Quantcast
Channel: ~ My little old world ~ gardening, home, poetry and everything romantic that makes us dream.
Viewing all 255 articles
Browse latest View live

To bring Spring inside the heart ...

$
0
0


The words the happy say
Are paltry melody
But those the silent feel
Are beautiful -


Emily Dickinson, J1750





Le parole dette da chi è felice
Son meschina melodia
Ma le parole che sente chi tace
Sono bellissime -


Emily Dickinson, J1750



Analogamente a quella del Natale, quella della primavera è per me una condizione dell'animo, un modo di sentire e di vivere le piccole cose di tutti i giorni, uno stato di gioia interiore che non conosce l'avvicendarsi delle stagioni od il trascorrere degli anni; avere la primavera dentro significa gioire, sempre e comunque, quotidianamente, e non si tratta di qualcosa che possa essere imparato o trasmesso tramite insegnamento, è un dono, immenso e magnifico, che si porta dentro dalla nascita e che, come i fiori che la primavera reca, con gli anni può solamente essere coltivato e reso più gentile ... una sorta di giardino interiore dove alberga quella che chiamiamo GIOIA VERA ...




Perciò tutte le stagioni ti saranno liete,
Sia che l'estate vesta la comune terra 
Con la sua verzura, o che il pettirosso sieda e canti
Fra i ciuffi di neve sul ramo spoglio
Del melo muscoso, mentre la paglia gelata durante la notte
Fuma sotto il sole pel disgelo; sia che dalla gronda cadano gocce 
Udite solamente dalla mente assorbita dalla trance del loro suono,
O che il ministero segreto del gelo
Li tenga sospesi in ghiaccioli silenti,
Tranquillamente splendenti alla luce della quieta Luna.


Samuel Taylor Coleridge, Febbraio 1798







Therefore all seasons shall be sweet to thee,
Whether the summer clothe the general earth
With greenness, or the redbreast sit and sing
Betwixt the tufts of snow on the bare branch
Of mossy apple-tree, while the night-thatch
Smokes in the sun-thaw; whether the eave-drops fall
Heard only in the trances of the blast,
Or if the secret ministry of frost
Shall hang them up in silent icicles,
Quietly shining to the quiet Moon.


Samuel Taylor Coleridge, February 1798








Il mondo che tu coloravi 
il mattino dipinse di rosa -
ozioso il suo vermiglio
senza scopo il bagliore diramava
su regni di frutteti
che il giorno prima avevano conquistato
insieme al pettirosso - 

[ ...]


Emily Dickinson, J1171 (1870)





On the World you colored
Morning painted rose -
Idle his Vermillion
Aimless crept the Glows
Over Realms of Orchards
I the Day before
Conquered with the Robin -

[ ...]


Emily Dickinson, J1171 (1870)








Possedevo una gioia tanto grande
più dell'altre ai miei occhi
che smisi di misurarla, contenta
di quella forma incantata.

Fu per me limite del sogno, 

centro della preghiera,
godimento perfetto, trafiggente,
pago di sé come l'angoscia.

Non ebbi più fame né freddo; 

essi divennero fantasmi 
per questo nuovo valore dell'anima,
questa suprema ricchezza terrestre.

[...]


Emily Dickinson, J756 (1863)






One Blessing had I than the rest
So larger to my Eyes
That I stopped gauging - satisfied -
For this enchanted size -

It was the limit of my Dream -
The focus of my Prayer -
A perfect - paralyzing Bliss -
Contented as Despair -

I knew no more of Want - or Cold -
Phantasms both become
For this new Value in the Soul -
Supremest Earthly Sum -

[...]


Emily Dickinson, J756 (1863)








La felicità è come la brevità -
o ad essa proporzionale,
direbbero le scuole -
il mondo dell'arcobaleno -
Un velo 
colorato, spiegato dopo la pioggia,
avrebbe la stessa chiarezza
non fosse la fuggevolezza - 
che è alimento -

"Potesse durare"

chiedevo all'Oriente
quando la striscia curva 
accendeva il mio infantile
firmamento -
e io, dalla gioia, 
presi gli arcobaleni per cose usuali, 
e i cieli vuoti
per eccezionali -

Così pure le vite - 

così pure le farfalle - 

[ ...]


Emily Dickinson, J257 (1861) 






Delight is as the flight -
Or in the Ratio of it,
As the Schools would say -
The Rainbow's way -
A Skein
Flung colored, after Rain,
Would suit as bright,
Except that flight
Were Aliment -

"If it would last"
I asked the East,
When that Bent Stripe
Struck up my childish
Firmament -
And I, for glee,
Took Rainbows, as the common way,
And empty skies
The Eccentricity -

And so with Lives -
And so with Butterflies -

[ ...]


Emily Dickinson, J257 (1861) 






Che la gioia  e la serenità camminino sempre al vostro fianco, miei cari, mi sembra questo uno dei migliori auguri che vi possa rivolgere, dal mio cuore al vostro .... e ricordate sempre che 


V'è un Angolo di luce,
nei Meriggi Invernali ...

[...]


Emily Dickinson, J258 (1861)




A presto 













Fonti bibliografiche: 


Thomas James Wise, A bibliography of the writings in prose and verse of Samuel Taylor Coleridge, Cornell University Library, 2009;

Emily Dickinson, EMILY DICKINSON - TUTTE LE POESIE, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1997.













The words the happy say
Are paltry melody
But those the silent feel
Are beautiful -


Emily Dickinson, J1750






- picture 1




As that of Christmas, for me that of Spring is a condition of the soul, a way of feeling and living the little things of everyday life, a state of inner joy that doesn't know the seasons or the passing of the years; to have Spring inside means to rejoice, always, every day, and it is not something that can be learned or transmitted through teaching, it's a Gift, huge, magnificent, which one carries inside from the birth and that, like the flowers that Spring brings with it every year, can only be cultivated and made more gentle ... somethinhg like a inner garden where dwells what we call REAL JOY ...




Therefore all seasons shall be sweet to thee,
Whether the summer clothe the general earth
With greenness, or the redbreast sit and sing
Betwixt the tufts of snow on the bare branch
Of mossy apple-tree, while the night-thatch
Smokes in the sun-thaw; whether the eave-drops fall
Heard only in the trances of the blast,
Or if the secret ministry of frost
Shall hang them up in silent icicles,
Quietly shining to the quiet Moon.




Samuel Taylor Coleridge, February 1798






- picture 2


- picture 3







On the World you colored
Morning painted rose -
Idle his Vermillion
Aimless crept the Glows
Over Realms of Orchards
I the Day before
Conquered with the Robin -

[ ...]


Emily Dickinson, J1171 (1870)





- picture 4







One Blessing had I than the rest
So larger to my Eyes
That I stopped gauging - satisfied -
For this enchanted size -

It was the limit of my Dream -
The focus of my Prayer -
A perfect - paralyzing Bliss -
Contented as Despair -

I knew no more of Want - or Cold -
Phantasms both become
For this new Value in the Soul -
Supremest Earthly Sum -

[...]


Emily Dickinson, J756 (1863)






- picture 5







Delight is as the flight -
Or in the Ratio of it,
As the Schools would say -
The Rainbow's way -
A Skein
Flung colored, after Rain,
Would suit as bright,
Except that flight
Were Aliment -

"If it would last"
I asked the East,
When that Bent Stripe
Struck up my childish
Firmament -
And I, for glee,
Took Rainbows, as the common way,
And empty skies
The Eccentricity -

And so with Lives -
And so with Butterflies -

[ ...]


Emily Dickinson, J257 (1861) 






- picture 6





May the Joy and the Serenity always walk by your side, my dear, I think this one of the best wishes I can send you, from my heart to yours .... and always remember that




There's a certain Slaint of light,
Winter Afternoons ...

[...]


Emily Dickinson, J258 (1861)





See you soon 












Bibliographic sources: 


Thomas James Wise, A bibliography of the writings in prose and verse of Samuel Taylor Coleridge, Cornell University Library, 2009;

Emily Dickinson, EMILY DICKINSON - TUTTE LE POESIE, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1997.



PORTRAIT OF A LADY: Laura Ingalls Wilder.

$
0
0



Quest'oggi voglio raccontarvi della vita di una donna straordinaria che divenne, solamente in età avanzata, una prestigiosa scrittrice di libri per fanciulli e che rimane tutt'ora un'ideale da perseguire per ciascuno di noi per le lezioni che dalla vita seppe trarre.

Laura Elizabeth Ingalls nacque il 7 febbraio del 1867 nei Big Woods, I Grandi Boschi del Wisconsin, sette miglia a nord di Pepin, seconda di quattro figli. Quando ella doveva descrivere il carattere del padre, Charles Philip Ingalls, lo definiva come costantemente allegro, al punto da apparire persino sconsiderato, talvolta, sempre pronto ad allietare la famiglia prendendo il mano il suo violino e facendo suonare le sue corde per tenere alto il morale di tutti, mentre la madre Caroline Lake Quiner, insegnante, appariva agli occhi della figlia come una donna dolce ed educata, gentile, ed orgogliosa; le sue sorelle, erano Mary, la maggiore, nata nel 1865, Carrie e Grace, più giovani di lei, rispettivamente nate nel 1870 e nel 1877; Laura avrà anche un fratello minore, Charles Jr. (soprannominato Freddie), che nacque nel 1875 e che si spense all'età di soli nove 
mesi.


Caroline Celestia-Carrie, Mary Amelia e Laura Elizabeth fotografate nel 1875.





Charles & Caroline Ingalls, 'Pa e Ma'



Da bambina Laura si trasferì con la famiglia da un posto all'altro in tutto quello che potremmo definire il cuore dell'America; ispirato dalla legge Homestead Act promulgata da Lincoln nel 1862 che offriva 160 acri di "terra libera" ai coloni che vi avrebbero costruito una fattoria e avessero su di essa vissuto per cinque anni, Pa condusse la sua famiglia nelle grandi praterie.


 Interno di una tipica casa pioniera ed, accanto , la fedele ricostruzione della dimora in cui nacquero Mary e Laura nei Big Woods del Wisconsin. 



Era il 1868 quando la famiglia Ingalls lasciò il Wisconsin per la terra a circa 12 miglia da Independence, Kansas, entro i confini della Osage Diminished Reserve dove, aiutato da un vicino di casa, il signor Edwards, Pa edificò una casa ed una scuderia. 
Dopo la piantagione di numerose colture, la famiglia Ingalls fu costretta a lasciare questa terra nell'autunno del 1870, subito dopo la nascita di Carrie: Pa aveva udito voci secondo cui il governo aveva cambiato idea circa l'insediamento in quella porzione dello Stato e che i soldati erano in viaggio per costringere i coloni già stabilitivisi ad abbandonarla; egli non attese i soldati e nel 1871 ripresero possesso della loro vecchia casa nel Wisconsin, poiché la famiglia svedese a cui l'avevano venduta non intendeva ultimarne il pagamento ed aveva deciso di lasciarla, ma già solamente tre anni più tardi, nel 1874, gli Ingalls erano nuovamente in viaggio verso le praterie, questa volta del Minnesota, dove si stabilirono a Walnut Grove, vivendo dapprincipio in una casa-rifugio.



Due anni più tardi, si spostarono a Burr Oak, Iowa, dove Charles diverrà co-proprietario di un hotel, Caroline aiuterà soprattutto in cucina e le fanciulle si adopereranno per rassettare le stanze degli ospiti,



 The Masters Hotel, Burr Oak, IOWA



ma il richiamo che Pa avvertiva per la natura e la vita nella prateria, pur se ben più faticosa ed incerta, era talmente forte e dirompente che entro l'autunno del 1877 fecero tutti ritorno a Walnut Grove; nel 1879, lo spirito irrequieto di Charles Ingalls lo spinse a guidare la sua famiglia nel territorio del Dakota, dove si stabilirono in quella quella che sarebbe diventata De Smet, nel South Dakota, che rimase la dimora di Charles e Caroline per il resto della loro vita e purtroppo fu proprio durante quello stesso anno che Mary ebbe un attacco ischemico dal quale si riprese, ma perse totalmente la vista. Il loro secondo inverno a De Smet fu il peggiore che fu mai ricordato: numerose bufere di neve impedirono ai treni di consegnare tutte le forniture isolando la città da dicembre a maggio, e furono questi ricordi di giorni vissuti tra stenti e rinunce che segnarono la vita della giovane Laura forgiandone il carattere: ella ricorderà infatti, anni dopo, di aver cercato di sopravvivere allora alle rigide temperature, alla mancanza di cibo, di legna da ardere, e alla privazione di altre primarie necessità.



La famiglia Ingalls - Da sinistra verso destra: Ma Caroline Ingalls seduta, Grace Ingalls. Laura, Pa Charles Ingalls seduto, Carrie e Mary Ingalls, 1885-90.




Educata secondo i più saldi principi etici e religiosi, all'umiltà e alla rinuncia, alla disciplina e alla mansuetudine Laura, già di indole dignitosa e volitiva, crebbe con un carattere difficilmente rinunciatario e forte; a causa dei frequenti spostamenti della sua famiglia ella fu comunque in grado di frequentare la scuola con la sorella Mary, quando era loro possibile, altrimenti studiava a casa come autodidatta. Nel 1882, all'età di quindici anni, ricevette il suo certificato di insegnamento e per tre anni insegnò in una piccola scuola di campagna situata ad una dozzina di miglia dalla sua dimora a De Smet: fu in questo periodo che ella conobbe Almanzo James Wilder ( 13 febbraio 1857 )



di dieci anni più grande di lei, giovane dalle buone maniere che si era stabilito nelle vicinanze del piccolo centro nel 1879 insieme con il fratello Royal, il quale ben presto conquistò il suo cuore; Almanzo spesso accompagnava Laura a scuola o andava a prenderla al termine delle lezioni per ricondurla a casa con la sua slitta od il suo carro, a seconda delle stagioni, e spesso era invitato a casa dei suoi genitori per visite durante il fine settimana. 
Dopo averla corteggiata per poco più di due anni, Almanzo sposò Laura il ​​25 agosto del 1885 e fu così che la nostra giovane e capace insegnante fu costretta ad abbandonare l'insegnamento per aiutare il marito nella loro grande fattoria ed il 5 dicembre dell'anno successivo nacque Rose, la bellissima, unica figliola dei Wilders.



Sì, perché dovete sapere che se è vero che tutti i pionieri, ovvero quei coloni che tentarono di conquistare, stabilendovisi, nuove terre rubate alla natura selvaggia dell'America ancora inesplorata ed indomita, erano rassegnati a sopportare i disagi e l'incertezza della vita contadina, i Wilders dovettero provare il dolore causato da altre grandi tragedie che segnarono indelebilmente la loro vita: nel mese di agosto del 1889, Laura diede alla luce un bambino che morì poco dopo, un evento di cui non farà menzione alcuna in nessuno dei suoi libri; entrambi contrassero poi la difterite, una terribile malattia che causa problemi respiratori, ma se per Laura si trattò di una forma leggera che non lasciò alcuno strascico sul suo fisico, Almanzo rimase parzialmente paralizzato alle gambe, ovvero alle estremità e perciò, da allora, sempre bisognoso di assistenza; infine, la loro casa, costruita dallo stesso Manly - come Laura amava chiamarlo - venne rasa al suolo da un incendio divampato dalla cucina.

Dopo la malattia, Almanzo fu consigliato dai medici di recarsi in un luogo dal clima più mite e temperato da cui trarre giovamento per i suoi arti provati, e fu allora che i Wilders decisero di spostarsi in Florida, dove da tempo si era stabilito e viveva felicemente un cugino, ma si trattò di un periodo molto breve, una sorta di parentesi nella vita della giovane coppia che amava lavorare la terra del cuore degli States; senza altra dimora fecero quindi ritorno a De Smet, a quella che era per Laura la casa paterna, dove rimasero per un anno durante il quale ella trovò lavoro presso la sarta del paese e mise da parte quel denaro ( cento dollari ) che sarebbe servito loro per l'acquisto della casa dei loro sogni.


Si sentiva parlare di sviluppo del territorio delle Ozarks Mountains nel sud del Missouri, aziende del territorio facevano circolare immagini patinate di frutteti, di vitelli pasciuti, di colline alberate e torrenti impetuosi, il Missouri sembrava essere una terra promessa. Un vicino di casa di De Smet si recò negli Ozarks per dare un'occhiata e portò una mela dal Missouri e la diede a Laura: era più grande e la più rossa mela che avesse mai visto. 
Quella mela decise dove la famiglia Wilder si sarebbe successivamente stabilita.

Non appena i giorni di primavera cedettero il passo all'estate i Wilders cominciarono il loro viaggio verso Mansfield, nel Missouri, il luogo che avrebbero chiamato 'casa' per il resto della loro vita, 'La Terra delle Grandi Mele Rosse'( The Land of the Big Red Apple): era il 17 luglio del 1894, come ebbe ad annotare Laura nel diario che tenne durante tutto il loro viaggio quando il loro carro, bitumato a dovere da Almanzo, si lasciò alle spalle De Smet ( Laura non avrebbe più rivisto i sui adorati genitori ).
La sera prima il violino di Pa che suonava tutte le sere rallegrando l'intera famiglia anche nei periodi più bui e difficili, cui Laura era così affezionata, suonò per lei per l'ultima volta:

Quando il violino suonò le sue ultime note e giunse il momento di mettere a dormire Rose per un risveglio di prima mattina per la partenza, Pa chiese a Laura una promessa d'addio.
"quando me ne sarò andato, quando l'ora giungerà," le disse Pa "voglio che tu abbia il violino." 2



Giunti nel territorio degli Ozarks, i Wilders si trovarono in difficoltà nello scegliere una dimora, tante erano le fattorie disponibili ed i luoghi accattivanti in cui poterne edificare altre, ma Laura individuò facilmente il luogo che conquistò il suo cuore, aveva trovato ROCKY RIDGE FARM:


Manly indagò ed apprese che il prezzo della fattoria era di $ 400 - $ 10 per acro. Con essa venivano venduti 400 piccoli alberi di mele in attesa di essere piantati quando la terra sarebbe stata pronta. I precedenti proprietari avevano ordinato quegli alberi di mele da un vivaio. Poi avevano pensato ai lavori connessi con un frutteto e semplicemente abbandonarono le piantine di mele e la fattoria. Utilizzando la banconota da cento dollari a titolo di caparra, i Wilders acquistarono Rocky Ridge Farm il 24 settembre 1894 da The Bank of Mansfield.
Quando i documenti furono firmati in banca, Manly, Laura e Rose immediatamente si diressero verso la loro nuova casa. 3

"Il nostro ideale di casa era quella costruita da un uomo e una donna insieme", disse Laura.
La fattoria di Rocky Ridge dei Wilders crebbe grazie al lavoro congiunto di Laura e Manly che trasformarono la loro terra negli Ozarks in una fattoria frutticola, rinomata per la produzione di latticini ed avicola. Proprio come erano stati partner coltivando grano nel South Dakota, i Wilders erano determinati a creare una fattoria di successo nel Missouri e poichè Manly era ancora indebolita dai suoi storpi, aveva bisogno della rapidità e dell'energia di Laura che divenne la sua migliore aiutante. 4





Anche se entrambi erano interessati a tutti gli aspetti della vita della fattoria di Rocky Ridge, Manly e Laura decisero di dedicarsi ciascuno ad una specialità.
Laura scelse il pollame e parlerà sempre con orgoglio del fatto che vendere i suoi polli e le sue uova durante il primo inverno alla fattoria aveva contribuito a comprare il cibo ed i necessari approvvigionamenti in città. Manly decise che avrebbe gestito le mucche; egli sosteneva che Rocky Ridge fosse un caseificio naturale, con molto buona, limpida acqua di sorgente a disposizione e buona erba da pascolo che cresceva dove gli alberi erano stati abbattuti. Quando lui e Laura acquistarono altri quaranta acri di terreno da aggiungere alla fattoria, vi era davvero lo spazio necessario per allevare un'intera mandria di bestiame.

