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Living the old ways ~ The Amish Culture.

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Antiche, anzi antichissime sono le origini culturali che governano ancor'oggi queste comunità d'altri tempi che sopravvivono al progresso rifiutandolo per portare avanti vite vissute ed organizzate secondo i metodi che noi tutti usavamo secoli or sono: nei loro villaggi, ad economia ancora esclusivamente agricola, non esiste alcun macchinario tecnologico, non esiste elettricità, telefono, riscaldamento centralizzato, non esistono attrezzi che possano rendere più veloce ed agevole il lavoro di tutti i giorni .... 
Gli Amish non hanno fretta, vivono ancora il tempo scandito dall'orologio della semplicità, al centro delle loro giornate pongono il loro Credo ed il lavoro, non conoscono alcune tra le patologie più note ai nostri giorni e del tutto nullo è il tasso di autismo presso la popolazione infantile.



Sono quelle Amish vere e proprie comunità autosufficienti, piccoli villaggi dove si può trovare l'emporio, il fabbro, la falegnameria, la scuola, villaggi dove il denaro non ha alcun valore, almeno quello che ha per noi oggi ...




Lontano nel tempo ci conduce l'origine di questa cultura che ammiro molto per le regole di vita che detta, per la fede ed i valori familiari che la governano e da cui credo tutti potremmo imparare qualcosa: la storia della chiesa Amish inizia infatti nel 1693 anno a cui data uno scisma che ebbe origine in Svizzera all'interno di un gruppo di anabattisti* Mennoniti svizzeri e alsaziani guidati da Jakob Ammann, un sarto che divenne predicatore e poi vescovo e che proclamava la separazione dalle cose del mondo, l'etica del lavoro, la semplicità, l'obbedienza e l'umiltà al fine di guadagnare la Salvezza.

Gli Amish si rifanno alla Confessione di Fede di Dordrecht del 1632 e da alcuni studiosi di religioni vengono considerati come Protestanti Conservatori mentre altri li considerano appartenenti all'ampia famiglia delle chiese libere insieme con i Mennoniti, i Fratelli Quaccheri e altre, poiché con queste hanno numerosi punti dottrinali in comune.







Con l'inizio del XVIII secolo, molti Amish e Mennoniti emigrarono negli Stati Uniti - le più vaste comunità sono ancor oggi quelle appartenenti agli stati dell'Ohio, della Pennsylvania e dell'Indiana anche se ve ne sono alcuni in altri 19 stati - per poter godere di una maggiore libertà religiosa. Oggi i discendenti più tradizionali degli Amish continuano a parlare il Pennsylvania German, noto anche come "Pennsylvania Dutch", ed un dialetto tedesco-svizzero è quello che viene parlato dagli Old Order Amish nella contea di Adams, nell'Indiana. Si sa che nel 2000 più di 165.000 Old Order Amish vivevano negli Stati Uniti e circa 1.500 vivevano in Canada. mentre studi più recenti ci indicano cifre di crescita demografica pari al 120 %  (basti pensare che la maggior parte degli Amish continuano ad avere 6-7 bambini per famiglia).



Le loro regole di vita sono principalmente dettate dall'ORDNUNG - ORDINE, un insieme di regole stabilite oralmente che talora variano da comunità a comunità nei piccoli dettagli, ma che nella sostanza sono in accordo con le Sacre Scritture cui gli Amish aderiscono a partire dai sedici anni di età e prevedono che si eviti l'utilizzo di ciò che possa in qualche modo danneggiare il Creato, (da ciò il rifiuto per i macchinari e l'elettricità), che si abbiglino in modo semplice ed essenziale - gli uomini portano il cappello e vesti scure dal taglio semplice senza cerniere lampo e in parte anche senza bottoni. I calzoni hanno fondo largo e orlo alto, per motivi di praticità e per motivi di modestia e da quando si sposano portano la barba, come richiede la Bibbia ma non i baffi, che associano con la vita militare e i suoi disvalori di violenza mentre le donne hanno abiti semplici medio-lunghi spesso con grembiuli e vestono cuffiette bianche se sposate, nere se sono nubili ed hanno capelli lunghissimi che non possono tagliare - proibisce la guida di veicoli che non siano il log cabino buggy trainato da un cavallo che costituisce il simbolo della loro appartenenza a questa comunità quando si trovano a praticare le strade comuni, prescrive il Rumspringa, ossia una sorta di periodo sabbatico durante il quale i giovani di età compresa tra i 16 ed i 21 anni possono lasciare temporaneamente la comunità per sperimentare come si vive nel mondo odierno e quindi tornare con la coscienza di volere appartenere alla comunità (ed allora viene loro impartito il battesimo) oppure di abbandonarla per sempre.
Solo così l'appartenenza alla comunità e l'adesione ai valori che la governano diviene pienamente consapevole e voluta.









In sostanza l'etica e l'aspetto di queste comunità sono rimasti quelli popolari tardo settecenteschi, il tempo loro lo hanno fermato davvero in nome dei valori più importanti che dovrebbero fare parte della vita di ciascuno di noi ... gli Amish non hanno bisogno di accumulare denaro, di crearsi assicurazioni, fondi pensionistici e quant'altro perché la solidarietà e la collaborazione che governa coloro che ne fanno parte rende tutto ciò superfluo, loro vivono davvero l'uno per l'altro e sono tutti necessari ed indispensabili alla comunità di cui fanno parte.... mi sembra di scrivere di un mondo filosoficamente ideale, retto dagli ideali Russeauiani, ma è questo il mondo in cui loro hanno ancora la fortuna di vivere.



Nella speranza di avervi fatto cosa gradita trattando questo argomento, 
vi abbraccio con il cuore,


a presto 💕











BIBLIOGRAFIA:

Brad Igou, The Amish in Their Own Words, Herald Press, 1999;

Karen M. Johnson-Weiner, Train Up a Child: Old Order Amish and Mennonite Schools, Johns Hopkins University Press, 2006;

Steven M. Nolt,  A History of the Amish, Good Books, 2004; 

Stephen Scott & Kenneth Pellman, Living Without Electricity, Good Books, 1990;

Ira Wagler, Growing Up Amish: A Memoir, Tyndale House, 2011;

Erik Wesner, Success Made Simple: An Inside Look at Why Amish Businesses Thrive, Jossey-Bass, 2010.










Ancient, indeed, far ancient, are the cultural origins that still govern these communities of the past surviving progress by refusing it and choosing to carry on living according to the methods we have used for centuries: in their villages, still exclusively at agricultural economy, there is no technological machinery, there is no electricity, telephone, central heating, there are no tools that can make everyday work quicker and easier ....
The Amish are not in a hurry, they still live the time beaten by the clock of the simplicity, in the middle of their days they put their beliefs and work, they do not know some of the most well-known pathologies in our day and totally absent is the rate of autism amongst the infant population.




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Those of the Amish are real self-sufficient communities, small villages where you can find the emporium, the blacksmith, the carpentry, the school, villages where the money has no value, at least what it has for us today ...




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They're dating so much back in time the origins of this culture for which I feel a great deal of respect for the rules it dictates, for the faith and the family values that govern it and from which I believe we could all learn something: the story of the Amish Church begins in fact in 1693, the year in which it took place a schism in Switzerland within a group of Swiss and Alsatian Mennonites Anabaptists led by Jakob Ammann, a tailor who became preacher and then bishop, who proclaimed the separation from worldly things, the ethics of labor, simplicity, obedience, and humility in order to earn Salvation.

The Amish relate to the Confession of Faith of Dordrecht in 1632 and from some scholars of religions they are considered Protestant Conservatives while others consider them belonging to the large family of free churches along with the Mennonites, the Quackers Brothers and others since they have several doctrinal points in common.



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By the early 18th century, many Amish and Mennonites emigrated to the United States - the largest communities still belong to the states of Ohio, Pennsylvania and Indiana, although there are some of them in 19 other states - to enjoy a greater religious freedom. Today, the most traditional Amish descendants continue to speak Pennsylvania German, also known as "Pennsylvania Dutch", and a German-Swiss dialect is that talked by the Old Order Amish in Adams County, Indiana. It is known that in 2000 more than 165,000 Old Order Amish lived in the United States and about 1,500 lived in Canada, while recent studies point to 120% their demographic growth (just think that most Amish families have 6-7 children).




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Their rules of life are mainly dictated by the ORDNUNG - ORDER, a set of orally defined rules that sometimes vary from community to community in small details but which essentially conform to the Sacred Scriptures to which every Amish adhere from the age of 16 and forbid the use of everything might in some way damage the Creation (hence the refusal for machinery and electricity), impose them to be dressed in a simple and essential way - men wear hat and simple dresses in dark colours with no zippers and partly without buttons. Their trousers have wide bottom and high heels, for convenience and modesty reasons, and since they marry they let their beard grow, as the Bible requires, but not the mustache given they are associated with military life and its disvalue linked to violence while women have simple half-length dresses often with aprons and wear caps which are white if they are married, black if they are nubile and have long hair that they may not cut - it prohibits driving vehicles that are not the log cabinor buggy towed by a horse that constitutes the symbol of their belonging to this community when they drive on common roads, prescribes the Rumspringa, a sort of sabbatical period during which young people between the ages of 16 and 21 can temporarily leave the community to experience how they live in the ordinary world and then they may return with the consciousness of wanting to belong to the community (and then they are going to be Christened) or grow the decision to abandon it forever
Only thus the membership to the community and the acceptance of the rules ​​that govern it becomes fully conscious and wanted.




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In essence, the ethics and appearance of these communities has remained the popular ones of the late XVIIIth century, they really stopped the time in the name of the most important values that should be part of the lives of each of us ... Amish people do not need to accumulate money, to create insurances, pension funds, and so on, because the solidarity and cooperation that govern those who are part of it makes it superfluous, they really live for each other and are all necessary and indispensable to the community which they belong to ... I seem to write about a philosophically ideal world, governed by Russian ideals, but this is the world which they are still fortunate to live in.



In the hope of having done what you like by dealing with this topic,
I embrace you with my all my heart,


see you soon 💕










BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

Brad Igou, The Amish in Their Own Words, Herald Press, 1999;

Karen M. Johnson-Weiner, Train Up a Child: Old Order Amish and Mennonite Schools, Johns Hopkins University Press, 2006;

Steven M. Nolt,  A History of the Amish, Good Books, 2004; 

Stephen Scott & Kenneth Pellman, Living Without Electricity, Good Books, 1990;

Ira Wagler, Growing Up Amish: A Memoir, Tyndale House, 2011;

Erik Wesner, Success Made Simple: An Inside Look at Why Amish Businesses Thrive, Jossey-Bass, 2010.

Elizabeth Keckley, from Slave to Mrs.Lincoln's Dressmaker and Confidant at the White House.

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Elizabeth reached Washington without any money, without any friends and a house, but she soon found a work as a seamstress for two dollars and a half a day and a room at a boarding house. She had decided almost immediately to get to work on her own and she obtained a signboard and some business card.
Her specialty, she wanted people to know, was the 'mantua': se was very able at sewing the complicated and adherent corsets for which the elegant ladies were craving. Little by little she created herself a tour of customers who had recommended her.1



Born in a rather wealthy southern family, Elizabeth Keckley was sold as a slave when was just a litle child and succeeded after 37 years of slavery to buy her freedom after scraping together the sum of $ 1200 sewing clothes for slaves and ladies of the place and being paid by her master a little per piece.
So it was going on to define what would have become her art, that of sewing, an art that she practiced with extreme passion and skill so that she shortly became known in the center of Saint Louis and then in the great Washington, where she went to an attempt to make fortune.
The mantua, so sought-after at that time, so complicated to create because they had to fit the waist with extreme perfection, almost like a second skin, were her winning weapon: she sewed so many of them with a very expert and highly precise hand that she had to became known for sure.

May 1860 Peterson's Magazine



Owner of nothing, without a rooftop of her own, she was staying at the guesthouse managed by Mrs.Virginia Lewis in a bourgeois area of the city reserved for people of color, and had in her work basket, a loyal companion with the tools of the craft, her true, the only authentic treasure she possessed, since it allowed her to pay the studies of her only son, George, a student at Wilberforce University in Ohio.


Elizabeth Keckley fotografata quando raggiunse Washington



A few days before Lincoln were elected president, in October 1860, Elizabeth sewed a dress for the wife of a cavalry officer, a certain colonel Robert E.Lee"Do not be afraid to spend for it," said the colonel to Elizabeth, handing a hundred dollars for the purchase of laces, buttons and flakes for his consort's suit. Elizabeth was happy not to obey, and when Mrs. Lee wore it at a private dinner in honor of the Prince of Wales held at the White House, the other ladies who were present, struck by her beauty and the perfect cut of her gown, hurried all to gain Elizabeth.2

They didn't pass many days before she started working for Varina Davis,


the Mississippi senator Jefferson Davis' wife: in their drawing room, Elizabeth always found a friendly, home-like atmosphere, she felt comfortable with the Davises who commissioned her such a lot of work, but with the ferment that was spreading in the city after the election of Lincoln as president, animated by conflicting opinions about maintaining slavery, the Davises planned to move to Alabama and to bring Elizabeth with them; she, although she had been working for them for three months and was earning much money - Mrs Davis was definitely ambitious - and was feeling affection for them, did not want to abandon her friends and especially the north where, she thought, with the threat of an imminent civil war, the black people would have been perhaps more secure.

In January 1861, the Davises definitively left Washington and the states of the south welcomed the former senator Jefferson Davis by electing him President of the Southern Confederation and Mrs Varina thus became the first First Lady of the South.

Known by chance Mrs. Lincoln just shortly before her settlement with her husband and family at the White House, Elizabeth found herself sharing the pomp and opulence of the presidential environments as she became increasingly intimate with the wife of the 16th President of the United States ... what better anti-slavery 'ensign' than that of showing themselves together with a friend of color !


The Lincolns portrayed with the White House behind them




Those following were months, and then years, connoted by a truly unique relationship: the one that was born between Mary Todd Lincoln and Elizabeth Keckley wasn't an ordinary relationship between friends, Lizzie, as her Lady lovingly called her, had become the true confidant of the wife of Abraham Lincoln, the one who guarded her most intimate secrets that no one knew, that to nobody else she dared to confess, because she trusted the deepest loyalty of her seamstress, indeed, of her best friend .... and she was not wrong.

This is the very first dress that Lizzie sewed for her Lady renewing an old cut with new details and artistic decorations for attending the Inaugural Ball at the White House (in the colored photograph that follows you can observe it as it was in its time, in a rather bright rose): it must be sayd that when they arrived in Washington the Lincolns were not very wealthy and Mrs.Mary's wardrobe was pretty limited, so she had a great deal of necessity of a dressmaker, but above all of one that was not very pretentious and Elizabeth was not pretentious at all !


This is the dress with which the new First Lady, Mrs Mary Todd Lincoln, took part in the White House Settlement Ceremony



Elizabeth

[ ...] little by little found out that Mrs. Lincoln preferred to dress in white, but she also loved pink, violet, deep yellow, purple and blue. She liked wearing pearls on her skin and flowers in her hair, and she preferred deep necklines with short sleeves to show her neck and shoulders she was proud of, ignoring any comments, whispered in a half, on the fact that such a style was suitable for younger women. 3 

During the Winter of Secession, Elizabeth's activity had diminished because many of her best clients had gone to the South, but with the arrival of Spring her deal of work resumed. Meanwhile, Mrs. Lincoln had exhibited many creations of hers at various White House receptions, and suddenly Elizabeth found herself to be the most famous and sought after mantua seamstress of Washington's Unionists.

Below I'm showing you the details of some of Elizabeth's dresses created for Mary Lincoln, I say a few, because since her consort became president and for the duration of her settlement at the White House, the dress which were sewed by her beloved Lizzie were so, so many - think that only during the Spring of 1861 she sewed 15 suits !





Mrs. Lincoln did not have a very easy character, she was perhaps a bit capricious, with a changeable, humorous mood, but she loved her seamstress so much that she became her very best friend, and Lizzie could bear her bizarre temper knowing that she was, anyway, a good-hearted woman whose destiny began to hit her hardly in August 1862, when for the second time she lost a son, her beloved Willie, struck by a cold that led him to carry very high fevers for a long time, till weakens and to surrender finally to death at the age of only 12 years; Mary Lincoln re-lived the years of distress when comsumption brought to death her second son, Eddie, who died right amongst her arms just twelve years before, but perhaps this time it was even harder to find the strength to recover ... even though she had the support of her beloved friend and husband the passing of time brought them all to despair that she would have regained her health.

It took almost about a couple of years for her to recover her verve, but the whimsical component of her character did not improve, indeed, she increasingly found herself spending money at the shops for tailor-made finishes to the point of accumulate insurmountable debts, which the president never came to know, and even in this case, poor Lizzie tried to offer her her modest economic aid, but the debt surpassed $ 27,000, a sum even higher than the annuity reserved for the president!

And when the war, after bloody battles, came to its epilogue and all seemed to end in joy, Mrs Lincoln suddenly became a widow after the unthinkable murder of her husband.

This was the beginning of the end for her, who, increasingly burdened by debts which were struggling more and more to keep secret, had to leave the White House to leave the place for the Johnsons, the newcomers, to go to Chicago, before and then to New York, with her Lizzie, whom she had become inevitably dependent on, and, together with her, the poor Robert and Tad, the only sons who the Lord had left her... this was Mrs Lincoln's family !

But malicious people soon spread rumors about the debts of the former First Lady to which they added notes of blame about the disastrous state in which she had, in their view, left the environments at the White House, since the Johnsons founded looted rooms and damaged furniture: after the absence of the Lincolns there have been probably visitors who committed vandalous acts that by mistake were attributed to the whims of Mrs. Mary, who had to endure tribulations even to get the money that was due to her because of her husband's death and she did not even get that about the year just begun, so that the amount she eventually realized left her in misery ... the debts were further multiplied and even the wealthy friends of her husband whose support she asked for did not respond to her appeals ... Mary Lincoln ended up becoming an increasingly desperate woman and victim of self-pity especially for the opinion that, she understood it, people had of her.

In mid-June 1866 Elizabeth decided to come back to Washington, accompanied by the best wishes of her friend: the business left in the hands of her two helpers couldn't wait for her any longer ...

By the end of the Summer the activity had developed to such an extent that Elizabeth had to open a second shop. The close correspondence with Mrs Lincoln revealed that things were far less good for her. 5 

... to such a point that she finally found herself forced to sell the big trunks with the kit that Elizabeth had sewed her if she and her children wanted to survive.
And then Lizzie came back to New York to help her, there was nothing she couldn't do for her, every time she needed her help:

«All the others have abandoned her except for her children. [...] One should not wonder why I help her so much, indeed why so many others help her so little».
Mrs. Lincoln was the wife of the "great emancipator," the martyr president who had done so much for their breed. How could Elizabeth refuse to do something to help her? 6 

When she reached her and found her with a run-down appearance - she lived in company with so many concerns  - she was led to a very low-class inn where she was staying at the time ( but with a person of color she had to stay with her in a room at the last floor):

When they came to their destination, and the bellman opened the doors of their rooms, the seamstress could not tell who was feeling more uncomfortable. They had received small, dingy rooms, poorly furnished, in the attic for the servants who smelled of dust, damp and sweat. 7 

For sure, Mrs Lincoln couldn't afford to do better and couldn't count on anyone's help and consideration because she was travelling under Mrs Clarke's pseudonym to hide the shame she lived in and from where Elizabeth was desperately trying to raise her by telling her old clients, who were the wives of Lincoln's friends, the miserable conditions of life of the former president's wife and of how badly the government was treating her: Elizabeth did not like the lies Mrs Lincoln lived in even though they were about to hide the embarrassment and humiliations she could have felt otherwise by telling who she really was.

During this time of her life, Elizabeth Keckley really came to realize what a feeling of sincere and deep friendship was linking her to Mary, she arrived to the point to neglect her work completely, loosing thus a well-established clientele, to fight alongside with her friend, coming to write her own memories in the extreme attempt to rehabilitate her ... yes, because despite it was illegal for slaves to learn to read and to write, Lizzie's masters did not prevent her from doing so and she earned I do not say a culture but a certain mastery of the language, certainly uncommon for those who had lived in her same conditions.


And it will be just this book, once published, to permanently separate these two women which nobody and nothing before never succeeded to keep apart: Elizabeth's ingenuity prompted her to leave the letters Mrs Lincoln had sent her and that she had jealously kept at MrJames Redpath, a friend of Frederick Douglass who worked at the publishing house GW Carleton & Company, who had not only spurred her on writing her memoirs, but also helped her by correcting her drafts; she gave him the letters in the exclusive attempt to make him fully enter the intimacy of the relationship that had been born, but he, taken from the grip of making something that caused a sensation, put the letters in the appendix, omitting only some details that he considered particularly compromising.

When Elizabeth read the book and found these writings she realized that she would be misunderstood in her meaning and also realized that in the very moment in which the book was published she had completely lost Mrs. Lincoln.

They were vain and without any answer the countless attempts that Elizabeth used to explain to the former First Lady and to apologize, trying to recover her esteem and friendship, and if things for the latter seemed to get better thanks to the government's recognition of the 70's, in the Summer of 1872 she also lost Tad, the minor child she had ... after the misery, this second loss finally put her in madness so much that Robert, the older son, already married, decided to internate her in a psychiatric hospital, since for her every hope was now out of the question.

As for Lizzie, now it was her to make the experience of misery - back to Washington there were few customers who required her work and in the meantime fashion had also changed - of the inner solitude, of the fear of being accomplice of the state in which Mrs. Lincoln was living her days, feeling so much impotent - no one could help her anymore ....


The book she had written didn't give her any money, indeed, such a lot of money was thrown into the wind, it was not much required (later she learned that Robert had bought all the copies he found on the market and had burned them) and further fed the pot both for Mary Lincoln and Elizabeth, since she was considered a liar, no one believed even her identity, everyone believed that a former slave was not even able to write.

She had reached the age of 75 when she was proposed by the bishop of the Ohio College where her George studied many years before (he was one of the countless victims of the Civil War, poor Elizabeth!) to teach the art of sewing and of the household economy to the girls who attended the courses at that time, but even not being completely convinced of being up to that task, Elizabeth accepted and received satisfactions from that experience: reaching that age she could begin to draw the sums on her life lived until then ...

Those young women, and the apprentices she had formed and advised in Washington, and the blacks escaped or enfranchise to whom she had provided the rudiments to take care of themselves and their family were her legacy. Their success, independence and security were the most authentic gifts they left the world.
Her most precious heritage was not measured in clothing or words, but in the wisdom she had given, in the existences improved thanks to her intervention.

It was such a shame that everything had to end too soon as a result of a small stroke that caused her to decline her task, and after a short illness Elizabeth Keckley went off in the House for Poor Women and Children in Washington in May 1907: she was 89, while Mary Lincoln had died long ago, in the Summer of 1862, at the age of only 64 ... Lizzie, think, had learned it from the newspapers !




And let me finally recommend you this reading: first of all it is a historical novel, faithful to events, but it's so filled with ancient values and good sentiments to become a book enriching the Spirit, a book that I'm sure you'll read it in a while !





I apologize if I went too far, but I thought this story, for someone of you not known, could be a reason of interest and curiosity and believe me, I could not synthesize it further!

I embrace you as always with warmth and the deepest gratitude,
thank you


see you soon 💕










BIBLIOGRAPHYC SOURCES: 

Jennifer Chiaverini, La sarta di Mary Lincoln, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2014.

WIKIPEDIA;

SMITHSONIAN.COM




QUOTATIONS: 

1 - Jennifer Chiaverini, La sarta di Mary Lincoln, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2014, p.10; 

2 - Ibidem, p. 10;

3 - Ibid., p. 48;

4 - Ibid., p. 61;

5 - Ibid., p. 303;

6 - Ibid., p. 323;

7 - Ibid., p. 326;

8 - Ibid., p. 382.












Elizabeth era arrivata a Washington senza denaro, né amici, né casa, ma presto aveva trovato lavoro come aiuto sarta per due dollari e mezzo al giorno e aveva preso una stanza in una pensioncina. Aveva deciso quasi subito di mettersi in proprio e si era procurata un'insegna e dei biglietti da visita.

La sua specialità, aveva fatto sapere in giro, erano i mantua: era bravissima a confezionare i corpetti complicati e aderenti per i quali le dame eleganti impazzivano. Poco per volta si era creta un giro di clienti che l'avevano raccomandata alle amiche.1 




- fotografia 1




Nata in una famiglia piuttosto facoltosa del sud, Elizabeth Keckley fu venduta come schiava da bambina e riuscì dopo 37 anni di schiavitù a comprarsi la libertà avendo racimolato la somma di 1200 dollari cucendo abiti per le schiave e per le signore del luogo ed essendo retribuita dal suo padrone un tanto al pezzo.
Andò così già definendosi quella che sarebbe divenuta la sua arte, quella del cucito, arte che praticava con estrema passione ed abilità, tanto da riuscire in poco tempo a farsi un nome nel centro di Saint Louis e poi nella grande Washington, dove si recò nel tentativo di far fortuna.

I mantua, così ricercati al tempo, così complicati da creare perché dovevano calzare alla vita con perfezione estrema, quasi come una seconda pelle, erano la sua arma vincente, ne cuciva moltissimi con una mano esperta ed altamente precisa.




- fotografia 2 - May 1860 Peterson's Magazine




Proprietaria di nulla, senza un tetto proprio, albergava presso la pensione gestita da Mrs Virginia Lewis in una zona alto borghese della città riservata a persone di colore, ed aveva nel suo cestino da lavoro, fedele compagno con gli attrezzi del mestiere, il vero, solo, autentico tesoro che possedeva, poiché le consentiva di mantenere agli studi il suo unico figlio, George, studente presso l'Università di Wilberforce in Ohio.



- fotografia 3 - Elizabeth Keckley fotografata non appena raggiunse Washington




Pochi giorni prima che Lincoln fosse eletto presidente, nell'ottobre del 1860, Elizabeth confezionò un abito per la moglie di un ufficiale di cavalleria, un certo colonnello Robert E.Lee«Non badate a spese» aveva detto il colonnello a Elizabeth consegnandole cento dollari destinati all'acquisto di pizzi, bottoni e fiocchi per il vestito della consorte. Elizabeth era stata ben felice di obbedire, e quando Mrs Lee aveva sfoggiato l'abito ad una cena privata alla Casa Bianca in onore del principe di Galles, le altre signore presenti, colpite dalla sua bellezza e dal taglio perfetto, si erano affrettate ad accaparrarsi Elizabeth. 2 


Non trascorsero molti giorni prima che ella cominciasse a lavorare per Varina Davis,




- fotografia 4 - Cameo con una miniatura raffigurante Varina Davis




moglie del senatore del Mississippi Jefferson Davis: nell'ambiente della loro abitazione Elizabeth trovava sempre un'atmosfera accogliente e casalinga, quasi famigliare, si sentiva a proprio agio con i Davis che le stavano dando moltissimo lavoro, ma con il fermento che serpeggiava in città dopo l'elezione di Lincoln a presidente, animato da contrastanti opinioni circa il mantenimento della schiavitù, i Davis progettarono di trasferirsi in Alabama e di portare Elizabeth con loro; ella, anche se lavorava da tre mesi per loro e stava guadagnando molto - Mrs Davis era decisamente ambiziosa - e nutriva dell'affetto per tutti loro, non voleva abbandonare i propri amici e soprattutto il nord dove, pensava, con la minaccia di una guerra civile imminente, la gente di colore sarebbe stata forse più al sicuro.

Con il gennaio del 1861 i Davis lasciarono definitivamente Washington e gli stati del Sud accolsero l'ex senatore Jefferson Davis eleggendolo presidente della Confederazione 
( Sudista ) e Mrs Varina divenne così la prima First Lady del Sud.


Conosciuta per caso Mrs Lincoln proprio poco tempo prima del suo insediamento con il marito e la famiglia alla Casa Bianca, Elizabeth si trovò a condividere gli sfarzi e l'opulenza degli ambienti presidenziali, mentre entrò sempre più in intimità con la moglie del XVI° presidente degli Stati Uniti ... quale miglior vessillo antischiavista poteva esistere se non quello di mostrarsi a fianco di una amica di colore !




- fotografia 5 - La famiglia Lincoln fotografata con la Casa Bianca alle loro spalle.




Furono quelli che seguirono mesi, anzi, anni governati da un rapporto davvero unico: quella che era nata tra Mary Lincoln ed Elizabeth Keckley non era una relazione che può intercorrere tra amiche comuni, Lizzie, come la chiamava amorevolmente la sua Lady, era divenuta la vera e propria confidente della consorte di Abraham Lincoln, colei che custodiva intimi segreti che nessuno sapeva, che ella a nessuno osava confessare, perché confidava nella più profonda lealtà della sua sarta, divenuta la sua migliore amica .... e non si sbagliava.


Questo il primissimo abito che Lizzie le confezionò, rinnovando un vecchio taglio con nuovi dettagli ed artistici decori per presenziare al Ballo Inaugurale alla Casa Bianca ( nella fotografia colorata che segue lo potete osservare come era a suo tempo, di un rosa piuttosto acceso ): va detto che quando giunsero a Washington i Lincolns non erano molto facoltosi ed il guardaroba di Mrs Mary era piuttosto sguarnito, per cui di una sarta aveva di certo grande necessità, ma soprattutto di una che non fosse molto pretenziosa ed Elizabeth non lo era per certo !




- fotografia 6 e fotografia 7 - Questo l'abito con cui la neo First Lady, Mrs Mary Todd Lincoln prese parte alla cerimonia d'insediamento alla Casa Bianca





Elizabeth 

Pian piano scoprì che Mrs Lincoln preferiva vestirsi di bianco, ma che amava anche il rosa, il rosso porpora, il giallo intenso, il viola e il blu. Le piaceva portare perle sulla pelle e fiori tra i capelli, e prediligeva scollature profonde con abiti a maniche corte per mostrare il collo e le spalle di cui andava fiera, ignorando i commenti, bisbigliati a mezza voce, sul fatto che uno stile del genere fosse adatto a donne più giovani. 3 

Durante l'inverno della secessione l'attività di Elizabeth era diminuita, perché molte delle sue migliori clienti erano partite verso sud, ma con l'arrivo della primavera anche il lavoro riprese. Nel frattempo Mrs Lincoln aveva sfoggiato molte sue creazioni a diversi ricevimenti alla Casa Bianca, e a un tratto Elizabeth si trovò ad essere la sarta di mantua più celebre e ricercata tra le unioniste di Washington. 4 


Qui di seguito vi mostro i dettagli di alcuni di quegli abiti che Elizabeth confezionò per Mary Lincoln, dico alcuni, poiché da che il suo consorte divenne presidente e per tutta la durata del suo insediamento alla Casa Bianca, ogni suo abito era cucito dalla sua adorata Lizzie - pensate che solamente durante la primavera del 1861 ne confezionò 15.




fotografia 8


- fotografia 9


- fotografia 10




Mrs Lincoln non aveva un carattere molto facile, era forse un po' capricciosa, di umore mutevole, vezzosa, ma amava a tal punto la sua sarta, che divenne la sua migliore amica, e Lizzie sopportava le sue bizzarrie sapendo che si trattava comunque di una donna di buon cuore cui il destino, cominciò con lo sferrare un duro colpo nell'agosto del 1862, quando per la seconda volta perse un figlio, il suo amato Willie, stroncato da un raffreddore che lo condusse a portare febbri altissime per lungo tempo, ad indebolirsi per poi infine arrendersi alla morte all'età di soli 12 anni; Mary Lincoln rivisse lo strazio di dodici anni prima quando la tubercolosi le strappò dalle braccia il suo secondogenito, Eddie, ma forse questa volta era ancor più difficile trovare la forza per riprendersi, anche se aveva accanto il sostegno dell'amica e del marito che con il trascorrere del tempo giunsero a disperare che si sarebbe ripresa.

Ci vollero circa un paio di anni perché ella recuperasse la sua verve, ma la componente capricciosa del suo carattere non migliorò, anzi, sempre più spesso si trovò a lasciarsi andare nel fare acquisti presso modisterie e negozi che vendevano rifiniture per sarte giungendo ad accumulare debiti insormontabili di cui il presidente mai venne a conoscenza ed anche in questo caso la povera Lizzie cercò di offrirle il suo, seppur modesto, aiuto economico, ma il debito sormontava i 27.000 dollari, una cifra persino superiore al vitalizio annuale riservato al presidente !

E quando finalmente la guerra, dopo sanguinose battaglie, giunse al suo epilogo e tutto sembrò concludersi in letizia, Mrs Lincoln si trovò improvvisamente ad essere vedova, dopo l'impensabile, ormai, assassinio del marito.




