutto ciò non doveva durare più di mezz'ora poiché ad esso seguiva il rito della S.Messa cui quotidianamente la regina ed il suo consorte assistevano prima del pranzo ( ed anche in questo caso la regina era accompagnata dal suo seguito, tra cui primeggiava la Princesse de Lamballe, cui si univano i ministri di culto); alle 13,00 in punto veniva presentato a Sua Maestà, che nel frattempo, dopo la funzione, si era ritirata nelle sue stanze, il menù per il pranzo direttamente dalle mani del maître d’hôtel.
Il pranzo 'in pubblico' si teneva ogni domenica nel gabinetto dei nobili. In quel giorno, le signore titolate e che quindi godevano del privilegio di figurare tra le prescelte, sedevano su sedie pieghevoli  ai due lati del tavolo, mentre le dame senza titolo rimanevano in piedi. La regina pranzava da sola con il re: dietro la sedia del re si trovava il capitano della guardia ed il primo valletto, dietro la sedia della regina stava il suo valletto, il capo scudiero ed il suo maître d'hôtel. Il pasto aveva inizio quando il principe più vicino al re gli presentava una ciotola per lavarsi le mani e quando la principessa più vicina alla regina prestava il medesimo servizio.

Quello del pranzo era una sorta di frugale spuntino visto che la regina di solito pranzava con solo una piccola porzione di carne e non beveva mai vino.
Dopo il pasto la regina visitava l'appartamento del Delfino e poi tornava nei suoi appartamenti con le sue dame per dedicarsi alla corrispondenza o alla lettura ed è in questo momento della giornata che ella rimuoveva il suo ingombrante e costrittivo 'pannier' e la parte inferiore del suo abito, preferendo indossare un abito leggero, di cotone o mussola, per il resto della giornata.
Alle ore 15,00 si recava nuovamente in visita alla zia del re ed un'ora più tardi riceveva l'abate nei suoi appartamenti; alle ore 17,00 era prevista un'ora di lezione di musica ( Marie Antoinette suonava il clavicembalo) o di canto dopo la quale tornava a far vista alla zia del re oppure si dedicava a passeggiare in giardino.



- fotografia 14



Alle ore 19,00 cominciavano i preparativi per la serata, dal cambio di toilette per la regina all'allestimento di quelle attività che avrebbero seguito la cena, come l'assistere ad una rappresentazione teatrale o giocare alle carte.
La cena veniva servita alle ore 21,00 in punto e rappresentava per la regina un pasto un po' più sostanzioso rispetto al pranzo, poiché generalmente constava di una tazza di brodo, un'ala di pollo ed un bicchiere d'acqua in cui ella immergeva alcuni biscotti come dessert. Se il re non era presente, la cena doveva essere servita solamente da personale di servizio femminile.
Alle ore 23, 00 una procedura simile a quella che seguiva il risveglio veniva ripetuta prima che la regina si coricasse, anche se va detto che questa volta le offerte recate dalla guardarobiera nel suo cesto erano una camicia da notte, un berretto da notte e le calze per il mattino successivo; dopo che la regina si era abbigliata per la notte, tutto ciò che aveva indossato durante il giorno veniva portato nella stanza guardaroba per le riparazioni o le pulizie.

Vi svelo un segreto: per mantenere le proprie mani bellissime la regina si coricava spesso con guanti cerati.

Anche per il re era prevista una cerimonia molto simile prima del ritiro notturno: mentre la regina attendeva suo marito ed il suo seguito, la sua prima cameriera sedeva ai piedi del suo letto; giunto il re, tutti i servitori che lo avevano accompagnato se ne andavano condotti nelle proprie stanze dalla prima cameriera della regina, quindi costei tornava infine a chiudere la porta della stanza della regina prima di andarsene a dormire.



Ringraziandovi di cuore per l'affetto e l'interesse che sempre dimostrate per le mie pubblicazioni, 
vi invio un forte abbraccio augurandovi ogni bene.


A presto 💕







TUTTE LE IMMAGINI SENZA DIDASCALIA SONO STATE TRATTE DAL FILM MARIE ANTOINETTE di SOFIA COPPOLA, 2006.

FONTI BIBLIOGRAFICHE:

Marie-France Boyer, Francois Halard, The Private Realm of Marie Antoinette, Thames & Hudson, 1996;

Elisabeth De Feudeau, From Marie-Antoinette's Garden: An Eighteenth-Century Horticultural Album, Alain Baraton, 2013;

Hélène Delalex, A Day with Marie Antoinette (A Day at), Flammarion-Slp edition, 2015;

Hélène Delalex, Alexandre Maral, Nicolas Milavanovic, Marie-Antoinette, J. Paul Getty Museum, 2016;

Charles Duke Yonge, The Life of Marie Antoinette, Queen of France, 1876;

Maxime de La Rocheterie, The Life of Marie Antoinette, 1893.




CITAZIONI:

1Charles Duke Yonge, The Life of Marie Antoinette, Queen of France, 1876, pag 99.

For a Victorian Christmas ~ Make Your Own Victorian Wreath.

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It's useless to say, dear friends and readers, that we ought to our Victorians the Christmas as we know it and how we celebrate it today that's why, to prepare us to welcome it in the best and most traditional of the ways, I thought to resort to some suggestions, as for decorations, that will make your  own Christmas more victorian than ever!
First of all let's start by preparing a wreath to embellish our front door and with which to welcom warmly those who enter our homes during these days when we prepare our hearts for the most beautiful, joy-filled and meaningful holiday of the year.

The tradition of preparing a wreath to hang on the door dates back to many centuries before the 1800's, but it was a tradition that the Victorians embraced and made their own with joy. Victorian wreaths were very elaborate and made with all kinds of evergreen foliage that could be found in nature even with the season's climatic rigor, such as holly, ivy and little branches of yew. To decorate it they used seasonal fruits and pine cones.

But let's watch in the following video how to prepare easily a wreath just like those dating back to the Victorian Age.




It looks gorgeous, doesn't it ?

See you in a few days to prepare another Victorian Christmas decoration 💕















~ PER UN NATALE VITTORIANO ~ 
COME REALIZZARE UNA GHIRLANDA VERDE


E' inutile che vi dica, miei cari amici e lettori, che dobbiamo ai nostri Victorians il Natale come lo conosciamo e come lo celebriamo noi oggi, perciò, per prepararci ad accoglierlo nel migliore e più tradizionale dei modi, ho pensato di ricorrere ad alcuni suggerimenti in quanto a decorazioni che renderanno il vostro Natale più vittoriano che mai !
Innanzitutto cominciamo con il prepararci una ghirlanda con cui abbellire le nostre porte d'ingresso ed accogliere con calore chi entra nelle nostre case durante questi giorni in cui prepariamo i nostri cuori alla festa più bella e significativa dell'anno.

La tradizione di preparare una ghirlanda da appendere all'uscio risale a molti secoli prima del 1800, ma fu una tradizione che i Victorians abbracciarono e fecero propria con gioia. Le ghirlande vittoriane erano molto elaborate e fatte con tutti i tipi di fogliame sempreverde che pur con il rigore climatico della stagione si potevano reperire in natura, quali l'agrifoglio, l'edera e rametti di tasso. Per decorarla usavano frutti di stagione e pigne.

Potete vedere nel video qui sopra come prepararne facilmente una identica a quelle datate XIX secolo.



- VIDEO - https://youtu.be/tiWKUEj_YgA



Non trovate sia stupenda ?


Ci vediamo tra qualche giorno per preparare un'altra decorazione natalizia vittoriana 💕









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For a Victorian Christmas ~ Make Your Own Victorian Ivy Ribbons.

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Probably the most Victorian Christmas decoration for 'dressing up' with love and warmth environs were ribbons made of ivy leaves - often, alas, we see them in plastic in our supermarkets - but there's no compasrison with the beauty and and the coziness that to a dining room would bring real scented ivy leaves, collected and sewn on strips of fabric to make drapes to place and hang almost everywhere, still fragrant with wood ?

And so let's watch this video driving us in the preparation of such decorations, to create them just like those that Victorian Ladies were delighted to realize and with which they personalized the most frequented rooms of their homes, generally placed at the ground floor, from the drawing room to the room where the main meals were consumed.

Enjoy my friends and readers, and have fun !






In the hope to have suggested you a Christmas decoration that stimulates your creativity and that gives you joy to realize, I'm waiting for you in a few days with new ideas to recreate the most Victorian Christmas you've ever lived!

With all my heart 💕










~ PER UN NATALE VITTORIANO ~ 
COME REALIZZARE FESTONI UTILIZZANDO FOGLIE D'EDERA  


Forse la decorazione in assoluto più vittoriana per vestire di Natale la casa erano i festoni fatti con foglie di edera - spesso, ahimè, li vediamo in plastica nei nostri supermercati - ma volete mettere di quanta bellezza e di quanto calore si arricchirebbe una sala da pranzo decorata con foglie di edera vere, da noi raccolte e cucite su strisce di tessuto a fare drappeggi un po' ovunque, per giunta profumati di bosco?

Ed allora guardiamo insieme questo video che ci guida nella preparazione di tali addobbi, per crearli proprio come quelli che le Ladies vittoriane si dilettavano a realizzare e con cui personalizzavano i vani più frequentati delle loro dimore, generalmente situati al piano terra, dal drawing room ( salotto) alla dining room ( sala in cui venivano consumati i pasti principali ).

Buona visione e buon divertimento !






Nella speranza di avervi suggerito una decorazione natalizia che stimoli la vostra creatività e che vi doni gioia realizzare, vi do appuntamento alla prossima volta, con nuove idee per ricreare il Natale più vittoriano che mai abbiate vissuto !

Con tutto il cuore 💕




For a Victorian Christmas ~ Make Your Own Victorian Tree Ornaments.

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Symbol of Christmas par excellence, since Prince Albert gave it as a gift to his beloved Victoria for Christmas 1848, thus introducing it to England where it wasn't known yet, the Christmas Tree was adorned, during the Victorian Age, with a wide range of decorations, such as pine cones gathered in the woods, garlands of dried or fresh fruit or made of colored paper, ribbons tied on the tops of its branches and small cornucopias that were filled with gifts, obviously of modest size, preferably confectionery.


Let's see together this video that teaches us how to create them, in paper or fabric, if you prefer - and if you decide to use it choose a piece of fabric quite sturdy or starch it before using it - and how to decorate them to get them ready to be hung on our Christmas Tree.


Enjoy my dearest friend and faithful readers !




As you have surely understood, I love handmade ornaments. Because they have been made with thoughts and patience and yet unique in their own ways. With the cornucopias, here is another one of my favorites, Dried Orange Slices, beautifully handmade and old tradition ornaments that bring beauty and aromas into your Christmas rooms and definitely give you the feeling of having tiny stained glass ornament on your tree.



SUPPLIES:


oranges

a knife and a cutting board
your oven
some strings
some cranberries
a needle
and cinnamon sticks which can be added to your ornaments if you like.


Cut oranges in 1/4″ slices. Lay oranges on paper towels in a single layer, then place another paper towel on top and gently pat to remove excess juice.

Place oranges in single layer directly on oven rack and bake at 275° F for one hour, then 225° F for two additional hours. Make sure to flip the oranges every half hour to prevent them from curling and to release moisture from the oven.
They may feel a little sticky when you first take them out of the oven, but will harden the rest of the way on their own. If you want to keep them once they are completely hardened you can spray them with a clear coat.
Using a needle, thread, cranberries and cinnamon I decorated them. I absolutely love the stained glass effect you get when they are in front of a light. 


SOURCE:





In the hope to have suggested you another Christmas decorations that give you joy to realize, I'm waiting for you in a few days to decorate our Victorian Christmas.


From my heart to yours 💕










~ PER UN NATALE VITTORIANO ~ 
COME REALIZZARE DECORAZIONI PER L'ALBERO DI NATALE - PICCOLE CORNUCOPIE IN CUI INSERIRE DONI.  


Simbolo del Natale per eccellenza da che il Principe Albert ne fece dono alla sua amata Victoria per il S.Natale del 1848 introducendolo così in Inghilterra dove ancora non era conosciuto, l'albero di Natale si vestiva, durate l'epoca vittoriana, dei più svariati oggetti di addobbo, da pigne raccolte nei boschi a ghirlande di frutta secca o fresca o di carta colorata, da nastri annodati sulle cime dei suoi rami a piccole cornucopie che venivano colmate di doni, ovviamente di modeste dimensioni, di preferenza dolciumi.

Vediamo insieme questo video che ci insegna come crearle, in carta od in tessuto, se volete - e se decidete per questo cercatelo piuttosto rigido o inamidatelo voi prima di utilizzarlo - e come decorarle per poi poterle mettere sul nostro albero di Natale. 

Buona visione e buon divertimento !






Come avete sicuramente avuto modo di capire, adoro gli ornamenti fatti a mano. Perché sono stati fatti con pazienza ed amore e sono unici a modo loro. Con le cornucopie, ecco un'altra delle mie preferite, le fette di arancia essiccate, antichi ornamenti tradizionali che portano bellezza e aroma nelle vostre stanze natalizie e sicuramente vi danno la sensazione di avere un piccolo decoro di vetro colorato sul vostro albero.



-  fotografia



ECCO COSA VI OCCORRE:

delle arance
un coltello ed un tagliere
il vostro forno
spaghetto da cucina
mirtilli rossi
un ago
e bastoncini di cannella che possono essere aggiunti ai vostri ornamenti, se volete.


Tagliare le arance a fette di circa mezzo centimetro e posarle su carta assorbente in un unico strato, quindi posizionare un altro strato di carta sulla parte superiore e tamponare delicatamente per rimuovere il succo in eccesso.
Mettere le fettine direttamente sulla leccarda e cuocerle a 135° per un'ora, poi a 105° per altre due ore. Ricordate di capovolgere le arance ogni mezz'ora per evitare che si arriccino e perché rilascino l'umidità gradatamente.
Potrebbero sembrarvi un po' appiccicose quando le rimuoverete dal forno, ma induriranno velocemente con la temperatura ambiente. Se volete conservarle ancor meglio quando saranno completamente indurite potete spruzzarle con una vernice trasparente.
Usando un ago, dello spago sottile (quello che generalmente si usa per legare l'arrosto), dei mirtilli rossi e qualche bastoncino di cannella li ho decorati.
Adoro l'effetto tipo vetro colorato che si ottiene quando sono poste di fronte ad una fonte luminosa.


FONTE:



Nella speranza di avervi suggerito altre decorazioni natalizie che possiate realizzare con  gioia, vi aspetto tra qualche giorno per addobbare il nostro Albero di Natale vittoriano.


Con tutto il cuore💕









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For a Victorian Christmas ~ Dress Your Own Victorian Christmas Tree.

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The Christmas Tree by Albert Chevallier Tayler (1862 - 1925)



In the last post of ~ My little old world ~ we watched together, in the video that accompanies us from the beginning of the month teaching us how to create our Victorian Christmas, how to make cornucopias, traditionally dating back to the Victorian culture, filled with sweets of every kind or little gifts, and I have suggested you how to dry slices of orange and how to use them with creativity in your ornaments.

Today we just have to decorate our Christmas Tree, for which also we have to thank our Victorians ... indeed, Prince Consort Albert, as first ... 

Victorian Christmas Trees, brought from the mountain and hillsides, were of all sizes, from two feet high to a majestic height that could graze the lofty ceilings in the decorated homes of the wealthy. Most families bought and carried home their tree many days before Christmas eve, when, according to the tradition, it had to be decorated.

Very large trees were difficult to hold in a firm position, but if securely fastened were much more impressive after they were trimmed. Height, with branches compact to the trunk, was an important matter to be considered in the selection of a Christmas tree, because the weight of the articles ornamenting it always made the branches droop.

A Christmas tree of moderate size could be conveniently placed in a small tub and filled in with stones, coal or anything to keep it secure and steady. At times colored paper was pasted over the tub, so as to hide unsightly crevices, and then some moss laid over all. Sometimes the tree was propped up in a freshly painted tub where were set pots of blooming plants and bright foliage.

The smaller Christmas trees were generally fastened onto a support made of wood, 





surrounded with crude fence-rails and carpeted with moss for grass. Godey's Lady's Book and Magazine provided an engraving in 1876 for decorating the Christmas tree. The illustration showed a quantity of moss placed around the Christmas tree to form a border for the apples, oranges, gilded nuts, and bags of muslin and tarlatan containing sweetmeats. The books and larger toys which could not be conveniently suspended from the branches of the tree were laid at the base of the tree.
Hard candy tied in squares of colored tissue paper were also hung from the branches of the Christmas tree.

Tiny cakes in fanciful and animal shapes were suspended from every branch. Sometimes a narrow strip of the finest cotton-wool was spread along each branch and twig to the farthest needle-tips, to represent snow, and children were always excited with this addition. Shreds of glittering gilt and silver foil, which would not catch fire, was thrown over the entire tree for a charming effect.
At the top of the Christmas tree paper flowers were arranged as their bright colors contrasted favorably with the green branches. At times, roses were placed here and there, in and out.

In addition stars, hearts and other shapes made of gay colored paper were threaded on long strands and draped upon the Christmas tree. 
Often gilded walnut shells suspended from colored ribbons looked pretty. The walnuts were covered with gilt paper, or dropped in liquid gold and placed on a board to dry. The two shells were glued together before they were gilded, with the ribbon glued on upon one end.
Pine cones were hung from the branches.  

Then came the tree candleholders - the most worthy decoration. One magazine recommended that a "dignified tree" be decorated with candles only, except for a few gaily wrapped gifts among the branches. The more candles there were, the more beautiful the effect, especially if all the candles were red. Variations were all green candles or a tree of assorted colors. If white candles were used, the tree was sprinkled with artificial snow.

Only little gifts were placed on the tree and when it tree was fully decorated, the children went round and round it, pointing to each fruit by name, to the tri-colored paper chains, cornucopias and tissue wrapped candy, to the gilded nuts and pine cones, to the flickering candles in their polished holders and laughed delighted if a twig was scorched by a flame and sent out its well-loved pine odor.

The Christmas tree decorations were kept from year to year, from generation to generation and each year some new and special ornaments being added.

But let's watch the next video which show us how to decorate a simple but traditional Victorian Christmas Tree.




Surely, our Victorians didn't lack both imagination and simplicity, and the result was always great!

I hope to have today too rejoiced you and suggested you how to dress your houses with the atmosphere apt to welcome the most traditional Christmas that you have ever known.

And before than taking my leave of you, I'm posting a nice poem by Mary M.Parks about how birds do celebrate their Christmas with their Christmas Tree !



And with this I'm waiting for you next time, for the last decoration that the Victorian tradition suggests us to realize.



From my heart to yours 💕












~ PER UN NATALE VITTORIANO ~ 
COME ADDOBBARE IL NOSTRO ALBERO DI NATALE. 





- immagine 1 - The Christmas Tree by Albert Chevallier Tayler (1862 - 1925)




Nell'ultimo post di ~ My little old world ~ abbiamo visto insieme, nel video che dall'inizio del mese ci accompagna insegnandoci come creare il nostro Natale vittoriano, come realizzare le cornucopie, tradizionalmente risalenti alla cultura vittoriana, da appendere al nostro albero, ricolme di piccoli dolciumi di ogni tipo o doni, ed io vi ho suggerito come far essiccare le fettine di arancia per candirle e per poterle utilizzare con fantasia nei vostri addobbi.

Oggi non ci resta che decorare il nostro albero, per la tradizione del quale dobbiamo essere grati ai nostri Victorians ... ovvero, al Principe Consorte Albert, in primis !

Gli alberi di Natale vittoriani, ossia gli abeti, portati dalle montagne e fatti scendere dai pendii, potevano essere di tutte le dimensioni, da un'altezza di poco più di sessanta cm. a un'altezza maestosa che poteva sfiorare i soffitti alti nelle case imponenti delle famiglie benestanti. La maggior parte delle famiglie comprava e portava a casa il proprio albero molti giorni prima della vigilia di Natale, quando, secondo la tradizione, doveva essere decorato.

Gli alberi molto grandi erano difficili da mantenere in una posizione stabile, ma se fissati saldamente erano molto più imponenti di quando erano nel loro bosco. L'altezza, con i rami compatti intorno al tronco, era  importante da tenere in considerazione nella scelta di un albero di Natale, perché il peso degli addobbi che lo avrebbero ornato rendeva sempre i rami cadenti.

Un albero di Natale di dimensioni moderate poteva essere comodamente posto in una piccola vasca riempita con pietre, pezzi di carbone o altro per tenerlo sicuro e fermo. A volte della carta colorata veniva incollata sopra la vasca, in modo da nascondere eventuali brutte crepe, e poi del muschio veniva posato su tutto, oppure veniva dipinta di fresco ed in essa erano piantati vasi di piante in fiore e foglie sgargianti. 

Gli alberi di Natale più piccoli erano generalmente fissati su di un sostegno fatto in legno,



- immagine 2 - ALBERO DI NATALE PUBBLICIZZATO NEL 1894



magari circondati da grezzi recinti e tappezzati di muschio per simulare l'erba. Il Godey's Lady's Book and Magazine pubblicò un'incisione nel 1876 per fornire un suggerimento su come decorare l'albero di Natale. L'illustrazione mostrava una quantità di muschio posta attorno all'albero per formare un bordo per le mele, le arance, le noci dorate e sacchetti di mussola e tarlatana contenenti dolciumi. I libri e i giocattoli più grandi che non potevano essere collocati direttamente tra i rami erano stati posti alla base dell'albero.
Dai rami dell'albero di Natale pendevano anche caramelle legate dentro a quadrati di carta velina colorata.
Piccoli dolciumi in forme fantasiose e animaletti erano sospesi ad ogni ramo. Talvolta una sottile striscia di lana finissima veniva stesa lungo ogni ramo e ramoscello fino alle punte degli aghi più lontane, per rappresentare la neve, ed i bambini erano sempre entusiasmati da questa aggiunta. Frammenti di lamina argentate e dorate, che non avrebbero preso fuoco, venivano lanciati sull'intero albero per ottenere un effetto affascinante.
In cima all'albero di Natale, fiori quali poinsettie o rose erano disposti in modo che i loro colori vivaci contrastassero con il verde dei rami, ma occasionalmente alcune rose venivano collocate qua e là, dentro e fuori la chioma dell'abete.
Inoltre stelle e cuori fatti di carta colorata venivano infilati su lunghi fili e appesi all'albero di Natale.
Gusci di noce dorati sospesi su nastri colorati apparivano molto belli. Le noci o venivano coperte con carta dorata, o aperte e immerse e in una vernice tinta oro e quindi poste su una tavola ad asciugare. Il guscio veniva quindi ricomposto con della colla e veniva aggiunto del nastro su di un'estremità;  anche le pigne erano spesso appese ai rami.