Il tempo del lavoro alla fattoria lasciava vacante qualche ora durante le giornate di Laura, la quale decise di cominciare a scrivere le proprie memorie, pensando a come erano velocemente cambiati i tempi nel corso degli anni in cui ella visse; Rose nel frattempo aveva trovato lavoro come giornalista e la spronò in questo suo intento che però non trovò riscontro alcuno; pensò quindi di cambiare uditorio e di rivolgersi ad un pubblico di età inferiore, che forse avrebbe trovato interessante la vita di una ragazza delle praterie, di una PRAIRIE GIRL: aveva trovato la chiave di volta per il suo successo !
Alla pubblicazione del primo libro, fece seguito quella di altri sette a comporre una sorta di saga della sua vita, ricolma di aneddoti curiosi, di saggezza, di buoni sentimenti.



 “I began to think what a wonderful childhood I had had. How I had seen the whole frontier, the woods, the Indian country of the great plains, the frontier towns, the building of railroads in wild, unsettled country, homesteading and farmers coming in to take possession…Then  I understood that in my own life I represented a whole period of American history” 






 Laura Ingalls Wilder ad una Fiera del Libro tenutasi a Detroit nel 1937



Perdonate la lunghezza della narrazione, ma la vita di Laura fu così ricca di eventi ed avventurosa ( e se vogliamo anche piuttosto lunga considerato che riuscì a compiere 90 anni ) che non mi è stato possibile decurtarla ulteriormente, ed omettere fatti significativi avrebbe rappresentato un pesante ostacolo alla comprensione della sua personalità e del suo carattere gioioso, solerte, pervicace, mansueto ...

Nella speranza che abbiate gradito questo mio 'ritratto' di una donna così tanto eccezionale, come sempre concludo augurandovi il meglio, miei carissimi amici e lettori, ed abbracciandovi con sempre maggiore gratitudine e riconoscenza,

a presto 












Fonti bibliografiche:

William Anderson, Laura Ingalls Wilder Country: The People and places in Laura Ingalls Wilder's life and books, Harper Collins, 1990;

William Anderson, Laura Ingalls Wilder: A Biography, Harper Collins, 1992;

Emma Carlson Berne, Nicole Elzenga, Laura Ingalls Wilder, ABDO Publishing Company, 2008;

Wendy McClure, The Wilder Life: My Adventures in the Lost World of Little House on the Prairie, Riverhead Books, Penguin Group USA, 2011.





Citazioni: 

1 - William Anderson, Laura Ingalls Wilder: A Biography, Harper Collins, 1992, pag. 141;

2 - Op. cit., pag. 145; 

3 - Ibidem, pag. 150;

4 - Ibidem, pag. 152;

5 - Ibidem, pag. 157.














- picture 1




Today I want to tell you the life of an extraordinary woman who became, only in old age, a prestigious writer of books for children, and who still remains an ideal to be pursued for all of us, because of the lessons that she drew from her life.

Laura Elizabeth Ingalls was born February 7th, 1867 in The Big Woods of Wisconsin, seven miles north of Pepin, the second of four children. When she had to describe the nature of her father , Charles Philip Ingalls, she defined him as  a constantly cheerful man, even to the point of being reckless, sometimes, always ready to cheer the family taking his fiddle and playing its strings to keep up all in good spirits, while her mother Caroline Lake Quiner, teacher, was in the eyes of her daughter a gentle and educated woman, kind and proud; her sisters were Mary, the eldest, born in 1865, Carrie and Grace, younger than she, born respectively in 1870 and in 1877; Laura will also have a younger brother, Charles Jr. (nicknamed Freddie), who was born in 1875 and died at the age of only nine months.




- picture 2 - Caroline Celestia-Carrie, Mary Amelia e Laura Elizabeth in 1875.


- picture 3 - Charles & Caroline Ingalls, 'Pa e Ma'




As a little girl Laura moved with her family from place to place in that which could be called the heart of America; inspired by the Homestead Act law promulgated by Lincoln in 1862 which offered 160 acres of "free land" to the settlers that they would build a farm there and had lived on it for five years, Pa led his family to the great prairies.




- picture 4 - Interior of a typical pioneer's house and faithful reconstruction of the house in which Mary and Laura were born in the Big Woods of Wisconsin.




It was 1868 when the Ingalls left Wisconsin for the land about 12 miles from Independence, Kansas, within the boundaries of the Osage Diminished Reserve where, helped by a neighbor, Mr. Edwards, Pa built a house and a stable.
After planting several crops, they were forced to leave this earth in the fall of 1870, just after Carrie's birth: Pa had heard rumors that the government had changed its mind about the settlement in that portion of the State and that the soldiers were on their way to force the settlers to abandon it; he didn't wait for the soldiers and in 1871 they regained possession of their old home in Wisconsin, since the Swedish family to which they had sold it had no intention to ultimate their payment and had decided to leave it, but just only three years later, in 1874, the Ingalls were again on their way to the prairies, this time in Minnesota, where they settled in Walnut Grove, at first living in a dugout house.




- picture 5 - Their dugout at Walnut Grove




Two years later, they moved to Burr Oak, Iowa, where Charles will become co-owner of a hotel, Caroline will help especially in the kitchen and the girls will work to tidy up the guest rooms,




- picture 6 -  The Masters Hotel, Burr Oak, IOWA




but the lure that Pa felt for nature and the life on the prairies, although more laborious and uncertain, was so dramatic and profound than in the autumn of 1877 they did all return to Walnut Grove; in 1879, the restless spirit of Charles Ingalls pushed him to lead his family in the Dakota Territory, where they settled in what would become the De Smet, South Dakota, which will be the home of Charles and Caroline for the rest of their life and unfortunately it was during that year that Mary had an ischemic attack from which she recovered, but she'll lose completely her sight. Their second winter in De Smet was the worst that was ever mentioned: several snow storms prevented trains to deliver all supplies by isolating the small town from December to May, and the memories of these days lived among hardships and sacrifices will mark young Laura's life molding her character: as she'll have to say, years later, she tried to survive the cold weather, the lack of food, of firewood, and to deprivation of other basic needs.




- picture 7 - The Ingalls Family L-R: Ma seated Caroline Ingalls, Grace Ingalls, Laura, Pa Charles seated, Carrie and Mary Ingalls, 1885-90s


- picture 8 - Laura as a girl




Educated according to the highest ethical and religious principles, to humility and renunciation, to discipline and meekness Laura, already dignified and with a strong-willed character, grew up with an unlikely defeatist and strong character; in spite of the frequent movements of her family she was anyway able to attend school with her sister Mary, when it was possible for them, and when it wasn't, she studied at home as a self-taught. In 1882, at the age of fifteen, she received her teaching certificate and taught for three years in a small rural school located a dozen miles from her home in De Smet: it was at this time that she met Almanzo James Wilder (13 February 1857),




- picture 9 - Almanzo as a boy




ten years older than she, a well-mannered young man who had settled near the small town in 1879 along with his brother Royal, who soon won her heart; Almanzo often accompanied Laura to school or went to pick her up after her lessons to bring her home with his sleigh or his wagon, depending on the seasons, and was often invited by her parents' home for visits on weekends.
After having courted her for just over two years, Laura and Almanzo got married on August 25th, 1885 and that's why our young and capable teacher was forced to leave the teaching to help her husband in their large farm and on December 5th of the year after Rose, the beautiful, unique daughter of Wilders, was born.




- picture 10 - Rose




Yes, because you should know that if it's true that all the pioneers, or those settlers who attempted to conquer, establishing themselves on new lands stolen from the unexplored and indomitable wilderness of America, were resigned to endure the inconvenience and uncertainty of their peasant life, the Wilders had to experience the pain caused by other great tragedies that marked indelibly their lives: on August 1889, Laura gave birth to a son who died shortly after, an event she'll never mention in any book of hers; then, them  both contracted diphtheria, a terrible disease that causes breathing problems, but if for Laura it was a mild form that didn't let any consequence on her health and on her physical, Almanzo remained partially paralyzed in his legs, more precisely at his feet, and therefore, since then, more in need of assistance; finally, their home, built by the same Manly - as Laura liked to call him - was completely destroyed by a fire started from the kitchen.

After his illness, Almanzo was advised by doctors to travel to a place with warmer and more temperate weather from which to benefit for his tried arts, and it was then that the Wilders decided to move to Florida, where for some time he had settled and happily lived a cousin of theirs, but it was a very short period, a sort of parenthesis in the life of the young couple who loved to work the land in the heart of the US; with no other house they returned to De Smet, in what was for Laura her father's house, where they stayed for a year during which she found work by the seamstress of the town and put aside some the money (one hundred dollars) that would have been so useful to purchase the home of their dreams.




- picture 11 - Laura as a young woman




They heard of land development in the Ozarks Mountain of southern Missouri. Land companies circulated glossy pictures of orchards, fat cattle, tree-covered hills and rushing stream. Missouri seemed to be a land of promise. A neighbour from De Smet went to the Ozarks to look things over. He brought back a Missouri apple and gave it to Laura. It was the biggest, reddest apple she had seen. That apple decided where the Wilder family would settle next. 1

As soon as the days of Spring gave way to the Summer, the Wilders began their journey to Mansfield, Missouri, the place they'd call 'home' for the rest of their lives,'The Land of the Big Red Apples': it was July 17th, 1894, as Laura wrote down in the diary she kept during their entire trip, when their wagon, properly bituminised by Almanzo, left De Smet behind itself (Laura wouldn't have seen her parents anymore).
The night before Pa's fiddle, playing every night rejoicing the whole family even in the darkest, most difficult times, which Laura was so fond of, sounded for her for the last time:

When the fiddle played its last notes and it was time to get Rose to sleep for and early-morning start, Pa gave Laura a farewell promise. 
"When I'm gone, laura, when the time comes," Pa told her, "I want you to have the fiddle."2





- picture 12 - Pa's fiddle





Once in the Ozarks area, the Wilders were in difficulty in choosing a home, many farms were available and there were also attractive places in which to build others, but Laura easily spotted the place that captured her heart, she found ROCKY RIDGE FARM:




- picture 13 - Laura on the porch of her home




Manly inquired and learned that the price for the farm was $400 - $10 per acre. With the farm came 400 tiny apple trees waiting to be planted when the land was cleared. The previous owners of that land had ordered those apple trees from a nursery. Then they had thought with the work connected with an orchard and simply abandoned the apple seedlings and the farm. Using the hundred-dollar bill as a down payment, the Wilders bought Rocky Ridge farm on September 24, 1894 from The Bank of Mansfield.
When the papers were signed at the bank, Manly, Laura and Rose inmediateluy moved out to their new home. 3

"Our idea of and ideal home is one built by a man and woman together," Laura said. 
The  Wilders' Rocky Ridge Fram was developed through Laura and Manly working together to transform their Ozark land into a fruit, dairy and poultry farm. Just as they had been partners as wheat farmers in South Dakota, the Wilders were determined to create a successfull farm in Missouri. Bacuase manly was still weakened by his creepled feet, he needed laura's quickness and energy. She became Manly's best helper. 4




- picture 14 - Laura taking care of the vegetable garden at Rocky Ridge Farm


- picture 15 - Collage of Rocky Ridge farm seen by outside, its living room and Almanzo at work in his fields




Although they both were interested in every aspect of the farming that was done on Rocky Ridge, Manly and Laura also decided to each select a speciality.
Laura chose the poultry; she was always proud that selling her chickens and eggs during the first winter on the farm had helped buy needed food and supplies from town. Manly decided that he would handly the cows; he said thet Rocky Ridge was a natural diary farm, with much good, clear spring water available and good grazing grass growing where the trees were cleared. When he and Laura bought another fourty acres to add to the vfarm, there was plenty of land for a herd of cattle. 5

The work time at the farm left vacant a few hours during the days of Laura, who decided to start writing her memoirs, thinking about how they were quickly changed the times over the years in which she lived; Rose in the meantime had found work as a journalist and urged her in this intent of hers, which, alas did not find any response; then Laura thought of changing audience and to speak to younger people, to children, that perhaps would  have found interesting the life of a PRAIRIE GIRL: she had found the key to her success!
The publication of her first book, was followed by that of other seven to compose a sort of saga of her life, full of curious anecdotes, of wisdom, of good feelings.




“I began to think what a wonderful childhood I had had. How I had seen the whole frontier, the woods, the Indian country of the great plains, the frontier towns, the building of railroads in wild, unsettled country, homesteading and farmers coming in to take possession…Then  I understood that in my own life I represented a whole period of American history” 







 Laura Ingalls Wilder speaking at a Detroit Book Fair in 1937






Forgive me for the length of the story, but the life of Laura was so eventful and adventurous (and also quite long, since she managed to turn 90) that it wasn't possible to me to further curtail it or to omit significant facts, which would constitute a heavy obstacle to the understanding of her personality and her joyful, diligent, stubborn, gentle character ...

In the hope that you have enjoyed this 'portrait' of such exceptional a woman, as usual I'm concluding by wishing you all my best, my dear friends and readers, and embracing you with ever greater gratitude and appreciation,


see you soon 














Bibliographyc sources:

William Anderson, Laura Ingalls Wilder Country: The People and places in Laura Ingalls Wilder's life and books, Harper Collins, 1990;

William Anderson, Laura Ingalls Wilder: A Biography, Harper Collins, 1992;

Emma Carlson Berne, Nicole Elzenga, Laura Ingalls Wilder, ABDO Publishing Company, 2008;

Wendy McClure, The Wilder Life: My Adventures in the Lost World of Little House on the Prairie, Riverhead Books, Penguin Group USA, 2011.





Quotations: 

1 - William Anderson, Laura Ingalls Wilder: A Biography, Harper Collins, 1992, pag. 141;

2 - Op. cit., page 145; 

3 - Ibidem, page 150;

4 - Ibidem, page 152;

5 - Ibidem, page 157.





LINKING UP WITH:





STEPHANIE'S




~ To travel with the Empress ~

$
0
0


"Archduchess Sophia cared for nobody, or nothing, as long as she continued to reign supreme; and she hated, at first sight, the beautiful and saint-like Elizabeth.
The whole Court, from the first, followed the example of Archduchess Sophia, and seized every opportunity to vex, humiliate and wound the girl-wife." 1 



(All'Arciduchessa Sofia non importava di nulla e di nessuno, finché continuò a regnare sovrana; e odiò, a prima vista, la bella Elisabetta dall'apparenza angelicata.
Tutta la Corte, fin dal principio, seguì l'esempio dell'Arciduchessa Sofia, e non perse occasione per affliggere, umiliare e ferire la moglie-adolescente.) 1 

Spinta dall'atmosfera tetra, greve, irrespirabile della Corte cui l'adorato consorte non cercava di porre rimedio in modo alcuno - Egli a Corte era cresciuto, dalla madre il suo agire era sempre stato soggiogato, architettato e diretto ed era innanzitutto l'Imperatore, il cui dovere principale era di natura politica e burocratica, gli affetti erano da lui considerati di secondaria importanza - ed amareggiata dalle sue prime relazioni extraconiugali, l'imperatrice Elisabetta d'Austria cercherà di trascorrere a Vienna il minore tempo possibile e di affiancare ai viaggi di rappresentanza, compiuti insieme con l'Imperatore, viaggi di piacere, o forse sarebbe più appropriato dire di necessità, visto che il loro scopo precipuo era di natura evasiva e liberatoria, non di certo maniacale, come spesso veniva sibilato: ella viaggiava per non pensare alle delusioni che la vita continuava a serbarle.

L'imperatrice non era né pazza neppure sempre malinconica o triste; era una donna che non è mai stata udita pronunciare o vista fare qualcosa di poco gentile; ma possedeva un grande orrore per le falsità e le anguste convenzioni praticate da tutti coloro che la circondavano.
Era generosa e di buon cuore ad un tale livello, e spesso mostrava un aspetto allegro ed ilare del proprio carattere ai pochissimi che amava e di cui si fidava. E soprattutto aveva una grande anima artistica, che ambiva ad una vita bella, circondata sempre da cose piacevoli da vedere.

Sentendosi quasi un incomodo per l'aristocrazia che la circondava e non potendo neppure manifestare il proprio amore materno, essendole stati i figli Rudolph e Gisela 'sequestrati' dalla suocera che ne seguiva passo passo l'educazione e che su di essi vegliava affinché crescessero come lei ambiva, Sisi cominciò a viaggiare prima della nascita di Marie Valerie (1868), per l'esattezza era il 1860 quando varcò i confini dell'Impero per recarsi a Madeira sullo yacht Osborne prestatole dalle regina Victoria; 



L'imperatrice immortalata durante la sua vacanza, probabilmente ad una festa.




con il trascorrere del tempo le sue assenze dalla Hofburg divennero sempre più frequenti, intense e lunghe, soprattutto dopo il matrimonio dell'amata Marie Valerie (1890), la figlia che aveva cercato di crescere strappandola agli atavici rituali di Corte - data la malattia e poi la morte dell'ormai anziana Arciduchessa Sophia - spesso compagna di viaggio, e la tragica dipartita del Principe Ereditario (1889) che segnerà indelebilmente non solo la sua vita, ma renderà più flebile anche il suo stato di salute, minandola anche nel fisico.

Ma non intendo qui oggi farvi un elenco dei luoghi da Sua Maestà Imperiale visitati, quanto piuttosto osservare insieme con voi quali erano i mezzi di trasporto sui quali Ella si spostava.

La maggior parte dei propri viaggi Sisi li compì soprattutto a bordo di una carrozza che poteva agganciarsi all'estremità posteriore dei treni, composta di due vagoni,



© Technisches Museum Wien, Foto: Peter Sedlaczek



una sorta di vettura al cui interno era stato ricostruito un ambiente nobile, una sorta di lussuosa residenza circolante.
A partire dal 1872, infatti, furono realizzati numerosi progetti per la costruzione di una carrozza termica a lei destinata che doveva comprendere due stanze su ruote, ovvero un vagone-letto ed un vagone-salotto; il progetto che venne approvato e divenne realtà, recava la firma della rinomata carrozzeria F. Ringhoffer di Praga, datava 1873 e cominciò a circolare l'anno successivo.