- fotografia 11 sulla sinistra - Mary Lincoln in lutto dopo la morte del marito




Fu questo l'inizio della fine per lei che, sempre più gravata da debiti che a stento cercava di mantenere segreti, dovette abbandonare la Casa Bianca per lasciare il posto ai Johnsons, i nuovi arrivati, per recarsi a Chicago, prima e poi a New York, con la sua Lizzie, dalla quale era ormai divenuta inevitabilmente dipendente, sempre al suo fianco, insieme con i poveri Robert e Tad, i soli figli che le erano rimasti.
Ma le malelingue diffusero presto le voci circa i debiti della ex First Lady alla quale aggiunsero note di biasimo circa lo stato disastroso in cui aveva, secondo loro, lasciato i locali della Casa Bianca, da che i Johnson trovarono i vani saccheggiati ed i mobili danneggiati: dopo l'assenza dei Lincolns vi erano stati probabilmente dei visitatori che compirono atti vandalici che per errore furono attribuiti ai capricci di Mrs Mary la quale dovette sopportare tribolazioni anche per ottenere il denaro che le spettava data la morte del marito e non ottenne neppure quello relativo all'anno appena cominciato, per cui la cifra che realizzò alla fine la lasciò comunque in miseria ... i debiti si erano ulteriormente moltiplicati e persino gli amici facoltosi del marito ai quali chiedeva sostegno non rispondevano ai suoi appelli ... Mary Lincoln finì per divenire una donna sempre più disperata e vittima dell'autocommiserazione soprattutto per l'opinione che, comprendeva, la gente si era fatta di lei.

A metà del giugno del 1866 Elizabeth decise di rientrare a Washington, accompagnata dai migliori auguri da parte della sua amica: la sua attività lasciata in mano alle sue due aiutanti non poteva attenderla oltre ...

A fine estate l'attività si era sviluppata a tal punto che Elizabeth dovette aprire una seconda bottega. La fitta corrispondenza con Mrs Lincoln rivelava che per lei le cose andavano molto meno bene. 5 

... a tal punto che si trovò infine costretta a vendere i grossi bauli con il corredo che le aveva cucito Lizzie se voleva riuscire a sopravvivere.





Ed allora la sua Lizzie la raggiunse nuovamente a New York per aiutarla, non vi era nulla che non potesse fare per lei, ogni qual volta ella invocava il suo aiuto:




- fotografia 12 sulla destra - Elizabeth Keckley fotografata in prossimità della mezza età




«Tutti gli altri l'hanno abbandonata ad eccezione dei suoi figli [...] Non bisognerebbe chiedersi perché io l'aiuti tanto, ma perché tanti altri l'aiutino così poco». Mrs Lincoln era la moglie del "grande emancipatore", il presidente martire che aveva fatto tanto per la loro razza. Come poteva Elizabeth rifiutarsi per fare qualcosa per aiutarla? 6 

Una volta raggiuntala e trovatala dall'aspetto decisamente sciupato - le preoccupazioni non mancavano di certo a farle compagnia - fu da lei condotta in una locanda di terz'ordine dove al tempo alloggiava (ma con una persona di colore si doveva spostare all'ultimo piano e stare con lei):

Quando arrivarono a destinazione, e il fattorino aprì le porte delle loro stanze, la sarta non avrebbe saputo dire chi restò più interdetta. Avevano ricevuto camere piccole, squallide, scarsamente ammobiliate, nella soffitta destinata ai servitori che puzzava di polvere, umido e sudore.

Certo, Mrs Lincoln non poteva permettersi di meglio ed inoltre non poteva contare sul rispetto di nessuno poiché viaggiava sotto lo pseudonimo di Mrs Clarke per nascondere la vergogna in cui viveva e da cui Elizabeth cercava disperatamente di sollevarla raccontando le miserrime condizioni in cui versava la moglie dell'ex presidente, di come era stata malamente trattata anche dal governo alle sue vecchie clienti che erano le mogli dei conoscenti di Lincoln, così brutalmente assassinato: Elizabeth non amava le menzogne anche se erano volte a nascondere l'imbarazzo e le umiliazioni cui il suo stato la sottoponevano.

Durante questo periodo della sua vita Elizabeth Keckley diede realmente prova di cosa sia un sentimento di amicizia sincera e profonda, poiché giunse persino a trascurare del tutto il suo lavoro, perdendo anche un'affermata clientela, per lottare a fianco della sua Amica, giungendo a scrivere le proprie memorie nel tentativo estremo di riabilitarla ... sì, perché nonostante fosse illegale insegnare a leggere e a scrivere agli schiavi, i padroni di Lizzie non le impedirono di farlo, ed ella acquistò non dico una cultura, ma una certa padronanza della lingua, di sicuro non comune per chi aveva vissuto nelle sue stesse condizioni.




- fotografia 13 - Elizabeth Keckley in età matura




E sarà proprio questo libro, una volta pubblicato, a separare definitivamente queste due donne che mai nulla aveva allontanato l'una dall'altra: l'ingenuità di Elizabeth la indusse a consegnare le lettere che Mrs Lincoln le aveva spedito e che ella aveva gelosamente conservato a Mr James Redpath, amico di Frederick Douglass che lavorava presso la casa editrice G.W Carleton & Company, che l'aveva non solo spronata a scrivere le sue memorie, ma che l'aiutava anche correggendo le sue bozze; ella gli consegnò le lettere nel tentativo esclusivo di farlo entrare pienamente nell'intimità del rapporto che era nato, ma questi, preso dalla foga di far pubblicare qualcosa che facesse scalpore, mise in appendice le lettere, omettendo solamente alcuni dettagli che riteneva particolarmente compromettenti.

Quando Elizabeth lesse il libro e trovò questi scritti capì di essere stata fraintesa e capì anche che nel momento in cui aveva consegnato il plico al giovane James aveva del tutto perso Mrs Lincoln.

Vani e senza alcuna risposta furono gli innumerevoli tentativi epistolari cui Elizabeth ricorse per spiegare l'accaduto alla ex First Lady e per scusarsi, cercando di recuperare la sua stima e la sua amicizia, e se le sorti per quest'ultima sembrarono risollevarsi dati i riconoscimenti governativi degli anni '70, nell'estate del 1872 ella perse anche Tad, il figlio minore che le era rimasto ... dopo la miseria, quest'ennesima perdita la gettò definitivamente nella follia tanto che Robert, il figlio maggiore, già maritato, decise di internarla in un ospedale psichiatrico, per lei ogni speranza era ormai vana.


Quanto a Lizzie, ora toccava a lei fare esperienza della miseria - tornata a Washington poche erano le clienti che richiedevano il suo lavoro e nel frattempo la moda era altresì cambiata - della solitudine interiore, del timore di essere complice dello stato in cui versava Mrs Lincoln, dell'impotenza più totale - nessuno poteva più aiutarla ....  




- fotografia 14 - Frontespizio del libro dal titolo "Behind the Scenes"





Il libro che aveva scritto non le diede alcun guadagno, anzi, furono soldi gettati al vento, non fu molto richiesto (più tardi venne a sapere che Robert aveva acquistate tutte le copie in commercio e le aveva fatte bruciare) ed alimentò ulteriormente l'astio nei confronti sia di Mary Lincoln che della stessa Elizabeth, poiché le sue erano considerate menzogne, nessuno credeva neppure alla sua identità, era opinione diffusa che una ex schiava non fosse capace neppure di scrivere.


Aveva raggiunto i 75 anni di età quando le fu proposto dal Vescovo del college in Ohio in cui studiava molti anni prima il suo amato George ( fu uno delle innumerevoli vittime della Guerra di Secessione, povera Elizabeth !) di insegnare l'arte del cucito e dell'economia domestica alle ragazze che frequentavano i corsi allora, ma pur non essendo del tutto convinta di essere all'altezza di tale compito, Elizabeth accettò e trasse anche soddisfazioni da tale esperienza: raggiunta quell'età poteva cominciare a tirare le somme sulla sua vita fino ad allora vissuta ...


Quelle giovani donne, e le apprendiste che aveva formato e consigliato ai tempi di Washington, e le nere fuggite o affrancate cui aveva fornito i rudimenti per prendersi cura di sé e della loro famiglia erano la sua eredità. La loro riuscita, indipendenza e sicurezza erano i doni più autentici che lasciava al mondo.
Il suo retaggio più prezioso non si misurava in indumenti o parole, ma nella saggezza che aveva impartito, nelle esistenze migliorate grazie al suo intervento.



Peccato che tutto dovette concludersi troppo presto di conseguenza ad un piccolo ictus che la indusse a declinare l'incarico e dopo una breve malattia, Elizabeth Keckley si spense nella Casa per donne e bambini di colore poveri a Washington nel maggio del 1907: aveva 89 anni, mentre Mary Lincoln era deceduta molto tempo prima, nell'estate del 1862, all'età di soli 64 anni ... Lizzie, pensate, lo aveva appreso dai giornali !



E lasciate che infine vi consigli questa lettura: va detto che a tutta prima si tratta di un romanzo storico, fedelissimo agli eventi, ma è intriso di valori antichi e di buoni sentimenti, è un libro che si legge tutto di un fiato, e, credetemi, arricchisce lo spirito !




Mi scuso se mi sono dilungata troppo, ma pensavo che questa storia, di certo poco conosciuta, potesse essere motivo di interesse e curiosità e credetemi, 
non ho potuto riassumerla ulteriormente !

Vi abbraccio come sempre con calore e riconoscenza, 
grazie a voi tutti


a presto 💕










BIBLIOGRAFIA: 

Jennifer Chiaverini, La sarta di Mary Lincoln, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2014;

WIKIPEDIA;

SMITHSONIAN.COM



CITAZIONI: 

1 - Jennifer Chiaverini, La sarta di Mary Lincoln, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2014, pag.10; 

2 - Ibidem, pag. 10;

3 - Ibid., pag. 48;

4 - Ibid., pag. 61;

5 - Ibid., pag. 303;

6 - Ibid., pag. 323;

7 - Ibid., pag. 326;

8 - Ibid., pag. 382.





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The fascinating Wisteria and the roots of its name.

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The Chinese call it Zi Teng, or 'Blue Vine',
the German people know it with the most romantic name of 'Blauregen', i.e.'Blue Rain',
we call it 'Wisteria' which is simply its botanical name ...
Have you ever wondered why ?



It was 1717 when Hans Kaspar Wüster, after leaving Germany with his family to reach the New Continent where to begin a new life, came to Pennsylvania to settle down and become thus one of the first German-born colonists and the first of a "revolutionary American dynasty" ; a few years later also his brother Johann arrived and soon afterwards, with its spread, their surname Wüster was anglicized, in the first case in Wistar (Caspar Wistar), in the second case, perhaps by mistake and hence involuntarily, in Wister (Johann also anglicized its first name that became John).

While (Hans) Caspar and his son Richard (1727-1781) made their fortunes investing in landowners and revolutionizing the glass industry (Wistarburgh Glass), Caspar the Younger (1761-1818)


Richard's son, followed a very different path, devoting himself to the study of medicine at the University of Pennsylvania and then at the University of Edimburgh (1786), and he's known for having created a series of anatomical models and for the publication of a system of Anatomy as well as hosting several "intellectual banquets" in the residence on 4th Street in Philadelphia.

And here's appearing in our story the British botanist Thomas Nuttall


who from 1803 spent much time in Philadelphia, summoned as a scientific mind to take part in the organization of the so-called Lewis and Clark Expedition, the first epic American expedition that, through Louisiana, had to reach the Pacific coast via land.

Among many science fathers, ours in Philadelphia he knew for sure Caspar Wistar, but in all probability also his cousin Charles Jones Wister (1782-1865) 


grandson of John Wister, who was also part of the city's scientific-intellectual landscape. Charles held geology and mineralogical courses and was an enthusiastic botanical student.
Known especially for his knowledge of the local flora, he was drawn to a strong interest in cultivating his family's property in Germantown known as Wister Woods and Grumblethorpe and, like his cousin, became a member of the American Philosophical Society as an early promoter of the studies of scientific subjects and their development.

At this point, there we may ask ourselves to which of the two members of the former family Wüster, whether Caspar the young or Charles Jones, Thomas Nuttall wanted to dedicate this plant belonging to the legume family of cluster flowers



delicately scented that, although they don't entirely retain in our continents the characteristics that belong to them in its places of origin, China and Japan, graces our gardens and our parks from the beginning of the XIXth century when it was brought to Europe for the first time and more precisely to Rooksnet, Surrey, by the English Captain Welbank (1816)



It seems that most scholars prefer to think of the name of this beautiful blue waterfall as an honor done to Caspar Wistar even if the surname suggests rather Charles Jones Wister ... but we know, the English pronunciation would  have changed Wistar in Wister.



And keeping this little doubt I'm leaving you also today with a strong hug,
thanking you as always for having followed me so far.


And may your Spring be filled with flowers and perfumes !



See you soon 💕

















I cinesi la chiamano Zi Teng, ossia 'Vite blu', 
il popolo tedesco la conosce con il nome ancor più romantico di 'Blauregen' ovvero 'Pioggia blu',
noi la chiamiamo 'Glicine' che significa 'Pianta dolce' ( dal greco) anche se il suo nome botanico è semplicemente Wisteria ... 
vi siete mai domandati perchè ?





- immagine 1 - Glicine a Tenuta Geremia





Era il 1717 quando Hans Kaspar Wüster, dopo aver lasciato la Germania con la propria famiglia alla volta del Nuovo Continente, raggiunse la Pennsylvania per insediarvisi e divenire così uno dei primi coloni di lingua madre tedesca ed il primo di una dinastia di 'rivoluzionari americani'; pochi anni dopo lo raggiunse il fratello Johann e presto, con il suo diffondersi, il cognome Wüster venne anglicizzato, nel primo caso in Wistar (Caspar Wistar), nel secondo caso, forse per errore e quindi involontariamente, in Wister (Johann anglicizzò anche il proprio nome che divenne John).

Mentre (Hans) Caspar ed il figlio Richard (1727-1781) fecero la loro fortuna investendo in possedimenti terrieri e rivoluzionando l'industria del vetro (Wistarburgh Glass), Caspar il Giovane (1761-1818),





- immagine 2 - Caspar il Giovane





figlio di Richard, seguì una strada ben diversa dedicandosi allo studio della medicina prima presso la University of Pennsylvania e poi la University of Edimburgh (1786) ed è noto per aver dato vita ad una serie di modelli anatomici e per la pubblicazione di un sistema di anatomia, nonché per aver ospitato più volte "banchetti intellettuali" nella residenza sita in 4th Street a Philadelphia.

Ed ecco che della nostra storia entra a far parte il botanico inglese Thomas Nuttall 





- immagine 3 - Thomas Nuttall





il quale a partire dal 1803 trascorse molto tempo a Philadelphia, convocato quale mente scientifica per prendere parte all'organizzazione della così detta Spedizione di Lewis e Clark, la prima, epica spedizione americana che, tramite la Louisiana, doveva raggiungere via terra la costa pacifica.

Tra tanti uomini di scienza, a Philadelphia il nostro conobbe per certo Caspar Wistar, ma con ogni probabilità anche il di lui cugino Charles Jones Wister (1782-1865),





- immagine 4 - Charles Jones Wister 





nipote di John Wister, il quale anche faceva parte del panorama scientifico della città. Charles tenne corsi di geologia e di mineralogia e fu un'entusiasta studente di botanica.
Noto soprattutto per le sue conoscenze circa la flora locale, Charles fu preso da un forte interesse per la coltivazione delle proprietà della sua famiglia a Germantown conosciute come Wister Woods e Grumblethorpe e, come il cugino, divenne membro della American Philosophical Society, quale precoce promotore delle studio delle materie scientifiche e del loro sviluppo.

A questo punto non rimane che chiedersi a quale dei due componenti l'ex famiglia
Wüster, se Caspar il giovane o Charles Jones, Thomas Nuttall abbia voluto dedicare questa pianta appartenente alla famiglia delle leguminose dai fiori a grappolo





- immagine 5 ed immagine 6 - fiori di glicine in dettaglio a Tenuta Geremia





delicatamente profumati che, anche se non conservano del tutto nei nostri continenti le caratteristiche che li connotano nei loro luoghi di origine, ossia la Cina ed il Giappone, ingentiliscono i nostri giardini ed i nostri parchi dagli inizi del XIX secolo quando per la prima volta fu recata in Europa e più esattamente a Rooksnet, nel Surrey, dal capitano inglese Welbank (1816) 





- immagine 7 - Collage glicine Tenuta Geremia





Sembra che la maggior parte degli studiosi preferiscano pensare al nome di questa splendida cascata di fiori blu come ad un onore fatto a Caspar Wistar anche se il cognome ci suggerisce piuttosto Charles Jones Wister ..., ma si sa, la pronuncia inglese avrebbe comunque mutato Wistar in Wister.





E conservando questo piccolo dubbio vi lascio anche oggi con un forte abbraccio, 
ringraziandovi come sempre per avermi seguita fin qui.

E che la vostra primavera sia colma di fiori e di profumi !


A presto 💕





Forgotten Victorian names.

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When we think about the names dating back to the Victorian age, when everything was much simpler and more essential than today,  we're led to think that everyone then were called John and Mary ... yes, maybe someone, but not everybody, and not only... Names were much more complex than today in order to the symbolic value that our Victorians attributed to everything that was part of the 'habitus vivendi' of their time ...



First of all, it should be said to be more different than ours today were mostly the female names, and both males and females had at least two names, or three: often the first name was derived from the Sacred Scriptures, from the novels already famous at that time, such as those by Charles Dickens or Sherlock Holmes, from the newly born states - Texas, Nevada, Tennessee; for girls the name was often chosen among virtues - Charity, Hope, Temperance - while for males people were also looking at the heroes of classical history or mythology - Hector, Augustus, Achilles.

The second name was almost always a surname to became name, maybe that of the mother or of an affectionate friend, the common name of a trade, the father's one or that of a close relative or even the nickname with which the child was affectionately called inside the family: they came out, as you can imagine, some rather unusual names like John Butterfield Smith, Christopher Columbus Johnes, Marcus Doctor Harvey, Owen Captain Johnson, or Fitzhugh Lafayette Smith!

Looking at the pages of the first registry office that appeared in America in 1880, we do find really curious things: the first thing to be said is that Victoria was in absolute the most popular name and we understand why, but next to it we read feminine names that seem to be diminutive or pet-names - in the first column of the list they're all ending in -ie, in in the second they're even shorter and they all finish in -a; in the others column I put some names completely fallen in disuse, in the third one they're feminine, in the fourth column, they're masculine ...


AlcieAllaAlphaAquilla
ArrieAraAramintaAsa
AvieBenaCelestiaBufor
Cordie CindaDelphiaCommodore Perry
Dessie EffaDrusillaEldon
DillieEolaElectaElisha Emmet
DovieEstaEtnaJeptha
FronnieIlaFideliaJohn Wesley
HassieIolaLetaMarcellus
JettieLettaMahalaMasheck
LovieLinnaMahuldaMeriwether Lewis
LudieLomaOrphaMordecai
LutieMandaOttilieNimrod
ManieNettaPartheniaNinian
MintieNoliaPermeliaObediah
NealieOrillaPresheaOctavius
NeppieSinaRoweniaOra
OsieUla SulaOral
RillieVenaVertilinePleasant
SudieZonaZylphiaUriah



Of course we should not laugh at the names of people who have died so much time ago, but a good-natured smile, let's allow it ourselves ... how much things have changed during these years my friends!



I hope you enjoyed this topic a bit unusual,
but certainly interesting and curious for some of you
and with sincere gratitude, 
I take my leave of you by wishing you the very best you may want


see you soon 💕



















Quando pensiamo ai nomi risalenti all'epoca vittoriana in cui tutto era molto più semplice ed essenziale di oggi, ci viene di fatto di pensare che tutti allora si chiamassero John e Mary ... sì, forse qualcuno, ma non tutti e non solo ... allora i nomi erano molto più complessi di oggi in virtù del valore simbolico che i Victorians attribuivano ad ogni cosa che facesse parte dell'habitus vivendi del tempo ...



- fotografia 1



Innanzitutto va detto che se ad essere più diversi da oggi erano soprattutto i nomi femminili, sia i maschi che le femmine avevano almeno due nomi se non tre: spesso il primo nome era tratto dalle Sacre Scritture, dai romanzi del tempo già famosi, primi fra tutti quelli di Charles Dickens o di Sherlock Holmes, dagli stati da poco nati - Texas, Nevada,Tennessee; per le fanciulle esso era sovente scelto tra le virtù - Charity, Hope, Temperance - mentre per i maschi si guardava anche agli eroi della storia classica o della mitologia - Hector, Augustus, Achilles.

Il secondo nome era quasi sempre un cognome che diventava nome, magari quello della madre o di un amico affezionato, il nome comune di un mestiere, quello del padre o di un caro vicino oppure ancora il vezzeggiativo con cui veniva chiamato il bimbo affettuosamente in famiglia: ne uscivano, come potete ben immaginare nomi per noi alquanto inusuali del tipo John Butterfield Smith, Christopher Columbus Johnes, Marcus Doctor Harvey, Owen Captain Johnson o Fitzhugh Lafayette Smith !

Dando un'occhiata ai primi fogli anagrafici che fecero la loro comparsa in America nel 1880 si scoprono cose davvero curiose: la prima cosa che salta agli occhi è che il nome più diffuso in assoluto era quello di Victoria e ben comprendiamo perché, ma accanto ad esso leggiamo nomi femminili che sembrano dei diminutivi o vezzeggiativi - nella prima colonna sotto tutti terminanti in - ie, nella seconda, ancor più brevi, tutti in a -, e nomi ormai del tutto caduti in disuso, femminili, nella terza colonna, maschili nella quarta ...




- fotografia 2 - tabella




Per certo non dobbiamo ridere dei nomi di persone che sono defunte da tempo, ma un sorriso, bonario, lasciamocelo sfuggire ... quanto sono cambiati i tempi amici miei !



Spero che abbiate gradito questo argomento un po' insolito, 
ma di certo interessante e curioso per alcuni di voi 
e con sincera gratitudine prendo congedo da voi augurandovi quanto di meglio possiate desiderare



Do you know Elizabeth Brontë?

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We know so little about Maria Brontë, the firstborn and tragic genius of the family, but the least known of all the Brontë sisters is the second, Elizabeth.
Don't you think it's time to get to know her more closely?



Elizabeth was born on February 8th, 1815 in the village of Hartshead, a small, pretty village on the hills above Mirfield in West Yorkshire, where her Father Patrick was Curator of the Church of England.

She was aged two months when she moved together with her family to the new parish that had been assigned to her father, that of Thorntorn, York, where she was baptized on August 26th, more than six months after her birth, which makes us suppose she had been affected by some illness that made it impossible to baptize her before, according to the rules of the Holy Mother Church. They will stay there five years during which Patrick Brontë and his wife Maria will give birth to their full family.

In 1820, the Brontës moved to Haworth and only the following year, in 1821, when Elizabeth was six years old, her mother, weakened after giving birth to her sixth son and never completely recovered, surrender herself to an incurable  desease and died, leaving to her older daughter Maria the care of her siblings, which made her mature very early and made her responsible more than it was usual at her age (she was only seven !) and that of the house to her sister Elizabeth who soon joined them to become part of the family.


Emily, Charlotte, Elizabeth, Branwell, Maria and Anne Brontë as children, 
drawn by Joan Hassall for Margaret Lane's The Brontë Story




If we really know a little about her, it is due above all to the fact that if all the Brontë brothers died early, Elizabeth was the one who died very young, that is when she was only ten years old.
Of her, for example, we know she had a preference for the order and the cleanliness of the house, for the most practical things in life, which distinguished her from her siblings who loved playing, reading and inventing stories.

This is also confirmed by her recording ast the Clergy Daughter's School at Cowan Bridge which Elizabeth attended with her older sister Maria from July 21st, 1824 - Elizabeth and Maria were among the first twenty students attending this school - they would aggregate to them Charlotte - three weeks later  - and Emily in the fall. (Anne Brontë was too young to join them, and it was truly a fortune, we could say, according to what we now know about this school).

As soon as they joined the school they were all evaluated on the basis of the academic abilities they demonstrated and so it was desumed what was the occupation they had to choose as adults: Maria, Charlotte and Emily Brontë approached a career as future governesses, but Elizabeth is registered at the school of preparation for housekeepers. We know she did not take French lessons, music or drawing lessons, as her sisters did.

These are the notes about her:

‘Reads little. Writes pretty well. Ciphers none. Works very badly. Knows nothing of grammar, history, geography or accomplishments.’



Sampler embroidered by Elzabeth at age of 7.




It should be noticed, however, that almost all pupils received negative and particularly hard judgments on their arrival at Cowan Bridge and the note 'writes pretty well'tells us that her calligraphy was perhaps better than that of many of her school companions.

Another report on Elizabeth Brontë, always from the Cowan Bridge, is signed by Miss Evans, superintendent at the school, who noted:

‘The second, Elizabeth, is the only one of the [Brontë] family of whom I have a vivid recollection, from her meeting with a rather alarming accident, in consequence of which I had her for some days and nights in my bed-room, not only for the sake of her greater quiet, but that I might watch over her myself. Her head was severely cut, but she bore all the consequent suffering with exemplary patience, and by it won much upon my esteem.’

Certainly the worst had still to happen: in that terrible, unhealthy structure, with her sister Maria and many others, Elizabeth contracted tuberculosis.

Mary was sent home as soon as her illness was diagnosed in February 1825, while for Elizabeth the evolution of her desease was at first confused with the overlapping of a typhus epidemic that infected the girls to the structure, who were decimated for a third; Elizabeth was sent home sick on May 31st while Charlotte and Emily followed her a few days later in good health.

Maria died at home on May 6th, 1825, Elizabeth went off on June 15th.

So what do we know about Elizabeth Brontë?
That she was a patient girl, had a disgrace, liked to take care of the house and that her handwriting was better than that of many girls of her age.
But there is more about her.

Patrick Brontë



argued that her second daughter had a sound common sense, and perhaps the best tribute comes from Charlotte Brontë, who would take her closest sister (as for age) as an example. 
Elizabeth Gaskell, Charlotte's friend and biographer, remembered that she often talked of Maria and Elizabeth, and according to Charlotte's statements, she ‘used to believe them to have been wonders of talent and kindness.’

Nancy Garrs, their servant, remembers how the young Elizabeth guided her younger sisters by holding them by hand during their walks through the moors and that she was very "caring" in treating them.

And I wonder if Emily, 



choosing her pen-nickname - Ellis - wanted to make a tribute to her sister Elizabeth who had lost so very soon ...



And in the hope tho have pleased you depicting the portrait 
of such a lovely, sweet little girl,
 I'm sending my warmest hug to you, 
filled with love and gratitude !


See you soon 💕











BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

Margaret Lane, THE BRONTE STORY, FONTANA Publisher, 1979;

WIKIPEDIA










Poco sappiamo di Maria Brontë, primogenita e genio tragico della famiglia, ma la meno nota di tutte le sorelle Brontë in assoluto è la seconda, Elizabeth. 
Non vi sembra sia giunto il momento di conoscerla più da vicino ?





- immagine 1 - 




Elizabeth era nata l'8 di febbraio del 1815 nel villaggio di Hartsheadun piccolo villaggio sulle colline sopra Mirfield nel West Yorkshire, dove il padre Patrick era Curato della Chiesa d'Inghilterra. 

Aveva due mesi la piccola quando si trasferì con la famiglia nella nuova parrocchia che era stata assegnata al padre, quella di Thorntorn, York, dove venne battezzata solamente il 26 agosto, più di sei mesi dopo la sua nascita, il che ci fa supporre che fosse stata affetta da una qualche malattia che rendesse impossibile il battezzarla prima, secondo quanto dettano le regole della Santa Madre Chiesa. Qui rimasero cinque anni durante i quali Patrick Brontë e sua moglie Maria diedero vita alla loro famiglia al completo.

Nel 1820 i Brontës si spostarono ad Haworth e solamente l'anno dopo, nel 1821, quando Elizabeth aveva sei anni, la madre, fiaccata ed indebolita dopo aver dato alla luce il suo sesto figlio e mai del tutto ripresasi, cedette ad un male incurabile e morì, lasciando alla figlia maggiore Maria la cura dei fratelli, cosa che la fece maturare molto precocemente e la rese responsabile ben più di quanto si addicesse alla sua età ( aveva solamente un anno in più di Elizabeth !) e quella della casa alla sorella Elizabeth che presto li raggiunse per far parte della famiglia.



- immagine 2 - Emily, Charlotte, Elizabeth, Branwell, Maria ed Anne Brontë in un disegno di Joan Hassall per The Brontë Story di Margaret Lane




Se sappiamo davvero poco di lei lo dobbiamo soprattutto al fatto che se è vero che tutti i fratelli Brontë morirono precocemente, Elizabeth fu colei che morì giovanissima, ossia a soli dieci anni di vita. 
Di lei per esempio sappiamo che aveva predilezione per l'ordine e la pulizia della casa, per le cose più pratiche della vita, caratteristiche che la distinguevano nettamente dai suoi fratelli che amavano giocare, leggere ed inventare storie.

Ciò è confermato anche dalla sua iscrizione nel registro della Clergy Daughter’s School at Cowan Bridge che Elizabeth frequentò con la sorella maggiore Maria a partire dal 21 luglio 1824 - Elizabeth e Maria furono tra le prime venti alunne che frequentarono il collegio - e a loro si sarebbero aggregate Charlotte tre settimane dopo ed Emily nell'autunno. (Anne Brontë era troppo piccola per unirsi a loro, per sua fortuna, potremmo dire, alla luce di quanto sappiamo ora della suddetta scuola).

Al loro ingresso nella scuola tutte venivano valutate in base alle abilità accademiche che dimostravano e ciò per cui erano portate, ovvero quale era l'occupazione che a loro si addiceva di più una volta divenute adulte: a Maria, Charlotte ed Emily Brontë si addiceva una carriera come future istitutrici, ma Elizabeth risulta registrata alla scuola di preparazione alle governanti. Sappiamo che non prese lezioni di francese, di musica o di disegno, come invece fecero le sue sorelle.

Queste sono le annotazioni che la riguardano:

Legge poco. Scrive abbastanza bene. Non ha abilità nel far di conto. Lavora molto male. Non sa nulla della grammatica, della storia, della geografia e non ha talenti’.




- immagine 3 -Sampler ricamato da Elzabeth all'età di 7 anni.




Va però notato che quasi tutti gli alunni ricevevano giudizi negativi e particolarmente duri al loro arrivo a Cowan Bridge e la nota'scrive abbastanza bene'ci dice che forse era migliore di molte sue compagne di scuola.

Un altro rapporto su Elizabeth Brontë, sempre del Cowan Bridge, reca la firma di Miss Evans, sovrintendente alla scuola, la quale annotava:

La seconda, Elizabeth, è l'unica della famiglia [Brontë] di cui ho un vivo ricordo, dovuto ad un incidente abbastanza allarmante, ed in conseguenza al quale l'ho tenuta per alcuni giorni e notti nella mia camera da letto , non solo perché fosse così più tranquilla, ma per poterla sorvegliare. Aveva un brutto taglio alla testa, ma ha sopportato la conseguente sofferenza con pazienza esemplare, e si è conquistata la mia stima’.

Per certo il peggio doveva ancora accadere al Cowan Bridge: in quella terribile, malsana struttura, con sua sorella Maria e molti altri, Elizabeth contrasse la tubercolosi. 

Maria fu mandata a casa non appena le fu diagnosticata la malattia nel febbraio del 1825 mentre per Elizabeth l'evoluzione della malattia fu dapprincipio mascherata dal sovrapporsi di un'epidemia di tifo che colse le fanciulle alla struttura, le quali vennero decimate per un terzo; Elizabeth fu inviata a casa malata il 31 maggio mentre Charlotte ed Emily la seguirono alcuni giorni dopo in buona salute. 

Maria morì a casa il 6 di maggio del 1825, Elizabeth si spense il 15 di giugno.

Quindi cosa sappiamo di Elizabeth Brontë?
Che era una fanciulla paziente, che ebbe una disgrazia, che le piaceva prendersi cura della casa e che la sua grafia era migliore di molte ragazze della sua età.
Ma c'è più.

Patrick Brontë 



- immagine 4 - 



sosteneva che la sua seconda figlia aveva un marcato buon senso, e forse il miglior omaggio ci proviene da Charlotte Brontë, che avrebbe preso d'esempio la sorella più vicina a lei in età.
Elizabeth Gaskell, amica e biografa di Charlotte, ricordava che ella parlava spesso di Maria e di Elizabeth, e dalle dichiarazioni di Charlotte «era certa che queste fossero state meraviglie di talento e di gentilezza». 

Nancy Garrs, la domestica di casa Brontë, ricorda come la giovane Elizabeth guidasse le sue sorelle più piccole tenendole per mano durante le loro passeggiate attraverso le brughiere e che era molto "premurosa" nel trattarle. 