Poi venivano aggiunti i candelabri - il tocco finale. Una rivista raccomandava che un "albero sobrio" dovesse essere decorato solo con delle candele, tranne qualche vivace dono tra i rami, però più candele c'erano, più bello era l'effetto, specialmente se tutte le candele erano rosse, anche se non era inusuale trovare candele verdi o di colori assortiti. Se venivano usate candele bianche, l'albero veniva infine cosparso di neve artificiale.

Solo i dono più piccoli erano posti sull'albero e quando l'albero era completamente decorato, i bambini giravano attorno ad esso, indicando ogni frutto per nome incantandosi guardando i festoni di carta tricolore, le cornucopie colme di dolciumi e le caramelle appese, le noci dorate e le pigne, le candele tremolanti nei loro lucenti sostegni e ridevano deliziati se un ramoscello veniva occasionalmente bruciato da una fiamma ed emanava così il suo amato odore di pino.

Le decorazioni dell'albero di Natale venivano conservate di anno in anno, di generazione in generazione, e ogni anno venivano aggiunti nuovi e speciali ornamenti.

Ma vediamo insieme come procedere nel prossimo video!






Certo che ai nostri Victorians non facevano difetto fantasia e semplicità, ed il risultato era sempre grandioso !

Spero di averi anche oggi rallegrato e suggerito come vestire di atmosfera le vostre case per accogliere il Natale più tradizionale che mai abbiate conosciuto.

Ma prima di congedarmi da voi, mi piace pubblicare una graziosa poesia di Mary M.Parks su come un giorno anche gli uccelli celebrarono il loro Natale con il loro Albero di Natale!

Il macellaio ci diede del grasso, 
ed il buon Brown del frumento; 
lo zio John un fascio di avena
perchè gli uccellini potessero mangiare.

E noi infilammo mirtilli rossi
e popo corn, in ghirlande, 
e cospargemmo l'albero di polvere di diamante, 
che sembrava ghiaccio, sapete?

La notte della Vigilia lo decorammo,
e ci fece ridere il vedere
come l'indomani mattina
il nostro Albero di Natale brulicava di uccellini.

Mangiarono il frumento,
e quanto piacque loro, non vi dico!
Ma tornarono al lavoro e mangiarono infine, 

anche tutte le decorazioni che avevamo messo!


E con ciò vi do appuntamento alla prossima volta, per l'ultima decorazione che la tradizione vittoriana ci suggerisce di realizzare.


Con tutto il cuore 💕






For a Victorian Christmas ~ Make Your Own Victorian Mistletoe Ball.

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It is precisely during the Victorian Age that spreads in England the tradition to exchange a kiss underneath the mistletoe at midnight of Christmas Eve, even if this custom draws its origins from the Celtic world and its legends (in Italy we have made this tradition our own, but we have moved it to the night separating the old year from the new one).

That of the mistletoe harvest was another typically Victorian rite: it is not easy to find here this plant that grows very willingly, however, in the woods of the English countryside as a parasite of several trees, and it was a labor of patience that was often reserved to children;


The Mistletoe Gatherer, Sir John Everett Millais (1829 - 1896)




its berries, very clear and vitreous, almost transparent, are much loved by birds but very poisonous for us ... so, if you think about it, it's really strange that a plant that has such ... negative characteristics has become a symbol of good luck, so much so that during the holidays, even when a person was welcomed at home, the  hostess held him/her her hand just under the mistletoe.

It should be remembered that the decoration made of mistletoe and to hang from a ceiling beam became traditional first amongst the lower classes, then it became customary for the servants to hang it in their hall to become finally part of the traditions of even the most wealthy families.

But let's watch our video that teaches us how to make this last, typical Victorian decoration made with the branches of this beautiful plant to hang to the ceiling or the chandelier of the room in which we celebrate Christmas, wether there isn't the table under it, although perhaps the most suitable room of the house is the entrance hall.




And after watching this last video together, ~ My little old world ~ hopes to have helped you surrounding yourself with the typical atmosphere of the most traditional Christmas ever and that the warmth of the tradition contributes to heat up your hearts on the occasion of the most beautiful Holiday of the year.

I'm waiting for you just a little before Christmas for a very last post, beloved readers and friends,

see you soon 💕










~ PER UN NATALE VITTORIANO ~ 
COME COMPORRE LA DECORAZIONE FATTA CON IL VISCHIO DA APPENDERE AL SOFFITTO. 


E' proprio durate il periodo vittoriano che in Inghilterra si diffonde la tradizione di scambiarsi un bacio sotto il vischio allo scoccare della mezzanotte la notte della Vigilia di Natale, anche se tale usanza trae le proprie origini dal mondo celtico e dalle sue leggende (in Italia abbiamo fatta nostro questo costume, ma l'abbiamo spostato alla notte che separa l'anno vecchio da quello nuovo).

Quello della raccolta del vischio era un altro rito tipicamente vittoriano: non è facile da trovare qui da noi questa pianta che cresce molto volentieri, invece, nei boschi delle campagne inglesi quale parassita di svariati alberi, ed era un lavoro di pazienza che spesso veniva riservato ai fanciulli; 




- Immagine 1 - The Mistletoe Gatherer, Sir John Everett Millais (1829 - 1896)





Le sue bacche, chiarissime e vitree, quasi trasparenti, sono molto amate dagli uccelli ma velenosissime per noi ... per cui, a ben pensarci, è davvero strano che una pianta che annovera caratteristiche così ... negative sia divenuta simbolo di buon augurio, tanto che durante le feste, anche quando si accoglieva in casa una persona, le si porgeva la mano proprio sotto il vischio.

Va ricordato che la decorazione fatta di vischio da appendere ad un trave del soffitto diviene tradizionale prima presso i ceti più bassi, poi presso la servitù dei benestanti per passare infine a far parte delle tradizioni anche dei più facoltosi. 

Ma veniamo al nostro video che ci insegna come realizzare questa ultima, caratteristica decorazione vittoriana fatta con i rami di questa bellissima pianta da appendere o al soffitto o al lampadario della stanza in cui si celebra il Natale, se sotto di esso non vi è posto il tavolo, anche se forse il vano più adatto è la zona d'ingresso dell'abitazione.




- VIDEO - https://www.youtube.com/watch?v=SYgeXgD7LyU



E dopo aver visto insieme questo ultimo video ~ My little old world ~ si augura di avervi aiutati a circondarvi dell'atmosfera tipica del Natale più tradizionale e che il calore della tradizione contribuisca a scaldare i vostri cuori in occasione della festa più bella dell'anno.


Vi aspetto poco prima del Natale per un ultimissimo post, amati lettori ed amici,

a presto 💕






December 24th 1888, the last Christmas Empress Elisabeth of Austria spent surrounded by her family.

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Dad spoke so laconically tonight that I could almost have grieved, I did not know he just pretended he did not care so much. Mom was sad. Rudolph now watched her, now me and was very friendly. The little Elisabeth [N.d.A. Erzsi, daughter of Rudolph and Stefanie] had a lot of fun with her gifts and played with her things ...

From the Diary of Marie Valerie of Hapsburg, December 24th, 1888




Born on December 24th (1837), the Christmas Eve, in Munich, in the august ducal palace of the family that overlooked (and still faces) on the Ludwigstraße, owned by her father and thus called Herzog Max Palais, Elisabeth Amalie Eugenie, born Archiduchess in Bavaria, saw in the feast of the Nativity, so much felt among the Germanic people that hold all the oldest and meaningful traditions, something transcendent, and was in fact considered a harbinger of fortune to be born the same night in which the Savior was born, just as it was to born with a small, first, tiny little tooth in the mouth and above all to born on Sunday, which meant having the privilege of living throughout life halfway between the world of the living people and the one of souls.



You can imagine the joy that brought, amongst the cold walls of the building, which often echoed the silvery shouts of children, to celebrate a double feast in 'the bosom' of a family so numerous and so often governed by happiness.


Joseph Karl Stieler, The Children of Max Joseph in Bayern


And the festivities continued every year even after the girl became empress, wife of Emperor Franz Joseph I of Hapsburg, and mother, of Sophie (Laxenburg, 5 March 1855 - Budapest, 29 May 1857), Giselle (Laxenburg, 12 July 1856 - Munich, July 27, 1932), Rudolph, Crown Prince (Vienna, 21 August 1858 - Mayerling, 30 January 1889), and finally Marie Valerie (Budapest, 22 April 1868 - Wallsee-Sindelburg, 6 September 1924).
Every year even the Hapsburgs, as the Wittelsbach did before, gathered themselves around their richly decorated Christmas tree to celebrate this double 'birth', even if they couldn't indulge in emotional moments, at least as they wanted and as could happen to other bourgeois or aristocratic families, as the court protocol always required the presence of a large servitude.

But a special meaning had that Christmas Eve of 1888 ... for each of them ...

On the evening of that Eve, as always Giselle was absent since she got married with Prince Leopold of Bavaria in 1873 (she had left her family of origin to get married at the young age of seventeen and did not feel strongly the bond with it); Marie Valerie was about to announce her engagement with Archduke Franz Salvator of Austria -Tuscany, for which she was at the height of joy, while in Rudolph it was stirring, making alive more than ever, the inner conflict that will trigger the tragedy of Mayerling, which will happen only a little more than a month later: he had always suffered from the lack of love of his mother, so similar to him, so loved by him, by the arms of which he had been prematurely torn, since, as a future emperor, it must have been reserved for him a particular, unique education that had nothing to do with affection and that would have to strengthen him and make him a man already at an early age ... in reality the methods 'suited to barracks' adopted by him whom the Archduchess Sophie had chosen as his educator, Count Leopold Gondrecourt, former superior general of the Austrian army, who knew nothing about children, will make his physical health more frail, the psychological one weak and vulnerable  ... yes, the Archduchess Sophie was the one who took care of the education of her grandchildren, tearing them from the empress's breast, considered too young and in any case of little experience ... especially to follow the training of a future emperor!

She boasted of having made of her Franzi a perfect emperor, but the temperament of Franz Joseph and that of Rudolph were completely different, already in origin ... and maybe Franz Joseph had really become a perfect emperor, indeed, to use a term forced, but that makes the idea - please give it to me - too perfect to be able to find the time to devote himself to affections ... he had become a perfect emperor, who, as never before, gave so much to his subjects, but what he had earned as a dedication to the sense of duty, he had lost in sensitivity to his family.



An elderly Archduchess Sophie portrayed in 1866 by Ludwig Angerer



But let's come back to that fateful Eve, for which Rudolph had prepared for his mother a very special surprise: thanks to a friend he had managed to buy eleven autograph letters from the poet Heinrich Heine, whom the empress considered her teacher and guide in poetry , and could not wait to make this gift to his beloved mother, almost looking for yet another confirmation of his long-awaited love, but the empress was sad that evening, was about to permanently lose her beloved daughter, Marie Valerie, the only one whom she had the opportunity to grow following her maternal instinct for the first time, without the mediation of educators (when Marie Valerie was born, in 1868, the Archduchess Sophie was already sick and infirm, relegated to her bed, and died, watched over by her daughter-in-law, four years later, on May 28th, 1872) ... when he gave her his precious gift, she deigned it with little consideration, at least not of what he, anxious, expected, and placed it under the big tree that stood on a table in the majestic room where the table with all the presents was set ... the empress was very generous and paid no attention on expenses especially on the occasion of the festivities, but that evening was sad Elisabeth, although at the same time she felt a certain joy, because her beloved daughter conveyed her happiness to her.

After dinner with Rudolph and his wife Stefanie, who from Laxemburg, their official residence, had in the meantime transferred to spend the winter in a wing of the vast Palace of the Hofburg in Vienna, seat of the imperial power, the couple retired to their rooms and Maria Valeria remained alone with her parents, realizing she had given the news of her future engagement to her sister-in-law, without having yet told her brother ... it was necessary to go and call him.

And given Rudolph showed himself to be very cordial towards his brother-in-law, his mother embraced him, and said, "I love you so much." Rudolph was so moved by that comment of his beautiful, beloved mother who barely managed to stifle his sobs. He only asked: "No, really? It was a long time since it was not like that". Rodolfo probably did not feel disappointed that his mother did not give importance to his present. Instead it made him deeply happy that she finally expressed her feelings. But even these beloved emotions for him came too late. He was struggling to see a way out of his situation. 1

Then, like every evening, Marie Valerie remained alone with her mother:

Then Mother and I said the evening prayer as usual and shortly after 7 and 1/2 I hugged her crying, and as a conclusion of my peaceful life as a free girl, I begged her to forgive me for all my shortcomings to her, if there were any. In her immense goodness, she said that she would have preferred there were more to forgive, because it would be easier for her to give me away ... 2

That was the last Christmas that the imperial family spent together in the Hofburg, celebrating it ... Elizabeth did not know it, but before losing her daughter she will lose, forever, Rudolph, who will die in causes that are still not completely clear, and perhaps will be forever shrouded in mystery, in his hunting lodge in Mayerling, on the following January 30th ... it was the last time that mother and son had the opportunity to meet themselves, the next time Elizabeth will cry him already lifeless



The emperor and empress at the deathbed of Rudolph;Mayerling, scene of the drama with Crown Prince Rudolph of Austria by Theodore Georges Jansoone Breitwieser



and since then never wanted anyone to wish her "Happy Birthday", "Happy Holidays" and "Happy New Year", she no longer wanted to see Christmas decorations around her, lights and decorations and since then she will wear mourning for the rest of her days ; and feeling less and less the warmth of the festivities, with the flowing of time she will seldom more and more in Vienna, especially during the Christmas season, giving rise, the death of Rudolph, to a continuous, aimless, incessant, anguished wandering (often for Christmas  Elizabeth will be in the company of her sister Marie Sophie in Paris), a never ending wandering all the Europe long, that will eventually lead her to meet her death on September 10th, just 10 years after that Christmas marked by fate.



And now let's leave aside the voice of History and let's think of the Good Wishes, 
those for our Christmas ... may it be for you all prodigal of Joy and Serenity 
and that the New Year may realize all your wishes, 
I wish it to you from the bottom of my heart!









BIBLIOGRAFIA:

Maria Valeria d'Asburgo, La prediletta - Il diario della figlia di Sissi, a cura di Martha e Horst Schad, traduzione di Flavia Floradini, MGS PRESS, 2001;

Conte Egon Cesar Corti, L'imperatrice Elisabetta, Mondadori, Milano, 1937;

Sigrid Maria Größing, Rodolfo d'Asburgo. Libero pensatore, rubacuori, psicopatico, MGS PRESS, Trieste, 2006;

Brigitte Hamann, Elisabeth. Kaiserin wieder Willen, Amalthea Verlag, Wien, München, 1982;

Brigitte Hamann, (a cura di), ELISABETH Bilder einer Kaiserin, Amalthea Verlag, 1998;

Gabriele Praschl – Bichler, L'Imperatrice Elisabetta, Longanesi & C., Milano, 1997;

Gabriele Praschl-Bichler, Josef Cachée, "...von dem müden Haupte nehm' die Krone ich herab": Kaiserin Elisabeth Privat, Amalthea Signum Verlag, Wien, 1981; 


John T.Salvendy, Ribelle Reale. Ritratto psicologico di Rodolfo d'Asburgo, Mursia, Milano, 1995.




CITAZIONI:

1 - Sigrid Maria Größing, Rodolfo d'Asburgo. Libero pensatore, rubacuori, psicopatico, MGS PRESS, Trieste, 2006, pag. 226;

2 - Maria Valeria d'Asburgo, La prediletta - Il diario della figlia di Sissi, a cura di Martha e Horst Schad, traduzione di Flavia Floradini, MGS PRESS, 2001, pag. 144.








24 dicembre 1888, l'ultima Vigilia di Natale che l'Imperatrice Elisabetta d'Austria trascorse circondata dalla sua famiglia.





Papà ha parlato in modo così laconico di stasera, che avrei quasi potuto affliggermi, non sapevo che fa solo finta che non gli importi moltissimo. La mamma era triste. Rodolfo osservava ora lei, ora me ed era molto cordiale. La piccola Elisabetta [ N.d.A. Erzsi, figlia di Rodolfo e Stefania] si divertiva molto con i regali e giocava con le sue cose ... 


Dal Diario di Maria Valeria d'Asburgo, 24 dicembre 1888






- immagine 1 - Una stampa del tempo di autore sconosciuto



Nata il 24 di dicembre (del 1837), la vigilia del Natale, a Monaco di Baviera, nell'augusto palazzo ducale della famiglia che si affacciava (e si affaccia tutt'ora) sulla Ludwigstraße, di proprietà del padre e chiamato appunto Herzog Max Palais, Elisabetta Amalia Eugenia, nata Arciduchessa in Baviera, vedeva nella festa della Natività, così tanto sentita presso il popolo germanico che ne vanta tutte le più antiche tradizioni, un qualcosa di trascendente, ed era in effetti ritenuto presagio di fortuna nascere la stessa notte in cui è nato il Salvatore, così come lo era il nascere con in bocca già un piccolo, primo, minuscolo dentino e soprattutto nascere di domenica, che significava avere il privilegio di vivere per tutta la vita a metà tra il mondo dei vivi e quello delle anime.



Potete immaginare la gioia che recava tra le fredde mura del palazzo, che spesso riecheggiavano grida argentine di fanciulli, il festeggiare una doppia festa in seno ad una famiglia così numerosa e così spesso governata dall'allegria.



- immagine 2 - Joseph Karl Stieler, The Children of Max Joseph in Bayern



Ed i festeggiamenti continuarono ogni anno anche dopo che la fanciulla divenne imperatrice, moglie dell'Imperatore Francesco Giuseppe I d'Asburgo, e madre, di Sofia (Laxenburg, 5 marzo 1855 – Budapest, 29 maggio 1857), Gisella (Laxenburg, 12 luglio 1856 – Monaco di Baviera, 27 luglio 1932), Rodolfo, Principe Ereditario (Vienna, 21 agosto 1858 – Mayerling, 30 gennaio 1889), ed infine di Maria Valeria (Budapest, 22 aprile 1868 – Wallsee-Sindelburg, 6 settembre 1924).
Ogni anno anche gli Asburgo, così come facevano prima i Wittelsbach, si riunivano attorno al loro albero di Natale, riccamente decorato, per festeggiare questa doppia 'nascita', anche se non potevano lasciarsi andare all'entusiasmo degli slanci affettivi, come poteva accadere ad altre famiglie borghesi o aristocratiche, in quanto il protocollo di corte imponeva sempre la presenza di una nutrita servitù. 

Ma un significato particolare ebbe la vigilia di Natale del 1888 ... per ciascuno dei presenti ...


La sera di quella Vigilia come sempre, da che si era maritata con ilPrincipe Leopoldo di Bavieranel 1873, Gisella era assente (ella aveva lasciato la famiglia di origine per sposarsi alla giovane età di diciassette anni e non avvertiva forte il legame con essa); Maria Valeria stava per annunciare il suo fidanzamento con l'Arciduca Francesco Salvatore d'Asburgo -Toscana, per cui era all'apice della gioia, mentre in Rodolfo si stava agitando, facendosi vivo più che mai, il conflitto interiore che scatenerà la tragedia di Mayerling, che accadrà solo poco più di un mese dopo: egli, da sempre, aveva sofferto della carenza dell'amore della madre, a lui così tanto simile, da lui così tanto amata, dalle braccia della quale era stato precocemente strappato, poiché, in qualità di futuro imperatore, doveva essergli riservata un'educazione particolare, unica, che nulla avesse a che fare con l'affetto e che lo avrebbe dovuto irrobustire e fare di lui un uomo già in tenera età ... in realtà i metodi da caserma adottati da colui che l'Arciduchessa Sofia aveva scelto come suo educatore, il ConteLeopold Gondrecourt, ex maggiore generale dell'esercito austriaco, che nulla conoscenza annoverava dell'infanzia, renderanno la sua salute fisica più gracile, quella psicologica labile e vulnerabile ... sì, l'Arciduchessa Sofia era colei che si occupava dell'educazione dei nipoti, strappandoli al seno dell'imperatrice, ritenuta troppo giovane e comunque di scarsa esperienza ... soprattutto per seguire la formazione di un futuro regnante !



Lei si vantava di aver fatto del suo Franzi un perfetto imperatore, ma il temperamento di Francesco Giuseppe e quello di Rodolfo erano completamente diversi, già in origine ... e forse Francesco Giuseppe era davvero divenuto un perfetto imperatore, anzi, per usare un termine forzato, ma che rende l'idea - vi prego concedetemelo - troppo perfetto da poter trovare il tempo da dedicare agli affetti... era divenuto un perfetto imperatore, che tanto, come nessuno mai, diede ai suoi sudditi, ma ciò che aveva guadagnato in qualità di dedizione al senso del dovere lo aveva perso in sensibilità verso la sua famiglia.



- immagine 3 - Un'anziana Arciduchessa Sofia ritratta dal fotografo di corte Ludwig Angerer nel 1866



Ma torniamo a quella fatidica sera della Vigilia, per cui Rodolfo aveva preparato per la madre una sorpresa del tutto speciale: grazie ad un amico era riuscito ad acquistare undici lettere autografe del poeta Heinrich Heine, che l'imperatrice considerava suo maestro e guida nel poetare, e non vedeva l'ora di farne dono all'amata madre, quasi cercando un'ennesima, ultima, conferma del suo tanto agognato amore, ma l'imperatrice era triste quella sera, stava per perdere definitivamente la sua figlia prediletta, Maria Valeria, la sola che ebbe la possibilità di crescere seguendo per la prima volta il suo istinto materno, senza la mediazione di educatori (quando nacque la piccola, nel 1868, l'Arciduchessa Sofia era già malata ed inferma, relegata al letto, e spirerà, vegliata dalla nuora, quattro anni dopo, il 28 maggio del 1872) ... quando questi le porse il suo prezioso dono, ella lo degnò di scarsa considerazione, perlomeno non di quella che lui, ansioso, si attendeva, e lo pose sotto il grande albero che troneggiava su di un tavola della maestosa stanza in cui era allestito il tavolo con tutti i doni .... l'imperatrice era molto generosa e non badava a spese soprattutto in occasione delle feste, ma quella sera era triste Elisabetta, anche se al contempo provava una certa letizia, perché la sua adorata le trasmetteva la sua felicità.


Dopo la cena consumata con Rodolfo e la sua consorte Stefania, i quali da Laxemburg, loro residenza ufficiale, si erano nel frattempo trasferiti per trascorrere l'inverno in un'ala del vastissimo Palazzo della Hofburg in Vienna, sede del potere imperiale, la coppia arciducale si ritirò nelle proprie stanze e Maria Valeria rimase sola con i genitori, accorgendosi di aver aver dato la notizia del suo futuro fidanzamento alla cognata, senza averlo ancora detto al fratello ... bisognava andare a chiamarlo.