Fotografia d'epoca che ci mostra il Salonwagen all'epoca del suo primo viaggio



L'Hofsalonwagen, la carrozza imperiale, la cui lunghezza superava i 9,5 metri per vagone, constava di un Salonwagen,



ovvero di un vagone-salotto che era arredato in maniera confortevole con uno scrittoio ed una poltrona imbottita per dormire attigua alla toilette; nel vagone era anche stata posta un ulteriore poltrona per la dama di compagnia e tutto il vagone veniva riscaldato grazie a dei caminetti posti sotto il carrello, alimentati dall'esterno con piccoli blocchi di carbone da legna, e di uno Schlafwagen 



ossia di un vagone-letto, dotato di un lussuoso giaciglio, di un tavolino, di uno specchio, di una poltrona, di una zona toilette, con tanto di acqua corrente, e di un piccolo spazio per la dama di compagnia.

Nel 1895 entrambi i vagoni vennero dotati di luce elettrica (grazie alla ditta Hardy di Vienna), di riscaldamento a vapore, di condotti per il freno continuo automatico e di un freno pneumatico per collegare i sistemi di frenatura di entrambi, così come di un segnale elettrico per la comunicazione interna.

Va da sé che dopo la morte improvvisa dell'imperatrice Elisabetta, nel 1898, la carrozza imperiale venne messa fuori servizio e destinata al museo ferroviario austriaco; dal 2004 si puo' ammirare una copia del vagone-salotto nel Sisi Museum, al palazzo della Hofburg.


Risale a quegli stessi anni la costruzione dello kaiserliche Yacht Miramar - Yacht imperiale Miramar, anzi proprio 1872 data questa fotografia che ne ritrae le fasi finali presso i cantieri navali del porto Pola.



Utilizzato sia per viaggi privati dei membri della famiglia al potere, così come in occasioni ufficiali quale yacht di stato, il Miramar venne utilizzato per 40 anni durante i quali fu più volte ristrutturato per renderlo più all'avanguardia sia da un punto di vista tecnico sia in quanto ai comfort di cui di volta in colta veniva dotato, per giungere fino all'elettrificazione operata nel 1882.




Le eleganti scale di accesso al ponte superiore





Sarà durante gli anni 80-90 che Sisi preferirà la via del mare con il quale il dialogo interiore si farà sempre più intenso ed appagante; 



"Sopra di te, come i tuoi uccelli marini, 
io circolo senza riposo.
Per me la terra non possiede più un angolo
 dove costruire un nido duraturo .. "


~ Imperatrice Elisabetta d'Austria



spesso attraccato in prossimità del porticciolo del Castello di Miramare a Trieste, l'imperatrice se ne servirà per compiere le proprie 'crociere' all'interno delle acque del Mediterraneo, soprattutto per scendere l'Adriatico e raggiungere le coste del Peloponneso, da lei amate al punto da far edificare, nel 1890, presso Corfù, l'Achilleion, la sontuosa villa imperiale ( annoverava più di cento stanze) da lei interamente progettata e realizzata da un architetto italiano, interamente ispirata allo stile dei templi greci, immersa in giardini profumati da inebrianti piante mediterranee ed esotiche che divenne il vero, ultimo paradiso in terra di Elisabetta, la quale qui trovava quella pace e quella chetezza che il suo animo non riusciva più a trovare altrove o per costeggiare la Riviera dei Fiori, partendo dalla Costa Azzurra per giungere fino ai promontori liguri e raggiungere i centri dai nomi più rinomati tra l'aristocrazia, da Cap Saint Martin a Cap d'Antibes, a Sanremo, a Genova e saranno proprio quelle di Sanremo le ultime acque che il Miramar con lei a bordo solcherà nell'inverno del 1898.



L'imperatrice schermata dal suo parasole sul ponte del Miramar durante uno dei suoi numerosi viaggi a bordo.




( spesso gli ultimi viaggi in località marittime le saranno consigliati dai medici che ritenevano giovevole per Sua Maestà la respirazione del salmastro per i problemi polmonari e cardiaci che precocemente, e a fasi alterne, fiaccheranno la salute dell'imperatrice, così come il recarsi nelle località termali austriache quali Bad Kissingen e quelle situate tra le Alpi Svizzere, ahimè ! ).

E veniamo infine alle carrozze, di cui difficilmente, se non in rare occasioni, l'imperatrice si serviva, essendo un'abile camminatrice ed un'eccezionale amazzone: quella che vedete nell'illustrazione qui sotto 



Landaulette prodotta da Carl Marius Jr., in Vienna nel 1885 ) era utilizzata dall'Augusta Signora per muoversi indisturbata tra le strade di Vienna e solo in un'occasione servì alla coppia imperiale per raggiungere Budapest ( come illustrato nella fotografia che fa da copertina al post ).
Talvolta Ella portava con sé durante i suoi viaggi questa vettura comoda e confortevole solamente se doveva muoversi all'interno di qualche città.


Concludo con due immagini che dedico in modo particolare agli/alle amanti dell'imperatrice: la prima rappresenta la sua toilette da viaggio




 e la seconda il suo kit personale per scrivere e cucire.





"Le destinazioni sono auspicabili solo perché un viaggio vi sta nel mezzo. Se fossi giunta in un luogo e avessi saputo che non avrei mai più viaggiato nuovamente, anche un soggiorno in paradiso si sarebbe trasformato in un inferno per me. "


~ Imperatrice Elisabetta d'Austria



Vecchio girocollo che reca un ciondolo con all'interno un'immagine dell'imperatrice.




Con tutto il mio affetto e la più sincera, profonda gratitudine prendo congedo da Voi, carissimi amici e lettori  che mi seguite sempre con entusiasmo ed ammirazione, augurandovi tutto il meglio che possiate desiderare.

A presto 












Bibliography:

Hellmut Andics, Die Frauen der Habsburger, WILHELM HEYNE VERLAG, München
1995;

Angela Micaella Battani, L'IMPERATRICE SISSI - "LA FIGLIA SEGRETA", Anatomia di una vitaEdizioni Medicea, Firenze, 2012;

Marie Louise, Countess Larisch von Wallersee-Wittelsbach with Paul Maerker Branden and Elsa Brander, HER MAJESTY Elisabeth of Austria-Hungary, The Beautiful, Tragic Empress of Europe's Most Brilliant Court, DOUBLEDAY, DORAN & COMPANY Inc. GARDEN CITY, NEW YORK, 1934;

Elisabetta d'Austria, Diario poeticoMGS PRESS SAS, 1998;

ELISABETTA D'AUSTRIA NEI FOGLI DI DIARIO DI COSTANTIN CHRISTOMANOS, Adelphi edizioni S.p.A., Milano, 1989;

Maria Valeria d'Asburgo, La prediletta - Il diario della figlia di Sissi, a cura di Martha e Horst Schad, traduzione di Flavia Floradini, MGS PRESS, 2001;

Conte Egon Cesar Corti, L'imperatrice ElisabettaMondadori, Milano, 1937;

Brigitte Hamann, Elisabeth. Kaiserin wieder Willen, Amalthea Verlag, Wien, München, 1982;

Brigitte Hamann, (a cura di)ELISABETH Bilder einer KaiserinAmalthea Verlag, 1998;

Maria Matray - Answald Kruger, L'attentato, MGS PRESS, Trieste, 1998;

Marguerite Cornell Owen, THE MARTYRDOM OF AN EMPRESS WITH PORTRAITS FROM PHOTOGRAPHS [ 1898]HARPERS & BROTHERS PUBLISHERS, NEW YORK AND LONDON, collected by Benno Loewy, bequeathed to Cornell University - The Cornell University Library Digital Collection;

Xavier Paoli, THEIR MAJESTIES AS I KNEW THEM - Personal Reminescences of the Kings and Queens of Europe, EDITORA GRIFFO (edizione originale Parigi, 1934);

Gabriele Praschl - Bichler, L'Imperatrice Elisabetta, Longanesi & C., Milano, 1997;

Nellie Ryan, My Years at the Austrian Court, John Lane, 1915, ristampa del settembre 2015, edizione Forgotten Books;

Irma Sztáray, Elisabeth gli ultimi anni, L'imperatrice raccontata dalla sua Dama d'onore, MGS PRESS, Trieste, 2010;

Countess Zanardi Landi, THE SECRET OF AN EMPRESS, Fredonia Books, Amsterdam, The Netherlands, 2004, reprinted from the 1915 edition. 



Quotations:

1 - Nellie Ryan, My Years at the Austrian Court, John Lane, 1915, ristampa del settembre 2015, edizione Forgotten Books, pag. 17;

2 - op. cit., pag. 38.











Archduchess Sophia cared for nobody, or nothing, as long as she continued to reign supreme; and she hated, at first sight, the beautiful and saint-like Elizabeth.

The whole Court, from the first, followed the example of Archduchess Sophia, and seized every opportunity to vex, humiliate and wound the girl-wife.1






- picture 1




Pushed by  the gloomy, heavy, stifling atmospere surrounding the Court to which the adored husband did not try to remedy in any way - He had grown up in Court, by his mother his actions had always been subjugated, masterminded and directed and first of all He was the emperor , whose main duty was of political and bureaucratic nature, afections were considered by Him of secondary importance - and embittered by His first extramarital affairs, Empress Elisabeth of Austria will try to spend in Vienna the least time possible and to put beside the representation trips, She had to do together with the Emperor, leisure travel, or perhaps it would be more appropriate to say trips of necessity, since their primary purpose was of evasive and of liberating nature, certainly not manical, as was often suggested, She was travelling for not to think of the disappointments that life continued to keep Her.


The Empress was neither mad nor even always melancholy or sad. She was a  woman who was never heard to say or do an unkind thing; but she possessed a great horror of the shams and narrow conventions practicised by all around her.
She was generous and warm-hearted to a degree, and often showed a merry, laughing side to the very few whom she loved and trusted. And above all she had a great artistic soul, which yearned for a beautiful life, surrounded always by things beautiful. 2


Feeling almost an inconvenience for the aristocracy surrounding Her and unable even to give expression to Her maternal love, given that her children Rudolph and Gisela were 'seized' by Her mother-in-law who wanted to follow step by step their education and who watched over them to grow them exactly as she wanted, Sisi began to travel before the birth of Marie Valerie (1868), to be exact it was 1860 when She crossed over the Empire's borders to travel to Madeira on the yacht Osborne lent Her by Queen Victoria;




- picture 2


- picture 3 - The Empress immortalized during Her holiday, probably at a party.




with the flowing of the time, Her absences from the Hofburg became more frequent, intense and long, especially after the marriage of Her beloved Marie Valerie (1890), the daughter who She tried to grow by 'snatching' her away from the atavistic rituals of the Court -  given the illness and then the death of the old Archduchess Sophia - often Her travelling companion, and the tragic demise of the Crown Prince (1889) that will indelibly mark not only Her life, but it will make more feeble also Her state of health, even in Her body.

But today I don't mean to give you a list of the places Her Imperial Majesty visited, but rather to observe along with you what were the means of transport on which she moved.

Sisi made most of her travels especially on board of  a carriage which could be engaged to  the rear end of the train,




- picture 4 and  picture 5 - © Technisches Museum Wien, Foto: Peter Sedlaczek




a kind of car inside which a noble environment was built, it was something like a luxurious circulating residence.
Starting from 1872, in fact, several projects were made for the construction of a thermal carriage to Her intended, which had to include two rooms on wheels, that is, a sleeping-wagon and a living room-wagon; the project which was approved and became reality, bore the signature of the renowned carriages' builders F. Ringhoffer from Prague, dated 1873 and began to circulate the following year.




- picture 6 - Vintage photography showing us the Salonwagen at the time of its first trip.




The Hofsalonwagen or the imperial carriage, whose length was over 9.5 meters per wagon, consisted of a Salonwagen,




- picture 7


- picture 8




or a living room-wagon which was comfortably furnished with a desk and an easy chair to sleep adjacent to the toilet; in the car was also been placed a further chair for the lady in waiting and  the whole car was heated through fireplaces placed under the carriage, powered externally with small wood burning coal blocks, and of a Schlafwagen




- picture 9


- picture 10




that is a sleeping-wagon, equipped with a luxurious bed, a small table, a mirror, a chair, a toilet area, complete with running water, and a small space for the lady in waiting.

In 1895 both wagons were equipped with electric light (thanks to the company Hardy from Vienna), steam heating, of ducts for the continuous automatic brake and a pneumatic brake to connect to the braking systems of the two wagons, as well as with an electrical signal for internal communication.

Needless to say that after the sudden death of Empress Elizabeth, in 1898, the car was taken out of service and delivered to the Austrian railway museum; since 2004 you can see a copy of the Living room-wagon  in the Sisi Museum at the Hofburg palace.

It dates back to those same years the construction of the kaiserliche Yacht Miramar - Imperial Yacht Miramar, indeed, precisely to 1872 dates this photograph which depicts its final stages at the shipyards of Pula harbor.




- picture 11




Used both for private travel of the family members  as well as on official occasions such as state yacht, the Miramar was used for 40 years during which it was repeatedly restructured to make it more advanced both from a technical point of view and adding the comforts with which, little by little, it was equipped, to arrive to the electrification made in 1882.




- picture 12


- picture 13 - The elegant stairs leading to the upper deck


- picture 14




It will be in the years 80-90 that Sisi will prefer the sea route for the inner dialogue with the sea will become more intense and satisfying;




“O'er thee, like thine own sea birds, 
I'll circle without rest.
 For me earth holds no corner 
To build a lasting nest..” 


~ Empress Elisabeth of Austria



often moored by the porticciolo of Miramare Castle in Trieste, the Empress will use it to make Her 'cruises' inside the Mediterranean waters, especially to plough the waves along the Adriatic Sea and reach the shores of the Peloponnese, so loved by Her to the point of building, in 1890, in Corfu, the Achilleion, the sumptuous imperial villa (numbering more than a hundred rooms) from her entirely designed, and built by an Italian architect, wholly in the style of the Greek temples, surrounded by fragrant gardens collecting heady Mediterranean and exotic plants which became Elisabeth's true, last paradise on earth, for here she could still find that peace and that stillness which Her soul could no longer find elsewhere, or to skirt the Riviera dei Fiori, starting from the French Riviera to reaching  the Ligurian cliffs and the centers by the most famous names amongst the aristocracy, from Cap Saint Martin to Cap d'Antibes, to Sanremo, to Genoa, and they will be precisely those of Sanremo the last waters that the Miramar with Her on board will sall in the Winter of 1898.




- picture 15 - The Empress screen from her parasol on the Miramar bridge during one of Her several trips on board.




Often the trips to the seaside resorts will be recommended by doctors who considered beneficial for Her Majesty's the breathing salty for her lung and heart problems, which, ups and downs, will etiolate and weaken the Empress, as well as the travels to the Austrian spas such as Bad Kissingen and those located within the Swiss Alps, alas ! )

And finally  let's talk about the carriages, of which hardly, except in rare occasions, the Empress will need, being a skilled walker and an exceptional rider: the one you see in the illustration below




- picture 16




(Landaulette produced by Carl Marius Jr., in Vienna in 1885) was used from our Majestic Lady to move unhindered through the streets of Vienna and only on one occasion served the imperial couple to get to Budapest as shown in the photograph that became the cover of this post.
Sometimes, during her trips, she carried this convenient and comfortable car with Her, only if She had to move around some cities.


I conclude with two images I especially dedicate to the Empress's lovers: the first is Her travel toilet




- picture 17




and the second Her personal travel kit to write and sew.




- picture 18






“Destinations are only desirable because a journey lies in between. If I arrived somewhere and knew that I would never leave again, even a sojourn in paradise would turn into hell for me.”


 ~ Empress Elisabeth of Austria




- picture 19 - Old neck lace bearing a charm with an image inside of the Empress





With all my affection and the most sincere, heartfelt gratitude I take my leave of you, dear friends and readers always following me with enthusiasm and admiration, wishing you all the best you could ever want.

See you soon 












Bibliografia:


Hellmut Andics, Die Frauen der Habsburger, WILHELM HEYNE VERLAG, München
1995;

Angela Micaella Battani, L'IMPERATRICE SISSI - "LA FIGLIA SEGRETA", Anatomia di una vitaEdizioni Medicea, Firenze, 2012;


Marie Louise, Countess Larisch von Wallersee-Wittelsbach with Paul Maerker Branden and Elsa Brander, HER MAJESTY Elisabeth of Austria-Hungary, The Beautiful, Tragic Empress of Europe's Most Brilliant Court, DOUBLEDAY, DORAN & COMPANY Inc. GARDEN CITY, NEW YORK, 1934;

Elisabetta d'Austria, Diario poeticoMGS PRESS SAS, 1998;

ELISABETTA D'AUSTRIA NEI FOGLI DI DIARIO DI COSTANTIN CHRISTOMANOS, Adelphi edizioni S.p.A., Milano, 1989;

Maria Valeria d'Asburgo, La prediletta - Il diario della figlia di Sissi, a cura di Martha e Horst Schad, traduzione di Flavia Floradini, MGS PRESS, 2001;


Conte Egon Cesar Corti, L'imperatrice ElisabettaMondadori, Milano, 1937;

Brigitte Hamann, Elisabeth. Kaiserin wieder Willen, Amalthea Verlag, Wien, München, 1982;

Brigitte Hamann, (a cura di)ELISABETH Bilder einer KaiserinAmalthea Verlag, 1998;

Maria Matray - Answald Kruger, L'attentato, MGS PRESS, Trieste, 1998;

Marguerite Cornell Owen, THE MARTYRDOM OF AN EMPRESS WITH PORTRAITS FROM PHOTOGRAPHS [ 1898]HARPERS & BROTHERS PUBLISHERS, NEW YORK AND LONDON, collected by Benno Loewy, bequeathed to Cornell University - The Cornell University Library Digital Collection;

Xavier Paoli, THEIR MAJESTIES AS I KNEW THEM - Personal Reminescences of the Kings and Queens of Europe, EDITORA GRIFFO (edizione originale Parigi, 1934);

Gabriele Praschl - Bichler, L'Imperatrice Elisabetta, Longanesi & C., Milano, 1997;

Nellie Ryan, My Years at the Austrian Court, John Lane, 1915, ristampa del settembre 2015, edizione Forgotten Books;

Irma Sztáray, Elisabeth gli ultimi anni, L'imperatrice raccontata dalla sua Dama d'onore, MGS PRESS, Trieste, 2010;

Countess Zanardi Landi, THE SECRET OF AN EMPRESS, Fredonia Books, Amsterdam, The Netherlands, 2004, reprinted from the 1915 edition. 



Citazioni:


1 - Nellie Ryan, My Years at the Austrian Court, John Lane, 1915, ristampa del settembre 2015, edizione Forgotten Books, page 17;

2 - op. cit., page 38.


VICTORIAN ETIQUETTE: conversation rules.

$
0
0


The art of conversation consists in the exercise of two fine qualities. You must originate, and you must sympathize; you must possess at the same time the habit of communicating and of listening attentively.
 The union is rare but irresistible. 




A Conversation Piece, Solomon Joseph Solomon, 1884,  Collection Leighton House Museum, London


L'arte della conversazione consiste nell'esercizio di due buone qualità: bisogna essere in  grado di cominciare un discorso e di mostrare comprensione; è necessario possedere allo stesso tempo l'abitudine di comunicare e di ascoltare con attenzione. 
Il possederle entrambe è raro, ma realmente irresistibile.