E chissà se Emily, 



- immagine 5 - 




nello scegliere il suo pseudonimo di penna - Ellis - non abbia voluto rendere omaggio alla sorella Elizabeth che troppo precocemente aveva perso ...



E nella speranza di avervi fatto cosa gradita nel ritrarre questa dolce fanciulla,
lasciate che vi invii il mio più caloroso abbraccio, 
colmo di affetto e riconoscenza

a presto 💕








FONTI BIBLIOGRAFICHE:

Margaret Lane, THE BRONTE STORY, FONTANA Publisher, 1979;

WIKIPEDIA









And our Valley Sings its Summer Song ...

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See what delights in sylvan scenes appear! 
Descending Gods have found Elysium here. 
In woods bright Venus with Adonis stray'd, 
And chaste Diana haunts the forest shade. 
Come lovely nymph, and bless the silent hours, 
When swains from shearing seek their nightly bow'rs; 
When weary reapers quit the sultry field, 
And crown'd with corn, their thanks to Ceres yield. 


Alexander Pope (1688 - 1744), from Summer






Ammira che delizie appaiono in queste scene silvestri !
Gli Dei quaggiù discesi hanno ivi trovato l'Eliseo.
Dai boschi Venere con Adone la luminosità hanno strappato via,
E la casta Diana va a caccia d'ombra nei boschi.
Vieni cheta ninfa e benedici queste ore silenziose,
Quando i pastorelli dopo aver falciato cercano l'ombra ogni sera ;
Quando i mietitori stanchi lasciano il campo afoso,
Ed incoronato il capo con il mais, la loro gratitudine a Cerere concedono.

Alexander Pope (1688 - 1744), da Summer






Today I'm accompaning you on the hills surrounding our valley, during this period of the year, dotted with bushes of fragrant brooms that are shaking to the late afternoon breeze, when the sun, hesitating, throws its last looks on the wooded slopes.



Vi accompagno quest'oggi sulle colline che circondano la nostra valle, in questo periodo dell'anno fittamente punteggiate di cespugli di profumatissime ginestre che si agitano briose al muoversi della brezza del tardo pomeriggio, quando il sole, esitando, getta i suoi ultimi sguardi sui pendii boscosi.



Several are  the small rustic stone houses once built on the borders of the chestnut woods, where, during the past centuries, peasants put chestnuts in the Autumn to dry in order to preserve them as a precious food to eat during the cold and long Winters awaiting them ...




Numerosi sono i piccoli rustici in pietra, un tempo edificati a bordo dei boschi di castagno, dove nei secoli scorsi i contadini ponevano nell'autunno le castagne a seccare al fine di conservarle come cibo prezioso durante i freddi e lunghi inverni che li attendevano ...



Oggi appaiono ai nostri occhi come segni di rituali antichi che il Tempo, lentamente, deteriora, vestiti di quel velo di decadenza tanto caro ai Romantici ...



Today they appear to our eyes as signs of ancient rituals that the Time, slowly, is deteriorating, dressed in that decadence veil so dear to all the Romantics poets ...

And with the breeze, which is becoming intense more and more, they dance in unison the spontaneous flowers that cloak the meadows with the brightest colors







E con la brezza, che si fa sempre più intensa,



 danzano all'unisono i fiori spontanei che ammantano i prati dei colori più vivaci







'intoning' a chorus of perfumes that with that of the brooms is confused ...


'intonando' un coro di profumi che con quello delle ginestre si confonde ...



And whoever grazes, diving in this green, seems to get rid of everything the Nature offers in this moment becoming part of a perfect picture to immortalize on canvas ...





e chi pascola, tuffandosi in questo verde sembra pascersi di tutto quanto offre la Natura in questo momento divenendo parte di un quadro perfetto da immortalare su tela ...
il solo in grado di dare espressione alla più compiuta armonia che solo l'Animo sa cogliere.




the only one which can give expression to the most complete harmony that only the Soul is able to catch.



O thou who passest thro' our valleys in
Thy strength, curb thy fierce steeds, allay the heat
That flames from their large nostrils! thou, O Summer,
Oft pitched'st here thy goldent tent, and oft
Beneath our oaks hast slept, while we beheld
With joy thy ruddy limbs and flourishing hair.

Beneath our thickest shades we oft have heard
Thy voice, when noon upon his fervid car
Rode o'er the deep of heaven; beside our springs
Sit down, and in our mossy valleys, on
Some bank beside a river clear, throw thy
Silk draperies off, and rush into the stream:
Our valleys love the Summer in his pride.


from To Summer, William Blake (1757 - 1827)




O tu che passi nelle nostre valli in tutta 
La tua forza, frena i tuoi feroci destrieri, allenta il caldo
Quelle fiamme che divampano dalle loro grandi narici! Tu, o estate,
Spesso è qui la tua tenda d'oro e spesso
Al di sotto delle nostre querce abbiamo dormito, mentre abbiamo visto
Con gioia i tuoi arti di rami fatti e le tue fluenti chiome.

Sotto le ombre più fitte abbiamo udito
La tua voce, quando mezzogiorno sul suo carro rovente
Cavalcò sopra il più profondo dei cieli; accanto alle nostre sorgenti
Siedi e nelle nostre valli muschiate
E sulle sponde accanto ad un fiume limpido, getti le tue
Vesti di seta e corri lungo il torrente:
Le nostre valli amano l'estate in tutta la sua fierezza.


da To Summer, William Blake (1757 - 1827)






AND MAY YOUR SUMMER BE GENEROUS WITH GLADNESS TO EACH OF YOU,

DEAREST READERS AND AFFECTIONEATE FRIENDS,

BLESSED BE !



See you soon 💕





E CHE QUESTA ESTATE SIA PRODIGA DI LETIZIA PER CIASCUNO DI VOI,


MIEI CARISSIMI LETTORI ED AFFEZIONATI AMICI !



A presto 💕







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AMAZE ME MONDAY












EARLY VICTORIAN AGE (1837 - 1848): New Fashion for Dressing the Hair.

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As soon as she ascended the throne, on June 20th, 1837, Queen Victoria became immediately a model to be admired and emulated for all the people whom she had been called to govern.



Not very interested in fashion expecially as for clothings (HERE you may read the post about Queen Victoria's gownsfor which she was quite careful about the practicality and ofthe chose fabrics in fanciful and large patterns that emphasized her low height (remember that she did not reach 1.50 mt.), the way in which heir head was dressed and her way of life, her ideas about the family, culture, politics and religion dictated instead law making of her the paradigm of what we now call the Victorian era.

It was what became apparently named the 'QUEEN OF THE PEOPLE' the first to show herself cumbed in a so innovative way for the era, and immediately this hairdresser became fashionable for Ladies both of the old and of the new continent: left behind the artifice of Georgian hairstyles and the latest wigs that were still worn in the Regency's era, Victoria, a sublime hymn to simplicity, still very young, wore a hairstyle that we will see rediscovered in numerous portraits of the age belonging to ladys belonging to both the aristocracy and the moderate middle class, both to the nascent bourgeois class.

And this was the ideal for fashion hats that came from Paris for those years that marked the very dawn of the Victorian period


As we can see from the prints that appeared around the '40s of 1800 on one of the most sought after family magazines, always up to date with the latest details of French fashion, THE GODEY'S LADY'S BOOK, that we already had the chance to see together (HERE you may read the post about THE GODEY'S LADY'S BOOK AND MAGAZINE)


October 1840




August 1843



But let's see in detail how the long hair that was the pride of each lady of the time was combed; generally the hair was divided into the center with a line that stood on the top of the head; the two shapes that were obtained so laterally to the face were gently accompanied and pinned on the head, often with the aid of braids that represented the true novelty of this period,


The Amber Necklace, 1840, by Emanuel Gottlieb Leutze (1816-1868)



even though some Ladies still loved to keep curls and dense curlings


The Three Robinson Sisters, 1846, by George Theodore Berthon





Reventlow sisters, Countesses Hilda Sophie Charlotte in pink and Malvina Anny Louise in white by August Heinrich Georg Schiøtt 




which was the constant norm for framing the face in the hairstyles belonging to the Regency era (let's think of all the Period Dramas that brought Jane Austen's novels directly into our homes!), the important thing was to partially or totally cover the ears, considered little 'decorative ' to show; the rest of the hair, which remained on the back of the head, was tied in a broad and soft chignon, lower and more 'crushed' than those we know belonged to Regency's hairstyles and that would not fit the hats that were stylish just in those days!

The result was really delicate and impressive, though it took just a little time to get it, and framed one's face softening its features, even the hardest ones.


Victorian hairstyles, 1840s




Mary Matthews (1823–1890), by Madame de La Chere Marcel-Antoine Verdier (1817–1856)





Portrait de Mathilde Wesendonck, by Karl Ferdinand Sohn (German, 1805-1867)




What I wrote above represent the hairstyle featured in its essential lines, from which it could start the fantasy by adding one's artistic and creative touch, as shown by THE LADY'S MAGAZINE, which, in the Spring of 1837, suggested three new hairstyles which became immediately popular:


The style of coiffure of the first three heads is precisely the same, the first being ornamented with a bandeau of pearls — the second which gives the coiffure in front with flowers, and the third likewise with flowers, giving the back of the other two. The hair for this coiffure is brought in smooth bands, as low as possible, at the sides of the face, where after forming a kind of chignon at each side, it is turned up again (see plate); the back hair is tied very low, and formed into a single coque or bow, surrounded by braids and circles of hair, an ornamented arrow runs through the whole; three full blown white roses are placed at each side of the face.”



Preparing for court presentation, 1847




This kind of hairstyle represents a sort of forced step to reach those of the Middle - Victorian period (1848 - 1870), characterized by hair more tied and pointed on the head that will leave the ears uncovered, often ornamented with earrings, small or quite garish, and interlaces that will replace the chignon.


But coming back to our hairstyle, another strange alternative was represented by replacing the simple row with a double row that gave the possibility of obtaining a further lock of hair on the top of the head - giving thus the possibility to obtain more volume to the hairstyle - that went tied with the back ones.



Portrait of Frederika Arnold by Adolph von Menzel



Of this kind is the hairstyle that is shown in the video that I'm going to propose you, where we see at work the historic Ruth Goodman who has a specific preparation about the British Victorian period.




And I wonder if some of my readers with a particularly long and flourishing hair like to comb their hair in the warm heat; if so, don't forget to keep arab rubber, rhum and rose oil to prepare the most natural fixer we could ever think of today and which was used during the Victorian age to keep in the fold for hours the hair of the fashionable Ladies, even during the most excited balls.


In the hope to have entertained you in a nice way, I'm wishing you all my best,

before than taking my leave of you with the most sincere thanks !


See you soon 💕
















Non appena salì al trono, il 20 giugno del 1837, la Regina Victoria divenne immediatamente un modello da ammirare e da emulare in fatto di costume per tutto il popolo che era stata chiamata a governare.




- immagine 1 - Ritratto di una giovane Regina Victoria appena salita al trono






Non molto interessata alla moda per quanto concerneva l'abbigliamento, 
( clicca QUI se hai piacere di leggere il post sugli abiti della regina Victoriaper il quale ella era piuttosto attenta alla praticità scegliendo addirittura sovente tessuti in fantasie sgargianti e di grandi dimensioni che enfatizzavano la sua statura inferiore alla media ( ricordiamo che ella non raggiungeva 1.50 mt.), il modo in cui si ornava il capo ed il suo modo di vivere, le sue concezioni circa la famiglia, la cultura, la politica, la religione dettarono invece legge divenendo il paradigma di quello che noi oggi definiamo epoca vittoriana.

Fu quella che divenne, a ragion veduta, nominata la 'REGINA DEL POPOLO', la prima a mostrarsi acconciata in un modo per l'epoca innovativo, e che subito divenne moda per le Ladies sia del vecchio che del nuovo continente: superata l'artificiosità delle acconciature georgiane e deposte le ultime parrucche che ancora taluni indossavano in epoca Regency, Victoria, quale inno sublime alla semplicità, ancora giovanissima, fece propria una pettinatura che vedremo ripetersi con ridondanza in numerosi ritratti dell'epoca appartenenti sia all'aristocrazia che alla classe medio agiata, sia alla nascente classe borghese.



Ed era questa la pettinatura ideale per i capellini che la moda proveniente da Parigi proponeva per quegli anni che segnarono gli albori del periodo vittoriano





- immagine 2 - Cappellini alla moda parigina risalenti al primo periodo vittoriano



come possiamo evincere anche da quanto presentavano le stampe che apparivano intorno agli anni '40 del 1800 su una delle più ricercate riviste per la famiglia, sempre al passo con i tempi circa gli ultimi dettagli della moda francese, il THE GODEY'S LADY'S BOOK che già tempo fa abbiamo avuto occasione di vedere insieme (clicca QUI se hai piacere di leggere il post che tratta del Godey's Lady's Book and Magazine)





- immagine 3 e 4 -Stampe tratte dal Godey's Lady's Book and Magazine




Ma vediamo nel dettaglio come andavano pettinate le lunghe chiome che costituivano l'orgoglio di ogni Lady del tempo: generalmente i capelli andavano divisi nel centro con una riga che si fermava sulla sommità del capo; le due ciocche che si ottenevano così lateralmente al viso venivano dolcemente accompagnate ed appuntate sul capo, spesso con l'ausilio di trecce che rappresentano la vera novità di questo periodo,




- immagine 5 - The Amber Necklace, 1840, by Emanuel Gottlieb Leutze (1816-1868)




anche se talune Ladies amano conservare i boccoli e le fitte arricciature 



- immagine 6 - The Three Robinson Sisters, 1846, by George Theodore Berthon 

- immagine 7 - Reventlow sisters, Countesses Hilda Sophie Charlotte in pink and Malvina Anny Louise in white by August Heinrich Georg Schiøtt 





che erano la norma costante con cui incorniciare il viso nelle acconciature Regency
(pensiamo a tutti i Period Drama che hanno portato i romanzi di Jane Austen direttamente nelle nostre case !), l'importante era coprire parzialmente o totalmente le orecchie, considerate poco 'decorative' da mostrare; il resto della capigliatura, che rimaneva sul retro del capo, veniva legata in un ampio e morbido chignon, più basso e più 'schiacciato' di quello che conosciamo appartenere alle acconciature Regency  e che mal si adatterebbe ai cappellini che erano in auge al tempo !

Il risultato era davvero delicato e di grande effetto, nonostante richiedesse poco tempo per essere ottenuto, ed incorniciava il viso addolcendone i lineamenti, persino quelli più duri.



- immagine 8 - Victorian hairstyles, 1840s

- immagine 9 - Mary Matthews (1823–1890), by Madame de La Chere Marcel-Antoine Verdier (1817–1856)


- immagine 10 - Portrait de Mathilde Wesendonck, by Karl Ferdinand Sohn (German, 1805-1867)





Quanto suddetto rappresentava questa acconciature nelle sue linee essenziali, da cui poteva partire la fantasia aggiungendo il suo tocco artistico e creativo, come ci dimostra il THE LADY'S MAGAZINE che, nella primavera del 1837, propone tre nuove acconciature divenute immediatamente popolari:




- immagine 11




"Lo stile di coiffure delle prime tre teste è esattamente lo stesso: la prima è ornata con un bandeau di perle, la seconda orna l'acconciatura davanti con fiori e la terza sempre con fiori, dà la schiena alle altre due. I capelli per questa coiffure vengono portati in bande lisce, tenute più basse possibile, ai lati del viso, dove dopo aver formato una specie di chignon da ogni lato, sale nuovamente (vedi  stampa); i capelli posteriormente sono legati molto bassi e formati in un unico coque o arco, circondati da trecce e ciocche di capelli disposte a cerchio, una freccia ornamentale lo attraversa tutto; tre rose bianche in piena fioritura sono disposte ai lati del viso".




- immagine 12 - Preparing for court presentation, 1847



Questo tipo di acconciatura rappresenta una sorta di passaggio obbligato per giungere a quelle del periodo medio - vittoriano (1848 - 1870 ), caratterizzate da ciocche legate ed appuntate più tirate sul capo che lasceranno le orecchie scoperte, spesso ornate con orecchini, ed intrecci che prenderanno il posto dello chignon.



- immagine 13 -



Ma tornando alla nostra acconciatura, un'altra estrosa alternativa era rappresentata dal sostituire alla riga semplice una doppia riga che dava la possibilità di ricavare un'ulteriore ciocca di capelli sulla sommità del capo anche anteriormente - il che dava la possibilità di conferire più volume all'acconciatura - che andava ad accompagnarsi con quella posteriore; 




- immagine 14 - Portrait of Frederika Arnold by Adolph von Menzel



di questo tipo è la pettinatura che ci viene mostrata nel video che sto per proporvi in cui vediamo all'opera la storica Ruth Goodman che vanta una preparazione specifica e di tutto rispetto proprio sul periodo vittoriano britannico.



VIDEO




E chissà che qualcuna delle mie lettrici con la capigliatura particolarmente lunga e fiorente gradisca, per l'incipiente caldo, acconciarsi i capelli in cotal modo ... se così fosse non dimenticate di munirvi di gomma arabicarhum e olio di rosa per preparare il fissatore più naturale che mai potremmo pensare oggi e che era in auge al tempo per tenere in piega per ore, anche durante i balli più concitati, le chiome delle Ladies alla moda.


Spero con ciò di avervi intrattenute in modo piacevole ed augurandovi ogni bene,
vi lascio con il mio più sentito ringraziamento


a presto 💕









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MARIE ANTOINETTE: how She and Her sad Life were seen in the eyes of the Victorians.

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Quando guardiamo alla storia ed ai suoi personaggi ci rivolgiamo ai critici ed agli storici più vicini ai nostri tempi, alle autorità più moderne, ma ci siamo mai chiesti come talune figure che hanno fatto la storia apparissero agli occhi dei primi che raccontarono le loro vite, ossia a biografi che immediatamente succedettero loro e a quanto la loro ottica fosse influenzata dalla cultura del loro tempo ?


Dal film Marie Antoinette di Sofia Coppola, 2006. 



Ricercando sul web mi sono imbattuta in una breve biografia dell'austriaca regina dei francesi Marie Antoinette apparsa sul n.94 del GODEY'S LADYS BOOK AND MAGAZINE, (March 1877); esattamente 140 anni fa Mrs JOSEPHINE ROBBINS FULLER scriveva questo articolo, in parte romanzato, ma fedele ai fatti storici che condussero alla Rivoluzione e alla ghigliottina i regnanti francesi, che ci permette di entrare direttamente in contatto con il clima romantico e con i valori di cui era intriso il vittorianesimo: l'importanza dell'amore e della fedeltà coniugale, la benedizione dell'unione famigliare vista come promozione della benedizione celeste, la modestia, l'umiltà, la serena sopportazione del dolore come mezzo che promuove la beautitudine celeste... leggiamolo insieme ...

Le corone hanno molte spine, spine crudeli che talora conducono alla morte di chi le indossa. Marie Antoinette imparò tutta l'amarezza di questa triste verità. Ella dischiuse per la prima volta gli occhi al Palazzo Imperiale di Vienna il 2 Novembre del 1755 ed era la più giovane figlia dell'Imperatore Franz I. Stephan e dell'Imperatrice Maria Theresia d'Austria.
Trascorse la sua infanzia tranquillamente e serenamente con i suoi fratelli e le sue sorelle, vedendo raramente la sua maestosa madre e perse il padre quando aveva solamente 10 anni; ella aveva un'irreprensibile propensione per il divertimento, ma non possedeva quell'amore e quell'attitudine per l'acquisizione della conoscenza libresca, senza la quale gli insegnanti non servono a nulla e le opportunità sono pressoché inutili.


L'italiano era la sola lingua che sapesse parlare e scrivere, anche se più tardi imparò a conversare in francese. Era ignorante in fatto di storia, filosofia, persino della sua madre lingua tedesca; negli anni a venire sentì fortemente il peso delle sue carenze, ma non scoprì in nessun modo la debolezza, così comune alle piccole menti, ossia quella di essere invidiosa o gelosa di altri più fortunati di lei in queste cose. (N.d.T. a lato: 
Marie Antoinette, 1767)

All'età di 15 anni fu data in isposa a Louis Charles, erede al trono francese: a quel tempo ella era graziosa ed amabile, piena di vivacità e dotata di arguzia, era alta, le sue movenze erano disinvolte e maestose e vi era qualcosa nel modo in cui teneva il capo, nell'espressione vivace ed animata del suo volto, nella curvatura del suo collo, che diceva che poteva fare e dare tutto quello che era eroico, se fosse stato necessario. Il naso e gli zigomi prominenti, anche se alteravano la regolarità dei suoi tratti, aggiungevano energia all'espressione del viso. I suoi capelli erano di un chiarissimo celeste, ed i suoi occhi erano azzurri, franchi e scintillanti, le sue labbra turgide, spesso separate dai sorrisi allegri, lasciavano intravvedere la sua bella dentatura e le sue sopracciglia, alte e larghe, sembravano essere segno della felicità pronta a marcarle fossette sulle guance e a farle profferire parole spiritose che cadevano come perle dalle sue labbra.
Era quasi impossibile fare di questa libera, selvaggia, impulsiva creatura una donna rigida  dell'alta società. Ella spaventò gli individui cerimoniosi con la sua sconsiderata indifferenza dell'etichetta, disgustò i circoli intellettuali con la sua ignoranza e diffondeva  pregiudizi tra le masse dei francesi contro di lei circa la sua eccessiva frivolezza e stravaganza. Era tuttavia sincera e gentile e non avrebbe fatto ciò che riteneva sbagliato. Suo marito le somigliava solo in questo. Gli piacevano i libri e l'isolamento, ma era troppo saggio per interferire con i piaceri di sua moglie, aveva troppo giudizio e delicatezza per dire: "Ecco, questo è il mio modo di fare, agisci bene, come me".

Il loro matrimonio era uno di quelli combinati per ragioni politiche, e tali unioni hanno i loro vantaggi: se la giovane coppia non ha l'opportunità di immaginare di vivere una grande passione, non ha nemmeno da temere l'infelicità così spesso conosciuta, ossia quella di doversi risollevare dalla loro illusione dopo aver vissuto insieme poche settimane. Il giovane marito continuava a svolgere le proprie tranquille scoperte e studiò la moglie ad una rispettosa distanza, vide che era amabile e aveva molti tratti degni di ammirazione, e aspettò pazientemente il suo amore. Dopo essere stata sposata per sette anni, la vivace farfalla, stanca della sua vita fatua, piegò le ali e si innamorò del cuore di suo marito. Lui l'accolse con piacere e, in cambio, le diede un forte e onesto affetto maschio. Il loro era diventato l'amore che benedice sia il palazzo che l'altare. Non c'era nessun elemento che potesse comprometterne la gloria. Nessun rimorso con crepe lente e mortali trasformò ogni dolcezza in fiele non appena assaggiato. Nessuna circospezione vietava piacevoli reverie dell'amato, o la presenza che era beatitudine.

Il loro attaccamento si fondava sulla perfetta conoscenza reciproca e sul rispetto del bene reale nel carattere di ciascuno. Non si sconvolsero e si infastidirono l'un l'altro con le tante piccoli scaramucce per gelosia che alcune coppie sono così ingegnose di architettare. Il loro amore era profondo e sincero, un amore che si incontrava con il sorriso approvato di Dio, che nobilitava, che purificava e che si rese adatto al cielo. Non c'era più tristezza indefinita, né più solitudine del cuore, né più desiderio di insoddisfazione, ma una pienezza, una completezza, una benedizione che completava tutte le loro capacità per il godimento appieno della vita. E' in un simile amore, che migliaia di brillanti, fresche e nuove speranze nascono nello spirito: come sono rafforzate tutte le capacità dell'anima dalla saggezza! Raro, infatti, è un tale attaccamento, anzi, forse è considerato prezioso più della ricchezza, della fama o della conoscenza dalla maggioranza dell'umanità.
(N.d.T. foto sopra: Marie Antoinette e Loius in una stampa che rendeva pubblico il loro matrimonio) 

La regina lo apprezzava più di quanto apprezzasse il più costoso dei suoi gioielli e visse lietamente in devozione del marito. Belli crebbero i figli intorno a questo affettuoso focolare, legandosi ancora più vicino ai cuori dei loro genitori. Nessuna nuvola esterna poteva oscurare la felicità dolce, piena e ambrata di una simile unione. Solamente il pericolo li avrebbe attaccati più da vicino, e i destini avversi sarebbero statei stati avvertiti solo per il bene dell'amato. Così vissero per dodici anni senza dispiacere alcuno, tranne quando piansero la morte di due figli, ma anche un tale lutto perde la metà della sua gravità quando il cuore è pieno di affetto coniugale.

È sempre un piacere contemplare la felicità delle persone buone e noi daremo loro ora un'occhiata in uno dei loro momenti più felici. Marie Antoinette era seduta in un 'fauteuil', in un boudoir lussuosamente arredato nel suo piccolo palazzo, il Trianon, entro i confini di Versailles, il suo abbigliamento era un semplice abito bianco, i capelli erano disposti in modo semplice e casuale e non indossava gioielli; i suoi figli erano seduti accanto a lei. Un braccio era avvolto intorno a suo figlio, mentre la sua piccola giocava con la mano che aveva libera. Il re sedeva di fronte a loro, tenendo un libro aperto, che chiuse quando sua moglie espresse il desiderio di conversare con lui.

La calda aria estiva era temperata da un vento gaio che sulle sue morbide ali recava per così dire, un'eco di qualche delizioso, sognante e raffinato ritornello poetico. Toccava giocosamente la fronte elegante della regina e i riccioli sciolti dei suoi figli. Ella guardò fuori dalla finestra nel sereno blu del cielo e si fece carico dell'influenza della scena. In questo mondo ci sono momenti di tale squisitezza, quando sembra che i cieli siano vicini a noi, e tutto il mondo indossa un aspetto di una tale nuova, rara e divina bellezza, che non respiriamo se non con timore reverenziale; il pensiero è sospeso e siamo sostenuti al di sopra della realtà dalle onde di emozioni fantasiose ed estatiche.

Forse questa è una delle benedizioni riservate ai santi in cielo e ci sono permessi tali assaggi di beatitudine per convincerci quanto la felicità celeste possa eccedere la beatitudine di qualsiasi altra cosa quaggiù. E questi momenti, anche se rendono la vita molto deliziosa, ci predicano eloquentemente delle gioie di un'esistenza celeste. La regina avvertì tutto ciò mentre osservava le nuvole in movimento, con le loro forme che mutavano in modo strano. Dopo qualche istante, esclamò:


The Hameau de la Reine Marie Therese & Louis Charles with temple of Love in background



"Mio caro Louis, quanto potente deve essere il fascino del tuo libro se ti può distrarre da ogni bellezza viva e meravigliosa così liberamente osservabile in queste splendide vedute che la nostra finestra ci offre".


"Il mio libro non sortisce un sortilegio pari a quello della tua voce, mia ammaliatrice", rispose il marito galante, chiudendo il volume, e la malinconia abituale lasciò la sua fronte, mentre una espressione soffocata di genuina affettività si impossessava dei suoi tratti piacevoli.


"Ti ringrazio per quello che dici, con tutto il cuore, perché so che sei sincero", rispose Marie Antoinette, come se un'espressione di dolce tenerezza irradiasse dal viso espressivo. "È così delizioso," continuò, "avere un amico vero, nobile e amorevole in questo nostro mondo falso ed artefatto ".


"Sono contento che la pensi così", rispose il re, con voce e occhi che esprimevano un'emozione di gratitudine.


"Non la pensi così anche tu?" Chiese con semplice franchezza.


"Sì" rispose il marito. "Sono stato estraneo alla vera felicità fino a quando non ho conosciuto il vero amore per te e ho ricevuto lo stesso da te; ma comunque non ho mai potuto fare una figura ammirevole in qualsiasi assemblea gioiosa e frivola".


"Grazie per il complimento implicito che mi rivolgi", si rallegrò sorridendo la regina. "Provo molto divertimento in certi raduni divertenti di società, ma non è mai una profonda e soddisfacente felicità, come quella che mi donano le ore tranquille che trascorro con te e con i bambini. Questi risvegliano tutto ciò che è nobile nella mia natura, mentre tra le persone frivole vedo solo qualcosa che mi fa ridere e mi perdonerai, quando ti dico che le persone sono molto comiche alla corte di Francia.".

"Perché pensi così?" Chiese il re, con una piccola gelosia nazionale individuabile nei suoi toni.

"Le loro maniere sono talmente primitive, in nessun modo assomigliano alla graziosa libertà dei nostri allegri cortigiani a Vienna. Molte delle signore francesi sembrano macchine meccaniche che sono state brevettate e sono garantite per spostarsi, agire e guardare in un certo modo".

"Possiamo biasimarli se sono state addestrate?", fu la risposta ponderata del re.


"No, ma quelle dame artificiose trovano colpa in me, io che mai sono stata ingabbiata e addomesticata", si rallegrò Marie Antoinette, con ampio sorriso gioioso.

«Come fai a saperlo?» domandò il re, con un tono intriso di una certa preoccupazione.

"Dal loro sguardo e da come si mostrano di solito", rabbrividì la regina, in modo evidente. "Quando una delle mie giovani amiche, la marchesa, l'altro giorno, scherzava alle spalle delle vedove di alto rango, ciascuna delle quali sembrava avesse inghiottito un attizzatoio inflessibile lungo quanto la sua statura tanto inamidate apparivano, mentre faceva loro il verso appariva così buffa che io risi sconsideratamente. Avresti dovuto vedere le occhiate scandalizzate che mi furono rivolte".

"Ma questo è solo un caso, mia Marie".

"Potrei raccontartene tanti altri, perché ogni volta che spezzo una delle regole assurde della corte, i volti delle signore sembrano dire: Ecco la Tartara!" Il re abbassò lo sguardo guardò meditabondo. "Sono libera di ammettere", disse Marie Antoinette, con la sua franchezza abituale, "che forse il motivo principale per cui non mi piace la corte francese è perché mi è nemica. Penso tuttavia che laddove la gente abbia un'ideale adeguata nella loro natura per evitare atti grossolani, i modi spontanei ed irrefrenati siano preferibili a questa grottesca inamidatura".

"Senza alcun dubbio", rispose Luis; "Ma tutte le persone non hanno ideali. Molti hanno anche disposizione verso la crudeltà, ed è necessario per il bene della società che gli animali nascondano i loro artigli aguzzi sotto lunghi mantelli ".

"Presumo che tu abbia ragione. Non sono più filosofa che erudita", sospirò Marie Antoinette.

"Ma tu sei una saggia insegnante", rispose il marito con un sorriso.

"Perdonami, non capisco".

"Hai insegnato a un uomo, non troppo sensibile, tutto ciò che si intende per amore".

"Ho imparato la lezione dal mio allievo", rispose la regina, ardente.


"Sono tanto lusingato quanto felice", rispose Louis, "anche se mai capirò il tipo di problemi di cui Spencer parla quando inizia con


" Pienamente ti conosci, tu che non hai provato,

cosa significa essere in attesa di essere giudicato".

Eppure una dolce malinconia ha sempre aleggiato su di me, fino a che non ti ho amata, e sapevo che in cambio sarei stato amato da te. Ora sento che anche se dovessi sopportare del dolore, finché avrò il tuo amore, non potrei mai essere del tutto miserabile ".

"Sono così soddisfatta del presente, che non ho mai dei presagi oscuri sul futuro", fu la risposta allegra della felice moglie.


"Neanche io, mia bella regina", rispose il marito affettuoso.



Louise Campbell Clay, Marie Antoinette (1755-93) after Vigee-Lebrun



Questo era vero. Luigi XVI e Marie Antoinette erano talmente felici l'uno dell'altro che non erano in grado di rendersi conto dei brusii che facevano presagire la tempesta spaventosa che avrebbe presto sconvolto nella furia desolante le loro teste condannate.


La rivoluzione francese del 1789 cominciò, o piuttosto quella più terribile del terrore, il regno della folla codarda, perché le folle sono sempre codarde; cominciò innanzitutto con uno o due vigliacchi, poi supportati da animali ignoranti e brutali, gretti, scansafatiche, sporchi e ubriachi, che si armano di tutto ciò che può far morire o uccidere, e scivolano da basse tane luride, come serpenti ripugnanti che mirano alla distruzione.

La regina sollecitò il re a compiere passi decisi per soffocare immediatamente la ribellione, ma egli era dell'avviso che i mezzi gentili fossero i migliori. Ella fu consigliata di volare via dalla scena del pericolo con i suoi figli, ma si rifiutò di abbandonare il marito.
La folla, incoraggiata da scarse opposizioni, odiando la regina per crimini immaginari e perché era un'austriaca si affollò intorno al palazzo a Versailles, macellava i suoi soldati e la invitò a mostrarsi sul balcone. Un amico si gettò davanti a lei, la pregava di non rischiare la sua vita e si offrì di andare al suo posto: ella rifiutò la sua generosa protezione, prese i suoi due figlioli, Marie Theresa, di undici anni, e Louis Charles, che aveva otto anni, e obbedì alla chiamata della plebaglia pensando di muoverli a compassione nel vedere questi poveri piccoli innocenti, non aveva ancora imparato che la pietà non esiste in una folla. Le grida, rauche e brutali gridavano: "Via con i bambini!" 