E siccome Rodolfo si mostrò molto cordiale anche nei confronti del futuro cognato, sua madre lo abbracciò, e disse: "Ti voglio tanto bene". 
Rodolfo era così commosso per quel commento della sua bella, amata mamma che riuscì a malapena a soffocare i singhiozzi. Chiese solo: "No, davvero? Era tanto tempo che non era più così". 
Probabilmente Rodolfo non avvertì come una delusione il fatto che la madre non avesse dato importanza al regalo. lo rese invece profondamente felice che lei finalmente gli esprimesse dei sentimenti. Ma anche queste emozioni per lui giungevano troppo tardi. 
Stentava a vedere una via d'uscita alla propria situazione. 1

Quindi come ogni sera Maria Valeria rimase sola con la madre: 

Poi la mamma ed io abbiamo detto come sempre la preghiera della sera e poco dopo le 7 e 1/2 l'ho abbracciata piangendo, e come conclusione della mia serena vita di ragazza libera, l'ho pregata di volermi perdonare tutte le mia mancanze nei miei confronti, qualora ve ne siano state. Nella sua immensa bontà lei ha detto che avrebbe preferito ci fosse di più da perdonare, perché le sarebbe più facile darmi via ... 2


Fu quello l'ultimo Natale che la famiglia imperiale trascorse insieme, nella Hofburg, festeggiandolo ... Elisabetta non lo sapeva, ma prima di perdere la figlia perderà, per sempre, Rodolfo, che morirà in cause ancora non del tutto chiare, e forse per sempre avvolte dal mistero, nel suo casino di caccia a Mayerling, il 30 di gennaio successivo ... 
fu quella l'ultima volta in cui madre e figlio ebbero l'occasione di incontrarsi, la volta successiva Elisabetta lo piangerà già privo di vita



- immagine 4 - The emperor and empress at the deathbed of Rudolph; Mayerling, scena del dramma che coinvolse il Principe Ereditario Rodolfo d'Asburgo di Theodore Georges Jansoone Breitwieser



e da allora mai più volle che nessuno le augurasse "Buon Compleanno", "Buone Feste" e "Buon Anno", non volle più vedere decorazioni natalizie intorno a sé, luci ed addobbi e da allora vestirà il lutto per il resto dei suoi giorni; ed avvertendo sempre meno il calore delle festività, con il trascorrere del tempo sarà sempre più di rado a Vienna, soprattutto durante il periodo delle feste natalizie, dando inizio la morte di Rodolfo ad un peregrinare continuo, senza meta, incessante, angoscioso (spesso per le feste di Natale Elisabetta si troverà in compagnia della sorella Maria a Parigi), un girovagare perituro per l'Europa che la condurrà infine ad incontrare la morte il 10 settembre di 10 anni dopo quel Natale segnato dal destino. 



Ed ora lasciamo da parte la voce della Storia e passiamo agli Auguri, 
quelli per il nostro Natale ... che sia per tutti prodigo di Gioia e di Serenità 
e che il Nuovo Anno possa realizzare tutti i vostri desideri, 
ve lo auguro dal profondo del cuore !










BIBLIOGRAFIA:

Maria Valeria d'Asburgo, La prediletta - Il diario della figlia di Sissi, a cura di Martha e Horst Schad, traduzione di Flavia Floradini, MGS PRESS, 2001;

Conte Egon Cesar Corti, L'imperatrice Elisabetta, Mondadori, Milano, 1937;

Sigrid Maria Größing, Rodolfo d'Asburgo. Libero pensatore, rubacuori, psicopatico, MGS PRESS, Trieste, 2006;

Brigitte Hamann, Elisabeth. Kaiserin wieder Willen, Amalthea Verlag, Wien, München, 1982;

Brigitte Hamann, (a cura di), ELISABETH Bilder einer Kaiserin, Amalthea Verlag, 1998;

Gabriele Praschl – Bichler, L'Imperatrice Elisabetta, Longanesi & C., Milano, 1997;

Gabriele Praschl-Bichler, Josef Cachée, "...von dem müden Haupte nehm' die Krone ich herab": Kaiserin Elisabeth Privat, Amalthea Signum Verlag, Wien, 1981; 


John T.Salvendy, Ribelle Reale. Ritratto psicologico di Rodolfo d'Asburgo, Mursia, Milano, 1995.




CITAZIONI:

1 - Sigrid Maria Größing, Rodolfo d'Asburgo. Libero pensatore, rubacuori, psicopatico, MGS PRESS, Trieste, 2006, pag. 226;

2 - Maria Valeria d'Asburgo, La prediletta - Il diario della figlia di Sissi, a cura di Martha e Horst Schad, traduzione di Flavia Floradini, MGS PRESS, 2001, pag. 144.





Sheltered for the Winter.

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Sweet life! how lovely to be here 
And feel the soft sea-laden breeze 
Strike my flushed face, the spruce's fair 
Free limbs to see, the lesser trees' 

Bare hands to touch, the sparrow's cheep 
To heed, and watch his nimble flight 
Above the short brown grass asleep. 
Love glorious in his friendly might, 

Music that every heart could bless, 
And thoughts of life serene, divine, 
Beyond my power to express, 
Crowd round this lifted heart of mine!


Claude McKay (1889 - 1948), Winter in the Country




They're clear and sunny days those of this first decade of the Winter and the beginning of the new year, serene, but also rather cold.




Nothing better for the rest of our succulent and Mediterranean plants that are now recovered in our ORANGERIE at the beginning of December to preserve them like every year from the cold season, sheltered from the frost and the most intense frost that they cannot stand.
The most delicate plants do not stand out here, but it is enough to give them a shelter to allow them to spend their Winter healthy and to find themselves in Spring looking very good.
Just follow me, I'm leading you in our 'tools-and-plants-shed' located in the heart of the Tenuta Geremia park.








It is quite small in size - around 20 square metres - but it is enough to accommodate the plants and furnishings that in the Summer show themselves among the foliage of the perennial shrubs and the trees populating our gardens.

On the outside, a sober Palladian style suggests an extremely rigorous setting inside too,


actually, with chalk and wooden walls and ceilings, in its inside simplicity reigns sovereign making it every year welcoming more and more ... obviously it is not heated and, when outside the temperatures have to go down even a lot, here the mercury column does not go beyond the thermal zero, which is static, harmless even for the most delicate plants.

And it's just here that succulents, with the cold, the sunlight and their vegetativ rest, get themselves ready for their Spring blooming 








“Never are voices so beautiful as on a winter's evening, when dusk almost hides the body, 
and they seem to issue from nothingness 
with a note of intimacy seldom heard by day.”


Virginia Woolf (1882 - 1941), Night and Day




And on these verses that recreate the characteristic charm of the Winter late afternoons,

I'm sending you my warmest hug,



see you soon 💕












Dolce Vita! che bello essere qui
E sentire la leggera brezza rorida di mare
Colpire il mio volto arrossato, l'abete se ne giova
Ha arti liberi per lasciar vedere gli alberi più piccoli

Ha mani nude per toccare, e prestare attenzione al trillo del passero
E osservare il suo volo agile
Sopra la corta erba bruciata e addormentata.
Amore glorioso nella sua forza gentile,

Musica che ogni cuore può benedire,
E pensieri di vita serena, divina,
Oltre il mio potere di esprimere,
Si accalcano intorno a questo mio cuore risollevato!


Claude McKay (1889 - 1948), Winter in the Country



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Sono giorni sereni quelli di questa prima decade dell'inverno e dell'inizio del nuovo anno, sereni, ma anche piuttosto freddi.



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Niente di meglio chiedono le piante grasse e mediterranee che all'inizio di dicembre ricoverai nella nostra ORANGERIE per preservarle come ogni anno dalla stagione fredda, al riparo dalla brina e dal gelo più intenso che non reggono.

Non resistono qui all'aperto le piante più delicate, ma è sufficiente dar loro un ricovero per consentire loro di trascorrere l'inverno in salute e per ritrovarsi in primavera in gran forma.

Venite, vi accompagno nel nostro 'ricovero attrezzi e piante' situato nel cuore del parco di Tenuta Geremia.


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E' di modeste dimensioni - copre una superficie di circa 20 metri quadri - ma è sufficiente per accogliere le piante e gli arredi che in estate fanno mostra di sé tra le chiome degli arbusti perenni e degli alberi che popolano i nostri giardini.

All'esterno un sobrio stile palladiano fa pensare ad un ambiente estremamente rigoroso, 



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in realtà al suo interno, con pareti e soffitti in legno, governa la semplicità che ogni anno lo rende sempre più accogliente ... ovviamente non è riscaldato e, quando le temperature all'esterno dovessero scendere anche di molto, qui la colonnina del mercurio non si spinge oltre lo zero termico, statico, innocuo anche per le piante più gracili.

Ed è proprio qui che le succulente, con il fresco, la luce del sole ed il riposo vegetativo, si preparano per la loro fioritura primaverile.



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Mai si danno voci così belle come quelle di una sera d’inverno, 

quando il crepuscolo quasi nasconde il corpo, 

e le parole sembrano provenire da una assenza 

con una nota di intimità raramente ascoltata durante giorno. 



Virginia Woolf (1882 - 1941), Night and Day





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E su questi versi che ricreano il fascino caratteristico dei tardi pomeriggi d'inverno, 
vi invio il mio più caloroso abbraccio,


a presto 💕





HISTORY OF FASHION ~ CIVIL WAR FASHION ~ Patterns to sew or knitt Winter Caps with scarfs and Hoods.

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We can just imagine how long and how cold those Winters were, of that cold that freez the heart and the soul, 
for the thought given by having some loved ones to the front to fight
... brothers, against each other ...



I am thinking of the Winters of the years that embraced the period of time during which the American Civil War lasted (1861-1865), when only women, children and the elderly who could no longer be useful for their country remained at home.

During those years it almost seemed as if even the women's magazines had committed themselves to giving life to a style trend in clothing that included a lot of knitting and crochet, as well as sewing.


As I have already told you HERE it was a very special fashion, with rich clothes in bright fantasies, because the absence of commercial exchanges with the Old Continent and the scarce economic means of almost all the families, often led ladies to use pieces of tablecloths or curtain fabrics for their dresses (Plaid dresses) ... and only the wealthiest could continue to keep a seamstress at their service .... many wealthy ladies learned to sew for themselves, under the guidance of the patterns and instructions provided by the models offered by magazines for women's and for the family.








And rediscovering the art of embroidery, knitting, crochet, they rediscovered the values linked to socializing moments, such as the joy of being together, of telling anecdotes, of learning to listen, since when women worked they were never alone, they used to meet in the afternoon or after dinner, now in one's house, now in the house of the other, to spend together those moments when the main urgency was to overcome the anxiety and pray for the good of their husbands and sons who were fighting a war that, like many, indeed, almost all, we could say, was based on principles that escaped logic and even more, any kind of sentiment.





The Quilting Bee by Morgan Weistling



The ladies of the time rediscovered the love for the work done with their own hands, not only for clothings, but also for what concerned the furnishings of their homes so as to quilt together patchwork blankets, curtains, carpets with which to cover tables, pillow covers and more!



But that of VICTORIAN QUILTING is another story ... I'm going to tell it to you with so much love another time, my dear friends and readers ...




Thanks again for having followed me up to here
and may your week be filled with joy and fulfillment





see you soon 💕












Possiamo solamente immaginare quanto furono lunghi quegli inverni e quanto furono freddi, di quel freddo che raggela il cuore e l'anima, per il pensiero dato dall'avere i propri cari al fronte per combattere 
... fratelli, uno contro l'altro ...



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Sto pensando agli inverni degli anni che abbracciarono l'arco di tempo entro il quale durò la Guerra di Secessione Americana (1861-1865), quando a casa rimasero solamente le donne, i bambini e gli anziani che non potevano più essere utili alla patria.

In  quegli anni sembrò quasi che persino le riviste femminili si fossero impegnate a dar vita ad una tendenza di stile in fatto di abbigliamento che prevedeva molto lavoro a maglia e all'uncinetto, oltre che cucito.
Come ho già avuto modo di raccontarvi QUI era una moda del tutto particolare, con ricchi abiti in fantasie sgargianti, poiché l'assenza di scambi commerciali con l'Europa e gli scarsi mezzi economici delle famiglie inducevano spesso le ladies ad utilizzare pezze di stoffa ricavate da tovagliati o da tessuti per tende (Plaid dresses) ... e solamente le più facoltose poterono continuare a mantenersi una sarta al proprio servizio .... molte ladies abbienti impararono a cucire per sé, sotto la guida appunto degli schemi e delle istruzioni fornite dai modelli offerti delle riviste femminili e per la famiglia.



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E riscoprendo l'arte del ricamo, del lavoro a maglia, dell'uncinetto, andarono riscoprendosi i valori legati ai momenti conviviali, quali quello della gioia dello stare insieme, del raccontarsi aneddoti, del saper ascoltare, poiché quando lavoravano le ladies non erano mai sole, o si riunivano durante il pomeriggio o dopo cena, ora in casa di una, ora in casa dell'altra, per trascorrere insieme quei momenti in cui l'urgenza principale era quella di ottemperare l'ansia e pregare per il bene dei mariti e dei figli che stavano combattendo una guerra che, come molte, anzi, quasi tutte, potremmo dire, si basava su principi che sfuggivano alla logica ed ancor più al sentimento.



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- immagine 11 - The Quilting Bee by Morgan Weistling



Le ladies del tempo riscoprirono l'amore per il lavoro fatto con le proprie mani, non solo per l''abbigliamento, ma anche per ciò che riguardava l'arredamento delle loro dimore tanto da confezionare insieme coperte patchwork, tendoni, tappeti con cui coprire i tavoli, copricuscini ed altro ancora !


Ma quella del VICTORIAN QUILTINGè un'altra storia ... ve la racconterò con tanto amore un'altra volta, miei carissimi amici e lettori ...




Grazie ancora per avermi seguita fino a qui 
e che la vostra settimana sia colma di letizia e di soddisfazioni


a presto 💕








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A tale of two sisters, Queen Victoria's granddaughters.

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... This is the story of two sisters,
  so similar as to seem almost twins,
as well as so similar their tragic fate was ...





I want to tell you today the story of two enchanting girls, two fairytale princesses, whose lives ended up turning out to be anything but a fairytale, but which at their beginning they had all the prerequisites for being considered such.



Elisabeth and Alix von Hessen und bei Rhein were two wonderful princesses born into a noble and wealthy German family, daughters of the third born - but second as female - of the British royal couple, Queen Alexandrina Victoria and her husband, Prince Consort Albert von Saxen-Coburg Gotha, I'm talking about Her Royal Highness Alice Maude Mary of the United Kingdom.


Princess Alice of the United Kingdom (Alice Maud Mary, daughter of Queen Victoria).
Camille Silvy (1835–1910) - Royal Collection RCIN 2900531




When her father, Prince Albert, was diagnosed with typhoid fever in December 1861, Alice took care of him until the time of his death, which occurred on December 14 of that same year. After his death, Queen Victoria entered a period of intense mourning that it wouldn't abandon her for the rest of her life, and Alice spent the next six months at her side as an unofficial secretary and above all as a figure of moral support that wanted to help her in overcoming the tragedy of such an early, sudden and serious loss. On July 1st, 1862, while the court was still at the height of this mourning, Alice married Louis IV, heir to the Grand Duchy of Hesse becoming thus Princess Louis von Hessen-Darmstadt and Grand Duchess von Hessen und bei Rhein. The ceremony, conducted privately and with obscure sadness at Osborne House, was described by the Queen as having its own atmosphere "more than a funeral than a marriage". And, alas, the princess's life, began sadly, sadly went on in Darmstadt because of the gradual impoverishment, of family tragedies and the worsening of the relationships both with her husband and her mother.

But let's come to her children who were her only joy,



and to these girls who are the protagonists of this story of ours: Princess Elisabeth, second-born, born after Irene (November 1st, 1864), and Princess Alix, fifth-born and penultimate daughter of the Grand Dukes von Hessen und bei Rhein, born just before Princess Mary (June 6th, 1872).

Their fate led both of them to Russia for love, in that Russia still so backward, not yet reached by the industrial revolution and thus still without a middle class, socially and economically governed by agriculture.
At that time Russia was still divided in two social classes, the wealthy, which were far wealthy and the poor, which were amongst the poorest in the whole Europe. 
Needless to say that it was deeply strident the hiatus between the destitute and the aristocracy, who lived in a world of its own, made of opulence and pomp: theater, ballets, operas, concerts, sporting events, and afternoon teas were the only concerns of the most affluent people and marked a calendar so intense and arduous to follow that no time left them to think about the poor ...


Performance at the Bolshoi Theater by Mihály Zichy (?)




Ball in Honour of Alexander II by Mihály Zichy, 1864


In fact, well-to-do people lived in a state of total ignorance of the miserable conditions in which the lower class, the peasants, lived: they lived at the end of their strength to obtain a plate of soup, exploited by the aristocrats and landowners and owners of nothing ...

Ninety-five per cent of the peasants owned nothing, had no land and no money given the high fees that they had to pay to their landowners for the lands that they worked for them and lived in mud-roofed huts, for which they also paid a rent ...


Peasant Children by Vladimir Yegorovich Makovsky, 1880





Busy Time for the Mowers by Grigoriy Myasoyedov, 1887






 PRINCESS ELISABETH VON HESSEN-DARMSTADT UND BEI RHEIN 


Named lovingly Ella in the bosom of her family, she was named after St.Elisabeth, the patron of Hungary, and as a young girl lived a modest life compared to the real standards of the time, even though her father came from one of the oldest and noblest houses in Germany and her mother was the daughter of Queen Victoria.

She swept the floors, cleaned her room and even accompanied her mother to take care of the soldiers at a nearby hospital when the war between Austria and Prussia broke out.

And once she became a woman she grew charming and kind and considered one of the most beautiful princesses all around the Europe. 



Courted by her cousin, the future Kaiser Wilhelm II, a marriage which her grandmother would have seen favorably, she gave her heart to the Grand Duke Sergej Alexandrovich of Russia who married in June 1884 thus assumimg the name of Grand Duchess Elizabeth Feodorovna Romanova.

Everyone fell in love with her when she reached Russia after leaving her beloved Darmstadt and it was at the aforementioned wedding that Alix, her younger sister, met her future husband, the sixteen-year-old Nicholas, the future Tsar Nicholas II, a union that she supported, but that once again clashed with the farsightedness of Grandma Victoria, perhaps because she presaged the tragedies that it would have brought to her family ...

The happiness of Ella, who lived with her beloved in one of the Kremlin palaces, was finally broken when, on a cold February morning of the year 1905, Sergej was assassinated inside his palace by a socialist-revolutionary who, in doing so, avenged 20,000 Jews whom he had gathered to drive them out of their homes without any reason and without warning them, a few days before.

Although she changed her belief from Lutheranism to Orthodoxy, she remained devoutly religious, and feared that God's wrath would be unleashed on her family; consumed by sadness and guilt, she gave herself to monasticism, sold her possessions in 1909 and worked tirelessly to help the poor and sick in Moscow, often finding herself in the worst neighborhoods.


Grand Duchess Elizabeth Feodorovna Romanova as a nun after her husband’s death, 1918



In July of 1918 Lenin ordered the arrest of Ella: she spent a few days with other prisoners belonging to Russian noble families before being transported with them to a small village with an abandoned coal mine 66 feet deep.

She was taken as first, beaten and thrown into one of the mine pits - but remained unharmed after the fall - and was followed by all the others; then a mine was thrown into the well but only one man died; then the assassins threw a second grenade which was completely lethal and the poor Ella perished singing a sacred hymn, according to the testimonies.

It was July 18th.





PRINCESS ALIX VON HESSEN-DARMSTADT UND BEI RHEIN 


Nicknamed "Sunny" by her mother and "Alicky" by her British relatives because she could be distinguished from her aunt, Princess Alexandra of Denmark who would become Queen of England as a consort of King Edward VII, Alix became a charming girl with her bright blue-eyed, gold-red hair, and among all she was Queen Victoria's favorite nephew, who had in mind for her a marriage that would, in the future, view her on the English throne as the bride of the eldest son of the Prince of Wales, Prince Albert Victor, Duke of Clarence and Avondale.


A beautiful portrait of Alix in her youth



But as we've already seen, Alix fell in love with Nicholas in 1889 and Nicholas couldn't wait for the girl to accept his hand - at first the young woman was reluctant to convert to Orthodoxy, but, reassured by her sister, finally agreed to get engaged with the Russian Prince who had already won her heart.


Official portrait of the engagement between Nicholas and Alix



When in 1894 Tsar Alexander III died Nicholas became Emperor of all the Russias under the name of Nicholas II and Alix got married and was crowned Tsarina on the same day,  May 26th, 1896 (since then she assumed the name of Aleksandra Feodorovna Romanova)!


Zarina Aleksandra Feodorovna Romanova nee Alix von Hessen-Darmstadt, 1908



Although she gave birth to five beautiful daughters, the Tsarina never managed to establish a communicative relationship with the Russian people, partly because of her shy and reserved character, partly because the population reproached her for not loving the Russian culture and not having given birth to an heir to the imperial throne, this until in August 12th, 1904 when her little 'ray of sunshine', Prince Alexei, was born.



From that day she lived definitively isolated with her child in the palaces seat of the power, retiring completely to private life, which further reduced the scarce sympathy that the people already had for her; all this, added to the dangerous financial weakening that Russia had to endure after the Great War, which caused hunger to millions of people who couldn't bear the heavy taxation enforced by the government, finally ignited the fuse that triggered the revolt against the central power: in March 1917 the revolution broke out and the Romanovs were taken prisoner in their palace, with no intention of eliminating them, but with the hope that their foreign relatives intervened to help them to expatriate, but neither France nor Britain moved, and the next move came to the Bolsheviks who seized power and abducted the entire imperial family on August 17th, 1917, to lead them to Tobolsk in Siberia.

The taking of power by the Bolshevists in November 1917 was the first step taken by fate towards their death; in the Spring of the following year they were moved and taken to Ipatiev House in Yekaterinburg, where they finally came, suddenly, executed.

It was the morning of July 17th, Alix died exactly one day before the same fate touched the poor Ella ... the wind of progress had taken the lives of both of them ... almost at the same time ...



History often leads us to reflect, to think that not much has changed over time, and perhaps not much will change as long as there will be feelings of hostility to separate us from one another ...






Thanks as always for your attention and support,

I hug you heartily




See you soon 💕













... E' questa la storia di due sorelle,
 tanto simili da sembrare quasi gemelle, 
così come tanto simile fu il loro tragico destino ...




- immagine 1 - Elisabeth e Alix von Hessen-Darmstadt und bei Rhein


Voglio raccontarvi quest'oggi la storia di due fanciulle incantevoli, due principesse da favola, le cui vite finirono con il rivelarsi tutt'altro che una favola, ma che dapprincipio avevano tutti i presupposti per poterlo essere.


Erano Elisabeth ed Alix von Hessen und bei Rhein due meravigliose principesse nate in seno ad una nobile e facoltosa famiglia tedesca, figlie della terza nata, ma seconda come femmina, della coppia reale inglese, data dalla regina Alexandrina Victoria e dal suo consorte Principe Albert von Saxen-Coburg Gotha, ovvero Sua Altezza Reale Alice Maude Mary of the United Kingdom.