Queste le primissime righe con cui comincia a guidare i nostri Victorians nelle regole necessarie per una conversazione educata, accattivante ed elegante il The Ladies' Book of Etiquette, and Manual of Politeness -  A Complete Hand Book for the Use of the Lady in Polite Society edito nel 1860, che in XXVI capitoli stabiliva le principali norme necessarie affinché una Lady mostrasse in società il meglio di sé, e lo facesse con il più estremo buongusto.

Il capitolo Idi tale corposo manuale è proprio dedicato alla conversazione, il primo modo in cui ci si presenta agli altri, il più delicato ed il più importante; esso enunciava le regole per guidare il discorso indispensabili ad una perfetta padrona di casa in occasione di un tè, ad una cena formale o qualora fosse stata ospite ad un ballo o ad un incontro galante, su di una carrozza pubblica o in una Coffee House.



  First Class. The Meeting ... and at First Meeting Loved (National Gallery of Canada, Ottawa) Abraham Solomon, (1824 -1862) 



Innanzitutto il galateo vittoriano stabiliva che la eccessiva confidenza nelle conversazioni in pubblico fosse da evitare anche tra marito e moglie i quali avrebbero dovuto rivolgersi l'un l'altro senza utilizzare appellativi o diminutivi a cui erano avvezzi tra le mura domestiche, usando piuttosto l'intero nome di battesimo; era inoltre considerato scortese dire 'Mrs. Colonel Smith' o 'Mrs. Sergeant Jones', così come lo era ripetere il titolo di una persona in una conversazione. Questo valeva anche per l'uso di "Sir", "Madam", "Mr," e "Mrs" ma vediamo nel dettaglio le altre regole dettate dall'etichetta al fine di evitare incidenti di galateo. 

Non bisognava mai proporre argomenti che costituissero motivo di dolore o sconforto per chi era presente e se, malauguratamente, ciò accadeva, era scorretto interrompere il discorso qualora di ciò ci si rendeva conto, ma bisognava tralasciare l'argomento per gradi cedendo magari il discorso ad un altro presente che si cercava di coinvolgere, perché va ricordato che era considerato estremamente scorretto l'essere protagonisti assoluti di ogni discorso; il galateo vietava, per correttezza, di interrompere chi stava parlando, ed anche qualora l'argomento che questi proponeva stimolava domande, era comunque necessario attendere che avesse terminato il suo discorso per porle.
Era buona norma parlare sempre con tono sostenuto, ma mai ad alta voce, trovando il giusto compromesso tra l'urlare ed il borbottio e non usare mai parole in francese od anche in spagnolo, pur in presenza di persone che padroneggiavano la lingua:

Ho sentito una signora citare una frase in spagnolo: aveva imparato una frase sola, ma un signore di Cuba, felice di incontrare un americano con cui poter conversare nella propria lingua, immediatamente si rivolse a lei in spagnolo. In preda all'imbarazzo ed alla vergogna ella fu costretta a confessare che la sua conoscenza della lingua era limitata a quella citazione.



Hush! (The Concert) - Jacques Joseph (James) Tissot, (1836 - 1902)



Era buona norma trascurare le carenze degli altri nel conversare, mai correggerli o far notare i loro errori, e, qualora la confidenza lo permetteva, lo si poteva fare in un secondo tempo in privato, ma non era facendo notare le pecche degli altri che si mostrava la propria saggezza, quanto piuttosto nella modestia che deve regnare sovrana su tutte le altre regole di vita. Se, d'altra parte, coloro con cui si conversava usavano parole o espressioni difficili da comprendere non era da esitare o mostrare vergogna per la propria ignoranza, ma era doveroso chiedere una spiegazione, ma  mai ci si doveva intromettere in conversazioni di tipo professionale che implicavano competenze specifiche, le quali erano da ascoltare in riverente silenzio.


In the Conservatory, Jacques Joseph (James) Tissot, (1836 - 1902)




Non bisognava mai screditare un amico assente o criticare l'abbigliamento od il modo di porsi di un presente, sarebbe stata pura meschinità, se poi questi godeva dell'ammirazione degli altri era buona norma lasciare che conservassero il loro parere in pace, anche perché a cadere in disistima, a quel punto, non sarebbe stato costui, ma voi stessi, apparendo di carattere invidioso e perfido; una Lady decorosa avrebbe inoltre evitato di far vertere la propria conversazione su qualsiasi argomento che avrebbe potuto indurre disgusto nel suo uditorio, come entrare nel dettaglio di talune malattie, di parassiti, di piante nocive, o di casi di sporcizia, non solo a tavola, ma in qualsiasi altro luogo, così come il galateo severamente condannava l'abitudine di usare frasi che ammettono di un doppio significato e la trattazione di argomenti di natura religiosa.


The Ball on Shipboard, Jacques Joseph (James) Tissot, (1836 - 1902)




Esprimendo un parere era da evitare la perentorietà ed affermare che una cosa "è così", ma era senz'altro più corretto e delicato esprimere la propria opinione come un parere dicendo: "Penso che questo sia così", o "queste sono le mie opinioni"; era considerata una buona regola per le young ladies quella di conversare con un signora che si conosce se in sala sono presenti dei gentlemen e di conversare con uno di loro se lo si gradisce, solo in presenza di numerose altre Ladies.


The Dinner Party, Jules-Alexandre Grün (1868 - 1928)




Infine, per essere in grado di conversare in modo appropriato e corretto, Florence Heartley riteneva necessario leggere molto facendo tesoro nella propria memoria di quanto si era letto, avere una rapida comprensione, osservare gli eventi che si avvicendavano al tempo, ovvero, essere aggiornati, e ascoltare con attenzione ogni volta che si fosse presentata l'occasione di acquisire una qualche conoscenza.


Too Early, Jacques Joseph (James) Tissot, (1836 - 1902)




Per concludere cito dalla pagina 12 del suddetto prestigioso 'HANDBOOK':



"Vorrei fissare, una sola grande regola generale per la conversazione, che è la seguente: le persone non dovrebbero mai parlare per compiacere se stesse, quanto piuttosto chi le ascolta. Questo dovrebbe indurle a pensare se ciò di cui parlano vale la pena di essere ascoltato, se ci sia o meno spirito o senso in ciò che si apprestano a dire, e se sia consono al momento, al luogo e alla persona cui si rivolgono."



Holiday, Jacques Joseph (James) Tissot, (1836 - 1902)




Certo è che in una società in grado di seguire alla lettera le norme che l'etichetta imponeva, il rispetto reciproco, la buona creanza, la mitezza di carattere e l'umiltà erano alla regola del giorno in qualsiasi ambiente ... 
.... ed ancora una volta mi trovo a provare rimpianto per essere nata nel secolo sbagliato !



Queen Victoria in Conversation with the Prince and Princess of Wales, Author’s Collection




Con sentito affetto e devozione vi ringrazio sinceramente per il sostegno, l'entusiasmo  e l'affetto di cui sempre più mi fate dono, 

a presto carissimi lettori ed amici 











FONTI BIBLIOGRAFICHE:

Florence Heartley, The Ladies' Book of Etiquette, and Manual of Politeness -  A Complete Hand Book for the Use of the Lady in Polite Society, G.W.COTTRELL PUBLISHER, Boston, 1860.



CITAZIONI:

1 - Florence Heartley, The Ladies' Book of Etiquette, and Manual of Politeness -  A Complete Hand Book for the Use of the Lady in Polite SocietyG.W.COTTRELL PUBLISHER, Boston, 1860, pag. 16.










The art of conversation consists in the exercise of two fine qualities. You must originate, and you must sympathize; you must possess at the same time the habit of communicating and of listening attentively.
 The union is rare but irresistible.





- picture 1 - A Conversation Piece, Solomon Joseph Solomon, 1884,  Collection Leighton House Museum, London




These are the very first lines with which The Ladies' Book of Etiquette, and Manual of Politeness - A Complete Hand Book for the Use of the Lady in Polite Society, written by Florence Heartley and published in 1860, which established, along its XXVI  chapters, the necessary provisions to ensure a Lady to show the best of herself, and to do it with extreme good taste, begins to guide our Victorians in the rules necessary for a polite and attractive conversation.

The first chapter of this full-bodied manual is precisely devoted to conversation, the first way in which one presents to the others, surely the most delicate and the most important one; it enunciated the rules to guide the discourse essential to a perfect hostess at a tea, at a formal dinner or if she has been host to a dance or a gallant encounter, on a public carriage or in a Coffee House.




- picture 2 - First Class. The Meeting ... and at First Meeting Loved (National Gallery of Canada, Ottawa) Abraham Solomon, (1824 -1862) 




First of all, the Victorian etiquette stated that excessive confidence in public conversations was to be avoided even between husband and wife who were to contact each other without using nicknames or diminutives, to which they were accustomed at home, rather using their forename; was also considered impolite to say 'Mrs. Colonel Smith 'or' Mrs. Sergeant Jones', as it was to repeat the title of a person in a conversation. This also applied to the use of "Sir", "Madam", "Mr" and "Mrs" but let's see in detail the other rules dictated by the ceremonial in order to avoid accidents etiquette.

A polite Lady should never had to propose topics that may cause of pain or discomfort for those who were present and if, unfortunately, this happened, it wasn't right to interrupt suddenly the speech as soon as she realized, but had to leave the topic gradually yielding perhaps the speech to another person whom she had to try to involve, because it must be remembered that it was considered extremely unfair to be the only protagonists of every speech; etiquette forbade, to be fair, to let terminate the voice that spoke, and even if the argument that was proposed stimulated questions, it was still necessary to wait until the speech was finished to ask them.
It was good practice always to talk with a good tone of voice , but never out loud, finding the right compromise between the scream and the whisper and never use words in French or in Spanish, despite the presence of people who mastered the language:

I heard a lady once use a Spanish quotation; she had mastered that one sentence alone; but a Cuban gentleman, delighted to meet an American who could converse with him in his own tongue, immediately addressed her in Spanish. Embarrassed and ashamed, she was obliged to confess that her knowledge of the language was confined to one quotation. 1




- picture 3 - Hush! (The Concert) - Jacques Joseph (James) Tissot, (1836 - 1902)




It was a good rule to overlook the deficiencies of the others in conversation, never correct them or point out their errors, and, if the confidence allowed it, you could do it later in private, but it was not pointing out the flaws of the others that a Lady showed her wisdom, but rather in the modesty that must reign supreme over all the other rules of life. If, on the other hand, those with whom she conversed used words or expressions difficult to understand was not to hesitate or show shame for her ignorance, but it was only right to ask for an explanation, remembering that you never had to meddle in professional conversations implying specific competencies, which were to be listened in reverent silence.




- picture 4 - In the Conservatory, Jacques Joseph (James) Tissot, (1836 - 1902)




It was considered unpolite to discredit an absent friend or to criticize the clothing or the way of being of a present, it would been sheer pettiness, if he or she enjoyed the admiration of others it  was a good idea to let people retained their view in peace, because to fall in contempt,  at that point, it would not be him, but yourself, appearing of envious and treacherous character; a decent Lady would also avoid to focus her conversation on any subject that might have induced disgust in her audience, for example to get into the detail of certain diseases, pests, noxious plants, or cases of dirt, not only at table, but in any other place, as well as the etiquette strictly condemned the habit of using sentences that admit a double meaning and the discussion about religious topics.




- picture 5 - The Ball on Shipboard, Jacques Joseph (James) Tissot, (1836 - 1902)




Expressing an opinion was to avoid the peremptory and affirm that a thing "it is so", but it was certainly more polite and appreciated to express an opinion saying: "I think this is so", or "these are my opinions "; it was considered a good rule for young Ladies to converse with a Lady they knew, if in the room there were gentlemen, and talk to one of them only in presence of several other Ladies.




- picture 6 - The Dinner Party, Jules-Alexandre Grün (1868 - 1928)




To conclude, to be able to converse appropriately and correctly, Florence Heartley considered it to be necessary to read much, treasuring what was read, to have a quick understanding, observe events that happened at the time, that is, to be updated, and listen carefully whenever the opportunity arose to acquire some knowledge.




- picture 7 - Too Early, Jacques Joseph (James) Tissot, (1836 - 1902)





Finally I quote from page 12 of that prestigious 'HANDBOOK':


"I would establish but one great general rule in conversation, which is this—that people should not talk to please themselves, but those who hear them. This would make them consider whether what they speak be worth hearing; whether there be either wit or sense in what they are about to say; and whether it be adapted to the time when, the place where, and the person to whom, it is spoken."





- picture 8 - Holiday, Jacques Joseph (James) Tissot, (1836 - 1902)





What is certain is that in a society able to follow the rules imposed by the etiquette, mutual respect, good manners, gentleness of character and humility were the rule of the day in everywhere ... and once more I am feeling regret for being born in the wrong century !




- picture 9 - Queen Victoria in Conversation with the Prince and Princess of Wales, Author’s Collection





With warm affection and devotion I thank you sincerely for the support, the enthusiasm and the affection which you increasingly present me as a gift,

see you soon dearest readers and friends 











BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

Florence Heartley, The Ladies' Book of Etiquette, and Manual of Politeness -  A Complete Hand Book for the Use of the Lady in Polite SocietyG.W.COTTRELL PUBLISHER, Boston, 1860.



QUOTATIONS:

1 - Florence Heartley, The Ladies' Book of Etiquette, and Manual of Politeness -  A Complete Hand Book for the Use of the Lady in Polite SocietyG.W.COTTRELL PUBLISHER, Boston, 1860, pag. 16.

Sarah Forbes Bonetta, the African princess who became Queen Victoria's goddaughter.

$
0
0

Diceva di chiamarsi Aina ...



Lady Sarah Forbes Bonetta by Camille Silvy, 1862




e di certo si sapeva che era nata nel 1843 in quella che era allora conosciuta come la 'Costa degli schiavi', ovvero la zona sud orientale dell'odierno stato della Nigeria ... che era una principessa del clan Egbado del popolo Yoruba, fatta schiava dal re Gezo di Dahomey il quale, dopo aver attaccato in un bagno di sangue il suo villaggio nel 1847, uccise entrambi i suoi genitori e tutti i suoi fratelli.

Quando due anni più tardi il Commodore Fredrick E. Forbes di H.M.S., inviato da Sua Maestà la Regina Victoria per perseguire il commercio degli schiavi ed eliminare la schiavitù da quelle zone così tanto provate, atterrò a Dahoney, fu subito colpito dalla fanciulla e negoziò con il re affinchè le venisse consegnata:


Aina, acquerello by Octavius Oakley, RWS (1800 - 1867)




"Un dono del re dei neri alla regina dei bianchi"  furono queste le parole con cui il re tiranno consegnò la piccola, sola, indifesa e spaventata tra le braccia del Capitano della fregata Bonetta ... " Rifiutare avrebbe significato il firmare la sua condanna a morte, la quale, probabilmente, sarebbe stata eseguita immediatamente. Subito dopo il mio arrivo ...
Della sua propria storia ella possedeva solo un'idea confusa. I suoi genitori erano stati decapitati; il destino del fratello e le sorelle ignora quale sia stato."scrisse il Capitano Forbes tra le pagine del suo diario ; Sarah fu il nome che questi scelse per lei, per la nuova vita che l'attendeva in Inghilterra, Forbes era il suo stesso cognome, che volle estendere alla fanciulla, quasi come se si sentisse autorizzato da una qualche sorta di paternità spirituale, e Bonetta era il nome della fregata su cui ella avrebbe viaggiato verso il suo nuovo mondo, dove l'attendeva quella civiltà e quell'amore che mai aveva conosciuto (è tuttavia facile trovare documenti in cui i suoi cognomi hanno ordine inverso ). 

Dopo un anno di navigazione durante il quale il Capitano Forbes concluse il proprio mandato, Sarah raggiunse con lui Londra: era il 9 novembre del 1851 quando la Regina Victoria ed il principe consorte Albert l'accolsero a Buckingham Palace e subito, entrambi, provarono quella tenerezza, che si fece immediatamente amore e bisogno di proteggere, la piccola, incantevole orfana dalla pelle scura e giurarono a sé stessi che da quel giorno di lei si sarebbero presi cura: rimasti entrambi impressionati dalle facoltà intellettive della piccola che divenne presto un'assidua frequentatrice del palazzo reale - già Forbes scriveva di lei sul suo diario: "Ella è un genio perfetto; ora parla bene l'inglese, e possiede un grande talento per la musica ... E' di gran lunga in anticipo rispetto a qualsiasi bambino bianco della sua età in quanto ad apprendimento, a forza d'animo ed affetto ..." - decisero di finanziare le spese necessarie per la sua istruzione e la regina nominò Sarah sua figlioccia. 

Dopo poco meno di un anno dal suo arrivo a Londra la piccola fu affetta da una tosse insistente, che peraltro caratterizzava tutte le persone di colore che abitavano le città dell'isola britannica, forse dovuta al suo clima governato precipuamente dall'umidità, forse dovuta alle polveri di carbone che le prime industrie spargevano nell'aria, sta di fatto che Victoria pensò bene che per Sarah fosse più salutare un clima quale quello della Sierra Leone, dove venne quindi inviata e dove fu istruita al Female Institution, un istituto scolastico promosso e curato dalla Chiesa Missionaria a Freetown. 

Ma Sarah avvertiva la mancanza della vicinanza e dell'affetto della regina che le aveva donato la sua nuova vita, alla quale chiese di essere ricondotta in patria già nel 1855; aveva quindi dodici anni quando fece ritorno in Inghilterra e venne affidata alle cure di Mr & Mrs Schon a Chatam, essendo nel frattempo venuto a mancare il Capitano Forbes.


Lady Sarah Forbes Bonetta by Camille Silvy, Brighton, 1862




Nel 1862 troviamo la diciannovenne Sarah, già adulta ed educata come una vera Lady al punto da essere stata inserita dalla regina nei ranghi più elevati della società londinese, tra gli invitati al matrimonio della principessa Louise e nell'agosto del medesimo anno ella stessa contrasse matrimonio, dapprincipio dimostrando una certa ostilità, poi cedendo al volere della regina, con James Pinson Labulo Davies, un facoltoso uomo d'affari Yoruba che viveva in Gran Bretagna ( Sarah aveva 19 anni, James ne aveva 34, quasi una generazione per la loro cultura li separava ed era probabilmente questo il motivo della sua iniziale contrarietà ).




Si racconta che il suo sia stato realmente un matrimonio indimenticabile: dopo mesi di preparativi esso venne celebrato nella Chiesa di St Nicholas' a Brighton ed ella era accompagnata da 16 damigelle e seguita da 10 carrozze in cui si distinguevano Ladies bianche con mariti africani e viceversa, Gentlemen bianchi con mogli africane. 



Poco dopo il matrimonio la coppia si trasferì in Nigeria, dove James era stato nominato membro del Consiglio legislativo e dove nacquero i tre figli di Sarah, Victoria (1863), Arthur (1871), e Stella (1873); non è un caso che la prima bimba che ella diede alla luce recasse il nome della regina: ella espresse infatti a Sua Maestà il desiderio di averla come madrina anche della sua prima figlia ed Ella, onorata, acconsentì con piacere.