Senza alcuna esitazione o un cambiamento di espressione nel volto, li mandò via e rimase sola, sublime nel suo coraggio. Il suo cuore si gonfiò con un impulso eroico, che l'ineducata, rude massa davanti a lei non si era mai neppure sognata. Quella donna nobile non si affrettò neppure si scoraggiò  presagendo quella che era probabilmente una morte certa e improvvisa. Le sue mani erano intrecciate, gli occhi si sollevavano verso l'alto, e in volto aveva un'espressione di orgoglio alto e sereno. Vi fu quindi un momento di intenso silenzio. Dio, guardando questo mondo misto, ha mai visto un atto più coraggioso di quello della regina, che era lì pronta a darsi quale riscatto per la sua famiglia? E neppure gli angeli proveranno silente ammirazione? E sarebbe strano se, per un istante, la musica delle sfere si fosse chetata? Immobile come di marmo stava la leggiadra, eroica regina.


La folla malvagia era sconvolta. Amarono un coraggio che sarebbe stato impossibile in ciascuno di loro e all'improvviso, senza comprendere cosa stavano facendo, gridarono: "Che viva la regina! Che viva la regina! "

L'effetto dell'eroismo di Marie Antoinette fu di breve durata su queste creature brutali, poiché chiesero che Luigi XVI tornasse con loro alla città. La moglie fedele non avrebbe per un momento abbandonato il marito nel pericolo. Lo accompagnò con i suoi figli. Trenta mila creature circondarono la loro carrozza - animali umani, incomparabilmente più crudeli e sanguigni di lupi affamati: i loro occhi feroci brillavano di malignità ed un'espressione demoniaca era sui loro volti induriti; i loro lineamenti grossolani ed irregolari divennero sempre più distorti, costoro erano come un gruppo di fantasmi che si allontanavano dalle regioni infernali assumendo le forme di uomini e donne. Cantavano canzoni oscene per insultare la regina e i loro cori erano risate maniacali, più spaventose delle urla di bestie selvagge. Hanno strillato, hanno gridato lamenti, hanno ucciso gli amici della coppia reale e ne hanno tenuto le teste spaventose sulle punte delle lance davanti alle finestre della carrozza imperiale. La regina coraggiosa si sedette accanto al marito, il suo ragazzo sul ginocchio, e con una voce calma cercava di lenire il suo infantile terrore.


Durante i successivi due anni furono trattati come poco più che prigionieri nelle prigioni delle Tuileries e St.Cloud, circondati da una guardia nazionale che sembrava voler dare loro protezione, ma in realtà era lì per tenerli prigionieri. Era inutile che la regina sollecitasse il marito ad usare misure attive per scoraggiare l'insurrezione, invano lo invitò a usare la sua autorità oppure a fuggire alle frontiere.
Egli poteva sopportare coraggiosamente, ma sembrava incapace di intervenire tempestivamente ed inoltre, credeva di poter soddisfare il popolo ripetutamente cedendo alle sue richieste. Avrebbe anche provato a spegnere le fiamme che avanzavano versando su di loro olio. Vedendo che non poteva indurre il marito a mettere in atto misure attive, Marie Antoinette sopportava queste prove con calma forza ed allegria, insegnando ai suoi figli o impiegandosi nel ricamo. Furono orditi piani per la loro fuga dai loro amici, ma furono scoperti e chi li progettò morì, ed il re lasciò impuniti coloro che fecero ciò, come se la sua mente fosse troppo ottusa per consentirgli di comprendere rapidamente.
(N.d.T. a lato: Marie Antoinette à la Conciergerie)

Non è certo facile comprendere la passività della sua natura, ma persino lui, quando l'Assemblea Nazionale denunciò i sovrani come traditori del loro paese, accusandolo falsamente di incoraggiare una riunione dei poteri alleati per abbattere la ribellione, fu finalmente indotto in fuga.
Si travestirono e scappano dalle loro stanze il 20 giugno 1791, alle 11 di sera. Furono guidati il ​​resto di quella notte e il giorno successivo in carrozze con cambio di cavalli e la sera giunsero a Varennes, a centottanta miglia da Parigi. Erano stati scoperti prima di raggiungere quel posto e trovarono chi già li attendeva. In vano il re si rivolse al popolo: la famiglia reale fu catturata e costretta a tornare il giorno successivo.


La regina passò quella notte prima del loro ritorno nella casa del sindaco. Era una notte di intensa angoscia. Aveva tanto sognato ultimamente di libertà, e ora tornare in una prigionia sembrava motivo di disperazione più che mai! Terribili e sorprendentemente distinte erano le apprensioni che ella si vedeva davanti, non per lei, ma per coloro che le erano più cari della sua stessa vita: suo marito ed i suoi figli. Che lunga notte di inquantificabile agonia fu quella! I secondi erano come rintocchi funebri soffocati e momenti sembravano fermarsi. Una veglia sovrannaturale le tenne aperti gli occhi, il suo cervello le dava le vertigini per il dolore, il suo cuore pulsava forte e irregolarmente. Temeva i terribili orrori che la sua immaginazione vivida aveva modellato con una tale, allarmante lucidità. Lentamente si allontanava quella eternità di guai. La luce del giorno tremava tremendamente sulle suo volto emaciato, sui suoi capelli spettinati. Meccanicamente sollevò la massa pesante dalle spalle, guardandola. Pallide, le dita fantasmatiche erano state al lavoro con le abbondanti trecce che erano ieri un bel castano, e le avevano sbiancate di fino a renderle come se fossero innevate. Il ritorno a Parigi, seguito dalla folla, era come il loro precedente viaggio a Versailles, solo la distanza era molto più lunga e la loro disperazione era molto più grande ed il loro esaurimento e la loro stanchezza ben più avvertiti.

La violenza della folla era ormai legge. Il re fu detronizzato e imprigionato con la sua famiglia nel monastero dei Feuillants. Successivamente furono messi in una fortezza oscura chiamata Tempio. La Francia era in questo momento immersa in una scena di terrore, il sangue scorreva liberamente per le strade, e solo le pareti della prigione avevano trattenuto la marmaglia furiosa dall'uccidere l'infelice famiglia reale. Nella loro prigione tenebrosa, uno per uno, i loro 'agi' furono loro sottratti. Infine il re fu giustiziato. Poi tolsero alla regina il suo figliolo ed ella resistette a tale crudeltà con la furia di una leonessa ferita; poi, quando le sottrassero anche la figlia, mostrò la calma della disperazione.

Lei stessa fu al fine condannata alla ghigliottina il 14 ottobre 1793: accettò il suo destino dimostrandosi ancora una volta coraggiosa, orgogliosa e nobile regina: appariva calma, di umore sollevato e dignitoso davanti alla corte ed in mezzo a masse rumorose e folle, ascoltando le false accuse mosse contro di lei, senza degnarsi di rispondere ad una parola in propria difesa, e ricevette la sua sentenza con la stessa indifferenza fredda ed augusta. Dormì profondamente prima della sua esecuzione. Quando si svegliò indossò un abito bianco, ed una cuffia con un nastro nero sul capo.


Alle ore 11 le sue mani furono legate, e fu trasportata su di un rozzo carrello traballante attraverso la folla che sembrava una truppa di spettri nell'aria nebbiosa di quel giorno freddo e umido. Con stesso spirito dimesso e coraggioso di cui si era fatta carico di tutti i capovolgimenti del suo destino, udì le grida della moltitudine, "Giù l'austriaca!"
Dopo esser salita sul patibolo, si inginocchiò e disse in tono chiaro e squillante: "Signore, illumina ed addolcisci i cuori dei miei carnefici! Adieu, figli miei! Vado a unirmi a vostro padre".
I suoi figli, nelle loro prigioni, non potevano sentire l'ultimo addio terreno proveniente dalle labbra di una madre affettuosa e amorosa, ma può essere che abbiano avvertito il suo potere nei momenti di calma elevata che Dio dà spesso a coloro che sono soggetti a provare più difficoltà, perché l'anima parla all'anima dell'amato, e si capiscono anche se i loro corpi possono essere largamente separati.
Un altro istante e la lama tagliente cadde e il suo spirito libero raggiunse quello del marito in quel mondo più giusto e leggiadro ancor di quanto i poeti mai sognarono. E mentre le inondazioni di gloria si rafforzavano, si espandevano e  rallegravano la sua anima, ella capì come e perché le sue sofferenze terrene furono necessarie per accrescere e moltiplicare la sua beatitudine celeste. (N.d.T. sopra: Marie Antoinette on the way to her execution by Francois Flameng. 1887)


Godey's Lady's Book, March 1877, pag.248 - 252


Spero di non avervi annoiati, miei cari amici e lettori, con questa lunga lettura, ma mi sembrava davvero un peccato non riportare questo articolo, talmente ben scritto, nella sua interezza.



Con ciò vi lascio con il mio più sentito ringraziamento augurandovi tutto il meglio per questa vostra giornata d'estate



a presto 💕











When we look back at History and its characters we deal with the critics and historians closest to our times, to the most modern authorities, but have you ever wondered how certain characters who made history appeared in the eyes of the very ones who told their lives, i.e. to biographers who immediately followed them and how much their optic was influenced by the culture of their time ?



- picture 1 -  Dal film Marie Antoinette di Sofia Coppola, 2006. 

Searching on the web I came across a short biography of the Austrian queen of the French people, Marie Antoinette, published on No.94 of GODEY'S LADIES BOOK AND MAGAZINE, (March 1877); exactly 140 years ago, Mrs. JOSEPHINE ROBBINS FULLER wrote this article, partly looking like a novel, but faithful to the historical facts that led 
the French rulers to the Revolution and the guillotine, which allows us to come into direct contact with the romantic climate and with the values of which Victorianism was entangled: the importance of love and marital fidelity, the blessing of the family union seen as the promotion of heavenly blessing, modesty, humility, serene endurance of pain as a means of promoting celestial beauty. Let's read it together ...



Crowns have many thorns, cruel thorns that not infrequently pierce the wearer to death. Marie Antoinette learned all the bitterness of this sad truth. She first opened her eyes in the palace at Vienna, November 2, 1755. She was the youngest daughter of the Emperor Francis, and the Empress Maria Theresa of Austria. Her childhood was peaceful and happy amongst her brothers and sisters. She saw little of her stately mother, and her father died when she was only ten years old. She had an irrepressible propensity for fun and amusement, but possessed not that love and aptitude for the acquisition of book knowledge, without which teachers are in vain, and opportunities well-nigh useless.



- picture 2  on the left - Italian was the only language that she could speak and write, although later, she learned to converse in French. She was ignorant of history, philosophy, even of her own native German. In after years she keenly felt her deficiencies, yet she nowhere discovers the weakness, so common to little minds, that of being envious or jealous of others more fortunate than herself in these things.
When she was fifteen years old she was married to Louis Charles, heir apparent of the French throne. She was at this time very graceful and lovely, full of vivacity, and apt at repartee. She was tall, her movements easy and majestic, and there was something in the way she carried her head, in the spirited, animated expression of her countenance, in the very curve of her stately neck, that told you she could do and dare all that was heroic, if occasion required. Her prominent nose and cheek bones, though they marred the regularity of her features, added to the energetic expression of the face. Her hair was a light auburn color, and her eyes blue, frank, and sparkling. Her full lips, often parted by merry smiles, disclosed handsome teeth. Her high, broad forehead and arched eyebrows seemed suggestive of the ready mirthfulness that dimpled her cheeks, and the witty sayings that fell like pearls from her mouth.

It was almost impossible to make a stiff woman of society of this free, wild, impulsive creature. She horrified ceremonious individuals by her reckless disregard of etiquette, disgusted intellectual circles by her ignorance, and prejudiced the mass of French people against her by her excessive frivolity and extravagance. She was, however, sincere and kind-hearted, and would not do what she considered wrong. Her husband resembled her only in the latter qualifications. He liked books and retirement, yet he was too wise to interfere with his wife’s pleasures, he had too much judgment and delicacy to say, “Behold my way of doing, act thou right, like myself.”
Their marriage had been one of policy, and such unions have their advantages, for if the young couple have no opportunity to fancy that they are ill a grand passion, they likewise have not the unhappiness so often known, that of recovering from their delusion after living together a few weeks. The young husband kept on in his own quiet pursuits, studied his wife at a respectful distance; saw that she was lovable, and possessed many traits worthy of admiration, and he patiently waited for her love.

After she had been married seven years, the gay butterfly, wearied of her artificial life, folded her wings and lovingly nestled close to her husband’s heart. He gladly welcomed her, and in return, gave her a strong, honest manly affection. Theirs had become the love that beautifies both palace and hovel. No element was in it that could mar its glory. No remorse with slow and deadly creep turned each sweetness into gall as soon as tasted. No warning conscience forbade pleasant reveries of the beloved, or the presence that was bliss.



- picture 3 on the right - Their attachment was founded on perfect knowledge of each other, and respect for the real good in the character of each. They did not vex and annoy each other with the many trifles and shallow jealousies that some couples are so ingenious in finding. Their love was deep and sincere, a love that met with God’s approving smile, that ennobled, purified, and made fit for heaven. No more indefinable sadness, no more loneliness of heart, no more unsatisfied yearning was theirs, but a fullness, a completeness, a blessedness that rounded out all their capacities for the enjoyment of life. In such a love, what thousands of bright, fresh, new hopes spring up in the spirit; how all the capabilities of the soul for wisdom are strengthened! Rare indeed is such an attachment, although it is perhaps prized more than either wealth, fame, or knowledge by the majority of mankind.

The queen valued it more than she did the costliest of her jewels, and fairly lived in the devotion of her husband. Beautiful children grew around this affectionate hearth, binding still closer together the hearts of their parents. No outward clouds could ever darken the soft, mellow, amber-tinted happiness of such a union. Danger would only more closely attach the two, and adverse fates would be felt only for the sake of the beloved. Thus they lived for twelve years without sorrow, except when they mourned the death of two of their children, and even such a bereavement loses half its poignancy when the heart is filled with conjugal affection.

It is always a pleasure to contemplate the felicity of good people, and we will glance at them in one of their happiest moods. Marie Antoinette was seated in a fauteuil, in a luxuriously-furnished boudoir in her little palace, the Trianon within the bounds of Versailles. Her attire was a simple white dress, her hair was arranged in a plain and becoming manner, and she wore no jewelry. Her children were seated on each side of her. One arm was wound around her son, whilst her little daughter toyed with the disengaged hand. The king sat opposite them holding an open book, which he closed when his wife signified her wish to converse with him.
The warm summer air was tempered by a gay, breezy, frolicsome wind, which bore on its fleecy wings an echo, as it were, of some delicious, dreamy, poetic refrain. It playfully touched the queen’s fair brow, and the loose locks of her children. She looked out of the window into the tranquil blue above, and gave herself up to the influence of the scene. 

There are in this world moments of such exquisite rapture, when it seems as if the heavens were bent low, and the whole world wears an aspect of such new, rare, and divine loveliness, that we scarcely breathe with blissful awe; thought is suspended, and we are borne far above reality by waves of fanciful, ecstatic emotion.
Perhaps this is one of the blessings reserved for the saints in heaven, and we are permitted such foretastes of bliss in order to convince us how greatly celestial felicity can excel the beatitude of every other. For such moments, although they make life very delightful, likewise preach to us eloquently of the joys of a heavenly existence. The queen felt this as she gazed out on the sailing clouds, with their quaintly-changing shapes. After a few moments, she exclaimed:



- picture 4 - The Hameau de la Reine Marie Therese & Louis Charles with temple of Love in background



“My dear Louis, how potent must be the charm of your book, when it can win you from all the living, wonderful beauty so freely displayed in these delightful views from our window.”

“My book has no such spell as your voice, my enchantress,” answered the gallant husband, as he closed the volume, and the habitual melancholy left his brow, whilst a subdued expression of genuine fondness stole over his agreeable features.

“I thank you for what you say, with all my heart, for I know that you are sincere,” replied Marie Antoinette, as a look of wifely tenderness irradiated her expressive face. “It is so delightful,” she continued, “to have one true, noble, loving friend in this false, hollow, artificial sphere of ours.”

“I’m glad you find it so,” returned tile king, with voice and eyes that bespoke grateful emotion.

“Is not this your experience, likewise?” she asked with simple frankness.

“It is,” responded the husband. “I was a stranger to real happiness until I knew a true affection for yourself, and received the same from you; but then I never could make an admired and attractive figure in any gay assembly.”

“Thanks for your implied compliment to myself,” laughingly rejoined the queen. “I own that I find plenty of fun, and a degree of enjoyment in amusing society, but it is never deep, satisfying happiness like the quiet hours I spend with you and the children. These awaken all that is noble in my nature; whilst amongst frivolous persons I only see something to make me laugh; and you will pardon me, when I tell you that people are very comical in the French court.”

“Why do you think so?” asked the king, a little national jealousy traceable in his tones.

“Their manners are so prim, not at all like the graceful freedom of our gay courtiers in Vienna. Many of the French ladies seem like mechanical machines that have been patented, and warranted to move, act, and look in just such a way.”

“Can we blame them if they have been so trained?” was the thoughtful response of the king.

“No; but those artificial dames do find fault with me, who never have been caged and tamed,” rejoined Marie Antoinette, with an arch, merry smile.

“How do you know?” questioned the king, in a tone in which was mingled some concern.

“By their looks and appearance generally,” rattled the queen, in a lively manner. “When one of my young friends, the other day, played pranks behind the backs of the formal dowagers, who looked as if each had swallowed an unbending poker the whole length of herself, so stiff and precise were they; the mimicking marchioness appeared so droll that I inconsiderately laughed. You ought to have seen the scandalized regards that were turned towards me.”

“But that is only one instance, my Marie.”

“I could tell you many others, for whenever I break any of the absurd court rules, the ladies’ faces seem to say, ‘Behold the Tartar!'” The king looked down musingly. “I’m free to confess,” said Marie Antoinette, with her habitual frankness, “that perhaps the main reason why I dislike the French court is because it is my enemy. Yet I do think that where people have sufficient ideality in their natures to avoid acts of grossness, that easy and unconstrained manners are preferable to such grotesque starchiness.”

“Doubtless they are,” answered Louis; “but all people have not ideality. Many, too, have very 
cruel dispositions, and it is necessary for the benefit of society that the animals conceal their sharp claws under long cloaks.”

“I presume that you are right. I’m no more of a philosopher than scholar,” sighed Marie Antoinette.

“But your’re a wise teacher,” answered the husband, with a tender smile.

“Pardon, I don’t understand.”

“You have taught a man, not too susceptible of affection, all that is meant by love.”

“I first learned the lesson from my pupil,” replied the queen, archly.

“I’m as flattered as happy,” responded Louis, “for although I never knew the kind of trouble Spencer talks about when he begins with

‘Full little knowest thou, that hast not tried,
What hell it is in suing long to bide.’

Yet a gentle melancholy always lingered with me, until I loved you, and knew that in return I was by you beloved. Now I feel that even if sorrow should come to me, so long as I had your love, I could never be entirely wretched.”

“I am so well contented with the present, that I have never any gloomy forebodings of the future,” was the cheerful answer of the happy wife.

“Nor I either, my beautiful queen,” rejoined the fond husband.



- picture 5 - Louise Campbell Clay, Marie Antoinette (1755-93) after Vigee-Lebrun



This was true. Louis XVI. and Marie Antoinette were so happy in each other’s society, that they heeded not the low, angry mutterings of the frightful storm, that was soon to break in desolating fury over their doomed heads.
The French Revolution of 1789 began, or rather that most dreadful of terrors, the reign of cowardly mobs. For mobs are always cowardly; started in the first place by one or two cowards, then augmented by ignorant, brutal human animals, ragged, idle, filthy, and drunken, that arm themselves with whatever can maim or kill, and creep from low, dirty dens, like loathsome serpents bent on destruction.
The queen urged the king to take decided steps to at once quell the rebellion. But he was of opinion that gentle means were best. She was advised to fly from the scene of danger with her children, but she refused to desert her husband.

The mob, emboldened by scarcely any opposition, hating the queen for imaginary crimes, and because she was an Austrian, crowded around the palace at Versailles, butchered her soldiers, and called upon her to show herself in the balcony. A friend threw himself before her, entreated her not thus to risk her life, and offered to go in her place. She refused his generous protection, took her two children, Marie Theresa, who was eleven, and Louis Charles, who was eight years old, and obeyed the call of the rabble. She thought to move their compassion at the sight of these tender innocents. She had yet to learn that pity does not exist in a mob. Hoarse, rough, brutal voices shouted, “Away with the children!” 

Without any hesitation or a change of countenance, she sent them away, and stood alone, sublime in her fearlessness. Her heart swelled with an heroic impulse of which the rude, ruffianly concourse before her never dreamed. That noble woman shrank not nor quailed from what was in all probability certain and sudden death. Her hands were clasped, her eyes lifted upwards, and an expression of lofty and serene elevation was in her face. There was a moment of intense stillness. Has God, in looking down on this mixed world, ever witnessed a braver act than that of the queen, who stood there prepared to give herself a ransom for her family? Would not even angels feel mute admiration? and would it be strange if, for one instant, the music of the spheres were stilled? Immovable as marble stood the fair, heroic queen.

The misguided crowd were abashed. They admired a courage that would have been impossible in any of their number; and suddenly, hardly realizing what they did, they screamed, “Live the queen! live the queen!”
The effect of Marie Antoinette’s heroism was of short duration on these brutal creatures. They demanded that Louis XVI. should return with them to the city. The faithful wife would not for a moment forsake her husband in his peril. She accompanied him with her children. Thirty thousand creatures surrounded their carriage— human animals, incomparably more cruel and bloodthirsty than hungry wolves. Their fierce eyes gleamed with malignity; a demoniac expression was on their hardened visages; their coarse, irregular features grew every moment more distorted; they were like a band of fiends let loose from tile infernal regions. And these creatures wore the forms of men and women. They sang obscene songs to insult the queen, and their choruses were maniacal laughter, more appalling than the yells of wild beasts could be. They shrieked, they howled, they murdered the friends of the royal couple, and held the ghastly heads on pikes before the windows of the imperial carriage. The brave queen sat close beside her husband, her boy on her knee, and with a calm voice soothed his childish terrors.



- picture 6 on the left - During the two succeeding years these royal persons were but little more than captives in the Tuileries and St. Cloud. They were surrounded by a national guard under pretence of giving them protection, but in reality to keep them prisoners. It was in vain that the queen urged her husband to use active measures for quelling the insurrection; in vain she urged him to use his authority, or else flee to the frontiers.
He could bravely endure, but he seemed incapable of prompt action. Besides, he believed that he could satisfy the people by repeatedly yielding to their demands. He might as well have tried to extinguish raging flames by pouring on them oil. Finding that she could not induce her husband to use active measures, Marie Antoinette bore her trials with calm fortitude and unwavering cheerfulness, teaching her children, or employing herself with embroidery. Plans were formed by their friends for their escape, but they were discovered and the originators put to death, or the slow king suffered them to go by unimproved, as if his mind was too obtuse to enable him to quickly comprehend them.

It is certainly not easy to understand the passiveness of his nature. But even he, when the National Assembly denounced their sovereigns as traitors to their country, falsely accusing them of inciting a rally of the allied powers to put down the rebellion, was at last moved to flight.
They disguised themselves and escaped from their rooms June 20th, 1791, at 11 o’clock in the evening. They were driven the remainder of that night and the next day in carriages with relays of horses. They arrived in the evening at Varennes, one hundred and eighty miles from Paris. They had been discovered before reaching that place, and intelligence of their approach sent in advance. In vain the king appealed to the people; the royal family were arrested, and were obliged to return the next day.

The queen spent that night preceding their return in the Mayor’s house. It was a night of intense anguish. She had so lately dreamed of freedom, and now to go back to a captivity more hopeless than ever! Terrible and startlingly distinct were the fearful apprehensions that came before her; not for herself, but for those who were dearer to her than life— her husband and children. What a long night of unutterable agony it was! The seconds were like muffled knells, and the moments seemed to stand still. A preternatural wakefulness strained wide open her eyes, her brain was dizzy with pain, her heart throbbed loud and irregularly. She dreaded the gloomy horrors that her vivid imagination fashioned with such alarming distinctness. Slowly crept away that eternity of woe. The daylight fell tremulously on her haggard features, on her dishevelled hair. Mechanically she raised the heavy mass from her shoulders, mechanically looked at it. Pale, phantom fingers had been at work with the abundant tresses that were yesterday a beautiful brown, and had blanched them to a snowy whiteness. The return to Paris, followed by the mob, was like their former journey to Versailles, only the distance was so much farther, their hopelessness so much greater, and their consequent exhaustion and weariness so much more felt.

Mob violence was now law. The king was dethroned, and imprisoned with his family in the monastery of the Feuillants. Afterwards they were put in a dark fortress called the Temple. France was at this time one scene of terror; blood flowed freely in the streets, and only the dungeon walls kept the infuriated mob from murdering the royal family outright. In their gloomy prison, one by one, their comforts were taken from them. Finally the king was executed. Then they removed her son from the queen. She resisted this cruelty with the fury of a wounded lioness. Afterwards, when they took away her daughter, she displayed the calmness of despair.
She herself was at last sentenced to be guillotined on the 14th of October, 1793. She bore her fate like the brave, proud, noble queen that she was. She stood calmly, with a lofty and dignified mien, before the tribunal, amid noisy and jubilant crowds, heard the false charges against her without deigning to answer a word in her defence, and received her sentence with the same cold and august indifference. She slept soundly before her execution. After she was awakened she arrayed herself in a white dress, with a cap and black ribbon on her head.



- picture 7 on the right - At 11 o’clock her hands were bound, and she was jolted in a rough cart through the crowd, that looked like troops of spectres in the misty air of that cold, damp day. In the same tameless, courageous spirit with which she had borne all her reverses, she heard the shouts of the multitude, “Down with the Austrian!”
After she ascended the scaffold she knelt and said, in clear, silvery tones, “Lord, enlighten and soften the hearts of my executioners! Adieu, my children! I go to join your father.”
Her children in their dungeons could not hear this last earthly farewell from the lips of a fond, loving mother; but it may be that they felt its influence in the moments of elevated calm that God so often gives to those most sorely tried, for soul speaks to soul of the beloved, and is understood, though their bodies may be widely separated.
Another instant the sharp blade fell, and her freed spirit was held close to her husband’s in that beautiful world fairer than poets have ever dreamed. And, as the floods of glory strengthened, expanded, and rejoiced her soul, she understood why and how it was that her earthly sufferings were necessary to intensify her bliss in heaven.


Source: Godey's Lady's Book, March 1877, pag.248 - 252




I do hope not to have bored you, dear ones, with this long reading, but I thought it to be really a pity not to bring this article, so well written, in its entirety !



With this I leave you with my most heartfelt thanks, 
wishing you all my best for this Summer day,


see you soon 💕












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VICTORIAN ETIQUETTE FOR A BALL-ROOM: rules for bachelor Gentlemen.

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“Remember that a ball-room is a school of politeness, and therefore let your whole conduct be influenced by that strict regard to Etiquette such a place requires.”

Etiquette for Gentleman or the Principles of True Politeness, 1852.



The Woman of Fashion (La Mondaine), 1883 - 1885, James Tissot



Le sale da ballo, considerate come luogo privilegiato d'incontro, costituivano l'ambiente dove, per eccellenza, ogni Gentleman poteva esercitare la propria preparazione in fatto di cortesia, di etichetta, di abilità nelle danze e per quanto concerneva la classe media, era il luogo per eccellenza in cui dare mostra ed esibizione delle proprie attitudini in fatto di galateo, per essere alfine promossi appieno in società.

Essendoci ormai noto il rigore dei Victorians per i quali ogni ambito della vita, privata e sociale, era governato da regole, vediamo insieme le principali che dovevano essere essere tenute presenti per prendere parte ad un ballo nel rispetto della più raffinata galanteria:



RISPONDETE IMMEDIATAMENTE AD UN INVITO:

Non appena viene recapitato l'invito è buona norma rispondere con sollecitudine, sia che si desideri partecipare, sia che non si possa prender parte alla serata;



ABBIGLIATEVI IN MODO ADEGUATO ED UNA VOLTA VESTITI CERCATE CONFERMA IN UNA SECONDA OPINIONE CIRCA L'IDONEITA' DEL VOSTRO ASPETTO ALL'EVENTO:

Per recarsi in  una sala a ballo un Gentleman deve indossare un cappotto, un paio di stivaletti ed un tailleur, tutto nero, mentre i guanti, il panciotto e l'eventuale cravattino devono essere bianchi; i manuali di etichetta del tempo consigliavano, invece di consultare ripetutamente lo specchio, di chiedere un parere ad un membro della servitù o ad un conoscente.



QUANDO ARRIVATE, PORGETE I VOSTRI RISPETTI ALLE SIGNORE E NEL CASO IN CUI IL PARTY FOSSE IN CASA DI UN AMICO O DI UN PARENTE SIATE PRONTI A FARE IL VOSTRO DOVERE:

Se sono già presenti in sala delle signore, salutate con inchino ciascuna di loro e fate in modo che quella che più gradite vi garantisca il primo ballo e qualora il ballo avesse luogo in casa di un parente o in casa vostra, assicuratevi che ogni Lady abbia il proprio cavaliere.



MAI SEDERSI ACCANTO A LADIES CHE NON SI CONOSCONO:

Un vero Gentleman, con il dovuto consenso, si siede sempre accanto a Ladies che già conosce.



NON INIZIATE LE DANZE SE NON NE CONOSCETE I PASSI:

Il Gentleman ben educato danza solo se conosce bene le figure che il ballo comporta per non mettere a disagio la propria compagna, che altrimenti non saprebbe come comportarsi.



NON SCORAGGIATEVI MAI:

Danzate in estrema tranquillità ricordando che il ballo deve coinvolgere la parte del corpo che va dalla vita in giù, non fate l'errore di tenere il busto troppo in avanti o indietro e trasportate la vostra compagna con leggerezza come se dovesse muovere i propri passi su di una tela di ragno.



QUANDO DANZATE NON PENSATE A NULL'ALTRO CHE ALLA VOSTRA LADY:

Siate con lei una cosa sola e quando il ballo si è concluso offritele delle vivande fresche.



Rogelio de Egusquiza (1845 - 1915), The End of the Ball




GETTATE UN OCCHIO ANCHE ALLE 'WALLFLOWERS' (OSSIA ALLE LADIES CHE NON HANNO COMPAGNI E CHE FANNO 'DA TAPPEZZERIA').

Il vero Gentleman è colui che di tanto in tanto chiede un ballo anche alle ladies che non sono accompagnate.



QUANDO DANZATE NON SUSSURRATE ALL'ORECCHIO DELLA VOSTRA COMPAGNA E NON CALPESTATELE L'ABITO:

Nel primo caso assumereste l'aria di una persona misteriosa, nel secondo caso di un villano.



NON CHIEDETE TROPPO SPESSO LA COMPAGNIA DELLA STESSA LADY ANCHE SE E' LA VOSTRA PREFERITA:

Anche se è quella che più gradite, non private le altre del piacere della vostra compagnia.



SE IL VOSTRO INVITO VIENE RIFIUTATO, ACCETTATE TALE DECISIONE CON ESTREMA GRAZIA;

E se vi accade di vedere in sala la Lady che vi ha rifiutato danzare con un altro compagno fingete di ignorarla.



PRESTATE ATTENZIONE ALLE VOSTRE MANI QUANDO DANZATE IL WALTZER:

Le cingerete la vita, ma con grazia e non con forza sia per non farla sentire costretta sia per non darle un'impressione sbagliata.



QUANDO DANZATE LA QUADRIGLIA NON SIATE TROPPO ROZZO:

Non lasciatevi trasportare troppo dalla vitalità della danza, guidate la vostra compagna tenendole la mano, ma senza stringergliela troppo, affinché non vi ritenga un villano.



NON OFFRITEVI MAI DI RIACCOMPAGNARE UNA LADY ALLA PROPRIA DIMORA:

La obblighereste ad accettare !



The Ball, Charles Wilda (1854-1907) 




NON SIATE L'ULTIMO A LASCIARE LA SALA DA BALLO:

E' preferibile essere tra i primi ad abbandonare la scena piuttosto che dare agli altri l'impressione di non prender mai parte ad alcuna festa e di cercare perciò di trarre da questa il massimo diletto.