- immagine 2 - Princess Alice of the United Kingdom (Alice Maud Mary, daughter of Queen Victoria). Camille Silvy (1835–1910) - Royal Collection RCIN 2900531




Quando a suo padre, il Principe Albert, fu diagnosticata la febbre tifoide nel dicembre  del 1861, Alice se ne prese cura fino al momento del suo decesso, occorso il 14 dicembre di quello stesso anno. Dopo la sua morte, la regina Victoria entrò in un periodo di intenso lutto che non avrebbe abbandonato per il resto della sua vita, Alice trascorse i successivi sei mesi al suo fianco in qualità di segretaria non ufficiale e soprattutto come figura di sostegno morale che avrebbe dovuto aiutarla nel superare la tragedia di una così precoce improvvisa e grave perdita. Il 1° luglio del 1862, mentre la corte era ancora al culmine del lutto, Alice sposò Louis IV, erede del Granducato di Hesse, divenendo così Principessa Louis e Granduchessa von Hessen-Darmstadt und bei Rhein. La cerimonia, condotta privatamente e con oscura tristezza a Osborne House, fu descritta dalla Regina come avente l'atmosfera propria "più di un funerale che di un matrimonio". E purtroppo, cominciata tristemente, la vita della principessa a Darmstadt fu infelice a causa del graduale impoverimento, di tragedie familiari e del peggioramento delle relazioni sia con il marito che con la madre.


Ma veniamo ai suoi figli, che furono la sua unica gioia, 




- immagine 3 - Alice circondata dai suoi sei figli





e a queste fanciulle che di questa nostra storia sono le vere protagoniste: la Principessa Elisabeth, secondogenita, nata dopo Irene (1 novembre 1864), e la Principessa Alix, quintogenita e penultima figlia della coppia dei Granduchi von Hessen und bei Rhein, nata subito prima della Principessa Mary (6 giugno 1872).

Il loro destino le condusse entrambe in Russia per amore, in quella Russia al tempo non ancora raggiunta dalla rivoluzione industriale e perciò priva di una classe media, la cui economia ancora si reggeva sull'agricoltura.
A quel tempo la Russia era ancora divisa in due classi sociali, quella dei benestanti, che erano davvero molto ricchi, e quella dei non abbienti, che erano tra i più poveri dell'intera Europa.
Inutile dire che profondamente stridente era lo iato tra gli indigenti e l'aristocrazia, che viveva in un mondo tutto suo, fatto di opulenza e di sfarzo: il teatro, i balletti, l'opera, i concerti, gli eventi sportivi, ed i tè pomeridiani erano le uniche preoccupazioni dei più abbienti e scandivano un calendario talmente intenso ed arduo da seguire che nessun tempo lasciava loro per pensare alla gente più misera ...




- immagine 4 - Performance at the Bolshoi Theater by Mihály Zichy (?)


- immagine 5 - Ball in Honour of Alexander II by Mihály Zichy, 1864





Vivevano infatti i ricchi in uno stato di totale ignoranza delle miserrime condizioni in cui invece versava il ceto più basso, quello dei contadini, che vivevano allo stremo delle forze per procurarsi un piatto di minestra, sfruttati dagli aristocratici e padroni di nulla ...
Il novantacinque per cento dei contadini erano nullatenenti, non avevano terra e tanto meno possedevano denaro date le elevate rette che dovevano pagare ai proprietari terrieri per le terre che per loro lavoravano e vivevano in capanne dal tetto fatto in fango, per cui anche pagavano l'affitto ...




- immagine 6 - Peasant Children by Vladimir Yegorovich Makovsky, 1880


- immagine 7 - Busy Time for the Mowers by Grigoriy Myasoyedov, 1887







 ELISABETH VON HESSEN-DARMSTADT UND BEI RHEIN 




Nominata amorevolmente Ella in seno alla famiglia, ella mutuò il proprio nome da St.Elisabetta patrona d'Ungheria e già da fanciulla visse una vita modesta paragonata agli standards reali del tempo, anche se suo padre proveniva da una delle case più antiche e nobili della Germania e sua madre era la figlia della Regina Victoria.

Ella Spazzava i pavimenti, puliva la sua stanza e persino accompagnava la madre a prendersi cura dei soldati in un vicino ospedale quando scoppiò la guerra tra Austria e Prussia.
Ed una volta fattasi donna divenne affascinante e gentile e considerata una delle più belle principesse dell'intera Europa.




- immagine 8 e immagine 9 - 2 ritratti della giovane Elisabeth





Corteggiata dal cugino futuro Kaiser Wilhelm II, matrimonio che la nonna avrebbe visto di buon occhio, Ella si lasciò conquistare dal Granduca Sergej Alexandrovich di Russia che sposò nel giugno del 1884 assumendo così il nome di Granduchessa Elizabeth Feodorovna.
Tutti si innamorarono di lei quando raggiunse la Russia dopo aver lasciato l'amata Darmstadt e fu proprio alle suddette nozze che Alix, la sorella minore, incontrò il suo futuro sposo, il sedicenne Nicholas, il futuro Zar Nicola II, unione che Ella appoggiò, ma che ancora una volta si scontrava con la lungimiranza della nonna Victoria, forse perché presaga delle tragedie che avrebbe portato con sé ...

La felicità di Ella, che viveva con il suo amato in uno dei palazzi del Cremlino, fu definitivamente spezzata quando, in un freddo mattino di febbraio del 1905, Sergej fu assassinato all'interno del palazzo da un socialista-rivoluzionario il quale, così facendo, intendeva vendicare i 20.000 ebrei che questi aveva radunati per cacciarli dalle loro case senza motivo e senza preavviso alcuni giorni prima.

Nonostante avesse mutato il proprio credo passando dal luteranesimo all'ortodossia, Ella era rimasta devotamente religiosa, e temeva che l'ira di Dio si sarebbe scatenata sulla sua famiglia; consumata dalla tristezza e dal senso di colpa, si diede al monachesimo, vendette i suoi possedimenti nel 1909 e lavorò senza tregua per aiutare i poveri e gli ammalati a Mosca, trovandosi spesso a percorrere le strade dei peggiori quartieri.




- immagine 10 - Ella in abito da monaca fotografata dopo la morte del marito





Nel luglio dell'anno 1918 Lenin ordinò l'arresto di Ella: costei trascorse alcuni giorni con altri prigionieri appartenenti ad altre famiglie nobili russe prima di essere trasportata con loro in un piccolo villaggio con una miniera abbandonata a 66 piedi di profondità.

Ella fu presa per prima, fu percossa e gettata in uno dei pozzi della miniera - ma rimase illesa dopo la caduta - e fu seguita da tutti gli altri; nel pozzo venne quindi gettata una mina ma solo un uomo morì; quindi gli assassini gettarono una seconda granata la quale fu del tutto letale e la povera Ella perì cantando un inno sacro, stando alle testimonianze.


Era il 18 luglio.






 ALIX VON HESSEN-DARMSTADT UND BEI RHEIN 



Soprannominata "Sunny" da sua madre e "Alicky" dai suoi parenti britannici poiché potesse essere distinta dalla zia, la Principessa Alexandra di Danimarca che sarebbe diventata Regina d'Inghilterra in qualità di consorte del Re Edward VII, Alix divenne una bellissima fanciulla dai vivaci occhi blu e dai capelli rossi dorati e tra tutte era la nipote preferita della Regina Victoria la quale aveva in mente per lei un matrimonio che l'avrebbe, in futuro, vista a sua volta sul trono inglese quale sposa del figlio maggiore del Principe di Galles, il Principe Albert Victor, Duca di Clarence and Avondale.




- immagine 11 - Una bellissima Alix fotografata nel fiore degli anni




Ma come abbiamo già visto Alix si innamorò di Nicholas nel 1889 e Nicholas non vedeva l'ora che la fanciulla accettasse la sua mano - dapprincipio la giovane era riluttante circa la conversione all'ortodossia, ma, rassicurata dalla sorella, accettò infine di fidanzarsi con il principe russo che aveva già conquistato il suo cuore.




- immagine 12 - Foto ufficiale del fidanzamento di Nicholas ed Alix




Quando nel 1894, lo zar Alessandro III morì Nicholas divenne Imperatore di tutte le Russie con il nome di Nicholas II ed Alix si sposò e venne incoronata zarina il medesimo giorno, ovvero il 26 maggio del 1896 (da allora assunse il nome di Aleksandra Feodorovna Romanova) !




- immagine 13 - La Zarina Aleksandra Feodorovna Romanova nata Alix von Hessen-Darmstadt,  fotografata nel 1908




Nonostante mise al mondo cinque bellissime figlie, la zarina non riuscì mai a stabilire un rapporto di comunicatività con il popolo russo, un po' per il proprio carattere timido e riservato, un po' perché la popolazione le rinfacciava il fatto di non amare la cultura russa e di non aver dato alla luce un erede al trono imperiale, fino a che il 12 agosto del 1904 nacque il suo piccolo 'raggio di sole', il Principe Alexei.




- immagine 14 - Il Principe Alexei fotografato nel 1904




Da allora ella si isolò definitivamente con il suo piccolo nei palazzi sede del potere, ritirandosi completamente a vita privata, cosa che ridusse ulteriormente le già scarse simpatie che già il popolo nutriva per lei; tutto ciò, sommato al pericoloso indebolimento finanziario che la Russia dovette sopportare dopo la Grande Guerra, che indusse alla fame milioni di popolani che non riuscirono a sostenere i pesanti oneri che si videro affibbiare dal governo, accese definitivamente la miccia che scatenò la rivolta contro il potere centrale: nel marzo del 1917 scoppiò la rivoluzione ed i Romanov vennero fatti prigionieri nei loro palazzo, senza alcuna intenzione di eliminarli, ma con la speranza che i loro parenti stranieri intervenissero per farli espatriare, ma né la Francia né la Gran Bretagna si mossero, per cui la mossa successiva toccò ai Bolscevichi che rapirono l'intera famiglia imperiale il 17 agosto del 1917 per condurli a Tobolsk in Siberia.
La definitiva presa del potere da parte dei Bolschevichi nel novembre del 1917 fu il primo passo compiuto dal destino verso la loro morte; nella primavera dell'anno successivo furono spostati e condotti presso Ipatiev House ad Yekaterinburg dove vennero alfine, improvvisamente giustiziati. 

Era la mattina del 17 luglio, Alix morì esattamente un giorno prima che la medesima sorte toccasse anche alla povera Ella ... il vento del progresso aveva tolto la vita ad entrambe ... quasi al contempo ...




Spesso la Storia ci porta a riflettere, a pensare che non molto è cambiato nel corso del tempo, e forse non molto potrà mutare finché esisteranno sentimenti di ostilità a separarci gli uni dagli altri ...



Grazie come sempre per la vostra attenzione, 
vi abbraccio con il cuore


a presto 💕





Regency desserts recipes for your tea with Jane Austen.

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“But indeed I would rather have nothing but tea.” 

Jane Austen ~ Mansfield Park





Precious in the Regency period because still much sought-after, rare, and imported with parsimony from the colonies because heavily taxed, tea was already loved by the British even if the afternoon tea will be consolidated as an invaluable rite among the well-to-do Ladies only during the Victorian period.

At the time of our beloved Jane tea was drunk for breakfast and especially after the evening meal and she did not fail to let us know with how much love she dedicated to this ceremony, the preparation of which she took care of herself, taking the precious leaves of the infuse jealously kept in their box as jealously kept was the sugar in the cupboard to the left of the fireplace along with the Chinese transferware, and enjoyed sip by sip, as she does not fail to remember us in every novel of hers, in each of which the style of that time life and that of the characters reflected her own and that of her family, indeed, that of an entire era.



Dining Room at Chawton Cottage



Of course, that of tea, especially in the morning, was a sort of small meal, since the sweet and savory dishes, especially desserts, cooked in advance and kept for the occasion, were served together with it.

Here I'm presenting you some recipe of them: they are not chosen by chance, they belong to the vast repertoire of the Regency period, and are all recipes that Jane really knew, or because we found them written in her letters, or in her novels or in the recipe book of Martha Lloyd because, as a good housewife, she loved to collect them.

Give me a little digression: for those of you who still doesn't know her, Martha Lloyd was Jane Austen's best friend, after her sister Cassandra - this seems almost useless to underline - who lost her mother in 1805, shortly after the death of Reverend Austen: with this last loss of hersshe remained alone, being already an orphan of her father and having her younger sister Mary married James Austen when his first wife died.
So it was that in 1809, when Mrs.Austen, together with her two daughters, decided to accept the invitation of her son Edward to move to his property in Chawton, she thought it to be a good thing to bring also poor, dear Martha; and it really was, since not only she did become useful in the houseworks, but she became like a second sister to Jane, remaining by her side until her death (1817) and beyond, even after Jane's death she remained at Chawton with the two Austen who survived until Frank, become a widower, asked her in marriage: it was 1828 and Martha was 62 years old !

But here we are interested in still being able to taste the delicacies whose recipes she carefully collected in her household book which is still kept by the Jane Austen Memorial Trust and which also depicts us a precious and completely unpublished painting of the domestic life of that time:




LEMON CHEESCAKES ~

Jane wrote to Cassandra about a "good dinner" she had at Devizes while traveling: "amongst other things we had asparagus and a lobster, which made me wish for you, and some cheescakes..." ( Letter, May 17 1799.)
Georgian and Regency recipes for cheesecakes often contained no cheese; these are little egg custards enriched with almonds. 1



Take ½ lb of almonds, blanch'd in cold water, let stand all night,

beat fine with orange flower water. Take ½ lb of fine sugar.

Then take the peel of two lemons, paired very thin, boil it in water

till they are very tender and not bitter; then beat it very fine in a 

mortar with the sugar, then mix it with the almonds.

Take eight eggs (leaving out half the whites); take ¼ lb of butter,

melted, and let it be cold, then mix altogether.

Bake it in a fine paste in small patty pans, put some sugar

on your paste.



MARTHA LLOYD'S HOUSEHOLD BOOK






ENGLISH MUFFINS 

Mr. Woodhouse comments on Emma passing the muffins to her guests an overattentive (and indigestive) twice. Muffins were also served in after-dinner tea in Pride and Prejudice and in The Watsons. Traditionally they were toasted front and back (not in the middle) and pulled (not cut) apart around the waist and, of course, laden with butter.



Mix two pounds of flour with two eggs,

two ounces of butter melted in a pint of milk

and four or five spoonfuls of yeast; beat it thoroughly, and set it to 

rise two or three hours. Bake on a hot hearth, in flat cakes. 

When done on one side turn them.



MRS. RUNDELL
A New System of Domestic Cookery, 1806 





RATAFIA CAKES ~ 

Today Ratafia is a liquor made with some fruits, but, during the Regency, its name was used to indicate a whatever alcoholic drink flavored ( water orange, lemon, almonds, and so on )



Take 8 oz of apricot kernels, if they cannot be had bitter almonds

will do as well. Blanch them and beat them very fine

with a little orange flower water, mix them with the whites of 

three eggs well beaten and put to them 2 lbs of 

single refined sugar finely beaten and sifted.

Work all together and it will be like a paste,

then lay it in little round bits on tin plates flour'd.

Set them in an oven which is not very hot 

and they will be puff up and soon be baked.



MARTHA LLOYD'S HOUSEHOLD BOOK





JANE'S SPONGE CAKE ~


The Oxford English Dictionary notes that the first recorded use of the word "sponge-cake" is by Jane, writing to Cassandra, ( June 15 1808)."You know how interesting the purchase of a sponge cake is to me." Its other name, "pound cake", referred to the quantity of each ingredient, an easy way to remember the recipe when many cooks couldn't read. 6 



Take a lb of fine flour well dried.

Then take a lb of butter and work it very well with

your hands till it is soft. Then work into it half a pound of sugar.

Then take 12 eggs putting away half the whites,

then work them also into your butter and sugar.

Then strew your flour into your butter, sugar and eggs, by little 

and little, till all be in, then strew in 2 oz of caraway seeds.

Butter your pan and bake it in a quite oven,

- an hour and a half will bake it.



MARTHA LLOYD'S HOUSEHOLD BOOK 7 






BUTTER BUNS ~ 



Put ¼ lb of butter into 2 lbs of flour, a 1/4 lb of sugar,

a handful of currants, two spoonfuls of good yeast. Set it to rise

before the fire. Add the yokes of two eggs and about a pint of warm 

milk, mix into a limp paste and make it into forty buns. 



MARTHA LLOYD'S HOUSEHOLD BOOK 






GINGERBREAD ~


Emma Woodhouse, waiting for Harriet Smith in Highbury, notices the homely details of High Street, including "a string of dawdling children round the baker's little bow-window eyeing the gingerbread."9



Take four pints of flour rub into it 3quarters of a pd of butter 

2 oz of Ginger a Nutmeg, one oz of Carraway seeds a quarter

of a pint of Brandy, 2 pd of treacle, mix it altogether; 

let it lay till it grows stiff then roll it out, cut it into cakes, 

you may add what sweetmeats you please.



MARTHA LLOYD'S HOUSEHOLD BOOK 10 





In the hope that you enjoyed this journey back in the Regency era, 
perfumed with sweet aromas and spices, and, indeed, that it inspires you and suggests you to make with your hands the cakes Jane Austen loved,
I hug you wholeheartedly to express my deepest gratitude.



See you soon 💕











BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

Jane Austen Online Magazine

Maggie Black, The Jane Austen Cookbook, McClelland & Stewart, 2002;

Peggy Hickman, A Jane Austen Household Book With Martha Lloyd's Recipes, David & Charles, 1977;

Pen Volger, Tea With Jane Austen: Recipes Inspired by Her Novels and Letters, Cico Books, 2016;

Kim Wilson, At Home with Jane Austen, Abbeville Press, 2014;

Kim Wilson, Tea With Jane Austen, Frances Lincoln Ltd, 2011.




QUOTATIONS:

1 - Pen Volger, Tea With Jane Austen: Recipes Inspired by Her Novels and Letters, Cico Books, 2016, pag. 33;

2 - Pen Volger, Tea With Jane Austen: Recipes Inspired by Her Novels and Letters, op.cit., pag.34;

3 - Ibidem, pag.11;

4 -  Ibid., pag.13;

5 -  Ibid., pag.25;

6 -  Ibid., pag.28;

7 -  Ibid., pag.29;

8 -  Ibid., pag.17;

9 -  Ibid., pag.30;

10 - Ibid., pag.32.







“Ma davvero, non vorrei altro che un po' di tè.” 

Jane Austen ~ Mansfield Park




- immagine 1 




Preziosissimo in epoca Regency perché ancora ricercato, raro, ed importato con parsimonia dalle colonie perché gravato da una pesante imposta, il tè era già amato dagli inglesi anche se quello dell'afternoon tea andrà consolidandosi come un rito inestimabile presso i più facoltosi solamente durante il periodo Vittoriano. 

All'epoca della nostra amata Jane il tè veniva consumato a colazione e soprattutto dopo il pasto serale ed ella non manca di farci avvertire con quanto amore si dedicava a questo cerimoniale, della preparazione del quale si occupava di persona, prendendo le preziose foglie dell'infuso custodite gelosamente nella loro scatola così come gelosamente era custodito lo zucchero che teneva sottochiave nella credenza alla sinistra del focolare insieme con le ceramiche cinesi, e gustandolo sorso a sorso, come non manca di ricordarci in ogni suo romanzo, in ognuno dei quali lo stile dei vita dei personaggi rispecchiava quello suo personale e quello della sua famiglia e soprattutto quello di un'intera epoca.




- immagine 2 - La sala da pranzo di Chawton Cottage con la credenza a muro sulla sinistra del camino




Ovviamente quello del tè, soprattutto il mattino, era una sorta di piccolo pasto, poiché all'ambito infuso andavano accompagnati manicaretti dolci e salati, soprattutto dolci, cucinati con anticipo e conservati per l'occasione.

Qui di seguito ve ne presento alcuni: non sono scelti a caso, ma appartengono al vastissimo repertorio del periodo Regency, sono tutte ricette che realmente Jane conosceva, o perché trovate scritte nelle sue lettere, o nei suoi romanzi od ancora trovati nel libro di ricette di Martha Lloyd poiché, da buona donna di casa, amava collezionarle.

Concedetemi una piccola digressione: per chi tra di voi ancora non lo sapesse, Martha Lloyd era la migliore amica di Jane Austen, dopo sua sorella Cassandra - questo mi sembra quasi inutile sottolinearlo - la quale perse la madre nel 1805, poco dopo la morte del reverendo Austen: era così rimasta sola, essendo già orfana del padre ed avendo la sorella minore Mary sposato James Austen quando la sua prima moglie morì.
Fu così che nel 1809, quando Mrs.Austen, insieme con sue due figliole, decise di accettare l'invito del figlio Edward di trasferirsi nella sua proprietà a Chawton, pensò fosse buona cosa recare  con  sé anche la cara Martha, rimasta ormai sola; e lo fu davvero, poiché non solo ella si rese utile nelle faccende di casa, ma divenne come una seconda sorella per Jane, rimanendo al suo fianco fino al suo decesso (1817) e non solo, anche dopo la morte di Jane rimase a Chawton  con le due Austen che erano sopravvissute fino a quando Frank, rimasto vedovo, la chiese in moglie: era il 1828 e Martha aveva 62 anni !

Ma a noi qui interessa poter gustare ancora le delizie le cui ricette ella con cura e diletto collezionava nel suo libro di conduzione della casa che è tutt'oggi custodito dal Jane Austen Memorial Trust e che ci presenta, inoltre, un quadro prezioso e del tutto inedito della vita domestica di quel tempo:



LEMON CHEESCAKES ~

Jane scrisse a Cassandra a proposito di una "buona cena"che ebbe occasione di gustare a Devizes durante il viaggio: "tra le altre cose abbiamo mangiato asparagi e un'aragosta, che mi ha fatto pensare a te, e alcuni cheescakes ..." (Lettera, 17 maggio 1799.)

I cheesecakes appartenenti al periodo Regency spesso non contenevano formaggio, ma erano piccole paste fatte di frolla all'uovo arricchite con crema di mandorle.




Prendere gr.225 di mandorle scottate in acqua fredda e lasciate

riposare tutta la notte, tritare bene con acqua di fiori di arancio. 

Prendere quindi gr.225 di zucchero fine, la buccia di due limoni,

tagliarla molto sottile e lessarla finché diviene tenera e non amara;

poi batterela molto bene in un mortaio con lo zucchero,

quindi mescolare con le mandorle. Prendere otto uova

lasciando da parte metà dei bianchi); prendere gr.225 di burro,

scioglierlo e lasciarlo raffreddare, quindi mescolare il tutto insieme.

Cuocere come ripieno in una pasta frolla semplice,

spolverata con dello zucchero, dentro a piccole formine per paste. 