Frattanto la tosse di Sarah non solo non diede segno alcuno di miglioramento, ma continuò a peggiorare e fu così che su consiglio di Sua maestà ella venne condotta dal marito a Madeira, per l'esattezza presso Funchal, la capitale dell'isola portoghese in cui era viva la speranza di strapparla alla tubercolosi da cui si era scoperto ella era stata affetta, ma, dopo una breve sofferenza, la povera principessa, dopo aver sognato la felicità, si spense all'età di soli 37 anni.




Il 15 agosto del 1880, la regina Victoria annoterà tristemente nel suo diario :

"Ho appena visto la povera Victoria Davies, la mia figlioccia di colore, che ha appreso questa mattina della morte della sua cara mamma".

La Regina Victoria era molto affezionata alla sua seconda figlioccia, intelligente e talentuosa come la madre, che seguiva con amore al punto che, con orgoglio e fierezza, quando ella superò brillantemente i suoi esami di musica, proclamò un giorno di vacanza per gli insegnanti e gli alunni !

Spero che la storia di Sarah, anche se non a lieto fine, ahimè, abbia interessato voi quanto ha incuriosito, interessato ed affascinato me, ponendomi di fronte ad uno spaccato della società vittoriana londinese che mi è apparso nuovo, poiché supponevo che al tempo le persone di colore, anche in Inghilterra, non fossero trattate alla stregua delle altre autoctone e che ancora vigesse una qualche forma di intolleranza nei loro confronti, come in quegli anni stava accadendo in America e continuerà ad accadere ancora fino a che il presidente Abraham Lincoln non deciderà di fermare il corso di questa loro triste storia.

Prendo quindi congedo da voi, carissimi amici e lettori, non senza, però, avervi prima augurato ogni bene, con affetto e riconoscenza, dandovi appuntamento

a presto 











BIBLIOGRAFIA:

Walter Dean Myers, At Her Majesty's Request: An African Princess in Victorian England, Scholastic Trade, New York, First Edition First Printing 1999.











She said her name was Aina ...





- picture 1 - Lady Sarah Forbes Bonetta by Camille Silvy, 1862




and for sure they knew that she was born in 1843 in what was then known as the 'Coast of the slaves', which was situated in  the south eastern part of today's state of Nigeria ... it was a Egbado clan princess of the Yoruba people, made  enslaved by King Gezo of Dahomey who, after attacking in a bloodbath her village in 1847, he killed both her parents and every sibling of hers.

When two years later the Commodore Fredrick E. Forbes HMS, sent by Her Majesty Queen Victoria to pursue the slave trade and to eliminate slavery from those areas, landed in Dahoney, he was immediately struck by the little girl and negotiated with the King:




- picture 2 - Aina when the Captain Forbes saw her for the first time, water colour by Octavius Oakley RWS (1800 - 1867)





"A gift from the King of the Blacks to the Queen of the Whites" these were the words with which the tyrant King handed the small, alone, helpless and frightened baby girl in the arms of the captain of the frigate Bonetta ..."To refuse would have meant signing her sentence to death, which probably would have taken place immediately.... Of her own story she had only a confused idea. Her parents had been beheaded; she ignored what the fate of her brother and sisters was." Captain Forbes wrote in the pages of his diary; Sarah was the name he chose for her, for the new life that awaited her in England, Forbes was his own surname, which he would extend to the girl, almost as if he felt entitled to some sort of spiritual fatherhood, and Bonetta was the name of the frigate on which she would travel to her new world, where that civilization and love which she still never knew were waiting for her ( it's easy to find documents in which her surnames have the reverse order).

After a year of navigation during which the Captain Forbes concluded his mandate, Sarah reached London with him: it was November 9th, 1851 when Queen Victoria and the Prince Consort Albert received her at Buckingham Palace and at once, both proved that tenderness, which immediately became love and wish to protect the small, charming, dark-skinned orphan and swore to themselves that from that day they'd take care of her: both of them were impressed by the intellectual faculties of the little girls who soon became an assiduous frequenter of the royal palace - already Forbes wrote about her in his diary: "She is a perfect genius who now speaks English well, and has a great talent for music ... and she's by far in advance of any white child of her age as for learning attitudes, fortitude and affection ... "- and decided to finance the costs necessary for her education and soon the Queen appointed Sarah her goddaughter.

After less than a year since her arrival in London she was affected by a persistent cough, which also characterizes all the black people who lived in the British towns of the island, perhaps due to its climate primarily governed by moisture, perhaps due the coal dust that the first industries scattered in the air; the fact is that Victoria thought well that Sarah was healthier in a climate such as that of Sierra Leone, where she was then sent, and where she was educated at the Female Institution, promoted and managed by the Missionary Church in Freetown.

But Sarah noticed the lack of the closeness and of the affection of the Queen who had given her a new life, and so she asked Her to be brought back at home already in 1855; she had then twelve years old when she returned to England and was put in the care of Mr & Mrs Schon in Chatam, having Captain Forbes in the meantime passed away.




- picture 3 - Lady Sarah Forbes Bonetta by Camille Silvy, Brighton, 1862




In 1862 we find the nineteen years old Sarah, already an adult and educated as a true Lady to the point that she was positioned by the Queen in the highest ranks of the the Londoner society, among the guests at the wedding of Princess Louise and in August of the same year she herself was married , demonstrating some hostility at first, then yielding to the will of the Queen, with James Pinson Labulo Davies, a wealthy Yoruba businessman who lived in Britain (Sarah was 19, James 34, almost a generation separated them in their culture and this was probably the reason for her initial opposition)




- picture 4


- picture 5





It is said that her was truly an unforgettable wedding: after months of preparation it was celebrated in the Church of St Nicholas' in Brighton and she was accompanied by 16 bridesmaids and followed by 10 carriages in which were distinguished white Ladies with African husbands and vice versa, white Gentlemen with African wives.




- picture 6




Shortly after the marriage the couple moved to Nigeria, where James was nominated member of the Legislative Council and where their three children Victoria (1863), Arthur (1871) and Stella (1873) were born; it isn't a coincidence that the first child that Sarah gave birth to was named Victoria: she expressed to Her Majesty the desire to have Her as godmother of her first daughter too, and She, honored, consented with pleasure.

Meanwhile Sarah's cough didn't give any sign of improvement, but continued to worsen and so it was that on the advice of Her Majesty she was lead by her husband to Madeira, to be exact at Funchal, the capital of the Portuguese island, where it was alive the hope of tearing her from tuberculosis from which it was discovered she was suffering, but, after a short suffering, the poor princess, after dreaming of happiness, died at the age of just 37 years.




- picture 7




On 15 August 1880, Queen Victoria will write sadly in Her diary:

 " Saw poor Victoria Davies, my black godchild, who learnt this morning of the death of her dear mother".

Queen Victoria was very fond with her second goddaughter, as intelligent and talented as her mother, who She followed with love to the point that, with pride, when she successfully passed her music exams, proclaimed a day of holiday for teachers and pupils !

I hope that the story of Sarah, though not happy ending, alas, has affected you as much as it intrigued, interested and fascinated me, placing myself in front of a view of London's Victorian society that appeared new to me, because I assumed that at that time people of color, even in England, were not treated in the same way as whites and still there was some form of intolerance towards them, as in those years was happening in America, and will continue to happen until President Abraham Lincoln won't decide to stop the course of this sad story of theirs.

So I take my leave of you, dearest friends and readers of mine, not without, however, having first wished all my best, with affection and gratitude, and giving you appointment at 

very soon 












BIBLIOGRAPHY:

Walter Dean Myers, At Her Majesty's Request: An African Princess in Victorian EnglandScholastic Trade, New York, First Edition First Printing 1999.

The Thousand-Dollar Dinner, the first cookery challenge in History.

$
0
0


"Neither in England nor in America have I ever seen so superb a banquet, and I never expect to see, nor do I think any of you will ever see, such another."



Era l'aprile dell'anno 1851 quando la primavera della città di Philadelphia stava cominciando ad esprimersi donando ai propri cittadini i primi giorni tiepidi e godibili, e quando si stava altresì preparando un evento che avrebbe rivoluzionato la storia culinaria dell'intero paese: trenta gentlemen, quindici provenienti da New York e quindici residenti in Philadelphia, furono coloro che legarono il proprio nome a questo avvenimento che prese il nome di  “The Thousand-Dollar Dinner”, dall'ammontare del denaro che venne a costare - oggi si calcola che proporzionalmente costerebbe ben 32 volte in più - connotato dalla raffinatezza, dalla magnificenza delle portate e dall'opulenza che lo caratterizzò, una cena, o forse sarebbe più appropriato dire un banchetto, costituito da 17 portate, che li tenne seduti a tavola per ben 12 ore, circondati da eleganza e raffinatezza, buongusto e ricercatezza nei dettagli, sia degli ambienti in cui l'incontro si svolse, sia delle decorazioni e del contenuto dei singoli piatti che vennero serviti, sia nella scelta dei vini, che lo caratterizzarono.

Ma procediamo con ordine, senza anticipare nulla, seguendo il corso degli eventi da che questo avvenimento inizia con il delinearsi qualche mese prima.

New York City fu uno dei primi centri ad acquistare fama nel nuovo continente, sia da un punto di vista commerciale che in quanto ad espansione demografica, a cultura e a benessere, tanto da essere assunto a pieno titolo già agli inizi del XIX secolo come uno dei più ferventi e vivaci capoluoghi; qui, nel 1827, con l'ammontare di $ 20.000 in monete d'oro i fratelli Giovanni e Pietro Del Monico, ex capitano di marina e conoscitore di vini il primo, affermato pasticcere il secondo, provenienti dal Canton Ticino, unica parte della Svizzera in cui si parlava ed ancora si parla la lingua italiana, aprirono una caffetteria che serviva pasticceria francese 


nel locale affittato al numero 23 di William Street, e già tre anni più tardi conquistarono quella celebrità che consentì loro di espandersi per giungere ad 'inglobare' anche l'edificio accanto e, grazie al nipote Lorenzo, audace sognatore che presto li raggiunse, ad avviare un ristorante che serviva cucina francese.




Ben presto si originò una forte concorrenza tra i ristoranti della città, poiché al tempo tutti i migliori cuochi di casa conoscevano solamente la cucina tradizionale britannica ed i libri di cucina americani erano britannici in natura; Lorenzo divenne responsabile dei menus, dei vini e della conduzione del ristorante in toto, la celebrità del locale cominciò con il crescere a dismisura e, quando i fratelli spostarono più volte - anche di conseguenza al grande incendio del 1835 che passò tristemente alla storia per i danni che generò, devastando più di 700 edifici -  per stabilirsi infine al numero 2 di South William Street - siamo ormai nell'estate del 1837 - circolava voce che le colonne che ornavano l'ingresso del nuovo ristorante provenissero dalle rovine di Pompei !


Già nel 1834 i fratelli svizzeri avevano acquistato ed avviato una fattoria nelle campagne circostanti che forniva loro fresche materie prime, soprattutto in quanto ad ortaggi e a carni, che contribuirono a fare la loro fortuna legando il nome del loro locale a quello di celebri personaggi, dal Presidente Lincoln agli scrittori Charles DickensOscar Wilde e Mark Twain


e che fecero di tale ambiente il rinomato ristorante che, passato di generazione in generazione, dopo aver inoltre aperto numerose sedi anche in altre città, ancor oggi possiamo apprezzare.
Nel 1851 l'originaria pasticceria, nel frattempo divenuta, nella sua sede di Broadway, al numero 25, The Delmonico Hotel



ospitò una cena che accrebbe ulteriormente la sua popolarità: Lorenzo Del Monico invitò quindici cittadini di Philadelphia che si unirono ai più eminenti cittadini newyorkesi, per fornire sia giustificazione che in qualche modo esibizione della propria fama senza ipotizzare che questo gesto avrebbe dato origine ad una sorta di 'competizione' in quanto il 19 aprile del medesimo anno i gentlemen di Philadelphia decisero di ricambiare il favore e lo fecero in modo tale da segnare la storia della 'civiltà del cibo'.

Quella sera del mese di aprile 1851, molti dei passeggeri del traghetto stavano raggiungendo così la tappa finale del loro viaggio da New York City. Per compiere il loro viaggio da Philadelphia, avevano preso un battello a vapore fino a Raritan River Amboy per poi salire su di un treno che attraversava il  New Jersey e raggiungeva Camden. Tra coloro che avevano fatto questa gita vi erano quindici gentlemen di New York abbigliati in modo impeccabile. Avevano accettato un invito a cena in un ristorante esclusivo di Philadelphia chiamato Parkinson's.
Dopo il traghetto venne ormeggiato al molo di Walnut Street, gli uomini presero le loro borse da viaggio in pelle e smontarono dal traghetto, procedendo fino al vicino di Bloodgood Hotel, che serviva anche come area di attesa per i passeggeri della ferrovia Camden - Amboy.
Entrando dalla pesante porta fatta di pannelli in vetro misero piede nel suo elegante salone. Mentre molti dei passeggeri sbarcati erano già in fila alla reception dell'hotel cercando di ottenere una stanza o noleggiare un veicolo pubblico o una carrozza, ai quindici newyorkesi era stato detto che un pilota li avrebbe attesi lì per incontrarli. Mentre stavano osservando nei dettagli la stanza, un giovane uomo si avvicinò e chiese loro se erano diretti al Parkinson's. Essi risposero di sì e il giovane, dopo essersi inchinato, e indicò loro un punto fuori, sulla strada, dove erano parcheggiate tre carrozze nere. 2

Comincia così a delinearsi l'atmosfera conviviale che farà da cornice a questa cena tra amici dell'alta società ed amanti del buon cibo nelle parole che fanno da cappello introduttivo al libro scritto da Becky Libourel Diamond, la quale, tra notizie storiche, nozioni di arte culinaria e descrizione dei luoghi ci cala nell'atmosfera di quel tempo e soprattutto di quel 'simposio' che la storia americana mai potrà dimenticare.

Di certo, ella racconta, si sa che tra questi trenta gentlemen vi erano R.B.Valentine, un agente assicurativo proveniente da New York, e Joshua Price, un facoltoso abitante di Philadelphia proveniente da un'antica famiglia di origine quacchera; frattanto al ristorante Parkinson's tutto era pronto per accoglierli in un clima elegante e raffinato che stupì tutti gli astanti: basti pensare che nel 1850 Philadelphia contava già 254 ristoranti - mentre a quel tempo New York ne contava poco più di un centinaio, anche se va detto che nel 1860 ne vedrà 'fiorire' circa quattrocento in più ! - ed, il dover reggere la concorrenza, coniugato alla bravura del proprietario e chef James W.Parkinson, divenuto negli anni popolare per il suo gelato, per la selezione di frutta fresca tropicale e di cioccolatini importati che era in grado di fornire ai propri ospiti, fecero l'arma vincente di questa sorta di duello culinario.

Ma seguiamo i nostri convenuti che ormai hanno raggiunto il ristorante e sono entrati attraverso la porta sormontata dalla scritta in rilievo nella pietra sorretta da un colonnato ( nella foto sottostante la vedete all'estrema destra ):


Subito un membro del personale si avvicinò al capo cameriere per dirgli che il tavolo era pronto. Il cameriere educatamente attese una pausa nella conversazione e poi chiese che il gruppo lo seguisse al piano superiore dove era collocata la grande sala banchetti. [...] In cima alla scala il capo cameriere li diresse verso sinistra e li condusse nella sala banchetti dove il pranzo si sarebbe tenuto. Davvero spaziosa e ariosa apparve agli occhi dei gentlemen quando la raggiunsero - le tre grandi porte che conducevano sul balcone erano ormai solo parzialmente aperta, in previsione della aria fresca della sera.

Trenta coperti di finissima porcellana, argento e cristallo erano situati attorno all'enorme tavolo di mogano, coperto con un tessuto di lino bianco, da poco inamidato. [...]


Tavolo allestito per un banchetto secondo lo stile ed il gusto tipico dell'epoca vittoriana 




Mentre gli uomini stavano divenendo partecipi di quella scena opulenta, il proprietario del ristorante, James W.Parkinson, apparve e salutò stringendo mani ovunque: si trattava di un bel giovane sulla trentina, con una testa di abbondanti capelli neri ricci, che indossava il suo grembiule da chef; anche se piacente e cordiale, egli sembrava dimesso, quasi timido, al vedere i newyorkesi meravigliati circa la sua esperienza in cucina.
Invitando i gentlemen a prendere il loro posto a tavola, Parkinson disse loro quanto fosse contento che fossero lì convenuti, e che egli sperava avrebbero gradito la cena che aveva avuto l'onore di preparare.

Ma chi era James W.Parkinson ?

Originari dell'Inghilterra e della Scozia, George Parkinsone la moglie Eleanor cominciarono la loro attività imprenditoriale aprendo prima la Burns Tavern e quindi la Green House, una taverna che prese il nome dal colore dell'edificio che la ospitava: George conduceva la taverna, mentre Eleanor si occupava della confetteria - pasticceria ad essa adiacente e fu proprio questa l'attività che più conquistò il pubblico e che indusse George ad abbandonare la propria taverna per unirsi alla moglie; la confetteria divenne presto rinomata per la produzione di gelato, soprattutto famoso quello con frutti tropicali provenienti dalle colonie e quando nel 1838 George si ritirò per cedere l'attività, già ben avviata, al figlio James, questi, che avvertiva la vocazione piuttosto per il settore della ristorazione, avviò il noto ristorante al numero 180 di Chestnut Street, cui, col tempo, se ne aggiunsero numerosi altri, sempre all'interno della città.
Oggi ormai il nome di Parkinson è conosciuto da poche persone, anche nella stessa Philadelphia, poiché non conobbe la fortuna che nel tempo caratterizzò Delmonico's, passando di generazione in generazione, ma a quei tempi il ristorante cui tale prestigioso nome era legato era rinomato per servire il miglior cibo, spesso fuori stagione - grazie al commercio che avveniva con l'estero - a prezzi modici.

Ma eccovi nelle immagini sottostanti il menù di quel celeberrimo, opulento banchetto:






Il pasto fu sorprendente, dissimile da qualsiasi cosa i newyorkesi avessero mai sperimentato prima. Ben presto si resero conto che ogni dubbio circa la competenza del timido, giovane cuoco era mal posta, ed ammisero la sconfitta con grazia. In tre diversi momenti durante il pasto i newyorkesi si alzarono in piedi in segno di apprezzamento, non solo riconoscendo che i convenuti di Filadelfia "li avevano conquistati trionfalmente", ma anche  per dichiarare all'unanimità che il pasto "aveva superato di gran lunga qualsiasi intrattenimento simile che fosse mai stato dato in questo paese.". E questo non era un complimento da poco. 4

Le parole dell'autrice ci rendono pienamente partecipi, ci coinvolgono nella lettura, ci consentono di vedere con i nostri occhi le immagini descritte come fossimo presenti, non visti, ad osservare ... la sua capacità descrittiva ci trasporta letteralmente in quella stanza lussuosa dove il banchetto sta ormai per concludersi ...