Queste erano le principali norme che un perfetto Gentleman, rispettoso dell'etichetta e delle buone maniere, doveva sempre tener presente ogni qualvolta varcava la soglia di una sala da ballo, dove, possiamo tutt'oggi presumere, questi spesso si recava o per fare conoscenze o per approfondirne altre, ma il rispetto dell'apparenza ed il mostrarsi riguardoso, misurato, compiacente e cavalleresco erano di sicuro le regole principali che dovevano tenere a freno gli impulsi amorosi !




Nella speranza di avervi fatto trascorrere in serenità 
qualche minuto in compagnia di ~ My little old world ~ 
vi abbraccio caramente ed altrettanto caramente vi saluto



a presto 💕










FONTI BIBLIOGRAFICHE:

Elizabeth Aldrich, From the Ballroom to Hell: Grace and Folly in Nineteenth-Century Dance, Northwestern University Press, 1991;

Charles Durang, The fashionable dancer's casket or, The ball-room instructor. A new and splendid work on dancing, etiquette, deportment, and the toilet, Fisher & Brothers, 1856;

Etiquette for Gentleman; or the Principles of True Politeness, Halifax, Milner and Sowerby, 1852;

Cecil B. Hartley, The Gentlemen's Book of Etiquette and Manual of Politeness, First Edition 1860, Hesperus Press Ltd; Reissue edition, 2014;


Thomas E. Hill, The Essential Handbook of Victorian Etiquette, Bluewood Book, 1994.









“Remember that a ball-room is a school of politeness, and therefore let your whole conduct be influenced by that strict regard to Etiquette such a place requires.”


Etiquette for Gentleman or the Principles of True Politeness, 1852.




- picture 1 - The Woman of Fashion (La Mondaine), 1883 - 1885, James Tissot



Ballrooms, considered as a privileged meeting place, were the setting where, for excellence, every gentleman could exercise his own preparation as for courtesy, good manners and dance skills and, for the middle class, it was the place in which to show and exhibit aptitudes in terms of etiquette, to be fully promoted into the society.
We well know the rigor of the Victorians for every area of ​​everyday life, both private and social, which was strictly governed by rules, so let's see together the principal ones that should be held present before than entering a ballroom in the respect of the finest gallantry:



RESPOND PROMPTLY TO INVITATIONS:

As soon as the invitation is delivered, it is a good rule to answer with solicitude, whether you would like to participate, or you are not able to attend the evening;



DRESS AS THE OCCASION REQUIRES AND ONCE DRESSED GET A SECOND OPINION ABOUT YOUR LOOK:

To go to a ballroom a Gentleman have to wear a black coat, a pair of black boots and a black suit, while the gloves, the waistcoat and the tie should have to be white; the manuals of Etiquette of the time suggested a good principle: instead of looking repeteadly at the mirror, ask an opinion to a member of the servitude or to an acquaintance about your aspect.




WHEN YOU ARRIVE, PAY YOUR OWN RESPECT TO THE LADIES AND IF THE PARTY IS HELD AT A FRIEND OR A RELATIVE'S HOME, BE READY TO DO YOUR DUTY:

If some ladies are already in the ballroom, pay your respect to each of them, bow deeply as you pass them and make sure that the one you like best will dance with you the first dance; if the ball takes place in a relative's home or at your home, make sure that each lady has her own Gentleman.



NEVER SIT DOWN BESIDES LADIES YOU DO NOT KNOW:


A true gentleman, with the due consent, always sits besides Ladies whom he already knows.



DO NOT START TO DANCE UNTIL YOU KNOW THE STEPS:

A well-bred Gentleman begins to dance only if he knows well the steps and the figures that the dance involves for not to make feel his partner uncomfortable and uneasy: she herself wouldn't know how to behave !



DO NOT KICK AND CAPER ABOUT:

Dance in extreme tranquility remembering that every dance involves the part of the body from the waist down, do not do the mistake of keeping your bust too forward or backward, and always carry your partner lightly as if she had to move her feet on a cobweb.



WHEN DANCING THINK NOTHING BUT YOUR LADY:

Imagine to be alone with your Lady and when the dance has ended up remember to offer her refreshments.




- picture 2 - Rogelio de Egusquiza (1845 - 1915 ), The End of the Ball




TAKE A LOOK TO WALLFLOWERS TOO.

A true Gentleman is the one who occasionally asks for a dance also to those ladies who are not accompanied.



WHEN YOU DANCE DO NOT WISPER TO YOUR LADY AND DO NOT  STEP OVER HER DRESS:

In the first case you would assume the air of a mysterious person, in the second case of a villain.




DO NOT FORGET THE OTHER'S LADY COMPANY - DON'T DANCE TOO OFTEN WITH THE SAME LADY EVEN  SHE'S YOUR FAVOURITE:

Though she's the one you most like, do not deprive the other Ladies of the pleasure of your company.



IF YOUR INVITATION IS REFUSED, ACCEPT THIS DECISION WITH EXTREME GENTLENESS;


And if you happen to see in the room the lady who refused to dance with you together with another fellow, just pretend to ignore her.



PAY ATTENTION AT YOUR HANDS WHILE YOU'RE DANCING THE WALTZER:

You will cripple your Lady's waist, but with grace and not with force, not to make her feel compelled or to give her a wrong impression.



WHEN YOU DANCE THE QUADRILLE, DON'T LOOK COARSE:

Do not be too enthusiastic about the dances, drive your companion by holding her hand, but without squeezing it too hard, so that you don't look like a villain.




NEVER ACCOMPANY A LADY BACK TO HER HOME:

You should force her to accept it !




- picture 3 - The Ball, Charles Wilda (1854-1907) 




DO NOT BE THE LAST TO LEAVE THE BALL ROOM:

It is preferable to be amongst the first to leave the scene rather than giving the others the impression that you never take part in any party and therefore you're trying to get the most out of this one.



These were the principal rules that a perfect, well educated and gallant Gentleman always had to keep in mind when he crossed the threshold of a ballroom, where, we can still assume, he often went to make new acquaintances or to meet someone he already knew, but the respect for appearance and to appear deferential, measured, compliant, and chivalrous were certainly the main rules to keep in mind !



In the hope of having presented you a few pleasants moments 
in the company of ~ My little old world ~ 
I embrace you so dearly and just as dearly I greet you,



see you soon 💕











BIBLIOGRAPHIC SOURCES:


Elizabeth Aldrich, From the Ballroom to Hell: Grace and Folly in Nineteenth-Century Dance, Northwestern University Press, 1991;

Charles Durang, The fashionable dancer's casket or, The ball-room instructor. A new and splendid work on dancing, etiquette, deportment, and the toilet, Fisher & Brothers, 1856;

Etiquette for Gentleman; or the Principles of True Politeness, Halifax, Milner and Sowerby, 1852;

Cecil B. Hartley, The Gentlemen's Book of Etiquette and Manual of Politeness, First Edition 1860, Hesperus Press Ltd; Reissue edition, 2014;


Thomas E. Hill, The Essential Handbook of Victorian Etiquette, Bluewood Book, 1994.




Marie Louise von Wallersee and her beloved Aunts: Aunt Sisi (Tante Kaiserin) and Aunt Maria Sophie Queen of the Two Sicilies (Tante Königin).

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Denk daran, Marie, Schweigen ist Gold.

Kaiserin Elisabeth von Österreich Ungarn






Ricorda, Marie, il silenzio e d'oro

Imperatrice Elisabetta d'Austria Ungheria




Quella del Duca Max Joseph in Baviera e della Principessa Ludovika di Baviera fu una prole non solo numerosa ( ebbero dieci figli di cui però solo otto sopravvissero, il secondogenito Wilhelm Karl non sopravvisse neppure un mese, il settimo nato, Maximilian, nacque già in fin di vita ), ma anche molto affiatata da che tutti i figli, una volta divenuti adulti ed accasatisi, conservarono vivo e forte il legame che li univa ... la principessa era stata una madre davvero esemplare, forse dava il massimo di sé ai propri figlioli pur accumulando continue delusioni di conseguenza alla vita da libertino che il marito conduceva e che la costringeva ad accettare.
Soprattutto Sisi, al secolo Elisabeth Amalie Eugenie, anche se divenuta imperatrice e residente a Vienna, non mancava di perdere un'occasione per ritrovarsi con i fratelli in Baviera, e spesso anche in altre parti d'Europa ... Maria Sophie Amalie, per esempio, ex regina di Napoli e delle Due Sicilie, una volta perso il regno ed esiliata a Parigi, sovente le sarà compagna nel suo incessante peregrinare ... e proprio di queste due incantevoli protagoniste della storia del XIX secolo mi piace parlarvi oggi, di loro e del loro legame con la nipote Marie Louise von Wallersee.

Era costrei nata da una relazione che legava il primogenito del Duca in Baviera e della sua consorte, Ludwig Wilhelm con una donna che non aveva nulla a che spartire con il mondo dell'aristocrazia, Auguste Henriette Mendel


ma che egli amava profondamente e che la sua famiglia, per ovvii motivi, non voleva accettare; una volta messi di fronte al fatto compiuto i coniugi Wittelsbach lo obbligarono a sposare la donna che stava per divenire la madre della sua figliola: costui avrebbe così dovuto rassegnarsi ad assentire alla rinuncia dei diritti legati alla primogenitura ed acconsentire ad un matrimonio morganatico, ovvero non in grado di trasmettere per eredità alcun titolo nobiliare alla prole; il re di Baviera provvedette a procurare alla sua sposa un nome che si addicesse alla sua nuova posizione sociale ed Auguste Henriette Mendel divenne Henriette Baroness von Wallerseema di fatto mai Henriette, come era chiamata in famiglia, venne vista amorevolmente.


Henriette von Wallersee e Ludwig Wilhelm Wittelsbach il giorno del loro matrimonio



L'imperatrice d'Austria, non solo un modello in quanto a Grazia, ma anche forte del suo buon cuore che guardava prima di tutto alla bontà d'animo altrui, ebbe per lei già da subito una profonda stima e simpatia, e questa sua prima figliola, Marie Louise, divenne la sua nipote preferita.
Numerose sono infatti le fotografie che ritraggono Marie Louise con Marie Valerie, l'ultima figlia prediletta della coppia imperiale, per la quale divenne una sorta di sorella (Gisela era già non solo sposata, ma madre e viveva in Germania)



Marie Valerie con Marie Louise



era facile trovare Marie a Vienna a corte o accanto all'imperatrice in Ungheria, presso il castello di Gödöllo o ancora in Inghilterra a cavalcare al suo fianco per le battute di caccia che animavano la stagione primaverile ed autunnale inglese; Marie amava questa sua zia che si prodigava per lei, che le donava suoi abiti, gioielli e che le aveva trasmesso l'amore per i cavalli e per le cavalcate spericolate:


La prima volta che ricordo di aver cavalcato con l'Imperatrice ero una bambina. I miei capelli biondi volavano selvaggiamente mentre camminavo con la mia Zia adorata attraverso il Prater, il Parco Centrale di Vienna. La gente si fermava, sollevava i cappelli in segno di saluto o si inchinava enfaticamente. I loro occhi seguivano me e la mia chioma fluttuante. Quando tornammo alla Hofburg - il palazzo imperiale - quel giorno, Zia Sissy diede disposizioni affinchè io portassi in futuro i miei capelli acconciati à l'impératrice. Non ho mai cambiato il mio stile di acconciatura fino ad oggi. 1

La sua 'Tante Kaiserin'(zia imperatrice) era per lei di una bellezza straordinaria, dirompente, ed, ogni qualvolta si trovava in sua compagnia, non mancava di affascinarla


Ai miei occhi Zia Sissy sembrava possedere la bellezza di una regina delle fate, soprattutto quando era di buon umore. A volte i suoi bei occhi bruni s'illuminavano di una gioconda malizia e poi, di nuovo, riappariva un'angosciata disapprovazione. Aveva un sorriso incantevole e la sua voce era delicata e melodica. Ero completamente affascinata da lei, e la mia felicità non conosceva limiti ogni volta che mi veniva detto che avrei incontrato la "Zia Imperatrice". 

Ma nelle sue memorie ella confessa che nonostante l'ammirazione e l'affetto nutriti per l'imperatrice, il suo cuore apparteneva all'altra zia, Marie Sophie, più simile a lei per temperamento, la quale, anche se visse più nell'ombra, fu per lei una seconda madre, come ella stessa ci racconta: 

Non appena si disfece il loro ultimo progetto ( N.d.A. per trovarle marito ), Tante Königin - Zia Maria, già Regina di Napoli e delle Due Sicilie, mi invitò ad andarla a trovare a Parigi per rimanere alcune settimane. Ne fui felicissima. Sapevo che lei aveva un debole per me, forse perché le somigliavo molto. Mi chiamava sempre "bambina", e lo farà anche negli anni successivi quando avrò dei figli a mia volta. La sua voce, ogni volta che mi parlava, sembrava prendere una nota speciale che non mancava mai di toccarmi profondamente. Da bambina avvertivo istintivamente l'attaccamento di Tante Königin per me. Di tutte le zie coronate e non mi sentivo più attratta da Zia Maria, ancor più che da Zia Sissy. Amavo Zia Maria tanto caramente quanto amavo mia madre. Per me era la quiete personificata. Contrariamente a sua sorella Elisabetta, che era molto più vivace, sarcastica e spiritosa, la Regina Maria era sempre tranquilla. I suoi occhi scuri ed espressivi non sono mai riusciti a non fare una profonda impressione su di me, soprattutto dopo aver udito la storia responsabile della loro triste espressione. Non solo la Regina Maria era stata costretta a vestire i panni dell'eroina di Gaeta durante le giornate ardenti quando il marito perse il suo trono a causa dell'unità d'Italia; il destino decretò, inoltre, che lei giocasse un ruolo di primo piano in una tragedia d'amore. Mentre la prima parte del dramma era stata scritta nelle pagine della storia, la seconda parte è rimasta celata fino ad ora. 3 pag. 59


Marie Sophie, nata il 4 di ottobre del 1841 presso il Castello di Possenhofen, data in isposa per procura nel 1859 a Francesco, Duca di Calabria e Principe Ereditario del Regno di Napoli e delle Due Sicilie, figlio di Re Ferdinando II di Borbone, visse una vita coniugale decisamente infelice: appena giunta a Napoli godette della simpatia di tutta la corte, ma il marito spesso evitava di avere contatti con lei e già a partire dai primi anni della sua vita nel meridione d'Italia, animati dal malcontento del regno - l'Italia meridionale con l'approssimarsi della fine degli anni '60 del XIX secolo si trovava in subbuglio perché rifiutava l'annessione al resto del Regno d'Italia - dovette spesso fare da protagonista anche in politica, divenendo per la popolazione locale una sorta di eroina.


Fu però l'imperatrice a trovarle un marito quando decise che fosse sopraggiunto il momento, per lei, di trovarsi un compagno se voleva continuare a seguirla e a viverle accanto, voleva che diventasse una delle sue PALASTDAMEN, ossia una dama di compagnia coniugata, per poterla avere sempre vicina e continuare a potersi confidare con lei, ed allora quale miglior partito se non un nobile ed aristocratico ungherese, l'unione con il quale avrebbe altresì rafforzato il flebile legame tra Austria ed Ungheria, di cui la coppia imperiale vestiva anche la corona, legame che Sisi aveva voluto con tutta sé stessa e con lo stesso ardore cercava di tenere vivo, anche se la storia precedente giocava a suo svantaggio ?
La scelta cadde sul casato dei Larisch, che Marie ancora non conosceva, mentre, a 17 anni, aveva già provato le proprie simpatie ... i viaggi compiuti al fianco dell'imperatrice non mancarono certo di farle conoscere molte persone, più o meno aristocratiche, per le quali provare attrazione ... dal Count Heine ad Elemér Batthyány 


(qui l'attrazione era reciproca e fino all'ultimo Marie credette di aver trovato in lui l'anima gemella, ma era la futura suocera che non voleva che suo figlio sposasse la nipote del Kaiser per motivi che datavano il periodo in cui l'Ungheria era in conflitto con l'Impero Austriaco) ... persino il Capitano Bay Middleton, compagno di caccia in Inghilterra ed affiatato amico dell'imperatrice, godeva delle simpatie della povera Marie che si dovette rassegnare ad un matrimonio di pura convenienza nel quale si trovò letteralmente catapultata.

Purtroppo quella con George von Larisch-Moennig, Barone di Ellgoth e Karwin del 1877 non fu un'unione felice, come poterlo pretendere, George era decisamente poco fedele e non di certo fatto per matrimonio (tanto che Marie si sposerà nuovamente, questa volta con una persona da lei scelta per amore).


Marie con il primo marito George von Larisch



Sappiamo che, ritenuta responsabile degli incontri tenuti scrupolosamente celati tra Marie Vetsera ed il Principe Ereditario Rudolph, che si conclusero drammaticamente il 30 gennaio 1889 con la tragedia di Mayerling, la stessa zia che tanto l'aveva amata, da allora altrettanto profondamente la ripudierà per giungere ad allontanarla, anche se con estremo dolore, non solo da sé, la vorrà lontano da Vienna e non vorrà mai più vederla, motivo per cui Marie si recherà in America per cominciare una nuova vita, ma questa è un'altra storia ...
Ma pensate che scherzo del destino, proprio la zia che le aveva insegnato l'importanza di mantenere un segreto le farà provare il sapore tanto amaro che il farlo a volte comporta !


"Sai, Marie", zia Sissy si sfogò pensierosa "avresti dovuto sposare Bay. Ah, allora vi avrei potuto avere sempre con me entrambi, miei adorati". 



Vi raggiunga il mio più sentito ringraziamento, carissimi lettori ed amici,
ed augurandovi ogni bene vi do appuntamento

a presto 💕










BIBLIOGRAFIA:

Maria Valeria d'Asburgo, La prediletta - Il diario della figlia di Sissi, a cura di Martha e Horst Schad, traduzione di Flavia Floradini, MGS PRESS, 2001;

Conte Egon Cesar Corti, L'imperatrice Elisabetta, Mondadori, Milano, 1937;

Brigitte Hamann, Elisabeth. Kaiserin wieder Willen, Amalthea Verlag, Wien, München, 1982;

Brigitte Hamann, (a cura di), ELISABETH Bilder einer Kaiserin, Amalthea Verlag, 1998;

Marie Louise, Countess Larisch von Wallersee-Wittelsbach with Paul Maerker Branden and Elsa Brander, HER MAJESTY Elisabeth of Austria-Hungary, The Beautiful, Tragic Empress of Europe's Most Brilliant Court, DOUBLEDAY, DORAN & COMPANY Inc. GARDEN CITY, NEW YORK, 1934;

Gabriele Praschl – Bichler, L'Imperatrice Elisabetta, Longanesi & C., Milano, 1997;

Gabriele Praschl-Bichler, Josef Cachée, "...von dem müden Haupte nehm' die Krone ich herab": Kaiserin Elisabeth Privat, Amalthea Signum Verlag, Wien, 1981; 




CITAZIONI:

1 e 2 - Marie Louise, Countess Larisch von Wallersee-Wittelsbach with Paul Maerker Branden and Elsa Brander, HER MAJESTY Elisabeth of Austria-Hungary, The Beautiful, Tragic Empress of Europe's Most Brilliant CourtDOUBLEDAY, DORAN & COMPANY Inc. GARDEN CITY, NEW YORK, 1934, pag.8;

3 - Marie Louise, Countess Larisch von Wallersee-Wittelsbach with Paul Maerker Branden and Elsa Brander, op.cit., pag.59;

4 - Ibidem, pag.127.









Remember, Marie, silence is golden.

Empress Elisabeth of Austria Hungary





- picture 1 - Marie Louise von Wallersee as a girl




That of the Duke Max Joseph in Bavaria and Princess Ludovika of Bavaria was not only a numerous offspring (they had ten children, but only eight survived, the second born, Wilhelm Karl, did not survive even for a month, the seventh born, Maximilian, was born died), but also very united, all the children, once grown and accosted, kept alive and strong the bond that joined them .... the princess had been a truly exemplary mother, perhaps giving the best to her children while accumulating continued disappointments as a result of the libertine life that her husband led and forced her to accept.
Above all Sisi, that was Elisabeth Amalie Eugenie, even though she became Empress and resident in Vienna, didn't miss an opportunity to meet her brothers and sisters in Bavaria, and often also in other parts of Europe ... Marie Sophie Amalie, for example, former Queen of Naples and the Two Sicilies, once lost the kingdom and exiled to Paris, will often be her companion in her unceasing peregrination ... and just of these two enchanting protagonists of the History of the XIXth century I like to talk to you today, about them and their connection with their niece Marie Louise von Wallersee.

She was born from a relationship that linked Ludwig Wilhelm, the first son of the Duke in Bavaria and his consort, with a woman who had nothing to do with the aristocracy, Auguste Henriette Mendel,




- picture 2 - Auguste Henriette Mendel




but whom he loved deeply and whom his family, for obvious reasons, didn't want to accept; when confronted with the 'fact', the Wittelsbachs forced him to marry the woman who was about to become the mother of his child; thus he would have to resign himself to renunce of the rights connected the birthright and to consent to a morganatic marriage, that is not able to convey by way of inheritance any noble title to the offspring; the King of Bavaria Maximilian IIwill arrange to get her a noble title apted to her new social position and Auguste Henriette Mendel became Henriette Baroness von Wallersee, but Henriette, as she was called in the family, will be never seen lovingly.




- picture 3 - Henriette Baroness von Wallersee with Ludwig Wilhelm just married



The Empress of Austria, not only a model of grace but also so good-hearted, looking first of all to the goodness of the others, had for her since ever a profound esteem and sympathy, and her first daughter, Marie Louise, became her favorite niece.
Several are the photographs depicting Marie Louise with Marie Valerie, the last favorite daughter of the imperial couple, for which she became a kind of sister (Gisela was not only already married but mother and living in Germany):




- picture 4 - Marie Valerie with Marie Louise




It was easy to find Marie in Vienna at Court or together with the Empress in Hungary, at the Royal Palace of Gödöllo, or even in England, riding side by side with her for shooting parties that animated the English Spring and Autumn; Marie loved her Aunt who was so prodigal with her, who gave her Her dresses and jewels and who had transmitted her Her love for horses and daring rides:




- picture 5 - Marie Loiuse with one of her beloved thoroughbred




The first time I remember riding horseback with the Empress was a little girl. My blonde hair flew wildly as I cantered with my adored aunt through the Prater, Vienna's Central Park. People stopped, lifted their hats or bowed deeply. Their eyes followed me and my fluttering mane. When we returned to the Hofburg - the imperial palace - that day, Aunt Sissy issued the order that I was to wear my hair à l'impératrice in future. I have never changed my style of hairdress to this very day1 pag 8

Her 'Tante Kaiserin'(Aunt Empress) was for her an extraordinary, disruptive beauty, and whenever she was in her company she didn't fail to fascinate her




- picture 6 - Aunt Sissy




In my eyes Aunt Sissy seemed to possess the beauty of a fairy queen, especially when she was in good humor. At times her lovely brown eyes flashed gay mischief and then, again, angry disapproval. She had en enchanting smile, and her voice was soft and melodious. I was completely fascinated by her, and my happiness knew no bounds whenever I was told that I would meet "Aunt Empress." 2 pag.8

But in her memories, she confesses that despite her admiration and affection for the Empress, her heart belonged to her other Aunt, Marie Sophie, more like her as for temperament, who, though she lived more in the shadows, she was for her a like second mother, as she tells us:

No sooner had their latest scheme fallen through than tante Tante Königin - Aunt Maria - erstwhile Queen of Naples and the Two Sicilies, invited me to visit her in Paris for a few weeks. I was overjoyed. I knew that she had a very tender spot for me, perhaps because I looked very much like her. Always she called me "little girl", even in later years when I had children of my own. Her voice, whenever she spoke to me, seemed to take on a special note that never failed to touch me deeply. As a child, I instinctively felt Tante Königin's attachment for me. Of all my crowned and uncrowned aunts, I felt the most strongly drawn to Aunt Maria, even more so than to Aunt Sissy. I loved Aunt Maria as dearly as I loved my mother. For me she was restfulness personified. Contrary to her sister Elisabeth, who was much more vivacious, sarcastic and witty, Queen Maria was invariably even-tempered. Her dark, soulful eyes never failed to make a deep impression upon me, especially after I heard the story responsible of their sorrowful expression. Not only had Queen Maria been forced to enact the part of Heroine of Gaëta during the harrowing days when her husband lost his throne to the newly united Italy; destiny decreed, also, that she play a leading rôle in a love tragedy. While the first part of the drama had been written in the pages of history, the secon part has remained untold until now. 3 pag. 59




- picture 7 - Aunt Maria



Marie Sophie, born on October 4th,1841 at the Possenhofen Castle, got married by proxy in 1859 with Francesco, Duke of Calabria and the apparent heir to the throne of the Kingdom of Naples and of the Two Sicilies, son of King Ferdinand II of Bourbon, lived a very unhappy conjugal life: when she arrived in Naples, she enjoyed the sympathy of the whole Court, but her husband often avoided any kind of contact with her and even from the early years of her life in the south of Italy, animated by the discontent of the people, which, with the approach of the late 1860s, was in rebellion because refused to be annexed to the rest of the Kingdom of Italy - she often had to act as a protagonist in politics, becoming a kind of heroin for the local population.




- picture 8 - Aunt Maria dressed with the traditional costumes of Southern Italy 



But it was the Empress to find her a husband when She decided that the time had come for her to find a companion if she wanted to continue to follow Her and living next to Her: She wanted her to become one of her PALASTDAMEN, a married lady-in-waiting, to be able to be always close to Her and to continue to be Her confidant, and then what better groom than a noble and aristocratic Hungarian, the union with whom would also have strengthen the weak link that there was between Austria and Hungary, of which the imperial couple also dressed the crown, bond that Sisi loved and with deep ardor was trying to keep alive, even though the previous story was at her disadvantage?
The choice fell on the Larisches's house, which Marie still did not know, while at 17 she had already felt her own sympathies ... travellingside by side with the Empress she had more than one chanche to know more or less aristocratic people for whom to experience attraction ... from Count Heine to Elemér Batthyány




- picture 9 - Elemér Batthyány



(in this case the attraction was mutual and to the point that Marie herself believed she had found her twin soul, but it was her future mother - in - law who did not want his son to marry the Kaiser's niece for reasons dating back to the period when Hungary was in conflict with the Austrian Empire ... even Captain Bay Middleton, hunting companion and a close friend of the Empress, enjoyed the sympathy of the poor Marie who had to accept a marriage of pure convenience in which she found herself literally catapulted.

Unfortunately, the one with George von Larisch-Moennig, Baron of Ellgoth and Karwin of 1877 was not a happy union, he wasn't definitely faithful and certainly not a man suited for marriage (that's why Marie will marry once again, this time with a man she will chose for love).




- picture 10 - Marie Louise together with her firts George von Larisch




We know that, being considered responsible for the meetings held scrupulously hidden between Marie Vetsera and the heir to the throne Prince Rudolph, which ended dramatically on January 30, 1889 with Mayerling's tragedy which saw the assasination of them both, the same aunt who loved her so, will then equally profoundly repudiate her to the point to order her to get away, even if with extreme pain: the Empress will want her to leave Vienna and will never want to see her again, thus Marie will travel to America to start a new life, but this is another story...
But think ... what a joke of fate, just the aunt who had taught her the importance of keeping a secret will make her taste how bitter sometimes doing so it is !



"You know, Marie" Aunt Sissy confided thoughtfully " you should have married Bay. Ah, then I could have had you two beloved ones with me always. pag.127


May my most thankful embrace reach you, dear readers and friends,
and wishing you all my best, I do hope to meet you

very soon 💕












BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

Maria Valeria d'Asburgo, La prediletta - Il diario della figlia di Sissia cura di Martha e Horst Schad, traduzione di Flavia Floradini, MGS PRESS, 2001;

Conte Egon Cesar Corti, L'imperatrice ElisabettaMondadori, Milano, 1937;

Brigitte Hamann, Elisabeth. Kaiserin wieder Willen, Amalthea Verlag, Wien, München, 1982;

Brigitte Hamann, (a cura di)ELISABETH Bilder einer KaiserinAmalthea Verlag, 1998;

Marie Louise, Countess Larisch von Wallersee-Wittelsbach with Paul Maerker Branden and Elsa Brander, HER MAJESTY Elisabeth of Austria-Hungary, The Beautiful, Tragic Empress of Europe's Most Brilliant CourtDOUBLEDAY, DORAN & COMPANY Inc. GARDEN CITY, NEW YORK, 1934;

Gabriele Praschl – Bichler, L'Imperatrice Elisabetta, Longanesi & C., Milano, 1997;

Gabriele Praschl-Bichler, Josef Cachée, "...von dem müden Haupte nehm' die Krone ich herab": Kaiserin Elisabeth Privat, Amalthea Signum Verlag, Wien, 1981. 




QUOTATIONS:

1 e 2 - Marie Louise, Countess Larisch von Wallersee-Wittelsbach with Paul Maerker Branden and Elsa Brander, HER MAJESTY Elisabeth of Austria-Hungary, The Beautiful, Tragic Empress of Europe's Most Brilliant CourtDOUBLEDAY, DORAN & COMPANY Inc. GARDEN CITY, NEW YORK, 1934, p.8;

3 - Marie Louise, Countess Larisch von Wallersee-Wittelsbach with Paul Maerker Branden and Elsa Brander, op.cit., p.59;

4 - Ibidem, p.127.





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Lancelot 'Capability' Brown and the Serpentine Style of Garden Design.

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Intorno alla metà del XVIII secolo va consolidandosi un tipo particolare di architettura del paesaggio di cui i grandi proprietari terrieri britannici avanzano richiesta per la creazione dei loro parchi: costoro, guardando indietro, molto indietro, spingendosi nella storia ben prima del barocco, del rinascimento, del medioevo, riscoprono le origini della cultura classica in uno stile che venne definito Augusteo(Augustan Style);


Urne Augustee a Chiswick House Park




gli storici collocano la sua nascita nell'anno 1730, anche se mi sembra eccessivo e troppo rigoroso definire un anno preciso per una corrente di pensiero che diventa tendenza.

Le caratteristiche di questo stile, come ci suggerisce la sua stessa definizione, vengono attinte dal mondo classico, per cui i parchi ad esso ispirati, ricordando i paesaggi dell'antichità, erano concepiti principalmente come luoghi di solitudine e riflessione sulla letteratura, sulla la storia, sulle scienze naturali e sugli affari del giorno.
Ciò non significa che potessero prestarsi anche a discussioni con amici, le quali potevano aver luogo passeggiando per i giardini collocati tra boschi, corsi d'acqua, e piccoli templi o sorseggiando tè seduti in una posizione panoramica. Inutile dire che, per coloro che avevano vissuto il Grand Tour, il giardino augusteo costituiva una sorta di luogo dei ricordi in cui custodire souvenirs, quali urne, obelischi e statue 





Obelisco e busti Augustei (Orazio e Virgilio) a Chiswick House Park




e sarà infatti, tra il 1720 e il 1745 proprio la scelta di tali elementi decorativi a divenire il punto cardine di tale stile, tanto da essere considerati persino più importanti del progetto generale stesso del paesaggio. 

William Kent (1685-1748) fu uno dei primi designer professionisti capaci di realizzare questa visione ed, anzi, divenne il principale esponente della progettazione del paesaggio così concepita agli inizi del periodo georgiano, quando la storia dell'Inghilterra era ad una svolta epocale, ovvero quando morta la regina Anne, nel 1714, finì la dinastia Stuart e si fece avanti quella hannoveriana, cui poi succedette, con Victoria &Albert, quella di Saxe-Coburg and Gotha che perdura tutt'oggi sul trono britannico ( anche se i sentimenti anti-tedeschi che erano vivi nel popolo britannico spinsero re Edoardo VII a mutare nel 1917 il nome della casa regnante in Windsor).

L'esempio più eloquente di parco concepito seguendo l'Augustan Style lo ritroviamo presso Chiswick House, la villa neopalladiana fatta costruire nel 1725, per la cui progettazione ed organizzazione del verde Kent diede il meglio di sé.

"Augusto era abituato a vantarsi di aver trovato la sua capitale fatta di mattoni, e di averla lasciata in marmo".

(Svetonio in Augusto, capitolo 28, ci ricorda che egli fece costruire a Roma il Tempio ed il Foro di Marte Vendicatore; Il Tempio di Giove Tonante in Campidoglio; quello di Apollo Palatino, con biblioteche pubbliche; il portico e la basilica di Caio e Lucio; i portici di Livia e Ottavia ed il teatro di Marcello. L'esempio del sovrano fu imitato dai suoi ministri e generali ed il suo amico Agrippa lasciò dietro di sé il monumento immortale del Pantheon. )

Edward Gibbons, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, Vol. 1,  Chapter II: The Internal Prosperity In The Age Of The Antonines. Part III, 1776

Va innanzitutto detto che lo Serpentine Style sarà per sempre associato al nome di Lancelot 'Capability' Brown, al punto da poterlo quasi definire Brownian, ma siccome altri suoi contemporanei adottarono tale stile, sembra più appropriato definirlo in base alla sua caratteristica precipua, ossia l'informalità.