MARTHA LLOYD'S HOUSEHOLD BOOK2






MUFFINS ALL'INGLESE ~

Mr.Woodhouse commenta che Emma sta passando i muffins ai suoi ospiti per due volte dimostrandosi soprapensiero e sottoponendoli a qualcosa di indigesto. I muffins venivano anche serviti in tè serale in Pride and Prejudice e in The Watsons. Tradizionalmente venivano tostati sopra e sotto (non nel mezzo) e schiacciati (non tagliati) prima di essere, ovviamente, spalmati abbondantemente con burro. 3




Mescolare gr.900 di farina con due uova,

gr.560 di burro sciolto in mezzo litro di latte

e quattro o cinque cucchiaiate di lievito; sbattere bene ed impostare

e lasciare riposare due o tre ore. Cuocere su di un focolare caldo,

in teglie piatte. Quando sono cotti da un lato, girarli dall'altro.



MRS. RUNDELL
A New System of Domestic Cookery, 1806






RATAFIA CAKES ~ 

Oggi il Ratafià è un liquore aromatizzato con alcuni frutti - diverse sono le ricette a seconda del luogo di provenienza - ma, durante il periodo Regency il suo nome era esteso ad indicare una qualsiasi bevanda alcolica aromatizzata (poteva trattarsi di fiori d'arancio, di limone, di mandorle e così via).




Prendere Kg.2,240 di noccioli di albicocca, se non si riescono 

a trovare anche le mandorle amare vanno bene.

Sbollentarli e batterli molto bene con un po 'd'acqua di fiori 

d'arancio, mescolarli con i bianchi di 3 uova ben sbattuti ed 

aggiungervi gr.900 di zucchero raffinato e setacciato.

Lavorare tutti gli ingredienti insieme fino ad ottenere un impasto,

poi adagiarlo in piccole porzioni tondeggianti

su teglie di latta infarinate.

Metterli in un forno tiepido,

presto gonfieranno e saranno quindi cotti.





MARTHA LLOYD'S HOUSEHOLD BOOK 5






JANE'S SPONGE CAKE ~

L'Oxford English Dictionary ci fa notare che il primo uso registrato della parola "sponge-cake" risale  proprio a Jane, che scriveva a Cassandra, (15 giugno 1808) "Sai quanto è interessante l'acquisto di un sponge-cake per me."L'altro nome con cui è conosciuto, "pound cake", si riferiva alla quantità di ciascun ingrediente, un modo semplice per 
ricordare la ricetta quando molti cuochi non sapevano ancora leggere.




Prendere gr.450 di farina fine ben asciutta
.
Quindi prendere altrettanto burro e lavoralo molto bene con

le mani fino a quando non è morbido.

Quindi lavorarvi gr.450 di zucchero.

Prendere allora 12 uova mettendo daparte metà dei bianchi,

quindi lavorare anche loro nel composto di burro e zucchero.

Poi spargervi sopra a poco a poco la farina,

ed unirvi quindi gr.560di semi di cumino.

Imburrare una teglia e cuocere in un forno tiepido,

- Un'ora e mezza di tempo li cuocerà.




MARTHA LLOYD'S HOUSEHOLD BOOK 7 







BUTTER BUNS ~ 





Mettere gr.110 di burro in gr.900 di farina
,
gr,110 di zucchero, una manciata di uvetta sultanina,

due cucchiaiate di buon lievito.

Impostare e porre a lievitare davanti al fuoco.

Aggiungere i tuorli di due uova e circa 1/2 lt. di latte caldo,

mescolare fino ad ottenere una pasta morbida e

dividerla in quaranta panetti.



MARTHA LLOYD'S HOUSEHOLD BOOK







GINGERBREAD ~


Emma Woodhouse, in attesa di Harriet Smith, nota i dettagli casalinghi in High Street, tra cui"una fila di bambini che bighellonano intorno al bow-window del fornaio osservando il Gingerbread esposto".




Prendere Kg.2 di farina ed unire gr.340 di burro,

gr.560 di zenzero, una noce moscata grattugiata, gr.280

di semi di cumino, 1 bicchiere di Brandy, gr.900 di melassa,

mescolare il tutto; lasciare riposare finché non indurisce,

quindi stenderlo e tagliarlo in modo da ottenere tanti biscotti.

Potete aggiungere le guarnizioni che gradite.



MARTHA LLOYD'S HOUSEHOLD BOOK 10 





Nella speranza che questo viaggio nell'epoca Regency, profumato di aromi dolci e spezie, vi sia risultato gradito, e che, anzi, vi ispiri e vi suggerisca di fare con le vostre mani i dolci che Jane Austen amava, 
vi abbraccio con tutto il cuore per esprimervi la mia più sentita gratitudine.



 A presto 💕










FONTI BIBLIOGRAFICHE:

Jane Austen Online Magazine

Maggie Black, The Jane Austen Cookbook, McClelland & Stewart, 2002;

Peggy Hickman, A Jane Austen Household Book With Martha Lloyd's Recipes, David & Charles, 1977;

Pen Volger, Tea With Jane Austen: Recipes Inspired by Her Novels and Letters, Cico Books, 2016;

Kim Wilson, At Home with Jane Austen, Abbeville Press, 2014;

Kim Wilson, Tea With Jane Austen, Frances Lincoln Ltd, 2011.




CITAZIONI:

1 - Pen Volger, Tea With Jane Austen: Recipes Inspired by Her Novels and Letters, Cico Books, 2016, pag. 33;

2 - Pen Volger, Tea With Jane Austen: Recipes Inspired by Her Novels and Letters, op.cit., pag.34;

3 - Ibidem, pag.11;

4 -  Ibid., pag.13;

5 -  Ibid., pag.25;

6 -  Ibid., pag.28;

7 -  Ibid., pag.29;

8 -  Ibid., pag.17;

9 -  Ibid., pag.30;

10 - Ibid., pag.32.




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This engine was a monster to Dickens, but it saved countless lives of Londoners.

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"What a monster! 
Imagine an enormous see-saw, with a steam engine at one end, and a pump at the other…" 



The GRAND JUNCTION 90 INCH ENGINE



When in April 1850 Charles Dickens fund himself visiting the place called at the time Kew Pumping Station where a huge hydraulic pump, the GRAND JUNCTION 90 INCH ENGINE, had been placed two years before (it was built in 1846 by Sandys, Carne & Vivian of the Copperhouse Foundry of Hayle, in Cornwall and wa the first engine made specifically for the service of the waterworks ) he felt impressed by the enormity of the engine - which is still the largest functioning today -, from the noise that it produced and still not used to see where the technological progress, that was taking its very first steps, was able to lead us, he wrote on the weekly journal that he founded the same year and conducted, named Household Words, in the issue of the 13th, what we're going to read:


THE TROUBLED WATER QUESTION.

My excellent and eloquent friend, Lyttleton, of Pump Court, Temple, barrister-at- aw, disturbed me on a damp morning at the end of last month, to bespeak my company to a meeting at which he intended to hold forth. ‘It is, he said, ‘the Great Water Supply Congress, which assembles to—morrow.’
‘Do you know anything of the subject?’
‘A vast deal both practically and theoretically. Practically, I pay for my little box in the Regent’s Park, twice the rice for water our friend Fielding is chargeed, and both supplies are derived from the same Company.
Yet his is a mansion, mine is a cottage; his rent more than doubles mine in amount, and his family trebles mine in number. So much for the consistency and exactions of an irresponsible monopoly. Practically, again, there are occasions when my cisterns are without water. So much for deficient supply.’
‘ Is your water bad?’
‘Not absolutely unwholesome; but I have drunk better.’


Showing to be well prepared about this topic, Lyttleton began with his speech:


[...] of the 300,000 houses of which London is said to consist, 70,000 are without the great element of suction and cleanliness; I find also that the supply, such as it is, is derived from nine water companies all linked together to form a giant monopoly; and that, in consequence, the charge for water is in some instances excessive; that six of these companies draw their water from the filthy Thames;—and the same number, including those which use the Lea and New River water, have no system of filtration—hence it is unwholesome: that in short, the public of the metropolis are the victims of dear, insufficient and dirty water.


Dickens then suggests to his friend a visit to Kew Bridge, where the Kew Pumping Station was located and where in 1848 the GREAT JUNCTION 90-inch engine was installed which distributes the water monopolized by the above mentioned nine companies.

Reached Kew Bridge,


Dickens shows his friend what was the exact point in which the Grand Junction Waterworks Company drew water, that is from the river bed, but not before filtering it through a wide and dense network located on the mouth of the suction pipe capable of retain all the solid substances that flowed in the waters of the river as the origin of their unhealthy, because even if the purified water is almost completely tasteless on the palate, it is also completely deprived of pathogenic elements, a source of even serious diseases.
In a second time the water, after being sucked, is pumped by the GRAND JUNCTION 90 INCH ENGINE into a 3 acres and 1/2 filtering basin and left to deposit so that even the elements such as sand, earth, clay, drains of gutters, soaps, etc. remain on the bottom and therefore the liquid thus obtained is completely pure and crystalline - and it will be this filtering system, in fact, to prevent the sporadic cases of cholera that at the time were widespread among the population, probably among the less wealthy that couldn't afford running and completely clear water, didn't degenerate into an epidemic.

 [...] our water is passed afterwards into the filtering bed, which is four feet thick.’
‘How do you make up this enormous bed?’
‘The water rests upon, and permeates through, 1st, a surface of fine sand; 2d, a stratum of shells; 3d, a layer of garden gravel; and 4th, a base of coarse gravel. It thence falls through a number of ducts into cisterns, whence it is pumped up so as to commence its travels to town through the conduit pipe.’

The engineer superintendent at the machines that Dickens and his friend Lyttleton were going to see, ensures that the water delivered by the nine companies so thoroughly filtered is completely pure, which cannot be said of that drawn from sources or from the gutter pipes - which were in lead - both collected for domestic use in the countryside and much less for those drawn directly from the rivers; even the one kept in the cisterns in the house, remaining stationary, tends to lose its purity, provided that initially it could boast it: in the smaller houses of London and the surrounding areas, water was in fact drawn by some tanks, often located in the attic, which were filled three times a week, but of course the flow of water was not continuous, that is current, and when they were empty, it was necessary to wait for the new supply.

This mechanism, completely innovative, allowed many people to enjoy the benefits of running water, estimated in about 100 liters per day 'pro-capite', as we will see proceeding with the reading of Dicken's article, except for Sunday, which was the only day when the companies that supplied the water distributed by the GRAND JUNCTION 90 INCH ENGINE did not provide their service, so, to all intents and purposes, it was certainly worth even spending more money to have in your homes the running water, at least  for a question of health.
But Dickens still ignores what a huge device his eyes are going to to see:

[...] What a monster! Imagine an enormous see-saw, with a steam engine at one end, and a pump at the other. Fancy this‘ beam,’ some ten yards long, and twenty eight tons in weight, moving on a pivot in the middle, the ends of which show a circumference greater than the crown of the biggest hat ever' worn. See, with what earnest deliberation the ‘see,’ or engine, pulls up the ‘saw,’ or balance-box of the pump, which then comes down 11 on the water-trap with
the ferocious àplomb of 49 tons, sending 400 gallons of water in one tremendous squirt nearly the twentieth part of a mile high;— that is to the top of the stand-pipe.

The engineer who accompanied Dickens and his friend Lyttleton continues his illustrative speech explaining that the big pump sucks and compresses 11 times a minute thus pumping every 60 seconds 4400 gallons for a supply that goes from 4,000,000 to 5,000,000 gallons of clear water every day.

‘What proportion of London do you 'supply?’ asked Mr. Lyttleton.
‘The quadrangle included between Oxford Street, Wardour Street, Pall-Mall, and Hyde Park; besides the whole of Notting-hill, Bayswater, and Paddington. We serve 14,058 houses, to each of which we supply 225 gallons per day, or, taking the average number of persons per house at nine, 25 gallons a head; besides public services, such as baths, water ing streets, or manufactories; making our total daily delivery at the rate of 252 gallons per house. This delivery is performed through 80 miles of service pipes, whose diameter varies from 3 to 30 inches.’







But do you wonder what did it mean, 80 miles of pipe network, at that time ... not only the pump was something monstrous, but so was the whole Kew Pumping Station and the entire engineering work that had been done with it!

Returning to the GRAND JUNCTION 90 INCH ENGINE, made in Cornwall which at that time boasted a record in the construction of such engines, it was really something monstrous for the times and we can still consider it such today if we think that it continued its work until 1944, without practically stopping, and it was so powerful that it had the ability to pump water to the upper floors of buildings, which encouraged the 'growth' of London upwards, ie the construction of buildings with more floors, especially in residential areas.

Today we can still observe it, with request, in function, at what was then the Kew Pumping Station, which in recent times has become the London Museum of Water and Steam.


Ah, I forgot to tell you that eventually, persuaded by what he had seen with his own eyes and heard with his own ears, the skeptical Lyttleton really had to rewrite his own speech for the conference which had to be held the very day after!




And arrived at the end of today's story, taken from the chronicles of 1850,

I hug you with love,

thanking you as always for having followed me up to here,



see you soon 💕









SOURCE:











"Che mostro!
Immaginate un'enorme altalena, con un motore a vapore ad un'estremità ed una pompa all'altra ... "



- immagine 1 - Il GRAND JUNCTION 90 INCH ENGINE




Quando nell'aprile del 1850 Charles Dickens si trovò a visitare il locale chiamato al tempo Kew Pumping Station in cui era stata posta l'enorme pompa idraulica, il GRAND JUNCTION 90 INCH ENGINE, costruita nel 1846 da Sandys, Carne & Vivian della Copperhouse Foundry di Hayle, in Cornovaglia, primo motore realizzato appositamente per il servizio degli acquedotti, egli, rimasto impressionato dall'enormità del macchinario - che è tutt'oggi il più grande motore ad asta funzionante -, dal rumore che produceva ed ancora non uso a vedere a cosa potevano in realtà condurre il progresso tecnologico che proprio allora stava compiendo i suoi primi passi, così scrisse sul settimanale da lui fondato quello stesso anno, Household Words, nel numero uscito il giorno 13:


LA CONTROVERSA QUESTIONE DELL'ACQUA.


Il mio eccelso ed eloquente amico, Lyttleton, di Pump Court, Temple, avvocato, mi ha scomodato in una umida mattinata alla fine del mese scorso, per assicurarsi la mia compagnia ad una riunione alla quale intendeva partecipare sostenendo la propria idea. "È, ha detto, il grande Congresso sulla fornitura d'acqua, che si riunisce domani."

"Sai qualcosa a tale proposito?"

"E' un grosso affare sia in pratica che in teoria. In pratica pago per la mia piccola cisterna nel Regent's Park il doppio di quanto paga per la sua acqua il nostro amico Fielding, ed entrambe le forniture derivano dalla stessa compagnia.

Eppure la sua è una villa, la mia è un cottage; il suo affitto è più che doppio del mio, e la sua famiglia il triplo della mia. Tutto dovuto alla coerenza e agli introiti di un monopolio irresponsabile. Praticamente, ancora, ci sono occasioni in cui le mie cisterne sono prive di acqua di conseguenza all'offerta carente. '
"La tua acqua è cattiva?"

"Assolutamente non infetta; ma ho bevuto di meglio".


Dimostrando di essere ben preparato sull'argomento, Lyttleton cominciò il suo discorso:


[...] delle 300.000 case di cui Londra si dice consista, 70.000 sono prive del grande elemento di aspirazione e pulizia (ossia di acqua corrente). Trovo anche che l'offerta, così com'è, è derivata da nove compagnie idriche tutte collegate tra loro a formare un monopolio gigante; e che, di conseguenza, la tassa per l'acqua sia in alcuni casi eccessiva; che sei di queste compagnie attingono la loro acqua dal sudicio Tamigi, e lo stesso numero, comprese quelle che usano l'acqua del Lea e del New River, non hanno un sistema di filtraggio - il che non è salutare: in breve, la popolazione della metropoli è vittima di acqua cara, insufficiente e sporca.


Dickens propone quindi al suo amico una visita a Kew Bridge, dove si trovava la Kew Pumping Station e dove nel 1848 era stato installato il GREAT JUNCTION 90-inch engine che distribuisce l'acqua monopolizzata dalle nove compagnie di cui sopra.

Raggiunto Kew Bridge, 



- immagine 2



Dickens mostra all'amico quello che era il punto esatto in cui la Grand Junction Waterworks Company attingeva l'acqua, ossia dal letto del fiume, ma non prima di averla filtrata attraverso una vasta e fitta rete situata sulla bocca del tubo di aspirazione capace di trattenere tutte le sostanze solide che nelle acque del fiume scorrevano quali origine della loro malsanità, perché anche se l'acqua purificata risulta al palato quasi completamente priva si sapore, è anche del tutto privata di elementi patogeni, fonte di malattie anche gravi.

In un secondo tempo l'acqua, dopo essere stata aspirata, viene pompata dal GRAND JUNCTION 90 INCH ENGINE in un bacino di filtraggio che si estende per 3 acri e 1/2 e lasciata depositare affinché anche gli elementi quali sabbia, terra, argilla, scarichi delle grondaie, saponi, etc. rimangano sul fondo e perciò il liquido così ottenuto risulti completamente puro e cristallino - e sarà proprio tale sistema di filtraggio, infatti, ad impedire che gli sporadici casi di colera che al tempo erano diffusi tra la popolazione, probabilmente tra i meno facoltosi che non potevano permettersi di pagare l'acqua corrente e del tutto epurata, non degenerassero in un'epidemia.

[...] la nostra acqua viene passata in seguito nel letto filtrante, spesso quattro piedi".
"Come si fa a costruire questo enorme letto?"
"L'acqua cade a pioggia su di esso ed attraversa, in primo luogo una superficie di sabbia fine; quindi uno strato di conchiglie, poi uno strato di ghiaia da giardino ed infine una base di ghiaia grossolana. Scende allora attraverso un certo numero di condotti nelle cisterne, da dove viene pompata in modo da iniziare i suoi viaggi in città attraverso il condotto della rete idraulica".

L'ingegnere sovrintendente presso i macchinari a cui Dickens ed il suo amico Lyttleton si stavano approssimando garantisce che così filtrata l'acqua erogata dalle nove compagnie è del tutto pura, cosa che non si può dire di quella di sorgente o di quella che proviene dai tubi delle grondaie - che erano in piombo - entrambe raccolte per usi domestici in campagna e tantomeno per quella attinta direttamente dai fiumi; anche quella conservata nelle cisterne in casa, rimanendo ferma, tende a perdere la sua purezza, a patto che inizialmente potesse vantarne: nelle case più piccole di Londra e del circondario l'acqua era infatti attinta da alcune cisterne, spesso situate nel sottotetto, che venivano colmate tre volte la settimana, ma ovviamente il flusso dell'acqua non era continuo, ossia corrente, e quando si svuotavano bisognava attendere la nuova fornitura.

Questo meccanismo, del tutto innovativo, consentiva invece a molte persone di godere dei vantaggi dell'acqua corrente, stimata circa in 100 litri il giorno pro-capite, come vedremo procedendo con la lettura dell'articolo, esclusa la domenica, che era il solo giorno in cui le compagnie che erogavano l'acqua distribuita dal GRAND JUNCTION 90 INCH ENGINE non prestavano servizio, per cui, a tutti gli effetti, valeva sicuramente la pena spendere anche più denaro per avere nelle proprie case l'acqua corrente non fosse altro che per una questione di salute.

Ma Dickens ancora ignora quale enorme congegno sta per presentarsi ai suoi occhi:

[...] Che mostro! Immaginate un'enorme altalena ( N.d.A. - una tavola sospesa con un perno centrale ) con un motore a vapore a un'estremità e una pompa all'altra. Immaginate questo "braccio", lungo circa dieci iarde, e ventotto tonnellate di peso, che si muove su di un perno collocato nel mezzo, le cui estremità mostrano una circonferenza maggiore della corona che persino il più grande copricapo indossato abbia mai avuto. Dovreste vedere con quale agevolezza una parte del braccio, ossia il motore, tira su l'altra parte o scatola della bilancia, che poi scende lungo il sifone con una feroce pressione di 49 tonnellate che invia 400 galloni di acqua in un tremendo getto alto quasi la ventesima parte di un miglio: - questo in cima al tubo di supporto.

L'informatore che accompagnava Dickens e l'amico Lyttleton prosegue il proprio discorso illustrativo spiegando che la grande pompa aspira e comprime 11 volte il minuto pompando così ogni 60 secondi 4400 galloni per una fornitura che va da 4.000.000 a 5.000.000 di galloni di acqua potabile ogni giorno.

"Che porzione di Londra rifornite?", chiese Mr. Lyttleton.

"Il quadrilatero compreso tra Oxford Street, Wardour Street, Pall-Mall e Hyde Park; oltre a Notting Hill, Bayswater e Paddington. Serviamo 14.058 case, a ciascuna delle quali forniamo 225 galloni al giorno, o, facendo conto che il numero medio di persone per ogni casa sia nove, 25 galloni a testa; oltre ai servizi pubblici, quali bagni, lavaggio delle strade o fabbriche mantenendo la nostra erogazione giornaliera totale al ritmo di 252 galloni per casa. Questa distribuzione viene eseguita attraverso 80 miglia di tubi di servizio, il cui diametro varia da 3 a 30 pollici ".



- immagine 3


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- immagine 7



Ma ci pensate, 80 miglia di rete di tubi, a quell'epoca ... non solo la pompa era qualcosa di mostruoso, ma lo era anche la Kew Pumping Station e l'intera opera ingegnieristica che con essa era stata realizzata!

Tornando al GRAND JUNCTION 90 INCH ENGINE, realizzato nella Cornovaglia che a quel tempo vantava un primato nella costruzione di macchinari a braccio, esso era realmente qualcosa di mostruoso per i tempi e tale lo possiamo considerare ancora oggi se pensiamo che continuò il suo lavoro fino al 1944, senza praticamente fermarsi mai, ed era così potente tanto da avere la capacità di pompare acqua ai piani superiori degli edifici, cosa che incoraggiò la 'crescita' di Londra verso l'alto, ovvero la costruzione di edifici a più piani, soprattutto nelle zone residenziali.

Oggi lo possiamo ancora osservare, su richiesta, in funzione, presso quella che era allora la Kew Pumping Station, divenuta in epoche recenti il London Museum of Water and Steam.  

Ah, dimenticavo di dirvi che infine, persuaso da ciò che aveva visto con i propri occhi ed udito con le proprie orecchie, lo scettico avvocato Lyttleton dovette davvero di tutta fretta riscrivere il proprio discorso per il convegno del giorno dopo!




E giunti in fondo alla storia di oggi, tratta dalle cronache del 1860, 
vi abbraccio con affetto, 
ringraziandovi come sempre per avermi seguita fino a qui,


a presto 💕









Napoleon's obsession for coffee.

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“As soon as coffee is in your stomach, there is a general 
commotion. 
Ideas begin to move… smiles arise, the paper is 
covered. 
Coffee is your ally and writing ceases to be a 
struggle.”