DOMENICA 20 Aprile 1851, 06:00
Le esili, candele affusolate avevano bruciato fino ai loro stoppini, il ghiaccio nei secchi si era disciolto, e il buffet era affiancato da bottiglie di vino vuote. Solo piccoli pezzi e briciole erano rimasti sull'espositore dei dolci dove orgogliosamente faceva bella mostra di sé il gateaux riccamente decorato e altra pasticceria. I trenta ospiti di Parkinson erano ancora seduti intorno al tavolo, indugiando sul loro caffè e sui loro liquori, discutendo di politica, di economia, e di altri affari della giornata. Alcuni fumavano i loro sigari. Erano rilassati, sazi, e stava per coglierli una lieve sonnolenza. La serata movimentata al fine giunta al termine. Come rispondendo ad un segnale, il master chef James Parkinson entrò nella sala del banchetto dalla cucina, il suo viso raggiante arrossato dal calore dei forni, lo sforzo di essere in piedi per tante ore, e l'emozione del suo successo. Dopo aver visto il creatore del sontuoso banchetto cui avevano preso parte, gli uomini si alzarono in piedi, applaudendo ed annuendo a dimostrazione della loro piena approvazione. Parkinson umilmente fece un inchino, ringraziandoli tutti ancora una volta, per essere lì convenuti e per avergli così dato la possibilità di mostrare loro il cibo eccezionale ed i piatti disponibili nella città di Philadelphia.
Gli uomini si alzarono dalle loro sedie allungando le braccia e le gambe. I camerieri li aiutarono a raccogliere le loro cose facendo in modo che gli ospiti tutti prendessero il loro menu come prova della loro partecipazione privilegiata a questa festa stravagante. Quindi salutarono Parkinson, sia i newyorkesi e che gli abitanti di Filadelfia ringraziandolo ancora una volta e dando un'ultima occhiata in giro, nel tentativo di imprimersi nella mente ogni vivido dettaglio. Lentamente scesero le scale, recuperarono i loro cappotti e le loro borse, e uscirono nella luce del mattino in sordina. Un gruppo di lucide carrozze era in attesa di portare i signori di New York al loro albergo, e quelli di Filadelfia alle rispettive residenze. Le loro borse furono caricate non appena si salutarono ed entrarono quindi nelle carrozze, sospirando mentre si sedevano, appoggiando la testa contro i sedili imbottiti. Tutti accolsero con favore l'idea di un buon, lungo sonno, ma nelle loro menti ancora turbinava il vissuto delle ultime dodici ore. The Thousand Dollar Dinner era finita.

Nei giorni seguenti, i giornali di Philadelphia, cui non era sfuggito l'avvenimento che rendeva onore e merito alla loro città, scrivevano:

Sabato sera, il 19 scorso, trenta gentlemen sedettero per una cena al ristorante J.W.Parkinson's, South Eight, Tt. below Chestnut, che, per la magnificenza di cui fece esibizione, superò qualsiasi cosa mai vista prima negli Stati Uniti.
- Philadelphia Evening Bulletin, April 1851


Forse il più ricco, il più elegante, il più elaborato e poetico intrattenimento mai dato prima in questo paese, si tenne in questa città la scorsa settimana, grazie al provetto pasticcere e caterer James W.Parkinson.
American Courier, April 1851 


Qui concludo questo mio lungo post non senza aver ancora una volta dato espressione al mio entusiasmo per il 'romanzo storico', frutto di accurate e doviziose ricerche, scritto in uno stile accattivante ed affascinante, di cui la dolce, adorabile Becky mi ha fatto dono ( lo potete comodamente acquistare QUI)



ve ne consiglio vivamente la lettura se volete fare un viaggio nella Philadelphia vittoriana e tra i segreti culinari degli allora famosi libri di cucina - che tanto hanno da insegnarci oggi - e degli abilissimi chef di quegli anni che ne facevano tesoro. 


Vi ringrazio sinceramente, miei carissimi amici e lettori, per avermi accompagnata fin qui nella lettura di questa entusiasmante prima sfida gastronomica della storia, supportata dalle citazioni dell'invitante scritto che mi ha tenuta compagnia in questi ultimi giorni, rendendomi piacevolmente partecipe di un evento che ancora non conoscevo .... 


Un grazie dal profondo del cuore a Becky 




e grazie a tutti voi !



A presto 














FONTI BIBLIOGRAFICHE:

Becky Libourel Diamond, The Thousand Dollar Dinner: America's First Great Cookery Challenge, Westholme Publishing, Yardley, Pennsylvania, October 28, 2015; 

WIKIPEDIA.



CITAZIONI: 

1 -Becky Libourel Diamond, The Thousand Dollar Dinner: America's First Great Cookery Challenge, Westholme Publishing, Yardley, Pennsylvania, October 28, 2015, pag. XVII; 

2 - Ibidem, pag. IX; 

3 - Ibid. pag. XI; 

4 - Ibid. pag. XVII; 

5 e 6 - Ibid. pag. 165.










"Neither in England nor in America have I ever seen so superb a banquet, and I never expect to see, nor do I think any of you will ever see, such another." 





- picture 1



It was April 1851 when the Spring of the city of Philadelphia was beginning to express itself by gifting her citizens the first warm and enjoyable days, and when it was also preparing an event that would have revolutionize the culinary history of the whole country: thirty gentlemen, fifteen coming from New York and fifteen residents of Philadelphia, were those who will link their names to this event that became known as "the Thousand-Dollar Dinner", in order to the amount of the money that it costed - today it is estimated that proportionally would cost no less than 32 times more - characterized by the sophistication,  the magnificence of the courses and by opulence which characterized it, a dinner, or perhaps it would be more appropriate to say a banquet, consisting of 17 courses, which kept them sitting at their table for 12 hours, surrounded by elegance and refinement, good taste and attention to details, of the rooms in which the meeting took place, of the decorations and of the contents of the individual dishes that were served, and for the wine selection, which characterized it.

But let's proceed with order, without anticipating anything, following the course of the events, beginning with saing that it all began a few months earlier.


New York City was one of the first centers to acquire fame in the new continent, both from a business point of view and for the population growth growth, for culture and well-being, as to be hired full title already in the early nineteenth century as one of the most fervent and vibrant capitals; here, in 1827, with the amount of $ 20,000 in gold coins the brothers Giovanni and Pietro Del Monico, a former sea captain and wine connoisseur the first, proficient pastry chef the second, coming from the canton of Ticino - only part of Switzerland Italian speaking, opened a café that served French pastry




- picture 2




in a rented local situated at number 23 of William Street, and already three years later won the celebrity that allowed them to expand their activity to be able and 'incorporate' even the building next door and, thanks to their nephew Lorenzo, daring dreamer who soon joined them, to start a restaurant that served French cuisine.




- picture 3


- picture 4




Soon it originated a strong competition among the restaurants in the city, because at the time all the best cooks in New York knew only the traditional British cooking and American cookbooks were all British in origin; Lorenzo became responsible for menus, wine and run the restaurant as a whole, its celebrity began with grow out and, when the Del Monico brothers moved several times - also as a result of  the great fire of 1835 that sadly passed to history for the damage that it made, destroying more than 700 buildings - to settle finally at the number 2 of  South William Street - we are now in the Summer of 1837 - people, to underline its importance, rumored that the columns adorning the entrance of the new restaurant came from the ruins of Pompeii !




- picture 5



Already in 1834 the Swiss brothers had bought and run a farm in the surrounding countryside which provided them fresh raw materials, especially vegetables and meat, which helped them to make their fortune by tying the name of their local to that of celebrities such as President Lincoln, the writers Charles Dickens, Oscar Wilde and Mark Twain




- picture 6




and they made of that restaurant the renowned restaurant which, from generation to generation, even after having also opened many other locals in other cities, still today we may appreciate.
In 1851 the original confectionery, which in the meantime become, at its location in Broadway, at number 25, The Delmonico Hotel,




- picture 7


- picture 8




hosted a dinner which will further increas its popularity: Lorenzo Del Monico invited fifteen citizens of Philadelphia who joined fifteen most eminent New Yorkers, to provide both justification and somehow exhibition of his fame, without assuming that this gesture would have given rise to a kind of 'competition' since on April 19th of that year the gentlemen of Philadelphia decided to return the favor, and so they'll mark the history of the 'civilization of food'. 

That evening in April 1851, many of the ferry passengers were on the final leg of their journey from New York City. To make the trip from Philadelphia, they had taken a steamboat down to Raritan River to Amboy and then boarded a train that crossed thruog New Jersey to Camden. Among those who had made this excursion were fifteen impeccably dressed New York gentlemen. They had accepted and invitation to dine at an exclusive Philadelphia restaurant called Parkinson's.
After the boat docked at the Walnut Street wharf, the men collected their leather travel cases and stepped off the ferry, making their way to the nearby Bloodgood's Hotel, which also served as a awaiting area for Camden and Amboy Railroad passengers.
Entering through the heavy glass- paneled door, they stepped into its plush parlour. While several of the disembarked passengers were already in line at the hotel desk trying to get a room or hire a hackney coach or cab, the fifteen New Yorkers had been told that a driver would be waiting there to meet them. As they scanned the room, a young man walked over and asked them if they were due at Parkinson's. They replied yes and the young man bowed and pointed to a spot on the street outside where three black carriages were parked.

Thus begins to take shape the convivial atmosphere that will host this dinner among upscale friends and lovers of good food in the words that form the chapeau of the book written by Becky Libourel Diamond, which, amongst historical information, notions of culinary arts and description of amazing places, drops us into the atmosphere of that time and especially of that 'symposium' which American History will never forget.
For sure, she says, it is known that among those thirty gentlemen there were R.B.Valentine, an insurance agent from New York, and Joshua Price, a wealthy inhabitant of Philadelphia from an old Quaker family.

Meanwhile at Parkinson's restaurant everything was ready to welcome them in a refined and elegant atmosphere that shocked them all: just think that in 1850 Philadelphia had already 254 restaurants - and at that time New York had little more than a hundred of them, although it must be said that in 1860 it will 'flourish' about four hundred more! - and, to have to withstand the competition, conjugated to the skill of the owner and chef James W.Parkinson, who became popular in the years for its ice cream, for the selection of fresh tropical fruits and imported chocolates which he was able to provide to his guests, they made the winning weapon of this sort of culinary duel.
But let's follow our gentlemen that by now have reached the restaurant and entered through the door surmounted by the inscription in relief on the stone supported by a colonnadein the picture below you can see it rightwards ):




- picture 9




Soon a staff member approached the headwaiter an gave him the signal that the table was ready. The waiter politely waited  for a lull in the conversation and then requested that the group followed him upstairs to the large second-floor banquet room. [...] At the top of the staircase the headwaiter directed them to the left, leading them to the banquet room where they would be dining.  Spacious and airy was indeed the room the men had seen when they arrived - the three large doors that led to the balcony were now just partly open, in anticipation of the cool evening air. 
Thirty place settings of the finest china, silver and crystal were situated around the enormous mahogany table, covered with a cloth of freshly starched white linen. [...] 




- picture 10 - Example of a table laid for a banquet according to the Victorian Age taste




As the men took in the opulente scene, the restaurant's owner, James W.Parkinson, appeared and greeted them shaking hands all around. A handsome young man in his early thirties with a head of abundant curly black hair, he was wearing his chef's apron. Although pleasant and cordial he seemed subdued, almost shy, making the New Yorkers wonder about his expertise in the kitchen.
Inviting the gentlemen to take their way over to the table, Parkinson told them how pleased he wasthat they could come, and that he hope they would enjoy the dinner he had the honour of preparing. 3


But who was James W.Parkinson?

Coming originally from England and Scotland, George Parkinsonand his wife Eleanor began their entrepreneurial activity opening, by firts the Burns Tavern and then the Green House, a tavern that took its name from the color of the building that housed it: George led the tavern, while Eleanor took care of the confectionery - pastry shop adjacent to it, and it was this activity that most captured the public and that led George to leave his tavern to join to his wife; the confectionery soon became famous for the production of ice cream, especially the one with the famous tropical fruits coming from the colonies, and in 1838, when George retired to divest the business, already well underway, to his son James, he, who felt the vocation rather for the restaurant industry, started the popular restaurant at number 180 of Chestnut Street, to which, over time, were added several others, always within the city.

Today the name Parkinson is known by a few people, even in the same Philadelphia, because it didn't met the luck that in time characterized Delmonico's, which passed from generation to generation, but in those days it was quite known and  the restaurant to which such prestigious name was linked, was renowned for serving the best food, often out of season - thanks to the trade with foreign countries - at reasonable prices.

But here is, in the pictures below, the menu of that celebrated, opulent banquet:




- picture 11


- picture 12


- picture 13


- picture 14


- picture 15




The meal was astonishing, unlike anything the New Yorkers  had ever experienced. Soon they realized any doubt that  they had about the shy young chef's expertise was ill placed, and they gracefully admitted defeat. Three different times during the meal the New Yorkers stood in appreciation, not only to acknowledge that the Philadelphian had "conquered them triumphantly", but also to unanimously declare that the meal "far surpassed any similar entertaiment which had ever been given in this country.". This was not a light compliment. 

The author's words make us fully participate, involve us into the reading, allow us to see with our eyes the pictures described as if we were present, unseen, watching it all ... her descriptive ability literally carry us into the luxurious room where the banquet is now drawing to a close ...

SUNDAY, APRIL 20, 1851, 6 A.M.
The slender, tapered candles had burned down to their wicks, the ice in the buckets was melted, and the buffet was lined with empty wine bottles. Only bits and crumbs remained on the cake stands that had proudly displayed the elaborately decorated gateaux and other confections. Parkinson's thirty guests were still seated round the table, lingering over their coffee and liquors, discussing politics, the economy, and other affairs of the day. Some puffed on cigars. They were relaxed, satiated, and getting drowsy. The eventful evening was finally at an end. As if on cue, master chef James Parkinson strode into the banquet room from the kitchen, his beaming face flushed from the heat of the ovens, the exertion from being on his feet for so many hours, and the thrill of his success. Upon seeing the creator of the sumptuous feast they had just experienced, the men were on their feet, clapping and nodding their resounding approval. Parkinson humbly took a bow, once again thanking them all for coming and giving him the chance to show them the exceptional food and preparations available in the city of Philadelphia.

The men rose from their chairs and stretched their arms and legs. The waiters assisted them in gathering their belongings. The guests all made sure that they took their menu as evidence of their privileged attendance at this extravagant feast. As they said their good-byes to Parkinson, both the New Yorkers and Philadelphian thanked him once again and took a last look around, etching every vivid detail in their minds. They slowly descended the stairs, retrieved their coats and bags, and stepped out into the muted light of the morning. A cluster of shiny carriages was waiting to take the New York gentlemen to their hotel, and the Philadelphian back to their residences. Their bags were loaded as they said their good-byes and stepped into the the carriages, sighing as they sat down, resting their heads back against the cushioned seats. They all welcomed the thought of a good, long sleep but their minds still swirled around the past twelve hours. The Thousand Dollar Dinner was over. 5

In the following days, the Philadelphia newspapers, to which had not escaped the event that made honor and respect to their city, wrote:

On Saturday evening, the 19th instant, thirty gentlemen sat down for a dinner at J.W.Parkinson's, South Eight, St. below Chestnut, which, for magnificence outvied anything ever seen in the United States.
- Philadelphia Evening Bulletin, April 1851


Perhaps the richest, most elegant, elaborate and poetical entertainment ever gotten up in this country, was achieved in this city last week, by the accomplished confectioner and caterer James W.Parkinson.
American Courier, April 1851 


Here my long post ends, but I'm not leaving you without once again give expression to my enthusiasm for the 'historical novel', the result of an extensive and careful research, written in an engaging and charming style, which the sweet, adorable Becky, presented me as a gift you can conveniently purchase it HERE )




- picture 16 - cover of the book




I highly recommend its reading, if you fancy a trip to the Victorian Philadelphia and amongst the culinary secrets of the then famous cookbooks - who have much to teach us today - and the skilled chefs of those years who treasured them.

I sincerely thank you, my dear friends and readers, for taking me this far in reading this exciting first gastronomic challenge of History, supported by the quotations of the inviting book which has kept me company in the past few days, pleasantly making me particapate to an event still I didn't know ....




I heartily thank you, Becky




- picture 17





and thanks to all of you, as well !


See you soon 












BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

Becky Libourel Diamond, The Thousand Dollar Dinner: America's First Great Cookery Challenge, Westholme Publishing, Yardley, Pennsylvania, October 28, 2015; 

WIKIPEDIA.



QUOTATIONS: 

1 - Becky Libourel Diamond, The Thousand Dollar Dinner: America's First Great Cookery Challenge, Westholme Publishing, Yardley, Pennsylvania, October 28, 2015, page XVII; 

2 - Ibidem, page IX; 

3 - Ibid. page XI; 

4 - Ibid. page XVII; 

5 e 6 - Ibid. page 165.




SHARING WITH:



♚ NOBLE MANSIONS AND CROWNS ♚: Archducke Karl Stephan of Habsburg-Teschen and Villa Podjavori in Lussino.

$
0
0

Quando pensiamo alla nobile casa d'Austria degli Asburgo, subitaneamente pensiamo agli imperatori e alla loro discendenza, ma molti, davvero molti erano i rami cadetti della famiglia che annoveravano altresì nomi importanti residenti in sontuosi palazzi siti in luoghi ameni.



Quest'oggi mi piace parlarvi della figura dell'Arciduca Karl Stephan e della sua residenza nell'odierna Croazia, sita sull'isola di Lussino - nello specifico nella località di Lussingrande - la Villa ed il Parco di Podjavori.

La Villa è divenuta, nel tempo, sede di diverse strutture termali - oggi è un sanatorio -  e sono pochi gli antichi splendori, capaci di ricondurci indietro nel tempo, che oggi possiamo ancora ammirare, poche le immagini, inoltre, che si possono rintracciare sul web, ma ... noi ci riusciremo comunque, ve lo prometto !


Facente parte dell'Impero Austroungarico nel periodo più florido della sua storia, la costa croata, con le sue numerose, incantevoli baie ed isole, era una meta turistica tra le più ambite per gli aristocratici viennesi che la definivano Österreichische Riviera, ovvero Riviera Austriaca ( era infatti la sola parte dell'Impero lambita dalle acque del mare );





qui gli aristocratici venivano a svernare sotto il caldo sole dell'Adriatico ed amavano soprattutto l'isola di Lussino, date anche le sue condizioni climatiche, ottimali in ogni periodo dell'anno ( si calcola che la temperatura media annua sia di 14,5 ° C, in febbraio, che è il mese più freddo, essa non scende al di sotto dei  6,5 °C ed in luglio, il mese più caldo, non supera i  24,0 °C ) e fu così che essendo il suo porto principale divenuto troppo piccolo per accogliere un numero crescente di navi a vela, a Veli Lošinj - Lussingrande, le autorità locali lanciarono un'iniziativa per fornirla di un nuovo porto nella baia di Rovenska.