I passi attraverso i quali l'Augustan Style si è evoluto nello Serpentine Style costituiscono un affascinante episodio nella storia del gusto ed interessano principalmente l'assetto paesaggistico di Castle Howard, ovvero fondamentale a tale proposito fu l'intento di conservare i boschi di Wray Wood e Henderskelf Lane che erano parte integrante della proprietà e che si trovavano su terreni scoscesi e pendii che era un vero peccato spianare e distruggere:


Facciata di accesso a Castle Howard vista da sinistra con sullo sfondo la 'macchia' di faggi
di Wray Wood



Wray Wood occupava una bassa collina ricoprendola fittamente con alberi di faggio antichi ad est del nuovo edificio che Vanbrugh (e Hawksmoor) progettarono tra il 1699 e il 1712 e si decise di conservarlo dotandolo di opere idrauliche e percorsi labirintici per farlo divenire quanto di più superlativo lo stile naturalistico potesse mai raggiungere; oggi Wray Wood sta recuperando il suo aspetto naturale, anche se le acque si sono prosciugate gli alberi, abbattuti con il 1940, stanno ricrescendo vigorosi.

Henderskelf Lane sopravvive intatta in qualità di sentiero che costeggia il fianco meridionale di Wray Wood e unisce Castle Howard al Tempio dei Quattro Venti. Era un' antica pista percorribile a cavallo che doveva essere eliminata o raddrizzata secondo la logica dello stile Augusteo, ma non solo venne mantenuta, venne trasformata in un'ampia passeggiata erbosa che comanda una prospettiva quasi 'eroica' del paesaggio. 

E partendo da Castle Howard 




tale evoluzione passa attraverso i giardini di Studley Royal (1715-30),




di Duncombe Hall (1713-50), 



 di Rousham House (1726-39),



 e di Stourhead House (1726-39), 


esempi brillanti del modo in cui un concetto di design disciplinato possa essere commisurato con la genialità e l'estro di chi si adopera per lasciare che il verde conservi la propria 'libertà', la propria 'spontaneità', il concetto di dinamicità che l'Augustan Style, fiero nella propria immobilità, non conosceva assolutamente.

Formatosi al fianco di Kent, ma divenuto con il tempo landscape-designer indipendente, Capability Brown non mutò durante i 32 anni di lavoro autonomo il proprio stile che può essere facilmente rappresentato dalla univoca definizione di Serpentine Style, le cui caratteristiche più salienti sono dati da  gruppi circolari di alberi, dalla presenza del prato erboso davanti alla casa padronale, dal lago a serpentina, dagli alberi a 'cintura' che racchiudono la proprietà e dalla strada carrabile che arriva davanti l'ingresso principale curvando, ferma restando la presenza di elementi classici quali templi, per esempio, a lui molto cari, ma scorti tra le sinuosità di un prato lasciato a maggese e perciò prodigo della bellezza dei fiori spontanei che conferiscono a questo stile il tocco più naturalistico in assoluto. 


Felicissima di essere tornata a trattare di questo argomento che tanto mi cattura ( amo 
il giardinaggio, i parchi ed i giardini e studiare la loro evoluzione nel tempo mi affascina !) e nella speranza di avervi intrattenuti con diletto vi abbraccio caramente ringraziandovi sempre più !


A presto 💕










FONTI BIBLIOGRAFICHE:

Jane Brown, The Omnipotent Magician: Lancelot 'Capability' Brown: 1716–1783, Random House, UK, 2011;


Christopher Hussey, English Gardens and Landscapes: 1700-1750, Country Life Limited, 1967;


Roger Turner, Capability Brown: And the Eighteenth-Century English Landscape,  The History Press; Reprint edition, 2014.










- picture 1 - Lancelot Capability Brown's portrait




Around the middle of the XIXth century there was the consolidation of a particular type of landscape architecture the creation of which the great British landowners ask for their parks: they, looking back, far back, well before than Baroque, Renaissance, and the Middle Ages, rediscover the origins of the classical culture in a style called not by chance Augustan Style;



- picture 2 - Augustan urns at Chiswick House Park



Historians place its birth in the year 1730, although I think it to be too much and too rigorous to define a precise year for a trend of thought that becomes 'vogue'.

The characteristics of this style, as its definition suggests, are drawn from the classical world, so the parks inspired by it, recalling the landscapes of antiquity, were mainly conceived as places of solitude and reflection on literature, History, on the natural sciences and on the affairs of the day.
It does not mean that there people could also have discussions with friends, which could have taken place by strolling around the gardens, located among the woods, the waterways, and small temples or while sipping tea sitting in a panoramic position. Needless to say, for those who had lived the Grand Tour, the Augustan garden was a sort of memorial place where souvenirs, such as urns, obelisks and statues, found their most suitable place.



- picture 3 and picture 4 -Obelisk and Augustan busts (Horace and Virgil) at Chiswick House Park



And in fact, between 1720 and 1745 the choice of such decorative elements will become the 'hub' of this style, so as to be considered even more important than the general design of the landscape itself.

William Kent (1685-1748) was one of the first professional designers able to realize this vision and, indeed, became the main exponent of landscape design so conceived at the beginning of the Georgian period when the History of England was at an epochal turn, since when Queen Anne died in 1714, the Stuart dynasty ended and the Hanoverian age begun, followed by Victoria &Albert, belonging to the House of Saxe-Coburg and Gotha, which continues to this day on the British throne (although the Anti-Germans feelings 
which were alive in the British people during the period of the Great War pushed King Edward VII to change the name of the reigning house into Windsor in 1917).

We may find the most eloquent example of park designed following the Augustan Style at Chiswick House, the Neopaganian villa built in 1725, for the design and the organization of the green of which Kent gave the best of himself.


"Augustus was accustomed to boast that he had found his capital of brick, and that he had left it of marble."

(Svetonio in Augustus, Chapter 28, reminds us that he built in Rome the Temple and the Avenger's Mars Forum, the Temple of Toning Jupiter in the Capitol, that of Apollo Palatine with public libraries, the portico and the basilica of Caio Lucio, the porticoes of Livia and Ottavia, and the theater of Marcello.The example of the ruler was imitated by his ministers and generals and his friend Agrippa left behind him the immortal monument of the Pantheon.)

Edward Gibbons, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, Vol. 1, Chapter II: The Internal Prosperity In The Age Of The Antonines. Part III, 1776

It must first be said that the Serpentine Style will be forever associated with the name of Lancelot 'Capability' Brown, so that it can almost be defined Brownian, but as other contemporaries adopted that same style, it seems more appropriate to define it according to its precipuous characteristic, that is the informality.

The steps through which the Augustan Style evolved into the Serpentine Style are a fascinating episode in the history of taste and involves first of all the landscaping setting of Castle Howard, since it was fundamental to this purpose the intent of preserving the woods of Wray Wood and Henderskelf Lane that were integral to the property and found themselves on rough terrain and slopes that it was a real shame to flatten and destroy:



- picture 5 - Facade of access to Castle Howard seen from the left with, in the background, the 'stain' of beechwoods of Wray Wood



Wray Wood occupied a low hill covering it thickly with ancient beech trees at the east of the new building that Vanbrugh(and Hawksmoor) designed between 1699 and 1712 and they decided to preserve it equipping it with hydraulic works and labyrinthine paths to make it become the most superlative the naturalistic style could ever be; today Wray Wood is recovering its natural appearance, given though the waters have dried up, its trees, which were cut down in the 1940s, are now growing vigorously.

Henderskelf Lane survives intact as a path running along the southern side of Wray Wood joyining Castle Howard with the Four Wind Temple. It was an ancient track where to go horseback that had to be eliminated or straightened according to the logic of the Augustan Style, but not only it was preserved, it was even transformed into a large grassy promenade that commands an almost "heroic" perspective of the landscape.

And starting from Castle Howard



- picture 6 - collage



such an evolution goes through the gardens of Studley Royal (1715-30),



- picture 7 - collage



of Duncombe Hall(1713-50),



- picture 8 - collage



of Rousham House (1726-39)



- picture 9 -collage



 and of Stourhead House (1726-39),



- picture 10 - collage



brilliant examples of how a concept of disciplined design can be commensurate with the genius and the enthusiasm of those who are working to let the green retain its own 'freedom', its 'spontaneity', i.e. the concept of dynamism that the Augustan Style, proud of his own immobility, did not know at all.

Capability Brown trained himself side by side with Kent, but though with the time he became independent landscape-designer, he never changed his style during the 32 years of self-employment, style which can easily be represented by the unique definition of Serpentine Style, since its most salient features are given by a circular groups of trees, the presence of the lawn in front of the manor house, the serpentine lake, the 'belt' of trees that enclose the property and the curving road leading to the main entrance, without renouncing to the presence of classical elements such as temples, for example, very dear to him, but placed among the sinuousness of fallow lawns, and therefore lavish of the beauty presented by the spontaneous flowers that give this style the most naturalistic touch ever.



Sincerely overjoyed by dealing back with this topic that amazes me so much 
(I love gardening, visiting parks and gardens and studying their evolution during the times fascinates me such a lot!) and in the hope of having entertained you with delight,
I'm embracing you all with heartfelt gratitude,
thanking you more and more!





See you soon 💕











BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

Jane Brown, The Omnipotent Magician: Lancelot 'Capability' Brown: 1716–1783, Random House, UK, 2011;


Christopher Hussey, English Gardens and Landscapes: 1700-1750, Country Life Limited, 1967;


Roger Turner, Capability Brown: And the Eighteenth-Century English Landscape,  The History Press; Reprint edition, 2014.






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The Brontës' children teeny tiny books available on-line.

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That of ingeniousness is a characteristic that cannot be acquired, it is a gift of nature which you have to be born with, and, with the passing of time, it can only be cultivated and refined.
And the Brontë siblings, in greater or lesser measure, possessed it all and gave demonstartion of it since their earliest age.



In 1829-30 Charlotte Brontë was 13 and hers brother Branwell 12 years old; they both had fun creating fantastic worlds that called Angria and Glass Town Confederacy and adventurous stories set in these fantastic worlds which they gave life to for Branwell's soldiers, who were both protagonists and listeners, stories which are contained in lovely tiny books that lies in the palm of one's hand: they measure less than 1 inch for 2 (2.5 x 5 cm), are made with recycled paper, found in the house and carefully cropped and collected (for example, they may have used the margins of the pages of a newspaper) and drawn up in athe most accurate, far too little handwriting.

Both the dimensions and the characters with which they are written make of them works of a truly inestimable value, and if we think of their authors and the time we are talking about, their value grows further beyond measure.

Page after page you enter this fantastic world through reading poems, stories, songs, illustrations, maps, building plans, and dialogues written with old nibs on such small leaves that an adult's hand has difficulty to handle, especially with the care that requires their over 200 years age.

Twenty in all have been preserved, nine of them have been recently digitized from the Houghton Library at Harvard University and are available online free and in full version:

by Charlotte Brontë:

Blackwoods young mens magazine, August 1829;

The silver cup: a tale, October 1829;

Scenes on the great bridge, November 1829;

The adventures of Mon. Edouard de Crack, February 1830;

An interesting passage in the lives of some eminent personages of the present age, June 1830;

The poetaster: a drama in two volumes, July 1830;




by Patrick Branwell Brontë:

Magazine, January 1829;

Branwells Blackwoods magazine, June 1829;

Branwells Blackwoods magazine, July 1829.



Also Emily and Anne wrote miniature books similar to these, but their copies did not survive, alas! they didn't pass the test of the passing of time.
Imagine Charlotte Brontee, who, at the age which girls still play, while she carefully pierced her sheets of paper and tied them together, without causing any damage to them, with an embroidery thread reproducing a binding that an embroidery really resembles; Branwell used a firmer yarn and his binding, which allowed him to stack a sheet at a time after writing it, did not reveal the grace used by his sister, but this does not take off prestige to the little, great treasures of this artist who would have become a poet and a painter, though, destroyed by alcohol and opium addiction, he will go off at just 31 years (you can read the post that ~ My little old world ~ long ago devoted to this fascinating and contradictory character in history of Literature and Art of the XIXth century, for me still little known and appreciated at least as much as he would deserve, by clicking HERE).




I'm sure you're wondering, at this point, how these twenti 'juvenilia' could have been preserved ...

Well, Charlotte's husband, after her death, sold the small volumes to a collector who gave them in turn to the poet Amy Lowell, who presented them at the Houghton Library in 1925 just a year before her death.

The deterioration that  the time has physiologically impressed on the paper has made necessary a work of meticulous restoration and therefore this technological intervention so that they won't be lost and now, thanks to digitization, the time for them is as if it were stopped ... even if browsing them on a screen is never how to handle them, the emotion they give, believe me, is really great!




Thanks once again for following me up to here,
my dear friends, affectionate and occasional readers,
I heartily thank you and looking forward to meet you again, 
I'm greeting you warmly,


see you soon 💕








SOURCE:











Quello della genialità è un tratto caratteriale che non può essere acquisito, è un dono con cui si nasce e che con il tempo può solamente essere coltivato ed affinato 
ed i fratelli Brontë , in maggiore od in minore misura, lo possedevano tutti e ne diedero dimostrazione fin dalla più tenera età.




immagine 1 




Nel 1829-30 Charlotte Brontë aveva 13 anni e suo fratello Branwell ne aveva 12; costoro si divertivano a creare mondi fantastici che chiamarono Angria e Glass Town Confederacy e proprio i racconti avventurosi ambientati in questi mondi fantastici creati per i soldatini di Branwell, i quali delle suddette storie erano sia protagonisti che uditori, sono contenuti in incantevoli libricini che stanno nel palmo di una mano: misurano meno di 1 pollice per 2 ( cm.2,5 X 5 ), sono fatti con carta riciclata, trovata in casa ed accuratamente ritagliata ( si poteva trattare, per esempio, dei margini delle pagine di un quotidiano ) e vergati in una più che accurata, piccolissima grafia.


Sia le dimensioni che i caratteri con cui sono scritti ne fanno opere di un valore davvero inestimabile, se poi si pensa a coloro ne furono gli autori e all'epoca di cui stiamo parlando, il loro valore cresce ulteriormente a dismisura.

Pagina dopo pagina si entra in questo mondo fantastico attraverso la lettura di poesie, storie, canzoni, illustrazioni, mappe, piani di costruzione e dialoghi vergati con antichi pennini su fogli talmente piccoli che le mani di un adulto fanno fatica a maneggiare, soprattutto con la cura che richiede la loro età che data più di 200 anni. 


Venti in tutto se ne sono conservati, nove ne sono starti recentemente digitalizzati dalla Houghton Library alla Harvard University e sono disponibili on-line gratuitamente in versione integrale:


di Charlotte Brontë:

Blackwoods young mens magazine, August 1829;

The silver cup: a tale, October 1829;

Scenes on the great bridge, November 1829;

The adventures of Mon. Edouard de Crack, February 1830;

An interesting passage in the lives of some eminent personages of the present age, June 1830;


The poetaster: a drama in two volumes, July 1830;




- immagine 2


- immagine 3





di Patrick Branwell Brontë:

Magazine, January 1829;

Branwells Blackwoods magazine, June 1829;

Branwells Blackwoods magazine, July 1829.




- immagine 4




Anche Emily ed Anne scrissero libri in miniatura simili a questi, ma le loro copie, ahimè, non ci sono pervenute, non hanno superato la prova del trascorrere del tempo.

Immaginate Charlotte Brontee che, all'età in cui ancora le fanciulle giocano, si preoccupava di forare con cura foglio per foglio i suoi libricini e di legarli infine insieme, senza arrecare loro danno alcuno, con un filo da ricamo riproducendo una rilegatura in brossura che ad un ricamo, davvero, somiglia; Branwell utilizzò un filo in lino più robusto e la sua rilegatura, che gli permetteva di accatastare un foglio alla volta dopo averlo scritto, non rivela la grazia che usò sua sorella, ma ciò non toglie prestigio ai piccoli, grandi tesori di questo artista in nuce che sarebbe diventato poeta e pittore, anche se, distrutto dalla dipendenza dall'alcool e dall'oppio, si spegnerà a soli 31 anni ( potete leggere il post che ~My little old world~ tempo fa dedicò a questo affascinante e contradditorio personaggio della storia della letteratura e dell'arte del XIX secolo per me ancora poco conosciuto ed apprezzato come meriterebbe cliccando QUI ).




immagine 5




Vi chiederete a questo punto come questi venti 'juvenilia' abbiano potuto conservarsi ...

Ebbene, il marito di Charlotte, dopo la sua morte, vendette i piccoli volumi ad un collezionista che li diede a sua volta alla poetessa Amy Lowell, la quale ne fece dono alla Biblioteca Houghton nel 1925. proprio un anno prima della sua morte.

Il deterioramento che il tempo fisiologicamente ha impresso sul materiale cartaceo ha reso necessaria un'opera di minuzioso restauro e quindi questo intervento tecnologico affinché anch'essi non andassero perduti ed ora, grazie alla digitalizzazione, il tempo, per loro, è come se si fosse fermato ... anche se sfogliarli su di uno schermo non è mai come maneggiarli, l'emozione che donano, credetemi, è davvero grande !




Grazie anche questa volta per avermi seguita fino a qui, 
miei adorati amici, lettori affezionati ed occasionali, 
vi ringrazio di cuore e vi aspetto ... ancora ...



a presto 💕









FONTE DELL'INFORMAZIONE:






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PORTRAIT OF A LADY ~ Maud Humphrey (Bogart), Edwardian American Illustrator.

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Born on March 30th, 1868 to a well-to-do family in Rochester, New York, Maud Humphrey performed a precocious, deep talent in the field of arts promoted and refined by evening lessons taken starting from the age of twelve.
Already during her adolescence she accepted her first commissions for black and white illustrations for children books and at the age of eighteen she moved to New York where she enrolled the now recently established Art Students League and then went at the Julian Academy in Paris to refine definitely her skill with the paintbrush.

Maud painted dry watercolors and her favorite subjects were babies or children with a lively and joyful expression that immediately conquered the audience and induced great sellers of food and soaps for children to request her work, often seen on postcards and calendars.
In 1898 she married a fashionable surgeon, Dr.Belmont De Forest Bogart, to whom she gave a son and two girls, and it was just this marriage which further promoted her growth in the artistic field, so that for her work she came to earn more than $ 50,000 a year, far more than double the income of her husband: Maud was engaged for illustrating exceptionally popular children books and advertising for Mellins Baby Food for which the little Humphrey Bogart, her only male child and future Hollywood Star, was her favorite model.
She won a competition from Louis Prang and Company for designing Christmas cards and then she began to work for the New York publisher Frederick A. Stokes Company as an illustrator.
At the peak of her career, Maud Humphrey's name became a very familiar one, and soon she turned definitely to a different audience, that of fashion illustrations becoming, at the end of 1900, the artistic director of The Delineator's female magazine, drawing both prints and patterns, and also drawing patterns demanded by the companies selling them.


Maud was very proud of winning this position since The Delineator also gave her the chance to publish articles about her favorite cause, that of the right to the female suffrage.
Let me also point out that this woman remains in History not only for what she has left us as far as artistic repertoire amongst calendars, greeting cards, postcards, fashion magazines and more than twenty books of stories for children [ amongst which there are Sunshine of Little Children(1888); Babes of the Nations (1889); Baby Sweethearts (1890); Bonnie Little People (1890); Ideals of Beauty (1891); Famous Rhymes from Mother Goose (1891); The Light Princess (1893); The Book of Pets (1893); Little Playmates (1894); Old Youngsters (1897); Little Grown-Ups (1897); The Littlest Ones (1898); Little Rosebuds (1898); Sleepy-Time Stories (1899); Gallant Little Patriots (1899); Children of the Revolution (1900); Little Continentals (1900); Little Folk of '76 (1900); Young American Speaker (c. 1900) ] but because in her we may find the change it was living the female figure at the end of the Victorian period, the emancipation which, already starting from the education she received as a young girl to end with her participation in the movement of suffragettes, shows us how it was going to promote women and femininity, rediscovered after being suppressed by 'Victorianism'.

And now, just for you, some images of hers I love most:














the title (and link) of one of the twenty books that she illustrated which you can browse online, download on your PC or even print, if you wish it:

A treasury of stories, jingles and rhymes. With one hundred and forty vignette illustrations in half-tone (1894)

and some of the fanciful images she created for The Delineator since she became a collaborator of its, never forgetting to put children both in covers and in patterns every now and then.












So very glad to have let you meet this extraordinary illustrator
whom I am sure has conquered your hearts too,
I'm thanking you all once again,


see you soon 💕













- immagine 1



Nata il 30 di marzo del 1868 in un'importante famiglia di Rochester, New York, Maud Humphrey diede esibizione di un precoce, marcato talento in ambito artistico promosso ed affinato da lezioni serali prese a partire dall'età di dodici anni.



Già durante la sua adolescenza ella accettò le sue prime commissioni per illustrazioni in bianco e nero per libri per l'infanzia e a diciotto anni si trasferì A New York dove si iscrisse alla Art Students League di recente istituzione e quindi alla Julian Academy di Parigi per affinare definitivamente la propria abilità con il pennello.



- immagine 2 sulla sinistra: Maud ritratta in giovane età - Maud dipingeva acquerelli a secco ed i suoi soggetti preferiti erano bimbi in fasce o fanciulli dall'espressione vivace e gioiosa che conquistarono immediatamente il pubblico ed indussero i venditori di alimenti e di saponi per bambini a richiedere i suoi lavori, visti sovente su cartoline e calendari.

Nel 1898 si sposò con un chirurgo in vista all'epoca, il Dr.Belmont De Forest Bogart, al quale diede un figlio e due fanciulle, e fu proprio questo matrimonio a promuovere ulteriormente la sua crescita, tanto che per il suo lavoro giunse a guadagnare oltre 50.000 dollari l'anno, molto più del doppio del reddito del marito: Maud era impegnata nell'illustrare libri eccezionalmente popolari e nella pubblicità per la Mellins Baby Food per la quale il piccolo Humphrey Bogart, il suo unico bimbo maschio e futuro attore hollywoodiano, era il modello prediletto.

Vinse un concorso indetto dalla Louis Prang and Company per la progettazione di cartoline di Natale per poi cominciare a lavorare per l'editore di New York Frederick A. Stokes Company come illustratrice.

Al culmine della sua carriera, quello di Maud Humphrey divenne un nome decisamente familiare, e presto si rivolse ad un pubblico diverso, quello delle illustrazioni di moda e, sul finire dell'anno 1900, divenne direttore artistico della rivista femminile The Delineatordisegnando sia stampe che modelli, nonché schemi di campione per sartorie richiesti da società che commerciavano cartamodelli. 



- immagine 3 sulla destra: Maud ritratta con il suo piccolo Humphrey - Maud fu decisamente orgogliosa di aver conquistata questa posizione visto che il The Delineator le dava inoltre la possibilità di pubblicare articoli sulla sua causa preferita, ossia il quella del diritto femminile al suffragio. 


Lasciatemi infine sottolineare che questa figura femminile rimane nella storia non solo per ciò che ci ha lasciato quanto a repertorio artistico tra calendari, biglietti augurali, cartoline, riviste di moda e più di venti libri di racconti [ tra cui figurano Sunshine of Little Children (1888); Babes of the Nations (1889); Baby Sweethearts (1890);
Bonnie Little People (1890); Ideals of Beauty (1891); Famous Rhymes from Mother Goose (1891); The Light Princess (1893); The Book of Pets (1893); Little Playmates (1894); Old Youngsters (1897); Little Grown-Ups (1897); The Littlest Ones (1898); Little Rosebuds (1898); Sleepy-Time Stories (1899); Gallant Little Patriots (1899); Children of the Revolution (1900); Little Cntinentals (1900);
Little Folk of '76 (1900); Young American Speaker (c. 1900) ], ma perché in lei ritroviamo il mutamento che stava subendo la figura femminile sul finire del periodo vittoriano, l'emancipazione che, già a partire dall'istruzione che ricevette da fanciulla per finire con il suo partecipare al movimento delle suffragette, ci viene esibita come motivo di promozione della donna e della femminilità, riscoperta dopo essere stata in gran parte soffocata dal 'vittorianesimo'.


Ed ora, per voi, alcune delle sue immagini che più amo:



- immagine 4 


- immagine 5


- immagine 6


- immagine 7


- immagine 8


- immagine 9


- immagine 10


- immagine 11


- immagine 12


- immagine 13



il titolo ( ed il link ) di uno dei venti libri che ella illustrò che potete sfogliare online, scaricare sul vostro pc o stampare, qualora lo desideraste:

A treasury of stories, jingles and rhymes. With one hundred and forty vignette illustrations in half-tone (1894)

ed alcune delle eleganti immagini di cui corredò il The Delineator da quando ne divenne collaboratrice, senza mai dimenticare di inserire di quando in quando fanciulli, sia nelle copertine che nei cartamodelli.



- immagine 14


- immagine 15


- immagine 16


- immagine 17


- immagine 18


- immagine 19


- immagine 20




Lieta di avervi presentata questa straordinaria illustratrice 
che sono certa avrà conquistato anche i vostri cuori, 
torno a ringraziare tutti voi, 

a presto 💕





'L'Agave senza Spine': l'Imperatrice - Regina Elisabetta d'Austria - Ungheria a San Remo.

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Questa Imperatrice e Regina non conosceva per la sua forza che un solo impero e un sol regno: la vita interiore. Nessuno ha fornito una più sicura testimonianza d'aver compresa la parola del Vinci: "Non si può avere una più grande signoria di quella di sé stesso".  
  Ivi ella regnava, e nessun'altro che lei. La sua patria non era che il luogo del suo desiderio. La rapidità era la sua ebrezza. Il cavallo che si slanciava e la vela che si gonfia le davano l'illusione delle ali. Le rugiade dei prati la conoscevano, e le sabbie salate, e le moltitudini marine, e i venti, e le piogge, e le aquile, e le vie invisibili, e i perigli affascinanti. Ella amava vedere il morso e la prua covrirsi di spuma, mentre il suo dolore si faceva forte come la terra o fervente come il mare.

Gabriele D'Annunzio daLA VIRTU' DEL FERRO






La scorgo là,
sul lungomare,
ombra sinuosa avvolta dalla luce infervorata
del sole che si bagna di mare
prima di salire in cielo
e decretare la nascita di un nuovo giorno.
Lei, creatura eterea,
Lei, creatura marina, gabbiano tra i gabbiani,
che del mare vive, che del mare si nutre
si pasce della melodia che suonano le onde
quando giungono a riva
seguendo un ritmo che non ha tempo,
si nutre del salmastro che emana dalla risacca e che rende rorida
l''aria mattutina,
quando le agavi che punteggiano il litorale
disegnano le loro prime ombre sugli scogli.
Lei, dall''abito scuro, nero,
colore anonimo, il più elegante, il più comune,
come un corpo diafano che si muove sul confine
che separa il mondo delle anime vive
da quello in cui vagano le ombre,
in cerca di ciò che sulla terra mai è esistito,
va errabonda bramosa di una mano che ponga fine
al palpitare del suo cuore, un cuore stanco,
un cuore affranto che solo la magnificenza del Creato,
per qualche istante,
riesce a strappare alla sua disperazione.
Ed in questo suo andare erratico,
le acque cristalline che lambiscono le coste ligustri
rappresentano istanti di pace con sé stessa,
di riconciliazione con la vita, con il destino che tanto diversa 
dalla sua Natura voleva forgiarla.
Lei, spirito libero, anima senza confini,
che come un'agave mediterranea, dopo aver dato il meglio di sé 
nel pieno del suo fulgore fiorifero,
lievemente si accascia e perisce, alla vita non chiede più nulla,
solo pace ... celeste come il mare, celeste come il cielo,
celeste come la fine di ogni cosa.


D.L.


Finalmente, dopo avere atteso almeno un paio d'anni, riesco a scrivere questo post comunicandovi la pubblicazione del mio primo libro, ovviamente sull'imperatrice che più amo, ed altrettanto ovviamente sui suoi soggiorni in Riviera, quella ligure, nello specifico nella città dei fiori, Sanremo, che più volte il suo peregrinare la spinse a toccare. 


La coppia imperiale sulle alture di Cap Saint Martin, anno 1896.


E con i versi che avete sopra letto comincia la mia narrazione .. sì, questa volta vi presento un testo pubblicato da me, quasi ancora non ci credo e l'emozione è tanta da sopraffarmi, ma non tocca a me recensirlo ed esprimere giudizi di valore, ci mancherebbe ancora, è semplicemente un modo per farvelo conoscere e so che alcune tra voi possono trovare interessante l'argomento !

E' questo un piccolo saggio che, attingendo in parte alla letteratura, tedesca, inglese ed italiana, in parte alla cronaca locale del tempo, ripercorre gli ultimi passi della vita dell'Imperatrice Elisabetta d'Austria che si trovò a soggiornare a Sanremo nell'inverno del 1896 e in quello del 1898, per l'ultima volta, da che il 10 di settembre di quel medesimo anno la lima, tanto affilata quanto iniqua, di Luigi Luccheni, l'anarchico di origini italiane, ferì mortalmente il suo povero cuore che cessò di battere nelle primissime ore di quel pomeriggio.


L'Imperatrice Elisabetta in un dipinto del pittore magiaro Gyula Benczur datato 1898.


Era Sua Maestà molto legata alla nostra Riviera, ai suoi paesaggi, al suo retroterra, spesso aspro, da conquistare in ripide salite, alla sua gente, ai suoi fiori e questo mio vuole essere un omaggio a questa Eterea Creatura che anche qui da noi ha lasciato le sue orme.

... Di più non voglio dirvi ... !

Per chi tra voi fosse interessato ad acquistarlo, procedete inviando una e-mail a: 
tenutageremia@gmail.com.



Grazie a tutti,
dal profondo del cuore !


A presto 💕

















'The Agave without thorns': Empress - Queen Elisabeth of Austria - Hungary at San Remo.



This Empress and Queen didn't know for her strength anything else than only one empire and one kingdom: her inner life. No one has provided a safer witness to having understood the Vinci's word: "You cannot have a greater lordship than that of yourself."
   There she reigned, and no one other than her. Her homeland was anything but the place of her wish. Quickness was her thrill. The horse sliding and the swinging sail gave her the illusion of the wings. The dew of the meadows knew her, and the salt sand, and the sea multitudes, and the winds, and the rains, and the eagles, and the invisible ways, and the fascinating perils. She loved to see the bit and the prow covering themselves with foam while her pain was becoming as strong as the earth or as fervent as the sea.


                                    Gabriele D'Annunzio from LA VIRTU' DEL FERRO




- picture 1 - cover






I make her out there,
On the seafront,
Curved shadow wrapped in the blazing light
Of the sun bathing by the sea
Before climbing to the sky
To decree the birth of a new day.
She, ethereal creature,
She, sea creature, seagull among the seagulls,
Who of the sea lives, who of the sea feeds herself
she feeds on her passion for the melody that the waves play
When they reach the shore
Following a rhythm that does not have time,
She feeds herself with the salt that emanates from the undertow 
And makes it rhodid
The morning air,
When the agaves dotting the coast
Draw their first shadows on the rocks.
She, with her dark dress ... black,
Anonymous color, the most elegant, the most common,
Like a diaphanous body that moves on the border
Which separates the world of living souls
From the one where shadows are wandering,
She's always on the roam looking for what has never existed on earth,
She goes longing for an hand which could put an end to
The palpitation of her heart, a tired heart,
A grieved heart that only the magnificence of the Created,
For a few moments,
Is able to rip her from her despair.
And in this wandering of hers,
The crystalline waters that laps the Ligust coasts
Represent moments of peace with herself,
Of reconciliation with Life, with a Fate
Which so different from her nature wanted to forge her.
She, free spirit, soul without borders,
That like a Mediterranean agave, after giving the best of itself
In the fulness of its flourishing blossom,
It lightly perishes anfd die, she doesn't ask Life anything else,
Only peace ...
celestial like the sea, 
celestial like the sky,
celestial like the end of all things.



D.L. 




Eventually, after waiting for at least a couple of years, I can write this post communicating you the publication of my first book, about the empress I love most, Elisabeth of Austria, of course, and of course, about her stais on our Ligurian Riviera, specifically in the City of Flowers, Sanremo, which she repeatedly happened to touch during her wandering.




- picture 2 - The imperial couple on the heights of Cap Saint Martin, year 1896.




And with the verses you have read above my narration begins .. Yes, this time I present a text I have published, I almost cannot believe it yet and the emotion is so much to overwhelm me, but it's not up to me to review it and to express any kind of judgments, oh, not really, it's just a way to let you know it and I know that some of you may find interesting this subject!