Honoré de Balzac (1799 - 1850)




Napoleon's Coffee Set from St.Helena




And they were precisely the French and the Americans, even before than the English, who could taste the precious drink obtained from the 'beans' grown in the tropical colonies - and fall in love with it - perhaps as a result due to where their respective nations had placed their colonial possessions; we know, in fact, that the Georgian period saw the opening of the first coffee-houses in London, following the example of the much older Viennese ones, which were locals reserved for men only, in which the wealthy gentlemen gathered to spend time in company, exchanging their ideas while sipping a cup of the precious brew, we know that in the Regency era were really numerous the coffee-houses that had been opened in the meantime when tea was still a novelty, and much more expensive than coffee, but we also know that in France and in America coffee was known and appreciated by famous people since the early XVIIIth century: from the Parisian philosopher Voltaire, who claimed to owe his own intuitions to the benefits of coffee, of which he drank from 40 to 50 cups a day, mixed with chocolate, to King Louis XV, who had managed to grow coffee plants directly in the greenhouses of Versailles and loved to offer it to his guests, but didn't abuse it; to Benjamin Franklin, who claimed that "Among the many luxuries of the table ... coffee can be considered one of the most precious, it exalts the happiness without poisoning and the pleasant flow of spirits it causes ... it is never followed by sadness, languor or weakness ", to the third president of the United States, as well as author of the Declaration of Independence, Thomas Jefferson, lover of wine, but not only, connoisseur and passionate coffee drinker.

We know today that coffee allows us vivacity, both intellectual and physical, and promptness of reflexes, which is a precious source of antioxidants and therefore has the power to reduce the risk of contracting some serious diseases, including those due to brain deterioration, things that at the time were ignored, but of coffee was appreciated the immediate induction of the increase in blood pressure and therefore the tone and the sensation of well-being that it immediately derives from it.

The Emperor of the French, Napoleon Bonaparte, knew it well, and it is just of him that I want to tell you today.


Napoleon in his dining room at Longwood House, St.Helena



History teaches us that He did not become passionate about coffee as soon as he knew it, indeed, as soon as He tasted it he found it not at all captivating, but with the passing of the time He became an authentic lover, or, perhaps, it would be more appropriate to say, a real coffee - dependent.

At first He began drinking two cups of bitter and pure coffee a day, one for breakfast and one after dinner, in the evening, but, with the flowing of years, aware of the beneficial aspects of this drink that had the ability to invigorate His spirits, keep Him in good mood and always active, He began to not to able to live without it - and there are those who still today claims that His heroic undertakings could not have been achieved without the support of caffeine!

Coffee became one of the many things He could not do without ... He refrained from drinking wine and any other alcoholic beverage, but He had a genuine passion for politics, for war, for beautiful women and for coffee - and he arrived to drink up to 50 cups at any time of day.

One of the most famous stories related to Napoleon's weakness for coffee is linked to his last days. According to the St.Helena Coffee website:

''A few days before the end, Marechal Bertrand recorded that Napoleon kept begging for coffee and that his new 'doctor', Antonmarchi (he was, in fact, a dissecting room assistant), allowed him a few spoonful’s. Then, as the Emperor declined further, Bertrand writes:

That morning, he had asked twenty times if he could be allowed some coffee. 'No, Sire', 'Might the doctors allow me just a spoonful?''No, Sire, not at the moment, your stomach is too irritated, you would vomit a little earlier, perhaps.' He had already vomited perhaps nine times during the day. What a great change had overtaken him! Tears came to my eyes, seeing this formidable man, who had commanded with such authority, in a manner so absolute, beg for a spoonful of coffee, seek permission, obedient as a child, asking again and again for permission and not obtaining it, without ever losing his temper. At other times during his illness, he would have thrown his doctors out, flouted their advice and done as he wanted. Now he was as docile as a child. So, here is the great Napoleon: pitiful, humble.''


Death of Napoleon on St Helena, May 5, 1821, by Carl von Steuben (1788-1856), ca 1828



We still do ignore what the real causes that induced His stomach disease were, if His death was due to arsenic poisoning or cancer, the fact is that during the autopsy that was done after His death Dr. Antonmarchi found traces of coffee in his stomach ... because you have to know that once exiled to St.Helena, Napoleon found an excellent coffee, which induced him to aggravate his dependence ... the state of constant depression in which He spent the days of His last exile, the boredom that often caught Him, the bitterness for the fate that had been touched Him, sanctioned by the Congress of Vienna that had eventually deposed him to put on the French throne King Louis XV, without any doubt induced Him to exaggerate with the coffee more than how much He was used to do.

Although Napoleon preferred the coffee of St. Helena to all the others, as it was the only thing good, he claimed, that the island offered Him (an excellent quality of Arabica coffee had in fact been cultivated in plantations by the East India Company that of the island held possession since 1733), He was willing to drink whatever coffee was available. For example, just when he was spending His days at Longwood House,


Nhà Longwood (Unknown author)



Sir Hudson Lowe, governor of the island and jailer of Napoleon, gave Him as a gift a wooden case filled with coffee that the Emperor ordered had to be placed in the pantry. Charles Tristan, better known as the Marquis Montholon, thought that Napoleon wouldn't have accepted it and was amazed when the Emperor began by saying "A good coffee is a precious thing in this horrible place" and decided to drink it without fear that it might have been poisoned.

Finally I will mention a sentence that Napoleon once said: " The strong and abundant coffee wakes me in.It gives me a warmth, an unusual strength, a pain that is not without pleasure. I would suffer rather than be senseless."
And I wonder if what was the reason for His glory was also the cause of His suffering and eventually His death ...


INTERIOR [A VIEW OF THE ROOM AT LONGWOOD WHERE NAPOLEON DIED ON ST. HELENA] - 
Attributed to Jean-François Villain after a drawing by Louis-Joseph-Narcisse Marchand




I'll never be grateful enough for the interest and affection which you follow me with, 
dear friends and readers, 
I have no words to thank you as you deserve ...



See you soon 💕












BIBLIOGRAPHIC SOURCES:


Barden, Thomas M., Humanizing the Corsican Ogre, at State University of New York at Geneseo; 

Forsyth, William, and Hudson Lowe, History of the Captivity of Napoleon at St. Helena, Volume 2,  1853; 

Saint-Arroman, Auguste, Coffee, Tea and Chocolate, 1852;

Smallman, David L., Quincentenary: A Story of St Helena, 1502-2002, 2003;

Ukers, William Harrison, All About Coffee, 1922.

Website St.Helena Coffee











“Non appena il caffè è nel vostro stomaco, vi è una generale 

commozione. 
Le idee cominciano a muoversi… spuntano i sorrisi e la carta 

 si copre. 
Il caffè è il vostro unico alleato e scrivere cessa di essere uno 

sforzo.


Honoré de Balzac (1799 - 1850)




- immagine 1 - Servizio da caffè appartenuto a Napoleone conservato a St.Helena





E furono proprio i Francesi e gli Americani, prima ancora degli Inglesi, a poter gustare la preziosa bevanda ottenuta dai 'chicchi' coltivati nelle colonie tropicali - e ad innamorarsene - forse di conseguenza a dove le rispettive nazioni avevano collocati i loro possedimenti coloniali; sappiamo infatti che il periodo Georgiano vide aprire le prime coffee-houses a Londra, sull'esempio di quelle viennesi, ben più antiche, che erano locali riservati a soli uomini, in cui i gentlemen più facoltosi si riunivano per trascorrere il tempo in compagnia, scambiando le proprie idee mentre sorseggiavano una tazzina del preziosissimo infuso, che in epoca Regency erano realmente numerose le coffee-houses che nel frattempo erano state aperte quando il tè era ancora una novità, e del caffè ben più costoso, ma sappiamo anche che in Francia ed in America il caffè era conosciuto ed apprezzato da personaggi famosi già dagli inizi del XVIII°secolo: dal filosofo parigino Voltaire, il quale sosteneva di dovere le proprie intuizioni proprio ai benefici del caffè, del quale ne beveva da 40 a 50 tazzine il giorno, mischiato con il cioccolato, a Re Luigi XV, il quale era riuscito a coltivare piante di caffè direttamente nelle serre di Versailles ed amava offrirlo ai propri ospiti, senza però abusarne; da Benjamin Franklin, il quale sosteneva che "Tra i numerosi lussi della tavola ... il caffè può essere considerato uno dei più preziosi. Esalta l'allegria senza intossicare ed il piacevole flusso di spiriti che provoca ... non è mai seguito da tristezza, languore o debolezza", al terzo presidente degli Stati Uniti, nonché autore della Dichiarazione d'Indipendenza, Thomas Jefferson, amante del vino, ma non solo, conoscitore ed appassionato bevitore di caffè.

Sappiamo oggi che il caffè ci consente vivacità, sia intellettuale che fisica e prontezza di riflessi, che è una preziosa fonte di antiossidanti e che perciò ha il potere di ridurre il rischio di contrarre alcune malattie anche gravi, incluse quelle dovute al deterioramento cerebrale, cose che al tempo si ignoravano, ma del caffè si apprezzava l'immediata induzione dell'aumento della pressione sanguigna e perciò il tono e la sensazione immediata di benessere che da esso subito deriva.

Lo sapeva bene anche l'Imperatore dei Francesi, Napoleone Buonaparte, ed è proprio di lui che oggi voglio raccontarvi.




- immagine 2 - Napoleone nella sua sala da pranzo a Longwood House - St.Helena




La Storia ci insegna che Egli non si appassionò nell'immediato del caffè, anzi, non appena lo assaggiò non lo trovò per nulla accattivante, ma con il tempo ne divenne un autentico amatore, o, forse, sarebbe più appropriato dire, un vero e proprio caffè - dipendente.
Dapprincipio cominciò con il bere due tazzine di caffè amaro e puro il giorno, una a colazione ed una dopo cena, la sera, ma con il tempo, accortosi degli aspetti benefici di questa bevanda che aveva la capacità di rinvigorire il suo spirito, mantenerlo di buonumore e sempre attivo, cominciò con il non poterne più fare a meno - e vi è chi ancora oggi sostiene che le sue grandi imprese non avrebbero potuto essere realizzate senza il sostegno della caffeina!

Il caffè divenne così una delle tante cose di cui non poteva fare a meno ... si asteneva dal bere vino e qualsiasi altra bevanda alcolica, ma aveva un'autentica passione per la politica, per il fare la guerra, per le belle donne e per il caffè, del quale giunse a bere fino a 50 tazzine ad ogni ora del giorno.


Una delle storie più famose legate alla debolezza di Napoleone per il caffè è legata ai suoi ultimi giorni. Secondo il sito St.Helena Coffee:

'' Pochi giorni prima della fine, il maresciallo Bertrand registrò che Napoleone cominciò ad elemosinare del caffè al suo nuovo 'dottore', Antonmarchi (in realtà François Carlo Antonmarchi era quello che oggi potremmo definire un anatomo-patologo e seguì Napoleone dal 1818 fino al giorno del suo decesso, il 5 maggio del 1821), il quale gliene concesse qualche cucchiaiata. Poi, mentre l'imperatore si placò, Bertrand scrisse:

Quella mattina, aveva chiesto venti volte se poteva permettersi un caffè. "No, Sire", "Potrebbero i medici permettermi solo un cucchiaio?""No, Sire, non al momento, il Vostro stomaco è troppo irritato, probabilmente vi farebbe vomitare." Aveva già vomitato forse nove volte durante il giorno. Che grande cambiamento aveva subito! Mi vennero le lacrime agli occhi vedendo questo uomo formidabile, che aveva comandato con una tale autorità, in modo così assoluto, mendicare un cucchiaio di caffè, chiederne l'autorizzazione, obbediente come un bambino, chiede ancora ed ancora il permesso per averlo e non ottenerlo, senza mai perdere la calma. In altri momenti della sua malattia avrebbe buttato fuori dalla stanza i suoi dottori, infastidito dai loro consigli e avrebbe fatto come voleva. Ora era docile come un bambino. Quindi, ecco il grande Napoleone: pietoso, umile."





- immagine 3 - Death of Napoleon on St Helena, May 5, 1821, by Carl von Steuben (1788-1856), ca 1828





Non sappiamo ancora con esattezza quali furono le reali cause che indussero questa sua malattia allo stomaco, se si trattò di avvelenamento da arsenico o di tumore, sta di fatto che eseguita l'autopsia dopo la sua morte il dottor Antonmarchi trovò nel suo stomaco tracce di caffè, ... perché dovete sapere che una volta esiliato a S.Elena, Napoleone vi trovò un ottimo caffè, il che lo indusse ad aggravare la sua dipendenza ... lo stato di costante depressione in cui trascorse i giorni del suo ultimo esilio, la noia che spesso lo coglieva, l'amarezza per il destino che gli era toccato, sancito dal Congresso di Vienna che lo aveva definitivamente deposto per mettere sul trono francese Re Luigi XV, lo indussero senza alcun dubbio ad esagerare con il caffè più di quanto già non fosse uso fare. 

Sebbene Napoleone preferisse il caffè di Sant'Elena a tutti gli altri, in quanto era l'unica cosa, sosteneva, che l'isola di buono gli offriva (un'ottima qualità di caffè arabico era stato infatti coltivato in piantagioni dalla Compagnia delle Indie Orientali che dell'isola deteneva il possesso già con il 1733), era comunque disposto a bere qualunque caffè fosse disponibile. Ad esempio, proprio mentre trascorreva i suoi giorni a Longwood House,




- immagine 4 - Nhà Longwood (Autore sconosciuto)





Sir Hudson Lowe, governatore dell'isola e carceriere di Napoleone, gli elargì come dono una cassa di caffè che l'imperatore fece riporre nella dispensa. Charles Tristan, meglio conosciuto come il Marchese Montholon, pensò che Napoleone non l'avrebbe accettato e si stupì quando l'Imperatore esordì dicendo "Un buon caffè è una cosa preziosa in questo posto orribile". e decise di berlo senza timore che potesse essere stato avvelenato.

Concludo infine citando una frase che Napoleone una volta ebbe a pronunciare: "Il caffè forte e abbondante mi sveglia. Mi dà un calore, una forza insolita, un dolore che non è privo di piacere. Preferirei soffrire piuttosto che essere insensato."


E chissà se ciò che fu motivo della sua gloria non sia anche stato motivo della sua sofferenza ed infine del suo decesso ...




- immagine 5 - INTERIOR [A VIEW OF THE ROOM AT LONGWOOD WHERE NAPOLEON DIED ON ST. HELENA] - Attribuito a Jean-François Villain, su un disegno di Louis-Joseph-Narcisse Marchand




Non vi sarò mai abbastanza grata per l'interesse e l'affetto con cui mi seguite, 
carissimi amici e lettori, 
non ho parole per ringraziarvi come meritate ...


A presto 💕









FONTI BIBLIOGRAFICHE:


Barden, Thomas M., Humanizing the Corsican Ogre, at State University of New York at Geneseo; 

Forsyth, William, and Hudson Lowe, History of the Captivity of Napoleon at St. Helena, Volume 2,  1853; 

Saint-Arroman, Auguste, Coffee, Tea and Chocolate, 1852;

Smallman, David L., Quincentenary: A Story of St Helena, 1502-2002, 2003;

♚ NOBLE MANSIONS AND CROWNS ♚ Countess Wilhelmina von Hallwyl and Hallwyl House, the house that time forgot.

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With what I am about to tell you, I'm bring you today in Sweden, the Sweden of the XIXth century and exactly in Stockholm, where in 1859, or at the height of the Victorian age, at the age of 20, Anna Fridrica Wilhelmina Kempe, only daughter and heir of a wealthy merchant of timber, married Count Walther von Hallwyl (1839-1921), captain of the Swiss General Staff who later became a citizen of the nation in which he settled and, as such, a member of the Swedish parliament and heir of his father-in-law's activity and thuss of the entire complex of Ljusne-Woxna AB, a sort of small village given by the buildings in which the timber was stored and the factories where it was worked according to the destination that it should have taken.


Ljusne-Woxna AB in an advertising sign dated 1900




Wilhelmina was born in Stockholm in 1839 and his father, who had decided to devote himself to the trade of the main wealth that the nature of his country offered, became a wealthy merchant of what was much sought after in the XIXth century, since, even though Sweden was almost totally dominated by forests, wood was needed both as fuel and for the construction industry, for paper mills, to produce cellulose and for steel industries, in short, it could even be said that wood promoted the transition from a Sweden characterized by an agricultural economy to an industrial Sweden.

And it was precisely the wealth already accumulated by her family of origin that allowed the young Wilhelmina to cultivate her strong passion for collecting, since she began by collecting antiques and art in general that she found almost everywhere while traveling with her parents as a girl and, since this passion remained the main interest of her entire life, she ended up making her an impeccable collector - they belonged to her collection ancient books and manuscripts, weapons and armor, contemporary paintings and of previous eras, silverware, ceramics and decorative works of art in general of both European and Eastern origin.

The great amount of the objects that she came to accumulate allowed her to furnish a whole house, what will be called Hallwyl House, built between 1893 and 1898 by Isak Gustaf Clason in the center of Stockholm, near the Berzelii Park:



behind the façade of noticeable Venetian influence the rooms were decorated in various historical styles and both the paintings and the tapestries were initially hung on the walls of the apartments, but in the end it was the attic to welcome them when it was converted into an art gallery dedicated to the growing collection of paintings.


The entire house and the art objects which it contained were finally donated to the Swedish state: the donation was announced in 1920, but came into force only with the death of the countess, which occurred in 1930, and Hallwyl House was opened to the public as a museum only in 1938, when the catalog of all the precious exhibit was completed, but not only precious were included, the intention was to document and preserve the entire house exactly as it had been left, both the collections of art and antiques and the contemporary furniture, both the jewels that belonged to her and the fabrics and everyday objects of the family and the servants, such as clothes, kitchen utensils and office equipment.





(think that next to objects of art find their places even personal peculiarities such as a piece of the beard of the count and a slice of their wedding cake.)

Finally, I would like to point out that the catalog had already been started by the countess while the collection was still growing: since 1909 she hired a number of renowned experts in subjects such as Chinese bronzes, European painting, European and Asian porcelain for assist her in this work; think that in its final version, the detailed catalog contains about 50,000 objects and was eventually printed in 79 volumes between 1926 and 1957.

But let's enter the world of Wilhelmina now ... as it was in 1865 ...



The Countess is awaiting us!




She shows us the most famous portrait of hers depicting herself in an earlier age ...


An oval portrait showing us Wilhelmina at the age of 21




and the gorgeous dress she wore on that occasion;

  
This is the dress she wore on the occasion of the portrait, today on display along with many others that belonged to her



then she shows us some of the rooms of her sumptuous mansion:


 The Porcelain Room




The Billiard Room




 The Chinese Porcelain Room




A Dining Room




Another Dining Room




The Smoking Room




A corner where to enjoy a tea




A Series of Guest-Bedrooms







A corner where to read or to write a letter ...




The Kitchen



Let's eventually thank our delighhful hostess and thank to you all 
for having accompanied me on this other journey back in time within what is today 
one of the few museums preserving intact aspects of the life belonging to past times 
and allows us to identify ourselves with what we see.





See you soon, dear friends and readers ... faithful and occasional ones!











SOURCES:

Eva Bergman, "von Hallwyl, Wilhelmina"

Hallwylska museet

Wikipedia











- immagine 1 - La Contessa Wilhelmina Kempe ed uno dei suoi salotti



Con ciò che sto per narrarvi vi porto oggi nella Svezia del XIX° secolo ed esattamente a Stoccolma, dove nel 1859, ovvero in piena età Vittoriana, all'età di 20 anni, Anna Fridrica Wilhelmina Kempe, unica figlia ed erede di un facoltoso mercante di legname, sposò il Conte Walther von Hallwyl (1839-1921), capitano dello stato maggiore svizzero che in seguito divenne cittadino della nazione in cui si stabilì e, come tale, membro del parlamento svedese ed erede dell'attività del suocero, ovvero dell'intero complesso di Ljusne-Woxna AB, una sorta di piccolo villaggio dato dai fabbricati in cui veniva immagazzinato il legname e dagli opifici in cui veniva lavorato in base alla destinazione che avrebbe dovuto prendere.



- immagine 2 - Ljusne-Woxna AB in un'insegna pubblicitaria datata 1900



Wilhelmina era nata a Stoccolma nel 1839 ed il padre, che aveva deciso di dedicarsi al commercio della principale ricchezza che la natura del suo paese offriva, divenne un facoltoso commerciante di ciò che nel XIX° secolo era un bene molto ricercato, poiché anche se allora la Svezia era quasi totalmente dominata dalle foreste, il legname era necessario sia come combustibile che per l'industria edile, per le cartiere, per produrre cellulosa e per le industrie siderurgiche, insomma, si potrebbe persino giungere a dire che fu proprio il legno a favorire il passaggio in Svezia da un'economia agricola ad un'economia industriale.

E fu appunto la ricchezza accumulata già dalla sua famiglia di origine che permise alla giovane Wilhelmina di coltivare la propria spiccata passione per il collezionismo, poiché cominciò con il collezionare oggetti d'antiquariato e d'arte in generale che trovava un po' ovunque mentre viaggiava con i suoi genitori già da fanciulla e, dato che tale passione rimase il principale interesse di tutta la sua vita, essa finì con il fare di lei un'impeccabile collezionista - alla sua collezione appartenevano libri e manoscritti antichi, armi ed armature, dipinti contemporanei e di epoche precedenti, argenteria, ceramiche ed opere d'arte decorativa in genere di origine sia europea che orientale. 

La mole degli oggetti che ella giunse ad accumulare fu tale da consentirle di arredare prestigiosamente un'intera dimora, quella che verrà chiamata Hallwyl House, edificata tra il 1893 ed il 1898 da Isak Gustaf Clason nel centro di Stoccolma, vicino al Berzelii Park: 



- immagine 3 - Hallwyl House vista dal cortile interno


- immagine 4 - Hallwyll House: dettagli dall'esterno



dietro la facciata di palese influenza veneziana, le camere furono decorate in vari stili storici e sia i dipinti che gli arazzi furono inizialmente appesi alle pareti degli appartamenti, ma alla fine fu l'attico ad accoglierli quando venne convertito in una galleria d'arte dedicata alla crescente collezione di quadri. 




- immagine 5 - Il sottotetto divenuto galleria d'arte




L'intera dimora e gli oggetti d'arte che conteneva furono infine donati allo stato svedese: la donazione era stata annunciata nel 1920, ma entrò in vigore solo con la morte della contessa, occorsa nel 1930, e Hallwyl House venne aperta al pubblico quale museo solamente nel 1938, quando fu concluso il catalogo di tutti i preziosi esposti, ma non solo, l'intenzione era quella di documentare e conservare l'intera casa esattamente come era stata lasciata, sia le collezioni di arte ed antiquariato, sia i mobili contemporanei, sia i gioielli che le sono appartenuti, sia i tessuti e gli oggetti di uso quotidiano della famiglia e dei suoi servitori, quali abiti, utensili da cucina e apparecchiature per ufficio




- immagine 6 - utensili da cucina del XIX° secolo


- immagine 7 - macchina da scrivere Trusty Remington


- immagine 8 - completo da toilette e da barba


- immagine 9 - Il portavivande a sali-scendi




(pensate che accanto ad oggetti d'arte trovano posto peculiarità personali quali un pezzo della barba del conte ed una fetta della loro torta nuziale.)