L'impero l'aveva inoltre fornita di una strada ferrata che facevano linea diretta nella tratta Vienna-Trieste, per poi costeggiare il litorale sul versante austriaco dell'Adriatico, toccando le più importanti località turistiche.


L'Arciduca Ferdinando Massimiliano d'Asburgo, fratello dell'imperatore e proprietario del Castello di Miramaredi Trieste, Comandante della Marina Austro-ungarica, pose egli stesso la prima pietra per un grande frangiflutti nel 1856 accanto al quale fece costruire un cantiere navale che ebbe, però, ben poca fortuna: qui sono state costruite solo poche navi a vela tra il 1856 e il 1877, tra cui spicca la Esempio che è stato rovinata durante un ciclone abbattutosi nel porto di Pensacola, nella Baia del Messico, dopo aver navigato attraverso tutti i mari del mondo per ben diciannove anni: purtroppo, dopo l'apertura del Canale di Suez, le imbarcazioni a vela persero gradualmente importanza a vantaggio di quelle a vapore che cominciarono con il solcare le acque del Mediterraneo tra 1870 e 1880, facendo sì che i così detti velieri diventassero storia.

Era il maggio del 1885, il cantiere era ormai scomparso, ma una piccola imbarcazione a vela con chiglia a coltello chiamata Palamida ormeggiò nel porto di Lussingrande / Groß-Lötzing conducendo sull'isola un visitatore che avrebbe determinato l'ulteriore destino non solo di quella parte dell'isola, ma dell'isola intera: era il venticinquenne arciduca austriaco Karl Stephan, residente presso il Castello di Saysbusch (Żywiec), in Galizia, ivi recatosi in incognito, in cerca di un luogo ridente in cui far edificare una propria dimora ove svernare su quel mare che tanto amava; Grande Ammiraglio della Marina Austro-ungarica e candidato alla corona polacca, nato a Židlochovice, nella Moravia meridionale dall'Arciduca Karl Ferdinand d'Austria-Teschen e dalla moglie, l'Arciduchessa Elisabeth Franziska d'Asburgo-Lorena, di cui era cugino primo, Karl Stephan Eugen Viktor Felix Maria - questo era il suo nome per intero - appartenente al ramo cadetto degli Asburgo-Teschen, era in vista del matrimonio con l'Arciduchessa Maria Theresia d'Austria


28 febbraio 1886, foto ufficiale del matrimonio di SAR l'Arciduca Karl Stephan e SAR l'Arciduchessa Maria Theresia d'Austria




figlia dell'Arciduca di Toscana Karl Salvator e dalla Principessa Maria Immaculata di Borbone-Due Sicilie: egli si innamorò di Lussingrande a prima vista e, quando, su di un pendio sopra la baia, acquistò la dimora del capitano Sopranić iniziò a Lussingrande "l'età del turismo".

L'arciduca aveva ricostruito la villa facendone un palazzo che nominò Villa Wartsee, ma essendo questo luogo troppo esposto alla bora e alle mareggiate, scelse un sito più consono e tranquillo in cui svernare con la famiglia ed avviò così il progetto per quella che sarebbe divenuta la Villa Podjavori, ai piedi del monte Jovanni, un castello immerso in un giardino circondato da terrazzamenti di rara bellezza che raggiunse la dimensione di un vero e proprio giardino botanico, e fu questo il luogo in cui egli amava svernare e trascorrere le vacanze, a partire da quelle pasquali per giungere a estive, con la famiglia; 

Villa Podjavori era deliziosa, un unico lungo, bianco, edificio fatto di pietre irregolari, alto due piani, completamente arredato in un semplice stile cottage, con corridoi e scale di marmo grigio. Il suo più grande fascino era la gloriosa e splendida vista di cui si godeva dalle sue numerose finestre a battenti e dalle terrazze in fiore, che spaziavano dalle acque cristalline del mare Adriatico, con le sue miriadi di piccole isole, che lambiva le coste molto al di sotto alle Alpi innevate sulla terraferma dall'altra parte.
Il giardino era ideale, e si estendeva in lungo e in largo sui versanti selvagge e frastagliate del Monte Jovanni. Era pieno di sorprese, con i suoi sentieri ripidi e tortuosi e scalini ricoperti di muschio, scavati tra le grandi, ritte rocce, alcune dei quali sono state ricoperte dalla meravigliosa vegetazione in crescita, oppure lasciate lì in attesa di un progetto, semplicemente rocce grigie indomite, alte molti piedi,  torreggianti contro un cielo azzurro.
A destra e a sinistra si veniva catturati dallo splendido colore dato dalle masse di rose ad albero, dagli aranci e dai limoni, dai gruppi di camelie scarlatte poste tra alte palme ondeggianti, ed ulivi dalla bassa, folta vegetazione.
Lucertole marroni saltato e e ballavano sulle rocce grigie; serpentelli scivolavano e si contorcevano sotto il sole; e l'aria calda e profumata, in questo superbo scenario di bellezza e di pace, sembrava vibrare con il mormorio inebriante di miriadi di insetti appartenenti al soleggiato Sud.
Durante il soggiorno della famiglia imperiale sull'isola, ogni cerimonia veniva evitata e ognuno sembrava 'dimenticare' per un po' quel sistema di riservatezza che rendeva noiosa la vita di Corte.


La famiglia dell'Arciduca Karl Stephan e dell'Arciduchessa Maria Theresia nel 1896




Molto spesso la Famiglia Imperiale trascorreva la Pasqua a Lussino, ed era accolta come un benvenuto nel rilassamento di gioia dopo la monotonia della Quaresima e le solennità del Venerdì Santo di cui eravamo appena stati partecipi.
La Domenica di Pasqua era dedicata a grandi festeggiamenti, le regole erano messe da parte, ed i Principi e le Principesse erano praticamente liberi di fare ciò che più piaceva loro.
C'era sempre un pranzo molto elaborato, a cui don Antonio e altri sacerdoti erano invitati, oltre ad altri amici occasionali delle Loro Altezze Imperiali che alloggiavano alle loro ville o in Hotels sull'isola.
Ad esso faceva sempre seguito la caccia alle uova, nel parco di Podjavori, un'usanza pasquale che è tutt'oggi osservata in molti altri paesi europei. Belle e grandi uova, contenenti regali preziosi, e le caramelle più prelibate, a ciascuno dei quali veniva attaccato un nome, erano nascoste in una parte dei vasti terreni, destinata alla caccia.
Ognuno indossava abiti di gala; il tempo era generalmente perfetto e la scena è sempre stata di grande gioiosità e divertimento per grandi e piccini.
Un altro costume che colpiva poiché molto caratteristico, era il porre all'interno di ogni appartamento un piatto contenente una dozzina di uova sode, dipinte in vari colori vivaci, e un altro piatto su cui si potevano trovare vari tipi di carne fredda. Ovviamente nessuno ha mai avvertito il bisogno di questo strano cibo, questi regali curiosi venivano immediatamente inviati al piano di sotto perché fossero donati ai poveri.
Il Lunedì di Pasqua si teneva la piccola regata di Lussino, che era considerata da tutti un grande vento alla stregua delle corse di Kiel, o importante come la Regata di Cowes. 2


Estasiato dalla magnificenza della vegetazione mediterranea che lussureggiava intorno a Lussingrande, Egli avviò e sostenne inoltre l'istituzione e la creazione di sentieri e passeggiate spesso percorse dall'aristocrazia austriaca che soggiornava sull'isola o vi si recava in gita.
Il castello fu venduto nel 1893 con l'intenzione di costruire una nuova villa nella parte più alta del parco, ma questo progetto non venne mai realizzato. 


L'arciduca affacciato ad una delle finestre della sua residenza con i genitori e due delle sue sorelle.




L'Austria perderà questa parte importante dell'impero con la Grande Guerra, dopo la quale la maggior parte del turismo guarderà piuttosto alla Riviera dei Fiori e alla Costa Azzurra, ricche di altri luoghi incantevoli che circondano la nostra penisola che si affacciano sul Mediterraneo, anche se si tratterà, comunque, di luoghi stranieri.


Nella speranza di avervi, anche questa volta, fatto vivere un piccolo sogno ad occhi aperti, prendo congedo da voi, carissimi ed amati amici e lettori, augurandovi ogni bene per questa nuova settimana,


a presto 












FONTI BIBLIOGRAFICHE:

Nellie Ryan, My Years at the Austrian Court, John Lane, 1915, ristampa del settembre 2015, edizione Forgotten Books;

WEB



CITAZIONI:

1 - Nellie Ryan, My Years at the Austrian Court, John Lane, 1915, ristampa del settembre 2015, edizione Forgotten Books, pag. 209; 

2 - op.cit., pag. 219.











When we think of the noble house of Habsburg's, suddenly we think about the Emperors and their descendants, but many, very many were the offshoots of the family that also included important names residing in sumptuous castles and villas located in pleasant places.




- picture 1




Today I like to tell you about the figure of the Archduke Karl Stephan and his residence in today's Croatia, located on the island of Lošinj - specifically in the village of Veli - the Villa and the Park of Podjavori.

The Villa has become, over time, seat of several spa facilities - today it is a sanatorium - and very few are the amenities of the old world, able to lead us back in time, that today we can still admire, a few pictures, too, can be found on the web, but we ... well manage, I promise !

As part of the Austro-Hungarian Empire in the most prosperous period of its history, the Croatian coast, with its numerous, beautiful bays and islands, was one of the most sought-after touristic destination for Viennese aristocrats who called it Österreichische Riviera, or Austrian Riviera ( it was in fact the only part of the Empire lapped by the waters of the sea);




- picture 2


- picture 3


- picture 4


- picture 5




Aristocrats came here to spend their Winter under the warm sunshine of the Adriatic Sea and especially loved the island of Lošinj, also given its climatic conditions, optimum all year round (it is estimated that the annual average temperature is 14.5°C, in February, which is the coldest month, it doesn't fall below 6.5°C and in July, the hottest month, it doesn't go up more than 24.0°C), and so it was that being its main port became too small to accommodate an increasing number of sailing ships, in Veli Lošinj, the local authorities launched an initiative for to build a new port in Rovenska Bay.

The Empire had also provided this zone with a railway, which was direct in the rote Vienna-Trieste, and came down along the Adriatic coast on the Austrian side, touching the most important touristic areas.




- picture 6




Archduke Ferdinand Maximilian of Habsburg, brother of the Emperor and owner of Miramare Castle in Trieste, Commander of the Austro-Hungarian Navy, posed himself the cornerstone for a large breakwater in 1856 next to which he made buildt a shipyard that had, however, very little luck: here a few ships, sailing between 1856 and 1877, has been built, among which stands out the Esempio, that was ruined during a cyclone that hit the port of Pensacola, in the Bay of Mexico after sailing through all the seas of the world for nineteen years: unfortunately, after the opening of the Suez Canal, the sailboats gradually lost importance in favor of the steamboats that began with sailing the waters of the Mediterranean between 1870 and 1880, making so that the so-called sailing ships became history.

It was May of 1885, the yard was already gone, but a cutter, a small sailing ship with a knife keel called Palamida moored in the port of Veli Lošinj / Groß-Lötzing conducting on the island a visitor who would determine the further destiny not only of this part of the island, but of the whole island: he was the twenty-five Austrian Archduke Karl Stephan, at that time resident at the Saysbusch Castle (Żywiec), Galicia, who went there incognito, in search of a pleasant place in which to build his own home where to spend the Winter on the sea that he loved so much; Grand Admiral of the Austro-Hungarian Navy and candidate for the Polish crown, born in Židlochovice, in South Moravia from Archduke Karl Ferdinand of Austria-Teschen and his wife, Archduchess Elisabeth Franziska of Habsburg-Lorraine, of which he was first cousin, Karl Stephan Eugen Viktor Maria Felix - this was his full name - belonging to the cadet branch of the Habsburg-Teschen, was in sight of his marriage with the Archduchess Maria Theresia of Austria,




- picture 7




daughter of Archduke Karl Salvator of Tuscany and Princess Maria Immaculata of Bourbon-Two Sicilies: he fell in love with Veli Lošinj at first sight and when, on a slope above the bay, bought the house of the captain Sopranić, it began for Veli Lošinj  " the age of tourism ".
The Archduke had rebuilt the villa making a building named Villa Wartsee, but being this place too exposed to the bora wind and to the storm surges, he chose a more appropriate and peaceful site where to spend the Winter with his family and so started the project for what would become the Villa Podjavori at the foot of Mount Jovanni, a castle surrounded by a garden, of rare beauty with its terraces, that reached the size of a veritable botanical garden, and this was the place where he loved to spend not only the Winter but especially the holidays, from Easter to Summer;




- picture 8




Podjavori itself was delightful, just a long, white, rambling stone building, two storeys high, furnished throughout in simple bungalow style, with corridors and stairs of grey marble. Its greatest charm was the glorius and superb views from its many casement windows, and flower-bedecked terraces, accross the crystal blue waters of the Adriatic far down below, with its myriads of tiny isles, and the snow-clad Alps on the mainland beyond.
The garden was ideal, stretching far and wide on the wild and rugged slopes of Monte Jovanni. It was full of surprises, with its steep and winding pathways and moss-grown steps, hewn out between great upstanding rocks, some of which were covered in marvellous growth, or else left projecting there, many feet high, just wild grey rocks towering up against an azure sky.
To the right and left one caught glimpses of gorgeous colouring from masses of rose-trees, groups of orange and lemon-tree, and scarlet camellias in between tall waving palms, and the low-spreading olive branches.
Dancing brown lizards jumped and skipped over the grey rocks; snackes glided and wriggled in the sun; and the warm and scented air, over this superb scene of beauty and peace, seemed to vibrate with the intoxicating murmur of myriads of insects life of the sunny South. 
Cerimony was more or less waived during the stay of the Imperial Family on the island, and every one seemed to drop for a while the tedious restraint of Court life. 1




- picture 9




EASTER was very often spent by the Imperial Family in Lussin, and it come as a welcome in joyous relaxation after the monotony of Lent, and the solemnities of Good Friday in which we had just partaken.
Easter Sunday was given over to great rejoicings, rules were put on one side, and the Princes and Princesses were practically free to do what they pleased.
There was always a very elaborate lunch, to which Don Antonio and other priests were invited, besides any chance friends of Their Imperial Highnesses who were staying at their villas or at the Hotels on the island.
Then followed always the egg hunt, in the grounds of Podjavori, an Easter custom, which is still observed in several other European countries. Beautiful and enormous eggs, containing costly gifts, and the choicest bonbons, to each of which a name was attached, were hidden in the portion of the extensive grounds, given over to the hunt.
Every one donned gala attire; the day was usually perfect weather, and the scene was always one of gayety and amusement of young and old.
Another custom which struck one as being very quaint, was the placing in every one's apartement of a plate containing a dozen hard-boiled eggs, painted over in various bright colours, and another plate on which was found various kinds of cold meat. As it was obvious no one ever felt the need of this strange food, these curious gifts were immediately sent down to be given to the poor.
On Easter Monday Lussin's little regatta took place, which was looked upon by all as if it were as great an event as the races ad Kiel, or as important as the Cowes Regatta. 2


Mesmerized by the magnificence of the Mediterranean vegetation lushing around Veli Lošinj, he started and also supported the project and the creation of paths and walks often crossed by the Austrian aristocracy who used to stay on the island or went there on a trip.
The castle was sold in 1893 with the intention of building a new villa in the highest part of the park, but this project was never realized.




- picture 10





Austria will lose this important part of the Empire with the Great War, after which most of the tourist will look rather to the Riviera dei Fiori and the French Riviera full of other beautiful places surrounding also our peninsula and bordering the Mediterranean, although they will be, however, foreign places.


Hoping to have, once again, make you live a little daydream, I take leave of you, dear and beloved friends and readers of mine, wishing you all the best for this new week,

see you soon ♥















BIBLIOGRAPHIS SOURCES:

Nellie Ryan, My Years at the Austrian Court, John Lane, 1915, reprint on September 2015, Forgotten Books Editions;

WEB.



QUOTATIONS:

1 - Nellie Ryan, My Years at the Austrian Court, John Lane, 1915, reprint on September 2015, Forgotten Books Editions, page 209; 

2 - op.cit., page 219.






LINKING WITH:



Autochrome photography ~ Happy Easter to you all and a little break for me.

$
0
0



Per augurare a tutti voi una Felice Santa Pasqua, capace di donarvi la Pace e la Serenità dell'Animo, ho scelto questa fotografia del 1906, anno che si colloca praticamente al centro dell'Epoca edoardiana, principiata con l'ascesa al trono di re Edoardo VII il 22 di gennaio del 1901 e che si concluderà con la sua morte il 9 maggio del 1910; epoca breve, ma molto prosperosa, che vide il fiorire di tutto ciò che era nato e già era florido nell'epoca Vittoriana, dalla cultura, all'arte, all'industria, etc., quella edoardiana segnerà anche il progredire anche della fotografia che acquisisce i primi colori della realtà che immortala: era infatti il 1903 quando i fratelli Auguste e Louis Lumière ottennero il brevetto per la fotografia autocromatica, commercializzata a partire dal 1907.

Le fotografie cominciano ad acquisire i primi sbiaditi colori, sono quelli primari, miscelati al bianco e nero che permane sempre dominante, grazie ad un processo che ancora non smette di affascinarmi.

Diversamente dalle lastre utilizzate per la fotografia in bianco e nero, quelle per la fotografia monocromatica erano montate sulla macchina fotografica con il lato di vetro nudo rivolto verso l'obiettivo, in modo che essa ricevesse direttamente la luce ed inoltre l'utilizzo di un filtro speciale giallo-arancio da aggiungere infine alla macchina fotografica aveva il compito di bloccare la luce ultravioletta e limitare gli effetti della luce viola e di quella blu a cui la suddetta lastra era molto sensibile ... Ma quali erano le caratteristiche che tipizzavano tale lastra ?

Si trattava di una lastra di vetro semplice, ma molto sottile, che da una parte veniva cosparsa di granelli microscopici di fecola di patate tinti di rosso-arancione, verde, e blu-violetto che creavano un mosaico fittissimo ed occasionale, agendo come filtri di colore; il nerofumo riempiva gli spazi tra i granuli, e un'emulsione pancromatica, ovvero in grado di catturare tutti i colori dello spettro, a base di alogenuri d'argento in bianco e nero rivestiva la parte superiore dello strato filtrante.
Per fissare i granuli, il vetro veniva cosparso innanzitutto di uno strato adesivo che li potesse tenere attaccati al vetro; essi avevano una dimensione compresa tra 5 e 10 micrometri  ( un micrometro equivale ad un centesimo di millimetro ) ed i tre colori erano così accuratamente mescolati ed eguali in proporzione da far apparire l'insieme di colore grigio, visto ad occhio nudo; erano necessari circa 4.000.000 di granuli per per pollice quadrato per rivestire il più uniformemente la lastra di vetro ed i mezzi precisi attraverso cui si evitava di lasciare lacune significative tra i granuli ed altresì di evitarne la sovrapposizione rimangono ancora poco chiari. 
Per certo si sa che una pressione estrema produceva un mosaico che più efficientemente trasmetteva la luce, perché i granuli venivano così appiattiti leggermente, e perciò resi più trasparenti e più vicini l'uno all'altro, ma dato che era poco pratico applicare tale pressione all'intera lastra in una sola volta, un rullo compressore veniva utilizzato in più tempi su piccole porzioni della lastra; dopo l'utilizzo, come suddetto, del nerofumo per colmare i vuoti, la lastra veniva quindi rivestita con gomma lacca per proteggere i granuli e quindi, quando questa era completamente asciutta, una gelatina a base di acqua faceva da finitura per proteggere il tutto dall'umidità.
Così ultimata la lastra veniva tagliato in lastre più piccole delle dimensioni desiderate, che venivano confezionate in scatole dai quattro ciascuna ed ogni pezzo era accompagnata da un sottile cartoncino colorato di nero sul lato rivolto verso l'emulsione. 