This is a booklet, a little essay that, drawing partly from XIXth century literature, German, English and Italian, partly from the local chronicle of that time, traces the last steps of Empress Elisabeth of Austria's life, this lovely character who was staying in Sanremo during the Winter of the years 1896 and 1898, this time for the last time since on September 10th of that same year the file, as much sharp as iniquitous, of Luigi Luccheni, an anarchist of Italian origin, mortally wounded her poor heart that ceased to beat in the early hours of that afternoon.




- picture 3 - The Empress Elisabeth in a painting by the Hungarian Gyula Benczur dated 1898.




Her Majesty was very much tied to our Riviera, to its landscapes, its often steep hinterland to conquer step by step, its people, its flowers and this wants to be a tribute both to our sea and to this Ethereal Creature who left her 'footprints' here too.
For those of you who are interested in reading it, please, let me know since I wrote it in Italian but I'm thinking about writing an e-book in English, if it's worth, of course !




With much gratitude,
from my heart to yours !



See you soon 💕








P.S.: Forgive me if I've been neglecting you, I was far too busy lately ... and still I am, honestly !




LINKING WITH:











HISTORY OF FASHION ~ XVIIIth cent. fashionable caps (and straw hats).

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Women's fashion has always wanted that the head had to be covered:
in accordance with the different styles, contexts and ages, never the hair of a lady, at least until the contemporary era, had to be shown in its entirety, whether it was for deference, elegance, or affectation ... and what better ultimate touch to a perfect Lady's toilet could exist if not a delicate cap made of the softest fabric and ornate with impalpable laces ?



Coming back to the end of the XVIIIth century, between 1770-1780 and 1800, the caps became very fashionable, made of linen or organza, often decorated with a lace-embroidered trim, which made them even more graceful, or with ribbons that made them more in theme with the colors and style of the dress; the Ladies of the time, especially those who belonged to the most modest social classes, used to wear them for all kinds of domestic tasks:




indispensable accessory, almost as if it were an apron, the cap, which gave the hostess a look of graceful elegance and made the feminine image more tidy and clean, was also used to hold the hair during the nighttime rest and then it was named DORMEUSE CAP.


But whatever it was the social class which a Lady belonged to, she never had to come out without first covering her head with her own cap, and in that case they were chosen those a little bit more elaborate and sophisticated, and it was in Summer that the 'ensamble' with the straw hats made them really delicious and irresistible: they were in vogue at the time the BERGERE STRAW HATS,


wide-brimmed straw hats virtually flat, or nearly, that were resting on the top of the head over the cap and sometimes tied under the chin or behind the 'full' head of the cap, and this 'marriage', which was really guessed, was able to grace the of every Lady dressing them; it was as if the cap had the task of picking up the hair and the straw hat to give the cap its most appropriate finishing touch.





They were quite simple to make, every housewife had the opportunity to use the appropriate paper models, and it was a shame that the fabric lost its turgor already during the very first wash and so, once it had fallen, the cap should be readily replaced with a new one.


The most well-to-do Ladies went to fashionable milliners which were far able to sew them but for a mere cap it was enough the mastery with the needle of a dressmaker, the one who sew the suit and could then create the most guessed ensemble perhaps with the same decorations.

What do you say, let's take a leap back in time and let's try one of them, maybe with one of those so lovely BERGERE STRAW HAT decorated with ribbons and flowers?

The season is just the most suitable ...!




I thank you all from the bottom of my heart for the enthusiasm 
which you always follow me with,
your comments fill my heart with such a joy!
And in the hope that I've been dealing with a subject 
that has entertained you with delight,
I wish you all my best,


see you soon 💕








P.S. I have to admit that being my month of August so very busy, I cannot afford the time for the web, to answer your comments, to visit your so lovely blogs, and therefore I prefer to take a short break and come back in September, I really can't manage and I do prefer not to bere instead of being like a phantom, dearest friend of mine, thank you once again !








Da sempre la moda femminile vuole che il capo sia coperto: 
in accordo con i diversi stili, contesti ed epoche, mai la capigliatura di una signora, almeno fino all'epoca contemporanea, si doveva mostrare nella sua interezza, sia che fosse per deferenza, per eleganza, o per vezzo ... e quale miglior tocco finale alla toilette di una perfetta Lady poteva esistere se non una delicata cuffia fatta del più morbido tessuto ed ornata di impalpabili pizzi ?



- immagine 1

- immagine 2



Tornando indietro alla fine del XVIII° secolo, ossia tra il 1770 -1780 ed il 1800, le cuffie divennero di gran moda, confezionate in lino o in organza, spesso decorate con un bordo in pizzo ricamato a mano, che le ingentiliva ulteriormente, o con nastri che le rendevano più in accordo con i colori e lo stile dell'abito; le Ladies del tempo, soprattutto coloro che appartenevano alle classi sociali più modeste, le usavano per svolgere ogni tipo di mansione domestica:



- immagine 3

- immagine 4

- immagine 5



accessorio irrinunciabile, quasi come poteva essere il grembiule, la cuffia, che conferiva alla padrona di casa un aspetto di graziosa eleganza e rendeva l'immagine femminile più ordinata e pulita, era altressì utilizzata per tenere in ordine i capelli durante il riposo notturno, ed allora prendeva il nome di DORMEUSE CAP.



- immagine 6



Ma qualsiasi fosse la classe sociale di appartenenza, una Lady non usciva senza aver prima coperto il capo con la propria cuffia, ed in questo caso venivano scelte quelle un po' più elaborate e sofisticate, ed era in estate che l'abbinamento con il cappello di paglia le rendeva davvero deliziose ed irresistibili: erano in auge al tempo i cosìddetti 
BERGERE STRAW HATS,



- immagine 7


cappellini di paglia a falde larghe praticamente piatti, o quasi, che venivano appoggiati sulla sommità del capo sopra la cuffia e legati talvolta sotto il mento oppure dietro alla parte 'piena' della cuffia e tale connubio, davvero indovinato, era in grado di aggraziare il volto di ogni Lady che li vestisse; era come se alla cuffia spettasse il compito di raccogliere la chioma e al cappello di paglia quello di conferire alla cuffia la propria più adeguata rifinitura e di personalizzare 'la mise'.



- immagine 8

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- immagine 11



Esse erano piuttosto semplici da confezionare, ogni massaia del tempo ne aveva la possibilità ricorrendo agli appropriati modelli in carta, peccato che il tessuto perdesse turgore già durante i primissimi lavaggi e quindi, una volta afflosciatasi, la cuffia dovesse essere prontamente sostituita con una nuova.



- immagine 12



Le Ladies più benestanti si recavano dalle modiste di fiducia per farsele confezionare, ma per una semplice cuffia era sufficiente la maestria con l'ago di una sarta, la stessa che confezionava l'abito e che poteva quindi creare 'l'ensemble' più indovinato magari con le sue stesse decorazioni.

Che dite, facciamo un salto indietro nel tempo e ne proviamo una anche noi, magari con uno BERGERE STRAW HAT decorato con nastri e fiori ?

La stagione è proprio la più adatta ... !






Vi ringrazio con tutto il cuore per l'entusiasmo con cui sempre mi seguite,
i vostri commenti colmano il mio cuore di una tale gioia !
E nella speranza di aver trattato un argomento che vi abbia intrattenuti con diletto,
vi auguro ogni bene,


a presto 💕








P.S. Devo ammettere che essendo il mio mese di agosto così tanto ricco di impegni, a stento riesco a concedermi il tempo per il web, per rispondere ai vostri commenti, per farvi vista e perciò preferisco prendermi una breve sosta dandovi appuntamento a settembre, grazie ancora.


Katya, the favorite of Tsar Alexander II.

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Love, love madly,

love as much as you can and if they tell you it's a sin,

love your sin and you'll be innocent.


William Shakespeare, Romeo & Juliet




Ekaterina Mikhailovna Dolgorukova - Katya - photographed at a young age.



Katya was little more than a girl, to be more precise she was thirteen when she first met Tsar Alexander II who,  at the time, was forty-two.
The occasion was given to her by a visit of Her Majesty to the Tieplowka Castle in which she lived with her parents, Prince and Princess Dolgoruki, and her brothers, Maria, Mikhail, Nikita, Kole, Alexis, in August  1857: since all them in those days suffered a severe influenza attack that forced them into their couches, all the responsibility for the home honor was to the little girl who had nothing to think about than riding around the park of the castle with her beloved horse, Goli, indeed, she had already made such a damage destroying the whole flower bed under the entrance balustrade prepared by planting 5000 pots of begonia and calendula to welcome the Emperor of all Russias.
When He arrived at the castle one hour in advance, He was received at the gate by the servitude and He and His men entered, but the castle appeared to His eyes completely desert ...
Virtually the members of the whole family ( which boasted ancient, very famous roots, given it descended directly from Grand Rurik, Duke of Lithuania, of Norman origin, founder of the Imperial Russia ) were sick in their own beds, only Katya had not been infected.
As He was reaching the first floor, looking for someone to talk with, the Tzar was reached by a small, slender, minute figure who entered the hall of the castle horse-riding, who, with shrewdness, asked who He was and, once she understood that she was talking to the emperor, she asked why He might dare to come with an hour in advance: He felt completely disarmed and could not hold on a loud laugh, that girl, so spontaneous, her irreverent imprudence that prompted her to turn to Him as a common person, her disruptive joy of living, proper to her youth, which emanated as light from her gaze, had inevitably conquered His heart.


That evening they dined side by side and it remained for both of them as a sweet reminder that began to tie them to one another.

Three years passed before the Tsar met her again; the opportunity this time was offered to Him by the visit that He paid annually to Smolny College, reserved to girls belonging to the Russian aristocracy, visit that he did shortly before Christmas to give the students the Empress' gifts.

Katya was sixteen, she was a little girl now, but she had not changed so much that's why He recognized her immediately and, interrupting His business with the other girls and the directress of the institute, He took her with Him on His sleight to carry her out on a very long a trip on the snow together which marked the fate of them both: the Tsar not only felt that He was became her friend, He felt for her a sense of protection since during the years separating their encounters she had lost both her parents and the castle of Tieplowka was razed to the ground by a terrible fire.
The Dolgoruki family had lost all its possessions and the poor children were all orphans.
Katya and her brothers needed His help, He felt He had to take care of them ... but Katya, Katya was for Him like a star shining in the firmament more than anyone else ever seen before she knew her.

The following year, He sent her His invitation to the ball court, one year ahead of what was used at the time (usually the debut in the society took place at the age of eighteen), and when that evening He saw her approcing Him, dressed in a blue dress that emphasized her still innocent look, wearing the turquoise garter that He had given her as a gift along with the letter of invitation, and kissing the hand of the Empress who was next to Him, He, and with him all the people present, realized that she had inevitably taken the Empress' place into His heart.



Tsar Alexander II at the time of His falling in love.




During the first dance, it inevitably smacked that spark that will make them both slaves of a strong, passionate feeling that will join them for the rest of their lives.
At that time the Tsarina was already suffering a form of consumption that progressively weakened her despite her frequent and long stays on the sea of Sanremo: the brackish was beneficial, but the disease, albeit slowly, progressed, and forced her to be increasingly absent from official ceremonies and at the Winter Palace, allowing thus the Tsar to visit His beloved girl who lived with His brother Mikhail, who had married an Italian marquise, Louise, in the meantime. 
Their love was still only platonic, then, but that dance was pander as it was the reading of the love of Tristan and Isotta for Paul and Francesca, which became paradigm of our literature regarding the forbidden love.


Having been present at the ball, Princess Louise, Katia's sister-in-law, was well aware of this, fearing that such a relationship could jeopardize the ties that united the Tsar with her husband, who from the Tsar received constant help, and, together with Mikhail, she will keep her away from the emperor even during His frequent visits.
But what's stronger than Love?
Can two lovers be kept one away from the other?

THAT YEAR, AT THE END OF MARCH, SNOW was still falling, and it seemed that winter would never end. The Neva was still frozen over: no cracks in the ice announced an approaching thaw.
In the park a man and a girl were sitting close together on a bench. The man wore a uniform without braid or epaulette, and the sight was so familiar that not one of the passers-by gave them a second glance. Two lovers, they thought; some little shopgirl who goes without lunch rather than break her date, and he, a soldier, escaped from the barracks, taking his ration of kisseswhere he found it. 
A clock struck twelve, and still the snowflakes poured down from the white sky. [...]
An hour passed without without any sign that the two figures realized the diligent snowflakes had transformed them into a group of statues. The girl's head still rested on her companion's shoulder and he had his arms around her as if to protect her from the cold.
Who could have guessed that these poor lovers , with nowhere to go and no fire to warm them, were the Emperor Alexander II and the Princess Katharina Mikhailovna Dolgoruki? 1

The two lovers went on meeting themselves and the rumors about their relationship led Princess Louise Mikhailovna to take Katya away from St.Petersburg to take her first to Germany and then to Italy, further away from Russia, to be exactly to Naples, where her relatives still lived. But thick was the correspondence between the young Princess and the Tsar who continued to promise her that after being a widower He would have married her, and it was thanks to their many letters that they found the way to meet in Paris at the Great Exposition of 1867.
Sadly, it was dating at that time the first terroristic attack to the Tsar, who, fortunately, remained completely uninhibited: the State Police strongly advised Hhim against taking such a trip given the risks it could have represent to Him, but for a heart in love it's always worth risking to see after so many months the face of his beloved one and to be able to embrace her.

And it was since then, when she tasted the bitter taste it would have had just to think to lose her Alexander forever, that Katya, who was nineteen years old, decided to donate herself to Him, giving thus start to the their love story; as long as He remained in Paris, she entered through a private entrance the Palace of the Elysée where the Emperor of all Russias stayed, having direct access to His rooms whenever she wanted, but shortly after coming back to Russia, Katya took home at the Winter Palace in St.Petersburg in the private Tsar's apartments as an Empress's lady-in-waiting - this was a pretext to ensure more security to them both since they were still meeting daily exposing themselves to the danger of attacks and at the same time it gave them the opportunity to be closer: they will never get apart ... It was 1878, Katya was thirty-two, their love story was lasting for more than ten years and thousands were the letters that in the meantime they sent one another.




At the death of the Empress occured on June 1880, the Tsar observed only one month of mourning in order to marry her beloved one, nominated for the occasion Princess Yurewskaya, as soon as possible: they had already two children, George and Olga, children he readily acknowledged as legitimate though, since this was a morganatic marriage, no dynastic right could be transferred to them.

Short, however, was their idyll as a married couple and rather tormented for the poor Katya, since there were malicious rumors at Court: she was regarded as a a woman who wanted to take advantage of her position, as the one who wanted to give a more liberal course to state politics when all wanted to maintain absolutism, and a woman of malice, though at last her relationship with the Emperor had become completely lawful; as for the Tsar, he miraculously survived the first attack in Paris but suffered a long series of them after returning home, but unfortunately that of March 13th, 1881 led him to death - a bomb was thrown at his feet but he managed to get back to His palace in time to finally close His eyes in the arms of His Katya!

Just one week later the Constitution He had wrote together with her had to become executive and her beloved spouse was to become crowned Empress (He wanted to celebrate both these events on May 13th, but she had a premonition and preferred to postpone everything of a week, alas !)


Katya and her Tsar with two of their children photographed at the time of their wedding.



She survived her beloved husband forty-four years and, while refusing to continue to spend her life at palace, she travelled between Paris and the French and Ligurian Riviera in very well-timed conditions, given the annuity and the crowd of servants – they were almost twenty - her husband had left her and exactly in Riviera, to be more precise in Nice, she'll expire at the age of seventy-four when her remaining money was just running out ...



This was one of the many " TRUE FAIRY TALES" that I really enjoyed telling you;
 I hope you have liked this story so exciting,
rich in passion and surprise moves,
lived in the backstage of the official one
belonging to that of our Old Europe.

Thanking you again with all my heart,
I take my leave of you while 
sending you all my warmest embrace,


see you soon 💕









BIBLIOGRAPHY:

KATIA By PRINCESS MARTHA BIBESCO, Translated by PRISCILLA BIBESCO, William Heinemann Limited publisher, London, 1939.



QUOTATIONS:

1 - KATIA By PRINCESS MARTHA BIBESCO, op. cit., p.85










Ama, ama follemente,

ama più che puoi e se ti dicono che è peccato

ama il tuo peccato e sarai innocente.


William Shakespeare, Romeo & Juliet





- immagine 1 - Ekaterina Mikhailovna Dolgorukova - Katya - fotografata in giovine età.




Era poco più che una fanciulla, Katia, per l'esattezza aveva appena compiuto tredici anni, quando conobbe lo Zar Alessandro II che a quel tempo ne aveva quarantadue.
L'occasione le fu data da una visita di Sua Maestà al Castello di Tieplowka in cui ella risiedeva insieme con i suoi genitori, il Principe e la Principessa Dolgoruki, ed i fratelli, Maria, Mikhail, Nikita, Kole, Alexis, nell'agosto del 1857, i quali tutti in quei giorni soffrivano di un grave attacco d'influenza che li costringeva a letto, per cui tutte le responsabilità circa gli onori di casa spettavano alla piccola che altro non aveva in mente che scorrazzare per il parco intorno al castello con il suo amato cavallo Golo, anzi, aveva già fatto un danno distruggendo per intero l'aiola sotto la balaustrata d'ingresso preparata interrando ben 5000 vasi di begonia e calendula per dare il benvenuto all'Imperatore di tutte le Russie.
Quando egli giunse al castello con un'ora di anticipo, fu accolto al cancello dalla servitù che fece entrare lui ed i suoi uomini, ma il castello apparve ai suoi occhi completamente deserto … 
Praticamente tutti i componenti l'intera famiglia, che vantava antichi, molto illustri natali poiché discendeva direttamente dal Grande Rurik, fondatore della Russia Imperiale, Duca di Lituania, di origine normanna, erano malati nei propri giacigli, solo Katya non era stata contagiata.
Mentre stava raggiungendo il piano superiore lo zar fu raggiunto da una piccola, esile, minuta figura che entrò nell'atrio del castello a cavallo, che con sfrontatezza, gli chiese chi fosse e, compresolo, gli domandò perché osasse giungere con un'ora di anticipo: egli si sentì completamente disarmato e non potè trattenere una fragorosa risata, quella fanciulla, tanto spontanea, la sua irriverente imprudenza che la spinse a rivolgersi a lui come ad una persona comune, la sua dirompente gioia di vivere, propria della sua giovine età, che emanava come luce dal suo sguardo, aveva inevitabilmente conquistato il suo cuore.



- immagine 2 sulla sinistra - Quella sera cenarono fianco a fianco e rimase per entrambi come un dolce ricordo che cominciò con il legarli l'uno all'altro.
Trascorsero tre anni prima che lo zar la rincontrasse; l'occasione questa volta gli fu offerta dalla visita che annualmente lo conduceva la collegio di Smolny, riservato alle fanciulle appartenenti all'aristocrazia russa, visita che egli compiva poco prima di Natale per recare alle alunne i doni dell'imperatrice.
Katya aveva a quel tempo sedici anni, era ormai una ragazzina, ma non era cambiata, tanto che la riconobbe immediatamente ed, interrompendo i convenevoli con le altre fanciulle e le direttrici dell'istituto, la condusse con sé sulla propria slitta per compiere una lunghissima gita insieme che segnò il destino di entrambi: lo zar non solo sentiva di essere divenuto suo amico, egli avvertiva per lei un senso di protezione da che durante gli anni che separarono i loro incontri ella aveva perso entrambi i genitori ed il castello di Tieplowka era stato raso al suolo da un terribile incendio.
La famiglia Dolgoruki aveva perso tutti i suoi averi ed i poveri fanciulli erano rimasti tutti orfani.
Katya ed i suoi fratelli avevano bisogno del suo aiuto, egli sentiva di dover far avvertire loro il suo trasporto, la sua affezione …, ma Katya, Katya era per lui come una stella che brillava nel firmamento più di ogni altra mai vista prima di conoscerla. 

L'anno successivo egli fece pervenire alla sua prediletta l'invito per la presentazione a corte, un anno in anticipo rispetto a quello che era uso al tempo ( di solito avveniva dopo il compimento del diciottesimo anno di età ) e quando la vide giungere al suo cospetto, abbigliata di un abito blu che le metteva in risalto lo sguardo, ancora innocente, con indosso la parure di turchesi di cui egli le aveva fatto dono  facendogliela pervenire insieme con la lettera d'invito, e baciare la mano dell'imperatrice che gli era accanto, lui per primo, e con lui tutti i presenti, compresero che ella nel suo cuore dell'imperatrice aveva inevitabilmente preso il posto. 



- immagine 3 - Lo Zar Alessandro II all'epoca del suo innamoramento.



Durante il primo ballo scoccò inevitabilmente quella scintilla che li renderà entrambi schiavi di un forte, passionale sentimento che li unirà per il resto della loro vita.
A quel tempo la zarina soffriva già di una forma di tubercolosi che progressivamente andava indebolendola nonostante i suo frequenti  e lunghi soggiorni sul mare di Sanremo: il salmastro le era di giovamento, ma la malattia, anche se lentamente, progrediva, vedendola sempre più assente da cerimonie ufficiali e dal Palazzo d'Inverno, il che concedeva la libertà allo zar di andare a far visita alla sua adorata fanciulla che viveva insieme con il fratello Mikhail che nel frattempo aveva maritato una marchesa italiana.
Era a quel tempo il loro amore ancora solamente platonico, ma quel ballo era stato galeotto, come lo fu la lettura dell'amore di Tristano ed Isotta per Paolo e Francesca, divenuti paradigma della nostra letteratura per quanto concerne l'amore proibito.


- immagine 4 sulla destra - Essendo stata presente al ballo, di ciò si era ben resa conto anche la principessa cognata di Katia che, temendo che una tale relazione potesse mettere a repentaglio il legame che univa lo zar anche con suo marito, il quale dallo zar riceveva costante aiuto, costei, d'accordo con Mikhail, la terrà lontana dall'imperatore anche durante le sue frequenti visite.
Ma cosa vi è più forte dell'Amore ? 
Possono due amanti essere tenuti l'uno lontano dall'altra ?

QUELL'ANNO, ALLA FINE DI MARZO, LA NEVE stava ancora cadendo, e sembrava che l'inverno non finisse mai. Il Neva era ancora congelato: nessuna crepa nel ghiaccio annunciava un imminente disgelo.
Nel parco un uomo e una ragazza erano seduti su di una panchina l'uno accanto all'altra. L'uomo indossava un'uniforme senza treccia o epaulette (N.d.A.: spallina), e l'immagine era talmente familiare che nemmeno uno dei passanti diede loro una seconda occhiata. Due amanti, pensarono; lei, una ragazzina che saltava il pranzo piuttosto che venir meno al suo appuntamento, e lui, un soldato, fuggito dalle caserme, che prendeva la sua razione di baci dove li trovava.
Un orologio suonò le dodici, e ancora i fiocchi di neve scendevano dal cielo bianco. [...]
Un'ora passò senza che le due figure diedero segno di rendersi conto che i diligenti fiocchi di neve li avevano trasformati in un gruppo di statue. La testa della ragazza poggiava ancora sulla spalla della suo compagno e lui aveva le braccia intorno a lei come a volerla proteggere dal freddo.
Chi avrebbe potuto immaginare che questi poveri amanti, senza un posto dove andare e nessun fuoco per scaldarsi, erano l'imperatore Alessandro II e la principessa Katharina Mikhailovna Dolgoruki? 1

I due amanti continuarono a frequentarsi ed il vociferare sulla loro relazione indusse la Principessa Louise Mikhailovna ad allontanare Katya da S.Pietroburgo per recarla con sé dapprincipio in Germania e poi in Italia, più lontano dalla Russia, a Napoli, dai suoi parenti. Ma sempre più fitta era la corrispondenza che intercorreva tra la giovane principessa e lo zar il quale continuava a prometterle che una volta rimasto vedovo avrebbe fatto di lei la sua futura sposa, e fu proprio grazie alle loro numerose lettere che costoro trovarono il modo d'incontrarsi a Parigi in occasione della Grande Esposizione del 1867.
Purtroppo data a quell'epoca e a quella circostanza il primo attentato allo zar, il quale per fortuna rimase del tutto illeso: la polizia di stato lo aveva redarguito e vivamente sconsigliato dall'intraprendere un tale viaggio proprio per il rischio che esso poteva rappresentare per lui, ma per un cuore innamorato valeva la pena rischiare pur di rivedere dopo mesi il volto dell'amata e poterla riabbracciare.

E fu proprio da allora che, assaporato il gusto tanto amaro che avrebbe avuto il solo pensare, il temere di perdere il suo Alexander per sempre, che Katya, che a quel tempo aveva diciannove anni, decise di donarsi a lui, dando così avvio alla loro storia di amanti; finché egli rimase a Parigi, ella fu accolta, per tramite di un ingresso privato, al palazzo dell'Élysée, dove alloggiava l'imperatore di tutte le russie, avendo così diretto accesso alle sue stanze ogni qualvolta lo desiderasse, ma dopo poco il loro rientro in patria, Katya prese dimora presso il Palazzo d'Inverno a S.Pietroburgo negli appartamenti privati dello zar in qualità di dama di compagnia dell'imperatrice - era questo una sorta di pretesto per garantire maggiore sicurezza ad entrambi che continuavano ad incontrarsi quotidianamente esponendosi così al pericolo di attentati ed al contempo dar loro la possibilità di essere più vicini: da allora mai più si separarono... era il 1878, Katya aveva trentunanni, la loro storia d'amore durava già da più di dieci e migliaia erano le lettere che nel frattempo si erano scambiate.



- immagine 5 ed immagine 6 - Alcune delle innumerevoli lettere che si scambiarono i due amanti.




Alla morte dell'imperatrice, avvenuta nel giugno del 1880, lo zar osservò solamente un mese di lutto per poter convolare a nozze con la sua amata, nominata per l'occasione Principessa Yurewskaya, quanto prima: al tempo avevano avuto già tre figli che egli prontamente riconobbe come legittimi anche se, essendo questo un matrimonio morganatico, nessun diritto dinastico poteva venir loro trasferito.

Breve fu purtroppo il loro idillio da maritati e piuttosto tormentato per la povera Katya, malvista a corte, considerata come un'approfittatrice, additata come colei che voleva dare un corso più liberale alla politica dello stato, quando tutti volevano mantenere l'assolutismo, ed una donna di malcostume, anche se finalmente la sua relazione con l'imperatore era divenuta del tutto lecita: scampato miracolosamente al primo attentato terroristico a Parigi, lo zar ne subì una lunga serie una volta ritornato in patria, ma sfortunatamente quello del 1 marzo 1881 lo condusse definitivamente alla morte - gli fu gettata una bomba ai suoi piedi, ma riuscì a farsi ricondurre a palazzo in tempo per chiudere definitivamente gli occhi tra le braccia della sua Katya !



- immagine 7 - Katya e lo zar con due dei loro figli fotografati all'epoca del loro matrimonio.



Ella sopravvisse al suo amato ben quarantun'anni e, pur rifiutando di continuare a trascorrere la sua vita a palazzo, viaggiò tra Parigi e la Riviera francese e ligure in condizioni decisamente agiate visto il vitalizio che il marito le aveva riconosciuto e lo stuolo di servitù - che contava ben venti membri - che le aveva lasciato, e proprio in Riviera, per la precisione a Nizza, si spegnerà all'età di settantaquattro anni, quando il denaro che le era rimasto stava per esaurirsi...



Era questa una delle numerose 'FAVOLE' realmente vissute che tanto mi piace raccontarvi; spero che abbiate gradito questa storia tanto avvincente, 
ricca di passione e di colpi di scena, 
vissuta tra le righe di quella ufficiale 
appartenente a quella della nostra Vecchia Europa.

Ringraziandovi ancora con tutto il cuore,
invio a voi tutti il mio più caloroso abbraccio,


a presto 💕










BIBLIOGRAFIA:

KATIA By PRINCESS MARTHA BIBESCO, Translated by PRISCILLA BIBESCO, William Heinemann Limited publisher, London, 1939.



CITAZIONI:

1 - KATIA By PRINCESS MARTHA BIBESCO, op. cit., pag.85







LINKING WITH:



What Jane Austen ate - Typical dishes for Regency meals.

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A maid taking soup from a pot, painting by Pehr Hilleström
 (1732 - 1816)



Just think that the 'French cuisine' enjoyed prestigious fame already at the end of the 17th century, which caused a large proportion of wealthy families to conduct their own cooks to learn this art directly in France, but perhaps if they had some patience, history itself would have satisfied them since the French Revolution had as a result a massive popular migration to the north of the British Isles.
It was 1747 when Hannah Glasse wrote her The Art of Cooking Made Plain and Easy,


for sure the most famous book of cooking published in the 1700s just because it was beginning to consider, besides classic English recipes, recipes taken from the French gastronomic repertoire, and we may consider even more modern the publication of Sarah Philliphs, entitled The Ladies Handmaid, in which she suggests to cooks to use minimal amounts of liquid and limited cooking time for vegetables, which seems a completely modern concept. French beans, cucumbers and artichokes were already popular, at the time, but for anyone holding a land in which to cultivate a kitchen garden, the French Company Vilmorin-Andrieux & Cie, Parisian merchants, already provided freely the first copy of  the catalog of the seedlings for vegetables, salads, legumes and even flowers and garden bulbs they sold.



Many landowners therefore had a strong interest in maintaining large walled kitchen gardens and orchards. In the second half of the XVIIIth century the use of canals to transport water to irrigate made it even simpler and so did the growing development of the road network that facilitated the trade and transport of those goods that coming from abroad.
As we may say for today, bread was already considered a key element of life, and for the greater it was white bread rather than black one, that's why farmers will use their time to produce more wheat in order to meet the growing demand due to the increment of the population, but when the bad weather struck Great Britain in the second half of the century, wheat was imported and white flour for making bread was replaced with flour made with other cereals such as barley and rye, but the bread produced with such flour was seen as a disease and bad even for peasants (how times have changed!)


Natura morta con Pane, 1750, by Giacomo Ceruti (1698 - 1767)



But let's begin to talk about meals, starting from BREAKFAST, for which the most well-to-do people didn't deprive themselves of spicy bread or sweets enriched with fruit, small loaf lightly flavored with caraway seeds served hot and spread with butter. Muffins were already known in the northern areas as early as 1770. There were those who prefer simple white bread, and then it could be spread not only with butter, but also with honey, jam and marmelade made with raspberries, apples and cherries.
It wasn't unusual that 'kippers' would be served for breakfast - they were namely herring or small pieces of salmon, cleaned, boned, washed, dried and dusted with salt and pepper, then smoked and served hot; the dish called 'gruel' made with oat flour boiled with butter could be served at breakfast with cream, but it was considered a suitable dish for dinner too.
And finally, hot chocolate, which was said to be mainly useful to make women fertile, was with tea the favorite drink to accompany breakfast meals.


* * *


As for all other meals, soups, stews with meat and vegetables or just roast meat were on the agenda if the family could afford them.
The white soup which Jane Austen so loved contained veal, cream and almonds, and sometimes it was topped with breadcrumbs or rice, while on the streets of London vendors contended with the clientele by selling both pea soup and 'pease pudding', a pudding made of various vegetables.

But what was the main dish of every DINNER?
Being those who lived during the Georgian and Regency periods decisively carnivores, they could not live without eating mutton and beef meat that, in fact, represented the most rewarding portions of all the main meals. As we can imagine, given the high demand of livestock, it wasn't easy to find meat of good quality, livestock farms were extensive, so the aristocrats who could afford it had their herds to graze in their land.
Greedy of meat they consumed practically every type of it during each meal: from the pigeon to the chicken, hare or wild rabbit one, from ham to bacon, from deer meat, to mutton to beef, from ducks to beers, from veal to turkeys.
If the family lived in a coastal and fishy area, the fish also appeared on the table: the lobster was particularly present, very cheap because it was widespread, so as it were oysters, molluscs, tuna and salmon.


* * *


For SUPPER the ideal was a bit of cold meat accompanied by stewed vegetables and a piece of cheese.
Regency British were already proud of their 'puddings' both sweet and salty ... and how about drinks?
Tea was already the national drink, but it was definitely expensive. A good wine could easily accompany a rich man's meal while people were content by drinking ale. Even 'punches' were already popular, both cold and heated and often spiced, and the 'syllabub', a sweet drink containing cider or sweetened white wine with the addition of nutmeg, milk and cream, was very much appreciated and accompanied mostly desserts.

And as for desserts, there were already a lot of them, partly borrowed partly from French cuisine and partly from the Italian one, that's why I'd love to deal with this so wide topic in another post.