Mi preme infine farvi notare che il catalogo era già stato avviato dalla contessa mentre la collezione era ancora in crescita: dal 1909 ella assunse infatti un certo numero di rinomati esperti in materie quali i bronzi cinesi, la pittura europea, le porcellane europee e asiatiche per assisterla nel lavoro; pensate che nella sua versione finale, il catalogo dettagliato contiene circa 50.000 voci e alla fine fu stampato in 79 volumi tra il 1926 ed il 1957.


Ma entriamo ora nel mondo di Wilhelmina ... così com'era nel 1865 ...

La Contessa ci sta attendendo!



- immagine 10



- immagine 11 - Una fotgrafia di Wilhelmina che risale proprio alla metà degli anni'60 dell'ottocento



Ci mostra il suo più famoso dipinto che la ritrae quando era un po' più giovane ...




- immagine 12 - Un ritratto ovale che ci mostra Wilhelmina all'età di 21 anni




e lo splendido abito che indossava in quell'occasione;




- immagine 13 e 14 - Questo è l'abito che ella indossava in occasione del ritratto, oggi in mostra insieme a molti altri che le sono appartenuti




quindi ci mostra alcune delle stanze della sua sontuosa magione:



- immagine 15


- immagine 16


- immagine 17


- immagine 18


- immagine 19


- immagine 20


- immagine 21


- immagine  22


- immagine 23


- immagine 24


- immagine 25


- immagine 26


- immagine 27




Ringraziamo infine la nostra deliziosa ospite ed io ringrazio tutti voi
per avermi accompagnato in questo altro viaggio indietro nel tempo 
all'interno di quello che oggi è uno dei pochi musei che conservano intatti 
gli aspetti della vita di un tempo e che ci permettono di immedesimarci in ciò che vediamo.



- immagine 28





A presto carissimi amici, e lettori ... fedeli ed occasionali!









SOURCES:

Eva Bergman, "von Hallwyl, Wilhelmina"

Hallwylska museet


Wikipedia



The Gratitude Train and its hand-made Dolls telling us the History of Fashion.

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It was the year 1948: the whole Western Europe, thanks to the aid provided by the Marsahall Plan, better known in the States as the "European Recovery Program", but still under reconstruction after having paid such a heavy price as a result of the Second World War, when France, which, not unlike other countries, was still coming 
up the slope, decided to reward America: 
the state, but, above all, 
the population that had also rushed to help it.



Collage representing the XVIIth, the XIXth and the XXth century fashion



The "Friendship Train" made up of a good seven hundred wagons (the original project was to be of eighty!), filled with humanitarian aid for a total amount of 40 million dollars, had left New York the year before, after toured each US county, to reach Le Havre on December 18th, 1947.
The idea was by Drew Pearson, a political journalist and well-known radio personality, moved by compassion for the damage that France and Italy had suffered during the war.

The following year the French and Italian people, moved by this gesture of goodwill and eager to express their own gratitude, followed the suggestion of a veteran and former railwayman named André Picard, giving life to the "Gratitude Train" or "Merci Train": it consisted of 49 railroad freight cars, one for each American state - Washington DC and the Hawaiian Territory would had shared the forty-nineth wagon - and this too, as it was the case with the American Friendship Train, was a project based on the generosity of individuals.

People were encouraged to donate as much as they could: children created drawings or sacrificed beloved toys; women donated handmade doilies and ashtrays made of broken mirrors, food, sewing works, puppets for children, letters, war medals; men brought wine, books, furniture and homemade toys.
And the donations were so abundant that more than nine thousand gifts remained in France.

Each wagon and every gift inside it was labeled with the emblem of the Gratitude Train, the image of a train, seen in front, to which were added flowers to symbolize the fields of Flanders.

But it must be said that, with the humble gifts of individuals, they were included works of art and priceless historical artifacts: they were created by the designers, at that time most famous for their achievements, 49 models 24 inches tall (61 cm ca), authentic dolls built with skillfully shaped iron wire, complete with vintage hairstyles made of real hair, dressed with clothes whose details were just the same of dresses in real size, reproducing models that went from 1715 to 1906.

And it is not a coincidence that the very first mannequin bears precisely that date:


“1715 Doll”, Marcel Rochas 



the year 1715 marks the death of King Louis XIV, - Le Roi Solieil - whose kingdom had brought significant changes in the cultural landscape of France - some of the greatest artists and literary authors, from Molière to Rigaud, prospered during the period of his domination - and its political position within Europe, bringing the fashion industry to its peak by encouraging the production of tapestries and the Lyon silk industry.
Also known as a great patron, Le Roi Soleil was able to elevate his nation to a position of cultural domination that continued throughout his seventy-two years of reign.

Each designer then chose the historical period that inspired him most, referring to paintings and fashion prints of the era for which he had opted, giving life to an authentic masterpiece that knows no economic value and, at that time, La Syndicale de la Couture de Paris donated the entire collection to the Brooklyn Museum so that all the mannequins could remain united and be appreciated for what they are: a singular example of French craftsmanship and design ingenuity that is still admired and preserved today by The Metropolitan Museum of Art which holds the copyright of each of the images I am going to show you.

The fabrics used to create these miniature mannequins were donated by the Union des Industries Textiles, the Fédération de la Soire, the Comité Central de la Laine, the Syndicale Général de l'Industrie Cotonnière, and the Négociants en tissus speciaux pour la Haute Couture.

For sure this was a unique moment in the history of French fashion.

And here you are the miniatures I think to be the most charming ...



"1733 Doll", Jean Bader (French)




"1755 Doll", A.Reichert (French)




"1774 Doll", Jean Dessès (French)




"1779 Doll", Lucille Manguin (French)




"1785 Doll", Maggy Rouff (French)




"1787 Doll", Mendel (French)




"1811 Doll", House of Paquin (French)




"1820 Doll", House of Patou (French)




"1828 Doll", Henriette Beaujeu (French)




"1830 Doll", Madeleine de Rauch (French)




"1832 Doll", Marcelle Dormoy (French)




"1866 Doll", Marcelle Chaumont (French)




"1867 Doll", Jacques Fath (French)




"1873 Doll", Madeleine Vramant (French)




"1876 Doll", Jacques Heim (French)




"1884 Doll", Nina Ricci (Italian-born French fashion designer)




"1888 Doll", House of Balmain (French)




"1892 Doll", Germaine Lecomte (French)




"1896 Doll", Bruyère (French)




"1902 Doll", Robert Piguet (French)




"1906 Doll", Elsa Schiaparelli (Italian)



But it was also an unforgettable moment for the inhabitants of New York, who organized a great parade to welcome the freight cars that, through the Atlantic, on the merchant ship Magellan, after leaving the port of Le Havre, reached on February 3rd, 1949 that of New York: over two hundred thousand people attended the celebrations organized there to welcome the whole train, but above all the New York wagon that was transported from Broadway to Manhattan accompanied by an authentic festivity.

Once the United States were reached, the freight cars were divided according to the location of the states that they had to reach and took directions to the South, the West and the New England and put on open freight cars, ie without shores, since the wagons of the Gratitude Train were too large for the size of the railway tracks that ran through the States.

Every single state organized committees that cataloged the contents of their wagon and many were donated to charity auctions, while others were destined to libraries and museums.



Even today our time is over, but I hope, with all my heart,

 to have, once again, entertained you pleasantly ...

it's always a joy for me to have you here,

dear readers and friends!


See you soon 💕








SOURCES:


WIKIPEDIA (links HERE and HERE)


WEB as for the images









Correva l'anno 1948: tutta l'Europa occidentale, forte degli aiuti previsti dal Piano Marsahall, meglio conosciuto negli States come "European Recovery Program", ma ancora in via di ricostruzione dopo aver pagato duramente lo scotto conseguito dal secondo conflitto mondiale, quando la Francia, che, non diversamente dagli altri paesi, ancora stava risalendo la china, decise di ricompensare l'America: 
lo stato, ma soprattutto la popolazione 
che anche era accorsa in suo aiuto.




- immagine 1 - Collage che rappresenta la moda del XVIII°, del XIX° e del XX° secolo





Il treno dell'amicizia - "Friendship Train" - composto di ben settecento vagoni (il progetto originario ne prevedeva ottanta!) ricolmi di aiuti umanitari per un ammontare complessivo di 40 milioni di dollari, era partito da New York l'anno prima, dopo avere fatto il giro delle singole contee statunitensi, per raggiungere Le Havre il 18 dicembre 1947.
L'idea era stata di Drew Pearson, giornalista politico e noto personaggio radiofonico, mosso da compassione per i danni che soprattutto Francia ed Italia avevano subito durante la guerra.

L'anno successivo i popoli francese ed italiano, mossi all'azione da questo gesto di buona volontà e desiderosi di esprimere la propria gratitudine, seguirono il suggerimento di un veterano ed ex ferroviere di nome André Picard, dando vita al  "Gratitude Train" o "Merci Train", il treno della riconoscenza: lo componevano 49 vagoni merci, uno per ogni stato - Washington D.C. ed il Territorio delle Hawaii avrebbero condiviso il quarantanovesimo vagone - ed anche questo, così come accadde per l'American Friendship Train, era un progetto fondato sulla generosità delle singole persone.

Le genti furono incoraggiate a donare quanto potevano: i bambini creavano disegni o sacrificavano amati giocattoli; le donne donavano centrini fatti a mano e portaceneri fatti di specchi rotti, cibo, lavori di cucito, pupazzi per bambini, lettere, medaglie di guerra; gli uomini recavano vino, libri, mobili e giocattoli fatti in casa. 
E le donazioni furono talmente abbondanti che più di novemila doni rimasero in Francia.
Ogni vagone e ogni dono al suo interno era etichettato con l'emblema del Gratitude Train, l'immagine di un treno visto di fronte cui erano stati aggiunti dei fiori a simboleggiare i campi delle Fiandre.

Ma va detto che, con gli umili doni di singoli individui, furono incluse opere d'arte e manufatti storici inestimabili: vennero creati dagli stilisti, a quel tempo più famosi per le loro realizzazioni, 49 modelli alti 24 pollici (61 cm. ca), autentiche bambole costruite con filo di ferro sapientemente modellato, con tanto di acconciature d'epoca fatte di capelli veri, abbigliate con abiti i cui dettagli furono rispettati come in quelli a dimensioni reali, riproducenti modelli che andavano dal 1715 al 1906.

E non è un caso che il primissimo manichino rechi proprio quella data: 





- immagine 2 - “1715 Doll”, Marcel Rochas (French)





il 1715 segna la morte di Re Luigi XIV, il Re Sole - Le Roi Solieil -, il cui regno aveva determinato cambiamenti significativi nel panorama culturale della Francia - alcuni dei più grandi artisti e autori letterari, da Molière a Rigaud, prosperarono durante il periodo del suo dominio - e la sua posizione politica all'interno dell'Europa, portando all'apice l'industria della moda attraverso l'incoraggiamento della produzione di arazzi e dell'industria della seta di Lione.
Conosciuto anche come grande mecenate, il Re Sole fu in grado di elevare la sua nazione in una posizione di dominio culturale che continuò ben oltre i suoi settantadue anni di regno.

Ogni stilista scelse quindi il periodo storico che più lo ispirava, rifacendosi a dipinti e a stampe di moda dell'epoca per cui aveva optato, dando vita ad un autentico capolavoro che non conosce valore economico e, a quel tempo, La Syndicale de la Couture di Parigi fece dono dell'intera collezione al Museo di Brooklyn in modo che tutti i manichini potessero rimanere uniti ed essere apprezzati per quello che sono: un singolare esempio di artigianato francese ed ingegno progettuale che ancora oggi viene ammirato e conservato dal The Metropolitan Museum of Art che detiene il copyright di ciascuna delle immagini che sto per mostrarvi.

I tessuti utilizzati per creare questi manichini in miniatura furono donati dall' Union des Industries Textile, dalla Fédération de la Soire, dal Comité Central de la Laine, dal Syndicale Général de l’Industrie Cotonnière, e dai Négociants en tissus speciaux pour la Haute Couture.


Vi basti sapere che quello fu un momento unico nella storia della moda francese.

Ed eccovi i modelli che ritengo essere più affascinanti ...




- immagine 3 - "1733 Doll", Jean Bader (French)


- immagine 4 - "1755 Doll", A.Reichert (French)


- immagine 5 - "1774 Doll", Jean Dessès (French)


- immagine 6 - "1779 Doll", Lucille Manguin (French)


- immagine 7 - "1785 Doll", Maggy Rouff (French)


- immagine 8 - "1787 Doll", Mendel (French)


- immagine 9 - "1811 Doll", House of Paquin (French)


- immagine 10 - "1820 Doll", House of Patou (French)


- immagine 11 - "1828 Doll", Henriette Beaujeu (French)


- immagine 12 - "1830 Doll", Madeleine de Rauch (French)


- immagine 13 - "1832 Doll", Marcelle Dormoy (French)


- immagine 14 - "1866 Doll", Marcelle Chaumont (French)


- immagine 15 - "1867 Doll", Jacques Fath (French)


- immagine 16 - "1873 Doll", Madeleine Vramant (French)


- immagine 17 - "1876 Doll", Jacques Heim (French)


- immagine 18 - "1884 Doll", Nina Ricci (Italian-born French fashion designer)


- immagine 19 - "1888 Doll", House of Balmain (French)


- immagine 20 - "1892 Doll", Germaine Lecomte (French)


- immagine 21 - "1896 Doll", Bruyère (French)


- immagine 22 - "1902 Doll", Robert Piguet (French)


- immagine 23 - "1906 Doll", Elsa Schiaparelli (Italian)





Ma fu un momento indimenticabile anche per gli abitanti di New York, i quali organizzarono una grandiosa parata per accogliere i vagoni merci che, attraverso l'Atlantico, sulla nave mercantile Magellan, dopo aver lasciato il porto di Le Havre, raggiunsero il 3 febbraio del 1949 quello di New York: oltre duecentomila persone assistettero alle celebrazioni ivi organizzate per dare il benvenuto all'intero treno, ma soprattutto al vagone di New York che venne trasportato da Broadway a Manhattan accompagnato da un'autentica parata.

Una volta raggiunti gli Stati Uniti, i vagoni merci furono divisi in base alla collocazione degli stati che dovevano raggiungere e presero direzioni verso il Sud, l'Ovest e verso il New England e messi su carri merci aperti, ossia senza sponde, poiché i vagoni originari del Gratitude Train erano troppo larghi per le dimensioni delle rotaie della rete ferroviaria che percorreva gli 'States'.

Ogni singolo stato organizzò comitati addetti alla catalogazione del contenuto del proprio vagone e molti furono i doni messi all'asta per beneficenza, mentre altri furono destinati a biblioteche e musei.



Anche oggi il nostro tempo è terminato, ma mi auguro, con tutto il cuore,

 di avervi, ancora una volta, intrattenuti piacevolmente ... 

è sempre una gioia per me avervi qui, 

carissimi lettori ed amici!



A presto 💕








SOURCES:


WIKIPEDIA (links QUI e QUI)

WEB per le immagini



Jonathan Reed, the man who lived in a tomb - Story of a neverending Love.

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Old Print Article - Jonathan Reed Stricken In Tomb Where He Lived, Brooklyn Daily Eagle (1905)




We read on the New York Times Obituary from March 24th, 1905, that a certain Jonathan Reed, about 70 years old, was found agonizing on the floor of the mausoleum in which his wife was buried for almost a decade, located in Evergreen Cemetery in Brooklyn.

To discover the man at the end of life was the police supervising  the cemetery, who had seen the door of the funeral chapel half-open,  while it seemed that no one was inside, and one might think that the stroke, which was suppressing the poor man's life, had caught him during a visit to the tomb his deceased consort ... in reality there are stories of love that cross every threshold, including that of time and that of life ....

Mary E. Gould Reed had died in 1893 and since the day of her death the poor Jonathan, afflicted by a loss he felt he couldn't bear, dedicated to his dead wife the time he still had to live, almost as if death had reinforced the bond that already linked them.

After having built a mausoleum in which to burrow the remains of his beloved disappeared, Jonathan, a retired businessman, certainly belonging to the well-to-do society, elected this place as his future home: he furnished it like a sort of small living room, heated it with the oil stove that he had made build specifically for that place, hung on the walls the paintings that Mary loved and brought there her portraits, those portrayinh her as a child and as a young girl, the knitting work at which, at the time of her departure,  she was working, a deck of playing cards and the parrot that kept them company (and when the cherished bird died, he was preserved -thanks to taxidermy - and left in the chapel on his perch).

Sitting in his rocking chair, the disconsolate Jonathan found serenity and strength to live talking to his cherished wife who, as he had to declare to the press of time, surely was able not only to hear him, but also to answer him, since he was able to interpret her answers ... she, with her passing away, he had only lost the heat of her body ... for the rest nothing in her had changed, of this the poor man was more than convinced... she was not completely dead ...

The most striking thing is that at the time all this was not interpreted as a sort of delirium dictated by the deepness of his sorrow or as a way to accept a pain stronger than any other, but the news of this unusual way of living of his, which spread quickly, crossed not only the borders of the state, but even came to Asia and Europe: more than seven thousand people from all over the world moved on 'pilgrimage' - even some Tibetan monks wanted to see with their own eyes that man who was still able to communicate with his extinct dear - only during the first year of this singular life: he was in all respects considered a sort of phenomenon!

For this reason the news of his disappearance had such a resonance ... after spending nearly a dozen years of his life in the mausoleum he made build, Jonathan Reed ceased to live at Kings County Hospital where he was transported by an ambulance called by Dr. Meister who promptly rushed from Bradford Street Hospital after the call of the policeman who supervised the cemetery: he found him slumped on the ground, his arms protracted towards the coffin of his beloved, in the throes of a loss of consciousness due to a stroke.

His remains were buried next to those of his beloved, in what had for years become their new home ...

... And since then the door of that chapel has been closed, and nobody knew anything about its key ...





And today too our time has come to an end ...
and as always grateful for your praise,
I leave you with my warmest hug.


See you soon 💕











- immagine 1 - Old Print Article - Jonathan Reed Stricken In Tomb Where He Lived, Brooklyn Daily Eagle (1905)





Il 24 marzo del 1905 si legge sul New York Times Obituary che un certo Jonathan Reed, di anni 70 circa è stato trovato agonizzante sul pavimento della cappella in cui era sepolta la moglie da quasi una decina di anni, situata nell'Evergreen Cemetery di Brooklyn.

A scoprire l'uomo in fin di vita fu un operaio, che aveva visto la porta della cappella semiaperta, ma gli sembrava che nessuno vi fosse dentro, e si potrebbe pensare che il colpo apoplettico che stava stroncando la vita del povero uomo lo avesse colto durante una visita alla tomba della defunta consorte … in realtà esistono storie di amore che varcano ogni soglia, comprese quella del tempo e quella della vita ….



- immagine 2 sulla sinistra - Trafiletto tratto dal New York Times Obituary del 24 marzo 1905.




Mary E.Gould Reed era morta nel 1893 e dal giorno della sua scomparsa il povero Jonathan, afflitto da una perdita che non riusciva a sopportare, dedicò alla sua defunta consorte quanto ancora gli rimaneva da vivere, quasi come se la morte avesse rinforzato il vincolo che già li univa.

Dopo aver fatto costruire una cappella in cui tumulare le spoglie dell'amata scomparsa, Jonathan, uomo d'affari in pensione, per certo benestante, elesse tale luogo quale sua futura dimora: lo arredò come fosse una sorta di piccolo salotto, lo riscaldò con la stufa a petrolio che aveva fatto costruire appositamente per porla in quel luogo, appese alle pareti i quadri che Mary più amava e vi portò i suoi ritratti, quelli che la ritraevano da giovane e da fanciulla, il lavoro a maglia che al momento della sua dipartita stava portando avanti, un mazzo di carte da gioco ed il pappagallo che faceva loro compagnia (quando morì, l'animale venne imbalsamato e lasciato nella cappella sul suo trespolo).

Seduto sulla sua sedia a dondolo, lo sconsolato Jonathan ritrovava serenità e forza di vivere parlando alla sua adorata che, come ebbe modo di dichiarare alla stampa del tempo, sicuramente era in grado di sentirlo così come lui era capace di interpretare le sue risposte  … ella, con il trapasso, aveva solamente perso il calore del corpo … per il resto nulla in lei era cambiato, di questo il povero uomo era più che convinto. … non era del tutto morta ...

La cosa più eclatante è che al tempo tutto ciò non venne interpretato come una sorta di delirio dettato dal dolore, come un modo per accettare un dolore più forte di ogni altro, ma la notizia, che si sparse in fretta, varcò non solo i confini dello stato, ma giunse persino in Asia ed in Europa: più di settemila persone provenienti da ogni parte del mondo si mossero in 'pellegrinaggio'– anche alcuni monaci tibetani vollero vedere con i propri occhi quell'uomo che ancora era in grado di comunicare con la cara estinta – solamente durante il primo anno di questa insolita vita: egli era a tutti gli effetti considerato una sorta di fenomeno! 

Per questo la notizia della sua scomparsa ebbe una tale risonanza … dopo aver trascorso in cotal guisa circa una decina di anni della sua vita, Jonathan Reed cessò di vivere al Kings County Hospital dove venne fatto trasportare da un'ambulanza chiamata dal Dr. Meister che prontamente accorse dal Bradford Street Hospital dopo la chiamata del poliziotto che sovrintendeva al cimitero: egli lo trovò accasciato in terra, con le braccia protratte verso la bara dell'amata, in preda ad una perdita di coscienza dovuta ad un colpo apoplettico.

Le sue spoglie vennero tumulate accanto a quelle dell'amata, in quella che era da anni divenuta la loro nuova dimora ...


... E da allora la porta di quella cappella è rimasta chiusa, e della chiave nessuno più seppe nulla ...



- immagine 3 ed immagine 4 - Il monumento funerario in cui sono tumulati Mary e Jonathan.





Anche oggi il nostro tempo è giunto al termine ... 
e come sempre grata per il vostro plauso, 
vi lascio con il mio più caloroso abbraccio

a presto 💕




ll figlio americano di Rodolfo d'Asburgo. Daniela Lasagnini.