Happy and grateful more and more to welcome you in my little corner on the web,
I hug you with all my heart
and I sincerely thank you for visiting


see you soon 💕











Cosa mangiava Jane Austen. Piatti tipici dell'epoca Regency.




- immagine 1 - A maid taking soup from a pot, fine XVIII sec., olio su tela di Pehr Hilleström
 (1732 - 1816)




Pensate che la cucina francese godeva di prestigiosa fama già con il finire del XVII° secolo, cosa che induceva buona parte delle famiglie abbienti a condurre le proprie cuoche ad imparare l'arte direttamente in Francia, ma forse, avendo avuto un po' di pazienza, la storia stessa sarebbe loro venuta incontro, dato che la Rivoluzione Francese ebbe come conseguenza una massicia migrazione popolare nel nord delle isole britanniche.
Era infatti il 1747 quando Hannah Glasse scrisse il suo The Art of Cooking Made Plain and Easy,



- immagine 2



per certo il più famoso libro di cucina pubblicato in tutto il 1700 proprio perché cominciava con il prendere in considerazione, accanto a ricette classiche inglesi, ricette tratte dal repertorio gastronomico francese, ed ancor più moderna possiamo considerare la pubblicazione di Sarah Philliphsdal titolo The Ladies Handmaid, nella quale ella suggerisce alle cuoche di utilizzare minime quantità di liquidi e tempi di cottura limitati per le verdure, il che sembra una concezione del tutto moderna. Fagioli francesi, cetrioli e carciofi erano già popolari, ma per chiunque possedesse un terreno in cui coltivare un orto, la ditta francese Vilmorin-Andrieux & Ciecommercianti parigini, già con il 1766 provvedeva a recapitare gratuitamente la prima copia del suo catalogo di sementi per orti, da quelli per insalate a quelli per legumi e persino per fiori e bulbi da giardino.



- immagine 3



Molti proprietari terrieri avevano perciò fondati interessi nel mantenere ampi orti e frutteti. Nella seconda metà del XVIII secolo l'utilizzo di canali per il trasporto dell'acqua irrigua rese il tutto ancor più semplice e così fece il crescente sviluppo della rete viaria stradale che agevolò il commercio ed il trasporto di quelle vettovaglie che provenivano dall'estero.
Come oggi, già allora il pane era considerato un elemento di sostentamento fondamentale e per la maggiore andava il pane bianco piuttosto che quello nero, motivo per cui gli agricoltori con il tempo si adopereranno per produrre sempre più grano al fine di soddisfarne la crescente domanda dovuta all'incremento della popolazione, ma quando il maltempo colpì la Gran Bretagna nella seconda metà del secolo, il grano venne importato e alla farina bianca andò perloppiù sostituendosi quella fatta con altri cereali, quali l'orzo e la segale, ma il pane prodotto con tali farine veniva visto di malocchio e considerato deteriore anche persino dai contadini (pensate a come sono cambiati i tempi !)



- immagine 4 - Natura morta con Pane1750, olio su tela di Giacomo Ceruti (1698 - 1767)



Ma veniamo ai pasti, partendo dalla COLAZIONE, per la quale i più abbienti non si privavano di pane o dolci speziati arricchito con frutta, panini leggermente aromatizzati con semi di cumino serviti caldi e spalmati di burro. I 'muffins' erano conosciuti nelle zone più settentrionali già con il 1770. Vi era chi preferiva solo pane, ed allora vi poteva spalmare sopra burro, miele, marmellate e composte ottenute da vari frutti, quali lamponi, mele e ciliegie.
Non era insolite che per colazione fossero serviti i 'kippers', ossia aringhe o piccoli pezzi di salmone, puliti, diliscati, asciugati e strofinati con sale e pepe, poi affumicati e serviti caldi; il piatto chiamato 'gruel', fatto con farina d'avena bollita con burro poteva essere servito a colazione insieme con della panna, ma veniva portato in tavola anche la sera.
Ed infine la cioccolata calda, concepita, si diceva, principalmente per rendere fertili le donne, era, con il tè, la bevanda prediletta da accompagnare ai piatti della colazione.


* * *


Per quanto concerne tutti gli altri pasti, le zuppe, gli stufati con carne e verdure o semplicemente carni arrosto erano all'ordine del giorno, se la famiglia se lo poteva permettere.
La zuppa bianca conteneva carni di vitello, panna e mandorle e talvolta per addensarla venivano utilizzati riso o pangrattato, mentre per le strade di Londra, i venditori si contendevano la clientela vendendo sia zuppa di piselli che il 'pease pudding', un pudding composto di verdure varie.

Ma quale era la portata principale di ogni PRANZO?
Essendo coloro che vissero durante il periodo Georgiano e Regency decisamente carnivori, non potevano fare a meno della carne di montone e di quella di manzo che, anzi, rappresentavano le portate più riguardevoli di tutti i pasti principali. Come ben possiamo immaginare, data l'elevata domanda di capi di bestiame, non tutti erano di buona qualità, gli allevamenti erano spessi estensivi, per cui gli aristocratici che potevano permetterselo avevano le proprie mandrie al pascolo nei propri terreni.
Ghiotti com'erano di carne, ne consumavano praticamente di ogni tipo durante ogni pasto: da quella di piccione a quella di pollo, lepre o coniglio selvatico, dal prosciutto alla pancetta, dal cervo, al montone alla lombata di manzo, dalle anatre alle pernici, dalle costolette di vitello ai tacchini.
Se ci si trovava in una zona costiera e pescosa, anche il pesce faceva la sua comparsa in tavola: particolarmente presente era l'aragosta, molto economica perché molto diffusa, amate erano anche le ostriche, i molluschi, il tonno ed il salmone.



* * *

Per CENA l'ideale era un po' di carne fredda accompagnata da verdure stufate e da un pezzo di formaggio.
Già allora gli inglesi erano orgogliosi dei loro 'puddings' sia dolci che salati ... e quanto a bevande ?
Il tè era già la bevanda nazionale, ma era decisamente costoso. Il vino poteva facilmente accompagnare la cena di un ricco facoltoso, mentre il popolo si accontentava di pasteggiare bevendo 'ale'. Anche i 'punches' erano già popolari, sia freddi che riscaldati e spesso speziati ed il 'syllabub', una bevanda dolce contenente sidro o vino bianco dolcificato con l'aggiunta di noce moscata, latte e panna, era al tempo molto apprezzato ed accompagnava perloppiù i desserts.

E a proposito di desserts, ve ne erano già di tantissimi, in parte mutuati dalla cucina francese ed in parte persino da quella italiana, perciò a questo argomento così vasto preferisco dedicare un post a parte !



Lieta e grata sempre più di accogliervi nel mio piccolo angolo sul web, 
vi abbraccio forte con tutto il cuore 
e vi ringrazio sinceramente per essere passati a trovarmi


a presto 💕

Eight Words which became part of the English Language after the American Civil War.

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Photograph by Andrew Gardner, originally Brady's apprentice, depicts the staff of Brigadier General Andrew Porter in 1862. George Custer (of the Battle of Little Bighorn fame) is shown reclining next to a dog on the right. Color by Reddit User Zuzahin / Photo by Andrew Gardner



In addition to the remarkable political and civil consequences of the US Civil War, the pages of the story of which were written with the blood of an entire people, it has to be said that it also had a certain influence on the language: according to the Oxford Dictionary eight terms would be at the time or influenced by the conflict in their meaning, or entirely coined as neologisms, as they did not exist before then.
Let's see together these words drawn from the 'military slang' that have become part of the daily English spoken language:




- CARPETBAGGER -

After the war and the victory of the North, the South was invested by a real migratory flow of people who had  a license from the government to keep possess of the the territory they were free to choose to allocate themselves. These 'opportunists', precisely for this characteristic of theirs, were looked at with contemptuousness and even today the term is in use, especially in politics, to indicate those who seek to take advantage of a situation without any kind of scrupulous.



- DEADLINE -

At the time when it was coined, this term was used to indicate the line beyond which prisoners of military encampments or  prisons, had to be considered virtually dead, it was the line that you never had to pass if you wanted to preserve your life. In the twenties, and it's with this meaning that the term is known and used even today, this word was borrowed from the journalistic jargon to indicate the time that must not be exceeded for a text to be included in a particular publication.



- GRAPEVINE -

This term, probably because of the analogy that exists between the tendrils of the vine and the trellises of the telegraph poles, indicated a source from which it was possible to obtain informations that qualified themselves as well as unofficial: it was the so-called corridor voice that brought news, but the official ones only the by telegraph, par excellence, could be conveyed.



- LOST CAUSE -

This is one of those terms that existed before the Civil War, but that changed its meaning, since the Confederate's sympathizers referred to it as 'Lost Cause'; today we use this word to indicate a situation that doesn't allow recovery hope or a person for whom there is no possibility of improvement, even ethically.



- REBEL YELL -

Since we are not in possession of audio recordings dating back to the Civil War, it is difficult to know exactly what a "REBEL YELL " corresponds - perhaps it is a cry of exultation or a a battle cry used by the Confederates (some historians are persuaded that the recordings made in the 1930s by older confederate veterans would give evidence of that cry). And yet, the concept of REBEL YELL remains an important part of American folklore, especially in popular music.



- SHODDY -

This term was first used to indicate a type of face-cloth fabric for which were used pieces of worn wool together with wool of good quality: the result was, of course, not the best, ie poor - a 'SHODDY' cloth, but the cost was entirely cheaper than the most prestigious one, and, on the other hand, in war time it was very difficult to find a good kinfìd of cloth; at a later time the term was extended to those who made money by selling second-order clothing to the army and today means sordid, both as greedy and morally dirty and repugnant.



- SIDEBURNS -

One of the main protagonists who fought amongst the Union's files to become US Senator later was General Ambrose Burnside (1824-81), probably better remembered for the particular way he wore his beard: it was something like a prolongation of his hair that was waving on his cheeks to bind under his nose, leaving his cheekbones and his chin uncovered, at a time when they used mostly thick beards. The word over time has been overturned, so BURNSIDE has become SIDEBURNS and stylistically speaking, mustaches have disappeared to remain a strip of facial hair extending like thin lines of each side of the face, ie sideboards, and in fact such is the meaning of the term in question.



- SKEDADDLE -

Drawn from the military slang with very likely fantasy origins - some prefer to think that this term is borrowed from the Danish or Swedish language - 'SKEDADDLE' would mean kicking your legs, removing curtains, fleeing in a hurry.



And finally, before leaving you, I want to give you as a present another photo that belongs to a wonderful collection of original shots masterfully colored that you can find HERE.



This photo depicts President Ulysses S. Grant (pictured in the center, at the time, a Lieutenant General), his friend Brigadier General John Rawlins (left) and an unknown Lieutenant Colonel in 1865. Color by Reddit User Zuzahin/Photo Courtesy of National Archives





May it reach you my warmest and most sincere hug,
thank you as always for your delightful attention


see you soon 💕
















- immagine 1 - Fotografia di Andrew Gardner, al tempo apprendista di Brady, che ritrae l'organico del Brigadiere Generale Andrew Porter nel 1862. George Custer (famoso per la Battaglia di Little Bighorn ) lo vedete a destra adagiato a terra di fianco ad un cane. Colore by Reddit User Zuzahin / Photo by Andrew Gardner




Oltre alle notevoli conseguenze politiche e civili che ebbe la Guerra di Secessione americana, le pagine della storia della quale furono scritte con il sangue di un intero popolo, essa non mancò di esercitare anche una certa influenza sulla lingua: secondo l'Oxford Dictionary ben otto termini sarebbero al tempo o stati influenzati dal conflitto nel loro significato, o del tutto coniati quali neologismi, non essendo esistenti prima di allora.

Vediamo insieme queste parole che dallo 'slang militare' sono divenute a far parte della lingua americana parlata quotidianamente:



- CARPETBAGGER - 

Dopo la guerra e la vittoria del Nord, il Sud venne investito da un vero e proprio flusso migratorio di persone che avevano dal governo la licenza per impadronirsi del territorio, se libero, sul quale decidevano di stanziarsi: questi 'opportunisti', proprio per questa loro caratteristica che li additava con fare dispregiativo, vennero così definiti ed ancor oggi il termine è in uso, soprattutto in politica, per indicare coloro che cercano di trarre vantaggio da una situazione senza porsi scrupolo alcuno.



- DEADLINE - 

Al tempo in cui venne coniato, questo termine veniva utilizzato per indicare la linea oltre la quale i prigionieri di un determinato accampamento o delle prigioni militari del tempo, si dovevano considerare virtualmente morti, era la linea da non oltrepassare mai per tenere in salvo la vita. Negli anni venti, ed è con questo significato che il termine è conosciuto ed utilizzato ancor oggi, tale parola venne mutuata dal gergo giornalistico  per indicare il lasso di tempo che non deve essere oltrepassato affinché un testo venga incluso in una determinata pubblicazione.



- GRAPEVINE - 

Letteralmente 'vite da vino', questo termine, probabilmente per l'analogia che esiste tra i viticci del vitigno ed i tralicci dei pali telegrafici, indicava una fonte non autorevole dalla quale si riusciva ad ottenere informazioni, informazioni che si qualificavano così come ufficiose: si trattava delle così dette voci di corridoio che portavano una notizia, ma quella ufficiale solamente il telegrafo, per eccellenza, la poteva veicolare.



- LOST CAUSE -

E' questo uno di quei termini che esistevano già prima della Guerra di Secessione, ma che con essa mutarono significato, da che i simpatizzanti della Confederazione ad essa si riferivano come 'Lost Cause', ossia 'Causa Persa'; oggi questo termine lo utilizziamo per indicare una situazione che non ammette speranza di recupero od una persona per la quale non vi è possibilità di miglioramento, anche eticamente.



- REBEL YELL - 

Dato che non siamo in possesso di registrazioni audio risalenti alla Guerra di Secessione, è difficile sapere esattamente a cosa corrisponda un 'urlo ribelle' ( tale infatti è il significato del termine REBEL YELL) - forse  si tratta di un grido di esultazione o di un grido di battaglia usato dai Confederati (alcuni storici si lasciano persuadere dalle registrazioni fatte negli anni trenta da anziani veterani confederati che darebbero dimostrazione di tale grido). E comunque, il concetto del grido ribelle rimane una parte importante del folklore americano, soprattutto nell'ambito della musica popolare.



- SHODDY -

Tale termine venne dapprincipio utilizzato per indicare un tipo di panno per il quale venivano filati pezzi di lana scadente insieme con lana di buona qualità: il risultato era ovviamente non dei migliori, ossia scadente - 'shoddy', appunto, ma il costo era del tutto più conveniente rispetto a quello più prestigioso, tra l'altro molto difficile da trovare in tempo di guerra; in un secondo tempo il termine venne esteso a coloro che fecero denaro vendendo all'esercito indumenti di second'ordine ed oggi significa sordido, inteso sia come avaro che come moralmente sporco e ripugnante.



- SIDEBURNS -

Uno dei protagonisti principali che combatté tra le file dell'Unione per divenire nominato senatore americano più tardi, fu il generale Ambrose Burnside (1824-81), probabilmente meglio ricordato per il modo particolare in cui portava i baffi: si trattava di un prolungamento dei capelli che andava ad infoltirsi sulle guance per congiungersi sotto il naso, lasciando zigomi e mento scoperti, in un'epoca in cui usavano soprattutto barbe molto folte. La parola nel tempo è stata capovolta, per cui da BURNSIDE è divenuta SIDEBURNS e stilisticamente parlando, sono scomparsi i baffi per rimanere una striscia di peli facciali che si estende dalla linea sottile di ogni lato del viso, ovvero le basette ed infatti tale è il significato del termine in questione. 



- SKEDADDLE - 

Propriamente derivato dallo slang militare, con molto probabili origini di fantasia - taluni preferiscono pensare che tale termine sia mutuato dalla lingua danese o svedese - 'skedaddle' significherebbe darsela a gambe, togliere le tende, fuggire in tutta fretta.





Ed infine, prima di lasciarvi, voglio farvi dono di un'altra fotografia che appartiene ad una meravigliosa raccolta di originali magistralmente colorate che potete trovare QUI.




- immagine 2 - Questa fotografia ritrae il Presidente Ulysses S.Grant (al centro, al tempo era Luogotenente Generale), il suo amico Brigadiere Generale John Rawlins (a sinistra) ed uno sconosciuto Luogotenente Colonnello nel 1865. Colore by Reddit User Zuzahin/Photo Courtesy of National Archives





Vi giunga forte e sincero il mio più caloroso abbraccio,
grazie come sempre per la vostra attenzione



a presto 💕









The ancient art of sewing.

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From the manner in which a woman draws her thread at every stitch of her needlework, 
any other woman can surmise her thoughts.  

~Honoré de Balzac



Grandmother Emma, ​​mom's Mom, after completing her compulsory education, went to learn how to sew in such a prestigious dressmaking's that worked for the most affluent and welthy Gentlemen and Ladies in Genoa (I'm talking about the early 1900s); still a maiden, being the last one to arrive, she was delivering the clothes just finished directly to the home of those who ordered them or went to their homes to take the test measure and then bring them back to the laboratory for the finishing touches with perfect measurements - she told me about dream apartments, such as those we may see in the movies - and she soon, being a work of love for her, became a very capable dressmaker with unspeakable precision, specialized mainly in the preparation of trousers, one of the most difficult garments amongst all the clothes to sew !


Grandmother Emma as a young girl



Imagine how charmed I could feel while seeing her sewing when her ability had reached its peak, at a speed for me, who a little girl, really incredible: when she sewed her tiny points all perfectly identical to each other so much to look like if they were sewed with the machine, and when she was sewing with her very heavy machine, inserted in the briar root furniture, typical of the forties and fifties, the speed with which that needle went up and down ... well, I didn't even saw it, and in a moment the seam was made ... for me she was a sort of 'needle fairy', she was so able, so that soon, among her many colleagues, she became shortly the best in a quite short time and often the most difficult works came to her, not by chance !

My Grandfather used to watch my abduction in observing her and often told me:
- Learn, learn how to sew little darling, for a woman the art of sewing is so precious ( Mom didn't want to learn it since she didn't like it all )!
which stimulated my desire to learn what seemed to me to be almost a magical art, that in very few moments turned pieces of fabric in garments, to say the least perfect, or that, wonderfully, if they were blown, it was able to repaired them ...
And so I could not really escape from the desire to learn how to use the needle, discovering in sewing not only an art of extreme utility, but also a very relaxing, fulfilling one that can go hand with hand with creativity and inspiration when it is applied with passion.


Grandmother Emma and Grandfather Gino at the time of their engagement



I remember with love the patience and the passion with which she taught me to sew the first buttons (I was only 6 years old) and then to pin, to baste, to make the first seams by hand and then to use her sewing machine, with her great anxiety, because it had no protection for the fingers, and it was driven by a large, heavy iron pedal to which I originally came to feet when my age was low and my still low stature didn't allow me to reach it: I needed two cushions on my chair to reach the seam plan, but I was getting away from the pedal that I literally used with the tip of my feet's fingers.

With her help I prepared my home-made trousseau when I got married, and when Daddy retired, just considering this passion of mine, gave me as a gift a more modern, lightweight and handy sewing machine, and even today, that I'm sure, she keeps on following me and driving me from Up Above, whenever I hold her scissors which so much have worked in her hand, I feel her presence by my side, almost as if she would still drive me; unfortunately, time is always too limited for all the interests and passions of mine, so I am forced to devote a little time to sewing, as well as to embroidery, but as soon as I can, I try to forget all the rest and allow myself to enjoy a little bit of this passion, especially to make the home more welcoming during this period of the year when we spend more time in our nest enjoying the warmth of the hearth.

Days ago I have been delighted to sew these little things


that, with the addition of some of our woods gifts, have become the centerpiece of our kitchen for these Autumn days ... 




Ah, Autumn, the season which brings us back to our homes waiting for the fascination of Winter that's so wonderful to contemplate behind the window panes !

Thank you Grandma for helping me and for passing me down this talent ... although I will never be as good and skillful as you were, to sew goes on representing a relaxing and satisfying activity for me, able to create pretty and communicating warmth objects with which 'to dress' the intimacy of our home ... and thank you for having always been by my side to the last with your so precious Love.



Dearest Friends and Readers of mine, 
before than taking my leave of you,
with the deepest gratitude ever, 
let me send you all my love !


See you soon 💕












Dal modo in cui una donna tira il filo ad ogni punto del suo lavoro di cucito,
qualsiasi altra donna può supporre i suoi pensieri.


~ Honoré de Balzac



- fotografia 1 




Nonna Emma, la mamma di mamma, dopo aver concluso le scuole dell'obbligo, andò ad imparare a cucire in un'allora prestigiosa sartoria che lavorava per i più abbienti signori di Genova ( vi parlo dei primi anni del 1900 ); ancora fanciulla, essendo l'ultima arrivata, era lei che consegnava gli abiti appena ultimati direttamente a casa di chi li ordinava e che si recava a domicilio per prendere le misure di prova per poi riportare gli indumenti in laboratorio da ultimare con le misure perfette, - mi raccontava di appartamenti da sogno, come quelli che si vedono nei films - e che presto, trattandosi altressì di un lavoro che la appassionava, divenne un'abilissima sarta dalla precisione indicibile, specializzata soprattutto nella preparazione di pantaloni da uomo, uno dei capi d'abbigliamento più difficili in assoluto da confezionare !



- fotografia 2 - Nonna Emma da ragazzina



Immaginate quanto potesse affascinarmi il vederla cucire, quando ormai la sua abilità aveva raggiunto l'apice, ad una velocità per me, bambina ancora piccola, incredibile: quando cuciva a mano i suoi punti piccolissimi erano tutti perfettamente identici l'uno all'altro tanto da sembrare dati con la macchina, quando cuciva con la sua pesantissima macchina, inserita nel mobile di radica, tipico degli anni quaranta-cinquanta, la velocità con cui quell'ago andava su e giù ... io neppure lo vedevo, ed in un attimo la cucitura era fatta ... per me era una sorta di fata dell'ago, era davvero bravissima, tanto che presto tra le sue numerose colleghe in breve tempo era infatti divenuta a suo tempo la migliore e spesso i lavori più cavillosi capitavano a lei, non a caso !

Il nonno, nel vedere il mio rapimento nell'osservarla, era solito dirmi:
- Impara, impara a cucire piccola mia, che per una donna l'arte del cucito è preziosissima !
il che non faceva che incentivare il mio desiderio di apprendere quello che mi sembrava un fare quasi magico, che nell'arco di pochissimi istanti trasformava pezzi di stoffa staccati in capi d'abbigliamento a dir poco perfetti o che, meravigliosamente, se sdruciti, li riparava ...
E così non potei davvero sottrarmi dalla volontà di imparare ad usare l'ago, scoprendo nel cucire non solo un'arte di estrema utilità, ma anche decisamente rilassante, appagante, che si piega alla creatività e all'estro, quando è applicata con passione.



- fotografia 3 - Nonna Emma e Nonno Gino all'epoca del loro fidanzamento



Ricordo con amore la pazienza e la passione con cui m'insegnò a cucire i primi bottoni (avevo allora 6 anni) e poi a spillare, imbastire, a fare le prime cuciture a mano e poi quelle a macchina, con sua grande ansia, perché la sua macchina da cucire non aveva alcuna protezione per le dita, ed era azionata da un grande, pesante pedale in ferro al quale dapprincipio i miei piedi stentavano ad arrivare data la mia tenera età e la mia ancora esigua statura: mi ci voleva il cuscino sulla seggiola per raggiungere il piano di cucitura, ma così mi allontanavo sempre di più dal pedale che azionavo letteralmente in con la punta delle dita dei piedi !

Con il suo aiuto mi sono preparata il corredo per la casa quando mi sono sposata, dato che quando papà andò in pensione mi fece dono di una macchina da cucire portatile, più moderna, leggere e maneggevole della sua, ed ancor oggi, che, ne sono certa, mi continua a seguire e guidare dall'alto dei Cieli, ogni qualvolta prendo in mano le sue forbici che tanto, tanto hanno lavorato nelle sue mani, sento la sua presenza al mio fianco, quasi come se ancora mi guidasse; purtroppo il tempo è sempre troppo limitato per i miei interessi e le mie passioni, per cui al cucito, così come al ricamo, sono costretta a dedicare ben poco tempo, ma non appena posso, cerco di dimenticare il resto e mi lascio andare a questa passione, soprattutto per rendere la casa più accogliente in quei momenti dell'anno in cui trascorriamo più tempo nel nostro nido cercando appagamento nel calore del focolare domestico.

Giorni fa mi sono dedicata con diletto a confezionare queste piccole cose 



- fotografia 4 - zucche di stoffa confezionate da me



che, con l'aggiunta di alcuni doni dei nostri boschi, sono divenute il centro tavola della nostra cucina in questi giorni di autunno ... 



- fotografia 5, fotografia 6 e fotografia 7 - centrotavola autunnale



Ah, l'autunno, la stagione che ci riconduce nelle nostre case in attesa del fascino dell'inverno da contemplare dietro i vetri delle nostre finestre !


Grazie nonna per avermi aiutata e per avermi tramandato questo tuo talento ... anche se mai diventerò brava ed abile come te, il cucito continua a rappresentare per me un'attività distensiva ed appagante grazie alla quale poter realizzare anche oggetti graziosi e che comunicano il calore con cui vestire l'intimità della nostra dimora ... e grazie per essermi sempre stata vicino fino all'ultimo con il tuo Amore. 





Carissimi Amici e Lettori,
prima di prendere congedo da Voi,
con la più profonda gratitudine che mai,
lasciate che vi invii il mio sentito affetto !


A presto💕









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James Hayllar, English Victorian Painter and beginner of a dinasty of artists.

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The Centre of Attraction




~ JAMES HAYLLARD'S BIOGRAPHY ~ 

Born in Chichester - at that time Sussex, now West Sussex, James Hayllar begun his studies at the Cary's Art Academy in London (in 1851 he painted a portrait of Francis Steven Cary rector of the Academy and already famous painting teacher of some Pre-Raphaelites such as Millais and Rossetti) and then attended the Royal Academy.

He traveled to Italy from 1851 to 1853, staying in the main Italian cities of art during his trip and particularly in Rome where he met another famous Victorian English painter (and sculptor), Sir Frederic Leighton. Regular exhibitor at the Royal Academy from 1850 to 98, he also showed his canvases at the British Institution and at the Royal Society of British Artists (RBA).

Initially Hayllar gained fame as a portraitist, but then he adapted his brush to what was called in English 'genre painting', that kind of painting that immortalizes scenes of daily and family life, thus making his work even much more popular.

Together with George Dunlop Leslie, who like him lived in the small town of Wallingford, located in Berkshire - now South Oxfordshire - and with whom he shared the same kind of painting, painted a great portrait of Queen Victoria to celebrate the Golden Jubilee in 1887, painting that today is still hanging on one of the walls of the town hall.

After marrying Edith Phoebe Cavell (1827-1899), aunt of Edith Cavell, the famous British nurse who was to be shot by the Germans because of betrayal during the Great War, he bought "Castle Priory" where he lived from 1875 to 1899, that is until he was widowed - and it is precisely during the years he lived there together with his family that the most expressive paintings date back, they're those depicting life scenes of the village and the surrounding areas.
This dwelling is remembered, especially by the daughters, as a place of gladness in which echoed cries of joy coming from children who not only lived there, but who often joined them, such as neighbors and cousins: the couple had nine children, four males and five females, five of whom became affirmed artists in turn.

Due to his wife's death, Hayllar moved to Bournemouth, where he remained until he expired in 1920.




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~ WHAT WE INHERITED 



As the Twig is bent so is the Tree inclined





A Family Grouping




Title unknown




 The Thorn





Mabel's Pensioners




 The Only Daughter




Never too late to Learn




Tea Time




May Day





Grandfather's Little Nurse




The First Born




Miss Lily's Carriage Stops the Way




 The Lemonade Drink


As for his offspring, one of the male children became a listed sculptor (we don't know exactly which one) and four daughters of his, following their father's footsteps, became famous painters in turn so much to see their works exhibited at the Royal Academy: I'm talking of


JESSICA HAYLLAR (1858-1940);


When we first met


EDITH HAYLLAR (1860-1948);


A Christmas Dinner at the Rectory



MARY HAYLLAR (1863-1950);


A Summer Shower


KATE HAYLLAR (1883-1900).


The Age of Innocence





In the hope to have delighted you with this collection of authentic works of art,
I heartily thank you and wish you all my best.



See you soon 💕








SOURCES:

Framing the Hayllar Sisters: a multi-genre biography of four English Victorian painters
Mary Gabrielle Hayllar, 2012;

James Hayllar's biography in Victorian Artists.










- immagine 1 - The Centre of Attraction





~ BIOGRAFIA DELL'AUTORE ~ 


Nato a Chichester nell'allora Sussex (ora West Sussex) James Hayllar vide formarsi la sua preparazione in ambito artistico presso la Cary's Art Academy di Londra ( è datato 1851 è un suo ritratto di Francis Steven Cary rettore della Academy è già insegnante di pittura di celebri Preraffaelliti tra cui Millais e Rossetti ) e quindi presso la Royal Academy.

Egli viaggiò in Italia dal 1851 al 1853 toccando, durante il suo viaggio, le principali città d'arte italiane e soggiornando particolarmente a Roma dove ebbe occasione di incontrare un altro famoso pittore ( e scultore ) dell'Inghilterra Vittoriana, Sir Frederic Leighton; espositore regolare presso la Royal Academy dal 1850 al 98, egli esibì le sue tele anche presso la British Institution e la Royal Society of British Artists (RBA), di cui era inoltre membro.


- immagine 2 sulla sinistra - Inizialmente Hayllar guadagnò fama come ritrattista, ma poi adeguò il suo pennello a quella che viene chiamata in inglese 'genre painting' ossia quel tipo di pittura che immortala scene di vita quotidiana e famigliare, facendo divenire così il suo operato ben più popolare.
Insieme con George Dunlop Leslie, che abitava con lui nella piccola cittadina di Wallingford, situata allora nel Berkshire - ora Oxfordshire meridionale - e con cui condivideva il genere di pittura, dipinse un grande ritratto della Regina Vittoria per celebrare il Golden Jubilee nel 1887; il dipinto ora è appeso ad una delle pareti del municipio della cittadina.

Dopo aver sposato Edith Phoebe Cavell (1827-1899), zia di Edith Cavell, la famosa infermiera britannica che doveva essere fucilata dai tedeschi sotto accusa di tradimento durante la prima guerra mondiale, acquistò "Castle Priory" dove abitò dal 1875 al 1899 - ossia fino a che rimase vedovo - ed è proprio a questo periodo che risalgono i dipinti più espressivi che ritraggono scene di vita del villaggio e delle zone limitrofe.
Questa dimora viene ricordata, soprattutto dalle figlie, come luogo della gioia in cui riecheggiavano le grida dello stuolo di bambini che non solo vi abitavano, ma che spesso a loro si univano, tra vicini e cugini: la coppia ebbe infatti nove figli, quattro maschi e cinque femmine, dei quali ben cinque divennero affermati artisti a loro volta.

In seguito alla morte della moglie, Hayllar si trasferì a Bournemouth, dove rimase fino alla sua dipartita, avvenuta nel 1920.





∗⊱༺*༺*⊰∗


~  CIO' CHE LASCIO' IN EREDITA' AI POSTERI 



- immagine 3 - As the Twig is bent so is the Tree inclined

- immagine 4 - A Family Grouping

- immagine 5 - Title unknown

- immagine 6 - The Thorn

- immagine 7 - Mabel's Pensioners

- immagine 8 -  The Only Daughter

- immagine 9 - Never too late to Learn

- immagine 10 - Tea Time

- immagine 11 - May Day

- immagine 12 - Grandfather's Little Nurse

- immagine 13 - The First Born

- immagine 14 - Miss Lily's Carriage Stops the Way

- immagine 15 -  The Lemonade Drink



Quanto alla sua discendenza, uno dei figli maschi divenne un quotato scultore ( non si sa con esattezza quale ) e quattro delle figlie, seguendo le orme del padre, divennero famose pittrici a loro volta tanto da vedere anche le loro opere esposte alla Royal Academy: sto parlando di



JESSICA HAYLLAR (1858-1940);

- immagine 16 - When we first met




EDITH HAYLLAR (1860-1948);

- immagine 17 - A Christmas Dinner at the Rectory




MARY HAYLLAR (1863-1950);

- immagine 18 - A summer Shower




KATE HAYLLAR (1883-1900).

- immagine 19 - The Age of Innocence





Certa di avervi deliziati con questa carrellata di autentiche opere d'arte, 
vi ringrazio sentitamente e vi auguro ogni bene.


A presto 💕











FONTI BIBLIOGRAFICHE:

Framing the Hayllar Sisters: a multi-genre biography of four English Victorian painters
Mary Gabrielle Hayllar, 2012;

James Hayllar's biography in Victorian Artists.







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