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Sono stata lontana da voi e dal mio Blog tre anni circa e non è stato facile rinunciare a tutta l'entusiasmo e la gioia che mi ha sempre donata, ma, sono onesta, non riuscivo a trovare tempo per ogni cosa: il libro che  uscirà tra pochi giorni di cui sono autrice per la MGS Press di Trieste ha richiesto un notevole lavoro e intendevo investire tutte le mie energie innanzitutto in questo.
Ed ora, ad essere di nuovo qui con voi e a parlarvene, sto vivendo una grandissima emozione!
Sapete quanto ami la storia vittoriana e quella delle nobili famiglie del tempo, delle dinastie che allora regnavano sovrane, ma anche delle curiosità legate alla vita di artisti nonché di gente comune, al costume che allora dettava legge anche presso le classi più umili, alla cultura ottocentesca in genere.
E proprio grazie alla mia curiosità storica, ho scoperto quasi per caso l’argomento che è diventato il motivo del mio lavoro di questi ultimi anni.
Ho cominciato conducendo ricerche d’archivio presso alcuni stati americani, per trovare le conferme ad una storia che a suo tempo era solamente detta a mezza voce, bisbigliata nei corridoi dei palazzi sede del potere, e a cui, ancora oggi, solamente documenti custoditi oltreoceano riportati alla luce sono riusciti a ridare vita. 
E l’hanno ridata al suo frutto, nato, dopo la tragedia di Mayerling, dall’amore di Rodolfo per una misteriosa principessa russa, nominata ‘K’, figlia illegittima dello zar, che egli, a suo tempo, avrebbe voluto sposare. Il matrimonio gli fu negato, ma all’amore nessuno può metter freno.
Quando finalmente questa storia mi fu confermata da un familiare discendente che preferisco mantenere anonimo, al lavoro di affinamento della ricerca si è affiancato quello della prima stesura delle bozze, seguito da un’accurata lettura e correzione effettuata in collaborazione  con lo staff editoriale cui mi sono affidata: forse non lo sapete, ma la MGS Press è la casa editrice più preparata in quanto a conoscenza di storia asburgica, collocata non a caso nell’ultima parte che l’impero austro-ungarico perse e che dovette tornare al regno d’Italia.
Ad essa neppure ambivo di riuscire ad avvicinarmi con successo, ed invece tutto questo lavoro si è concretizzato in un libro.
Ve lo presento:


Il 30 gennaio 1889 a Mayerling – in circostanze che non sono state ancora del tutto chiarite e forse mai lo saranno – muore l’erede al trono d’Austria-Ungheria, Rodolfo d’Asburgo. Cinque mesi dopo, dall’altra parte dell’Oceano, in Arkansas, nasce suo figlio, l’erede maschio che non ha avuto dalla moglie Stefania. 
Chi è la donna che il 21 giugno di quell’anno mette al mondo a Hot Springs Rudolf Franz Alexander Napoleon Augustus Maximilian Karl Josef? È davvero una principessa russa? Si dice sia una figlia illegittima dello zar Alessandro II...
Sono in molti a cercare di scoprire l’identità della misteriosa “Principessa K” di cui si invaghisce Rodolfo; così come saranno in molti a cercarne il figlio americano, perché sono tanti gli interessi che vorticano intorno a un presunto erede dell’imperatore Francesco Giuseppe. 
Il bambino dai natali regali intanto cresce in un orfanotrofio per poi incontrare, come nelle migliori fiabe, chi si prenderà cura di lui amorevolmente, aiutandolo a trovare la sua strada in una giovane America dalle mille opportunità. Ma come mai quest’orfano, apparentemente privo di relazioni, avrà la fortuna d’esser sempre circondato da personalità di una certa caratura estremamente sollecite nei suoi confronti?
Naturalmente segreti così scottanti, come quello di un figlio illegittimo di Rodolfo, sono difficili da mantenere. Ed ecco che dalla remota Austria Francesco Giuseppe ordina alla sua Polizia segreta di cercare il bambino per tentare di riportarlo nel Vecchio Continente. E chissà come sarebbe andata la Storia se il tentativo avesse avuto successo… 
Questa è la storia del nipote americano di Francesco Giuseppe ricostruita e raccontata per la prima volta.


E’ una storia talmente incredibile che sembra un romanzo scritto da un talentuoso scrittore, dotato di estro e fantasia, ma, credetemi, tutto corrisponde alla realtà, dall’inizio alla fine! Ed proprio per la sua eccezionalità, che condusse un erede al trono degli Asburgo a nascere e crescere nell’America dei pionieri e dei cercatori d’oro, che questa storia mi ha entusiasmata già dal primo momento ed ho voluto con tutta me stessa che diventasse una storia da raccontare a tutti.
E con lo stesso entusiasmo ve ne ho parlato oggi nella speranza che, in voi, divenga viva curiosità di leggerla.
Lo trovate in prevendita sul sito della casa editrice nel catalogo dedicato agli Asburgo e disponibile a partire dal 1 marzo.

DANIELA LASAGNINI, Il figlio americano di Rodolfo d’Asburgo, Trieste, MGS Press, febbraio 2021.


A presto ♥♡♥








Rudolph of Habsburg’s American son.

I have been away from you and from my Blog for about three years and it was not easy to give up all the enthusiasm and the joy that it all has always given me, but, honestly, I wasn’t able to find time for everything: the book that will be published in a few days, which I am the author of for the MGS Press of Trieste, required a lot of work and I intended to invest all my energies first of all in this.
And now, to be here with you again and to talk to you about it, oh what a great emotion it means to me!
You know how much I do love the Victorian history and that of the noble families of the time, the history of the dynasties that reigned supreme during that age, but also the curiosities related to the life of artists as well as of common people, the habits dictating law then even among the humblest classes, the culture of the XIXth century in general.
And thanks to my historical curiosity, I discovered almost by chance the topic that has become the reason for my work in these last years.
I started by conducting archival researches in some American States, to find the confirmation of a story that at the time was only said in a low voice, whispered in the corridors of the buildings seat of power, and to which, even today, only documents kept overseas brought to light have managed to restore life.
And they gave it back to its fruit too, born, after the Mayerling tragedy, from Rudolf's love for a mysterious Russian Princess, named 'K', one of the Tsar's illegitimate daughter, whom, at the time, the Austrian Crown Prince wanted to marry. Marriage was denied him, but no one can curb love.
When this story was finally confirmed to me by a descendant family member who I prefer to keep anonymous, the work of refining the research was accompanied by that of drafting, followed by an accurate reading and correction carried out in collaboration with the editorial staff I have relied on: perhaps you do not know it, but MGS Press is the most prepared publishing house in terms of Hapsburg history, not by chance located in the last part that the Austro-Hungarian Empire lost and that had to return to kingdom of Italy after the Great War.
I didn’t even aspire to be able to approach it successfully, and instead all this work has resulted in a book.
And now I’m presenting it to you:


On January 30th, 1889 in Mayerling - in circumstances that have not yet been fully clarified and perhaps never will be - the heir to the throne of Austria-Hungary, Rudolf of Habsburg, dies. Five months later, on the other side of the Ocean, in Arkansas, his son was born, the male heir that he did not have from his wife Stefania.
Who is the woman who gave birth to Rudolf Franz Alexander Napoleon Augustus Maximilian Karl Josef in Hot Springs on June 21st of that year? Is she really a Russian Princess? She is said to be an illegitimate daughter of Tsar Alexander II ...
Many people are trying to discover the identity of the mysterious "Princess K" of whom Rudolf falls in love; just as many people will be looking for his American son, because there are many interests correlated with an alleged heir of the Emperor Franz Josef.
Meanwhile, the child with royal births grows up in an orphanage and then meets, as in the best fairy tales, who will take care of him lovingly, helping him to find his way in a young America with a thousand of opportunities. But how this orphan, apparently without relationships, will have the good fortune of always being surrounded by personalities of a certain caliber extremely attentive towards him?
Of course burning secrets, such as that of an illegitimate son of Rudolf, are difficult to keep. And so, from the remote Austria, Emperor Franz Josef orders his secret police to look for the child to try to bring him back to the Old Continent. And let’s try to wonder how this story would have gone on if thi attempt had been successful ...
This is the story of Franz Josef’s American grandson, reconstructed and told for the first time.


It is such an incredible story that it looks like a novel written by a talented writer, gifted with flair and imagination, but, believe me, everything corresponds to reality, from its start to its finish! And precisely because of its exceptionality, which led an heir to the throne of the Habsburgs to be born and raised in the America of the pioneers and gold diggers, that this story thrilled me from the first moment and I wanted with all my heart that it became a story to tell everyone.
And with the same enthusiasm I talked to you about it today in the hope that, in you, it will become a keen curiosity to read it.
You may find it on the website of the publishing house in the catalog of the Habsburgs and available from the first of March.
Alas, as you can imagine, it's written in Italian, and I'm truly sorry for all my foreign readers, who cannot read it ... at least at the moment!


DANIELA LASAGNINI, Il figlio americano di Rodolfo d’Asburgo, Trieste, MGS Press, febbraio 2021


See you soon ♥♡♥














The charming ‘Dresden Figurines’.

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The production of the Meissen porcelain, the first European hard-paste porcelain, also known as Dresden porcelain, dates back to 1708, thanks to the collaboration of Ehrenfried Walther von Tschirnhaus (1651-1708) mathematician, physicist and inventor and of Johann Friedrich Böttger (1682-1719) chemist and alchemist.
They were the exploration trips to the Orient which brought the precious and ancient Chinese porcelains to the Old Continent that tempted and spurred scholars to try to obtain this material which was then new to us. The XIXth century had just begun when Böttger believed he had solved the ancient dream of the alchemists, that is to say that he had found the way to transform raw materials into gold. When the ruler of Saxony (Dresden was the capital of the kingdom) became aware of his project, he invited Böttger to his Court to show him what he was capable of, but the experiment failed. At the same time, Tschirnhaus, who had begun to make experiments with glass, had the opportunity to meet Böttger and to establish a collaborative relationship with him. After Tschirnhaus’ death, his partner continued the business: the first laboratory and the"Royal Porcelain Factory" were established in 1710 inside the Albrechtsburg castle owned by the ruler of Meissen and the first manufactures were bowls, jugs and figurines that had as subjects those belonging to the animal world. But it was with the late XIXth century, just in the middle of the Victorian period, that the Meissen figurines became truly prestigious, that is when ladies, often with their partners or gentlemen, and skits of aristocratic or rural life began to be produced.





Above all, the statuettes depicting ladies with dresses trimmed with fluffy laces, which were made in the Dresden manufacturing plant not far from Meissen, were sought after: this is why this lace took the name of "Dresden lace". In the process of bringing these intricate figures to life, lace or tulle was truly used: it was dipped in a compound made of clay mixed with water - the ratio was adequate when the consistency of melted ice cream was reached. 'Baked' in the oven, the lace steamed leaving intact the sometimes very fragile porcelain coating, so much so that in some modern-day statuettes it has not been perfectly preserved intact.
I am literally fascinated by these ‘ladies’: I’m going to show you some of them, produced during the Victorian age, and then you, dear readers of mine, will tell me whether they are authentic masterpieces or not.













In the hope to have entertained you with delight, I'm sending much love to each of you, dear readers and friends!

See you soon 💕













Le affascinanti statuine di Dresda.


immagine 1


Data 1708 l’inizio della produzione della porcellana di Meissen, conosciuta anche come porcellana di Dresda, la prima porcellana dura realizzata in Europagrazie alla collaborazione di Ehrenfried Walther von Tschirnhaus (1651-1708) matematico, fisico ed inventore e dJohann Friedrich Böttger (1682-1719) chimico ed alchimista.
Furono i viaggi di esplorazione in Oriente, che portarono nel Vecchio continente le preziose ed antiche porcellane cinesi - la cui produzione risaliva al 1200 - che spronarono gli studiosi tentare di ricavare questo materiale per noi allora nuovo.
Era appena cominciato il XVIII° secolo quando Böttger credette di aver risolto l'antico sogno degli alchimisti, ossia di aver trovato il modo di trasformare materiali grezzi in oro. Quando il regnante di Sassonia (Dresda ne era la capitale) venne a conoscenza di questo suo progetto, invitò Böttger presso la sua Corte perché mostrasse di cosa era capace, ma l’esperimento non riuscì. Contemporaneamente, Tschirnhaus, che aveva iniziato ad effettuare esperimenti con il vetro, ebbe l'occasione di conoscere Böttger e di stringere con lui un rapporto di collaborazione. Alla morte di Tschirnhaus, il suo socio continuò l'attività: il primo laboratorio e la "Real Fabbrica di Porcellane" furono istituiti nel 1710 all’interno del castello di Albrechtsburg di proprietà del regnante di Meissen e le prime manifatture furono ciotole, brocche e statuine che avevano come soggetti quelli facenti parte del mondo animale. Ma fu con il tardo XIX° secoloossia in pieno periodo vittoriano, che le statuine di Meissen divennero davvero prestigiose, ovvero da quando cominciarono a venir prodotte dame, cavalieri e scenette di vita aristocratica o di vita agreste.


- immagine 2


- immagine 3


Erano ricercate soprattutto le statuine raffiguranti dame con gli abiti guarniti di vaporosi pizzi che venivano realizzate nello stabilimento manifatturiero di Dresda non lontano da Meissen: ecco perché questo pizzo assunse il nome di "Merletto di Dresda". Nel procedimento tramite cui dar vita a queste figure intricate veniva realmente utilizzato il pizzo o il tulle: esso veniva immerso in un composto fatto di argilla mescolato con acqua - il rapporto era adeguato quando veniva raggiunta la consistenza del gelato sciolto. 'Cotto' in forno, il pizzo vaporizzava lasciando intatto il rivestimento in porcellana a volte fragilissimo, tanto che in alcune statuine dei giorni nostri non si è conservato perfettamente intatto.
Da queste 'damine' io sono letteralmente affascinata: ve ne mostro alcune prodotte durante il periodo vittoriano e poi mi direte voi, miei cari lettori, se non si tratta di autentici capolavori. 


- immagine 4


- immagine 5


- immagine 6


- immagine 7


- immagine 8


- immagine 9



Nella speranza di avervi intrattenuti piacevolmente auguro ogni bene a ciascuno di voi e vi do appuntamento a presto 💕








Aggiungo una piccola parentesi riguardo al mio libro: chi fosse interessato ad acquistarlo ora lo trova in vendita presso: 



       

MGS PRESS       
                                                                                                              
IBS.IT   


UNILIBRO.IT                                                     









The Art of Reading in the Victorian Age.

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Giuseppe Bezzuoli (Firenze, 1784-1855) 

RITRATTO DI UFFICIALE DI CAVALLERIA BRITANNICA E DI SUA MOGLIE (dettaglio)




Victorian women were real passionate readers. The increased literacy rate from

schooling, the cheaper production, and the wider availability of books in the

libraries promoted reading, as well as, around the half of the Victorian age, gas 

and electric lighting also meant that reading after the sunset or before sleeping

at night didn’t have to be by candlelight or by the messy and weak light of oil

lamps.




Edward John Pointer (Paris, 1836-London, 1919)

AN EVENING AT HOME





Novels were often serialized in monthly parts, making them cheaper, more 

easily accessible and shared. Weekly or monthly segments often ended on a

“cliff-hanger” to keep readers hooked and anticipating the next installment.




Maria R.Dixon (American, 1823-1896)

WOMAN IN BONNET READING A BOOK






Thomas Benjamin Kennington (British, 1856-1916)

TITLE UNKNOWN






 William Kay Blacklock (British, 1872-1924)

QUIET READ





Peter Philipp Rumpf (German, 1821-1896) 

YOUNG WOMAN READING IN THE PARK





For women belonging to the wealthier classes, who could afford first editions,

reading from their own collection was an everyday occurrence.

Six months after the original publication, books became cheaper, being issued as

single volumes. 




Alfred Emile Léopold Joseph Victor Stevens (Brussels, 1823-Paris, 1906)

THE READER




Charles Baugniet (Belgian, 1814-1886)

THE READER




Auguste Toulmouche (French, 1829-1890)

SWEET DOING NOTHING





Auguste Toulmouche (French, 1829-1890)

IN THE LIBRARY




And the growth of the rail network helped make novels cheaper also at

railway stations. There was always something new to read during a long journey.




Augustus Leopold Egg (London, 1816-Algeirs, 1863)

THE TRAVELLING COMPANIONS





Fiction was thought to hold influential power over readers.

The 18th-century view that reading contemporary novels was a time-wasting 

leisure activity gave way to 19th-century idea on their ability to educate.

Victorians believed that although novels lacked the cultural seriousness of 

classical texts, they did bring awareness of historical periods and were able to

develop Christian moral values.




George Goodwin Kilburne (London, 1839-1924)

A YOUNG LADY READING IN AN INTERIOR 





That’s why the during the XIXth century the most widely read novel in England

was The Uncle Tom's Cabin (1852) by the American writer Harriet Beecher 

Stowe, which spread anti-slavery ideals.

But if novels could influence for the good, they were thought to be also able to

influence for the bad, expecially amongst young girls or people without culture

belonging to working classes, who could be encouraged to emulate fictional

criminals' life whose adventures were told.




Alexander Mark Rossi (British, 1840-1916)

FORBIDDEN BOOKS





Maybe it was the reason that leaded Charles Dickens to write educational 

novels: his stories portrayed the lower classes and had always a moral which, 

implicitly, became an example to follow for each reader.

Queen Victoria was the most enthusiastic reader of his, given She always

wanted to be the the first to read the last novel he wrote before it was published,

not with a puritan purpose or to control it, but because, with their values, his 

books were the true expression of the Age she was the Emblem of.








Dickens had the intelligence and the capability to become an integral part of that

world that was still making itself, both from an intellectual and from a moral 

point of view, and probably, to find 'translated' in words what became to Her

the meaning of an Age, animated Her enjoyment, Her fervor and Her delight.

We should say that Charles Dickens was the real Victorian writer. 


I sincerely hope you've enjoyed this travel bck in the Age we all love and, 

with utmost thankfulness, 

I'm sending much love to each of you

See you soon and Happy Easter 💕
















L'Arte di leggere nell'Era Vittoriana.





1 - Giuseppe Bezzuoli (Firenze, 1784-1855) 

RITRATTO DI UFFICIALE DI CAVALLERIA BRITANNICA E DI SUA MOGLIE (dettaglio)




Le ladies vittoriane erano lettrici davvero appassionate. L'aumento del tasso di

alfabetizzazione promosso dall’obbligo scolastico, la produzione più economica e

la più ampia disponibilità di libri nelle biblioteche promossero la lettura, così 

come, intorno alla metà del XIX° secolo, l'illuminazione a gas ed elettrica

resero agibile anche leggere dopo il tramonto o prima di dormire la notte, cosa 

che prima era possibile solo al lume di una candela o di una lampada ad olio 

dalla luce debole e confusa.



2 - Edward John Pointer (Parigi, 1836-Londra, 1919), AN EVENING AT HOME



I romanzi erano spesso pubblicati in fascicoli mensili, il che li rendeva più

economici, più facilmente accessibili e condivisibili. La parte che veniva 

pubblicata spesso finiva con un "cliff-hanger", una sorta di richiamo che serviva

per mantenere viva la memoria del lettore e anticipare la prossima puntata.



3 - Maria R.Dixon (Americana, 1823-1896) WOMAN IN BONNET READING A BOOK


4 - Thomas Benjamin Kennington (Britannico, 1856-1916) TITLE UNKNOWN


5 - William Kay Blacklock (Britannico, 1872-1924) QUIET READ


6 - Peter Philipp Rumpf (Tedesco, 1821-1896) YOUNG WOMAN READING IN THE PARK



Per le ladiesappartenenti alle classi più abbienti che potevano permettersi le

edizioni appena pubblicate, leggere dalla propria collezione era una quasi

un’esigenza quotidiana. Sei mesi dopo la pubblicazione originale, i libri 

vedevano il loro prezzo scendere, dato che anche quelli che erano stati 

pubblicati in fascicoli venivano venduti in volumi singoli.



7- Alfred Emile Léopold Joseph Victor Stevens (Bruxelles, 1823-Paris, 1906) THE READER


8 - Charles Baugniet (Belga, 1814-1886) THE READER


9 - Auguste Toulmouche (Francese, 1829-1890) SWEET DOING NOTHING


10 - Auguste Toulmouche (Francese, 1829-1890) IN THE LIBRARY



E l'incremento delle reti ferroviarie contribuì a rendere i libri più economici 

anche nelle stazioni. C'era sempre qualcosa di nuovo da leggere durante un 

lungo viaggio. 



11 - Augustus Leopold Egg (Londra, 1816-Algeri, 1863) THE TRAVELLING COMPANIONS



Era opinione diffusa che la narrativa potesse influenzare la mentalità dei lettori.

Mentre nel XVIII° secolo si credeva che la lettura di romanzi contemporanei 

fosse un'attività di svago che riempiva il tempo e distraeva dall'ozio, durante

il periodo vittoriano si fece largo l'idea che essi avessero un valore educativo.

I vittoriani credevano che, sebbene i romanzi mancassero della serietà

culturale dei testi classici, inducessero comunque consapevolezza dei periodi 

storici e fossero in grado di sviluppare valori morali cristiani.



12 - George Goodwin Kilburne (Londra, 1839-1924) A YOUNG LADY READING IN AN

 INTERIOR 



Ecco perché durante il XIX°secolo il romanzo più letto in Inghilterra fu The 

Uncle Tom's Cabin - La capanna dello zio Tom(1852) della scrittrice americana

Harriet Beecher Stowe, che diffondeva ideali contro la schiavitù.

Ma se i romanzi potevano esercitare un’influenza positiva sul lettore, si pensava 

che fossero anche in grado di influenzarlo negativamente, specialmente se si

trattava diragazze o di persone prive di cultura appartenenti alle classi 

lavoratrici, che potevano essere incoraggiate a emulare la vita dei criminali

immaginari le cui vicende venivano in essi raccontate.



13 - Alexander Mark Rossi (British, 1840-1916) FORBIDDEN BOOKS



Forse fu proprio questoil motivo che spinseCharles Dickens a scrivere romanzi

didattici: le sue storie ritraevanole classi socialmente più bassee avevano

sempre una morale che, implicitamente, diventava un esempio da seguire per

ogni lettore. La regina Vittoria erala sua lettrice più entusiasta, dato che ha 

sempre voluto essere la prima a leggere l'ultimo romanzo che questi scriveva 

prima che fosse pubblicato, non con uno scopo puritano o per controllarlo, ma

perché, con i loro valori, i suoi libri erano la vera espressione dell'era di cui Ella 

era l'emblema.



FOTOGRAFIA: la PRINCIPESSA BEATRICE legge con la madre, la REGINA VICTORIA



Dickens ebbel'intelligenza e la capacità di diventare parte integrante di quel 

mondo che ancora si stava facendo, sia da un punto di vista intellettuale che 

da un punto di vista morale, e probabilmente, il fatto di trovare 'tradotto' in 

parole quello che divenne per Lei il significato di un'epoca, animavail Suo

divertimento, il Suo fervore ed il Suo diletto.

Dovremmo dire che Charles Dickens fuil vero scrittore vittoriano.


Spero di tutto cuore che abbiate apprezzato anche questo piccolo 'viaggio' 

nell'era che tutti noi amiamo e, 

con la più sincera gratitudine, 

invio tutto il mio affetto a ciascuno di voi


A presto e Felice Pasqua💕










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