A causa della perdita di luce dovuta a tutto questo meraviglioso ed innovativo gioco di filtraggio, per le primissime fotografie colorate erano necessarie esposizioni molto più lunghe rispetto a quelle caratteristiche per le fotografie in bianco e nero, il che significa che un treppiede o un  altro supporto dovevano essere utilizzati per reggere la macchina fotografica e che non era assolutamente pratico fotografare soggetti in movimento.

E dopo avervi spiegato nel modo più dettagliato possibile questa tecnica che per l'epoca era davvero rivoluzionaria, vi lascio con alcune fotografie monocromatiche che trovo semplicemente deliziose !



Autore ed anno sconosciuti





Woman by pond, ca. 1906-12. Fotografia autocromatica dei fratelli Lumière





Fotografia autocromatica di Leonid Andreyev dal titolo 'With Anna' che ritrae Andreyev ed Anna nel loro giardino.





Fotografia autocromatica di Etheldreda Janet Laing, 1910 - Image © National Media Museum, Science & Society Picture Library





Fotografia autocromatica, 1910





Fotografia autocromatica degli inizio del 1900





Fotografia autocromatica di Etheldreda Laing che ritrae la figlia Janet o Iris nel giardino della casa dei genitori ad Headington, Oxford.





Fotografia autocromatica, 1907





Fotografia autocromatica di Etheldreda Laing, One of the Laing sisters of Oxford, 1910





Woman in Historical Costume, ca. 1910.





Autochrome from the George Eastman House, ca. 1910-1920





Fotografia autocromatica di Etheldreda Laing che ritrae una delle sue figlie in giardino, ca. 1910-1914





Untitled, di Ducurtyl Collection Bibliothèque municipale de Lyon ©





Jeune femme à l'ombrelle - portrait en pied, di Clément Maurice





Iris Laing (left), aged around 11, and her sister Janet, aged around 16, c. 1914 






Augurandovi ancora, con il più sentito affetto, tanta serenità per i giorni a venire, sono obbligata a dirvi che gli impegni che da tempo mi rincorrono non possono più attendere e perciò ho deciso di prendermi una piccola pausa ... non lo faccio volentieri, ma sono costretta, credetemi, preferisco assentarmi piuttosto che essere presente senza seguire i vostri blogs perché non riesco !

Ci rivediamo il primo giorno di Aprile, vi aspetto per festeggiare il compleanno di ~ My little old world ~ !

A presto 
















- picture 1




To wish you all a Happy Easter, able to give you the Peace and the Serenity of the Soul, I chose this photograph of the year 1906, the year that virtually lies at the center of the Edwardian Era, began with the ascension to the throne of King Edward VII on January 22nd, 1901, and ending with his death on May 9th, 1910; short, but a very prosperous age, which saw the blossoming of all that was born and was already thriving during the Victorian era, from culture, to art, to industry, etc., the  Edwardian ones will also mark several progresses in photography, which acquires the first colors of the reality which it captures: it was 1903 when the brothers Auguste e Louis Lumière obtained a patent for autochrome photography, marketed for the first time in 1907.

The photos begin to acquire the first faded colors, they are the primary ones, mixed with black and white that remain always dominant, thanks to a process that still doesn't cease to amaze me.

Unlike the plates used for photography in black and white, those for monochrome photography were mounted on the camera with the bare glass side facing the lens, so that they could receive directly the light and a special yellow-orange filter which was finally added to the camera, had the task of blocking the ultraviolet light and limit the effects of purple and blue light in which, they said, the plate was very sensitive ... 

But what were the characteristics of this so special plate?

It was a simple glass plate, but very thin, which by one side was sprinkled with microscopic starch potatoes grains dyed in red-orange, green, and blue-violet which created a dense and occasional mosaic, working as filters of color; the lampblack filled the spaces between the granules, and a panchromatic emulsion, able to capture all the colours of the spectrum, to base of silver halide black and white, coated the upper part of the filtering layer.

To fix the granules, the glass was first of all covered with an adhesive layer that could keep them stuck to the glass; they had a size comprised between 5 and 10 micrometers (a micrometer is equivalent to a hundredth of a millimeter) and the three colours were so thoroughly mixed and equal in proportion as to appear of gray color, seen by the naked eye; they were needed about 4,000,000 of granules per square inch to coat the more uniformly the glass plate and the precise means by which they avoided of leaving significant gaps between the granules and also prevented their overlapping, still remain unclear.
For sure, it is known that an extreme pressure created a mosaic that more efficiently transmitted the light, because the granules were thus slightly flattened, and, therefore, made more transparent and more close one to another, but since it was impractical to apply such pressure to the entire plate at one time, a compressor roller was used in several times on small portions of the plate; after using the lampblack to fill the gaps, as mentioned above, the plate was then coated with shellac to protect the granules, and then, when this was completely dry, a water-based jelly made the finish to protect the everything from humidity.

Thus completed the plate was cut into smaller pieces of the desired size, which were packed in boxes by the four each, and every piece was accompanied by a thin  black colored cardboard placed facing the emulsion.
Because of the loss of light due to all this wonderful and innovative filtering game, for the very first coloured photographs were necessary much longer exposures compared to those characteristics for the photographs in black and white, which means that a tripod or another support were used to hold the camera and it was not at all practical photographing moving subjects.

And after having explained you as much detailed as possible this technique, which at the time was really revolutionary, I leave you with some monochrome photographs that I find simply delightful !



- picture 2 - Title and author unknown


- picture 3 - Woman by pond, ca. 1906-12. Autochrome (early color photograph) by the Lumière brothers.


- picture 4 - A Leonid Andreyev Autochrome entitled 'With Anna' showing Andreyev and Anna in their garden.

 - picture 5 - Autochrome by Etheldreda Janet Laing, 1910 - Image © National Media Museum, Science & Society Picture Library


- picture 6 - Autochrome, 1910


- picture 7 - Autochrome photo from the early 1900's


- picture 8 - Autochrome taken between 1910 and 1915. It shows Janet or Iris Laing in their parents’ house and garden in Headington, Oxford.


- picture 9 -  Autochrome, 1907


- picture 10 - Autochrome. One of the Laing sisters of Oxford, 1910


- picture 11 - Woman in Historical Costume, ca. 1910


- picture 12 - Autochrome from the George Eastman House, circa 1910-1920s


- picture 13 - Etheldreda Laing's autochrome, photo of her daughter in the garden ca 1910-1914


- picture 14 - Untitled. By Ducurtyl Collection Bibliothèque municipale de Lyon ©


- picture 15 - Jeune femme à l'ombrelle - portrait en pied. Clément Maurice


- picture 16 - Iris Laing (left), aged around 11, and her sister Janet, aged around 16, c. 1914 



Wishing you again, with the most sincere affection, so much Serenity for the days to come, I am obliged to tell you that the commitments that for time I'm trying to postpone can no longer await, and so I decided to take a little break ... I don't do it willingly, but I'm forced, believe me, I prefer to be away rather than be present without having the time necessary to follow your lovely  blogs, and to be not able to come and visit you !


See you on the first day of April to celebrate the birthday of ~ My little old world ~ !















LINKING WITH:



~ My little old world's Anniversary ( and a Giveaway for you ) ~ When Love becomes Art.

$
0
0






-Sapete che cos'è l'amicizia?- le chiese.
-Si,- rispose l'egiziana.- Essere fratello e sorella, due anime che si toccano senza confondersi, le due dita della mano.
-E l'amore?- continuò Gringoire.
-Oh! L'amore!- lei disse, e la sua voce tremava, e il suo occhio brillava.- E' essere due e non essere che una persona sola. Un uomo e una donna che si fondono in un angelo. E' il cielo.


Victor Hugo, Notre Dame de Paris, 1831





Sono trascorsi tre anni da che My little old world ha preso vita, ed uso queste parole perché voi, da sogno che era in partenza, proprio voi gli avete dato una consistenza reale, lo avete fatto divenire concreto, e ... quante, quante persone meravigliose ho incontrato da che ho cominciato con il percorrere questo sentiero ... persone che mi hanno insegnato il vero valore dell'amicizia, per tramite dei loro blog che parlano al cuore, per tramite di doni che mi sono stati inviati, doni che dimostrano come il cuore guidi le mani, nel creare progetti che spesso si fanno arte ....

Questo post, perciò, vuole non solo celebrare My little old world, ma ognuno di voi, e vuole essere inoltre un ringraziamento per coloro che mi sono stati vicini in questo ultimo anno, da poco cominciato, con la loro arte ....



Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. 
Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. 
Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista.


(San Francesco d’Assisi)




Questi sono i capolavori di Claudia del blog Lavanda e Lillà che, con la pazienza, la passione e l'abilità delle antiche ricamatrici, confeziona con ago e filo opere d'arte d'altri tempi ... questi oggetti fanno parte di un set per cucito, sono un punta spilli ed un trovaforbici, che terrò come soprammobili in salotto, in mezzo alle mia anticaglie preferite !




Ed eccovi che cosa riesce a creare Kelly-Anne del blog heart❤made: questa splendida, dolcissima fanciulla abita in Sud Africa ed i suoi romantici ed incantevoli bigliettini con cui accompagnare i doni li ho tutti appesi all'albero di Sakura in fiore, in una giornata ventosa, sperando che il vento le portasse un messaggio d'amore, dal mio cuore al suo !





L'ultimo Giveaway vinto da Franca del blog Righe da Favola: un'amica dal cuore d'oro la cui creatività non conosce limiti, ma è abilissima soprattutto con l'uncinetto !
Questo è il secondo che vinco da questa dolcissima, delicata amica e come le ho promesso, andrà a decorare una delle porte d'ingresso, dall'interno, dei locali dello Short Lets di Tenuta Geremia affinché trasmetta ai miei ospiti la gioia con cui lei l'ha creata.




Un biglietto giunto dagli Stati Uniti, un meraviglioso dono da parte di Connie del blog Connie's Crafty Creations che così ha voluto partecipare al mio compleanno, in modo del tutto inaspettato, poco più di un mese fa; Connie crea biglietti e cartoline per qualsiasi evento e riesce sempre a trovare il modo per indovinare i gusti di coloro che li ricevono ... ella è ormai maestra in quest'arte che infatti trasmette per tramite dell'insegnamento.




Ed infine vi presento June del blog Inspired by...: June è stata una delle prime persone a seguire My little old world e a conquistare il mio cuore e da allora ci lega un'amicizia molto speciale ... June guarda la Natura con gli occhi della Devozione e con le fotografie che scatta, immortalando attimi preziosissimi, soprattutto della vita degli uccelli che circondano la sua casa, crea cartoline augurali di cui non sapevo nulla fino al giorno del mio compleanno!




Diceva il poeta Samuel Taylor Coleridge:


L’amicizia è un riparo sotto un albero.


ma io credo sia persino molto, molto di più di questo !



Oh il conforto, l’inesprimibile conforto di sentirsi sicuro con una persona: di non avere né da pensare i pensieri, né da misurare le parole, ma solo da elargirli. Proprio come sono pula e grano insieme, sapendo che una mano fedele li prenderà e setaccerà, terrà quello che vale la pena di tenere e poi, con il fiato della gentilezza, soffierà via il resto.

(George Eliot)





GIVEAWAY

E' molto poco quello che sto per offrirvi in dono, ma si tratta comunque di un qualcosa che potrete conservare a ricordo mio e di questo mio blog che con amore seguite, qualcosa questa volta fatto da me, un dono che parla del passato che tutti noi amiamo e che potete usare come segnalibro del testo che state leggendo o come ferma-pagina della vostra agenda; questi oggetti che richiamano il passato sono realizzati in metallo placato oro-antico e sono sormontati dall'insegna della corona imperiale fatta in filigrana ... potevo non potevo nei cammei l'immagine delle due imperatrici che hanno fatto dell'epoca vittoriana ?!



Per partecipare a questo Giveaway è necessario divenire follower di My little old world, se ancora non lo siete, e cliccare 'mi piace' sulla pagina fb che ad esso è allegata ... e non dimenticate di specificare nel vostro commento quale segnalibro preferite, se quello con il ritratto dell'Imperatrice Elisabeth o piuttosto quello con l'effigie della Regina Victoria.
Avete tempo fino al giorno 6 Aprile alle ore 22 ( ora del Centro Europa ); il nome del vincitore lo comunicherò nel post del giorno seguente.


Vi ringrazio ancora, infinitamente, per quanto mi avete dato e state continuando a donarmi, carissimi, amati amici e lettori, la mia gratitudine cresce ogni giorno, credetemi, e che la gioia e l'amore camminino sempre al vostro fianco !






A presto 



















- picture 1





- Do You know what friendship is ? - He asked.
-Yes, - Said the Egyptian girl.- To be brother and sister, two souls which touch themselves without blend into each other,  the two fingers of one hand.
-And Love? - Continued Gringoire.
-Oh! Love! - She said, and her voice trembled, and her eye shone.-  It is to be two and no more than one person. A man and a woman who melt together in an angel. It is the sky.


Victor Hugo, Notre Dame de Paris, 1831



They have flowed three years since My little old world came to life, and I use these words because for the dream that it was in its origin, you have given him a real consistency, you did it become real, and ... how,  how many wonderful people I have met since I started walking this path ... people who have taught me the true value of friendship, through their blogs speaking  to the heart, through the gifts that were sent to me, gifts demonstrating how the heart drives one's hands, creating projects that often become true art ....

This post, therefore, not only wants to celebrate My little old world, but each of you, and also wants to be a tribute to those who wanted to be close to me in this year, recently started, with their art ....




He who works with his hands is a laborer.
He who works with his hands and his head is a craftsman.
He who works with his hands and his head and his heart is an artist.

(St. Francis of Assisi)



These are the mastrepieces made by Claudia at the blog Lavanda e Lillà who, with the patience, tje passion and the skillness of the ancient embroiderers, packs with needle and thread works of art which seem to come from the past ... these objects do part of a set for needlework, they're a tip pins and a 'find-scissors' little pillow, which I will take as knickknacks in my living room, amongst my favorite antiques !


- picture 2




And here's what Kelly-Anne at the blog heart❤made can create: this so lovely girl lives in South Africa and on a windy day, I hung all her little tags, so romantic and charming to accompany gifts, to one of our Sakura tree in full bloom, hoping that the wind would had bring her a message of love, from my heart to hers !


- picture 3




The last Giveaway won from Franca at the blog Righe da Favola: she's a friend with a golden heart and her creativity knows no bounds, but she's very capable especially with the hook!
This is the second I win from this sweet, gentle friend and as I promised, it will decorate the inside of one of the entrance doors of Tenuta Geremia Short Lets to welcome my guests with the same joy with which she he created it.


- picture 4




A card arrived from the United States, a wonderful gift by Connie at the blog Connie's Crafty Creations who so wanted to participate to my birthday, in a completely unexpected way, just over a month ago; Connie creates wonderful cards for any event end everyone and always manages to find a way to guess the tastes of those who receive them ... she is now a teacher in this art, as well.


- picture 5




And finally I'm introducing you June at the blog Inspired by... who was one of the first lady to follow My little old world and to win my heart and since then we're linked by a very special friendship ... June views life with the eyes of Devotion and with the pictures she takes, capturing precious moments especially of the life f the birds surrounding her home, she creates greeting cards about which I knew nothing until the day of my birthday !


- picture 6




Said the poet Samuel Taylor Coleridge:



Friendship is a shelter under a tree.


but I think it's even much, much more than this !




Oh the comfort, the inexpressible comfort of feeling safe with a person, having neither to think of the thoughts, nor to measure words, but only have to donate them. Just as they are chaff and grain together, knowing that a faithful hand will take and sift them, keep what is worth keeping, and then, with the breath of kindness, will blow the rest away.

(George Eliot)





GIVEAWAY

It's a very little thing what I am about to offer as a gift, but it's still something that you can keep in my memory and that of my blog which you so lovingly follow, this time is something made by me, a gift that speaks of the past that all we love and that you can use as a bookmark of the book you are reading or as a stop-page of your journal; these objects that recall the past are made of old-gold-plated metal and are topped by the sign of the imperial crown made of filigree ... couln't  I put in the cameos the image of the two empresses who made the Victorian era ?!





- picture 7




To take part to this Giveaway it is necessary to become a follower of My little old world, if you're not yet, and click ' I like' on the fb page that is linked to it ... and don't forget to specify in your comment which one you prefer, if the one with the portrait of Empress Elisabeth, or rather the one with the effigy of Queen Victoria, if you were the winner.
You have time until April 6th at 10 p.m. (Central Europe); I'll communicate you the name of the winner in the post of the following day.


Thank you again, thank you very much, for what you have given me and what you're going on giving me, dear, dear friends and readers, my gratitude grows every day, believe me, and may joy and love walk always by your side!



- picture 8




See you soon 











LINKING WITH:

Sophie A. Blanchard, the first amazon of the skies - THE VIRGIN WHO FELL FROM HEAVEN.

$
0
0



Αndrai, dicea lo scritto, colà dove
La superba Giunone i nembi aduna;
Dove striscian le folgori di Giove
Bizzarramente, senza legge alcuna.

L’origine vedrai dei vari e tanti
Fenomeni che appaiono sovente;
Vedrai delle comete i fiammeggianti
Crini, spauracchio della bassa gente.




Vedrai le case di Saturno e Marte,
Numi di più che pessima natura,
Da cui, la terra a funestar, si parte
Ogni dolorosissima sciagura.

Vedrai assiso in luminoso trono
Il sovrano monarca degli Dei:
Gli stanno a lato le saette e il tuono
Che di sovente fan tremare i rei.


[...]


Di Venere vedrai l’οspizio infame;
Dagli uno sguardo in fretta, e passa avanti.
Essa presiede alle sfrenate brame
De‘ mal’accorti ed accecati amanti.

Feroci belve, animai mansueti
Incontrerai per l’obbliquo sentiero;
Colà li collocarono i Poeti
Coprendoli d’altissimo mistero.

Vedrai. .. che non vedrai? Tutte le stelle,
E le sorti che spandono nel mondo;
Potrai la giusta dimension di quelle,
Ed ogn’orbita lor scoprire a fondo.


Valerio da Pos, l'Astronomia da Poesie, Picotti, Venezia, 1822.




Era il luglio dell'anno 1811, i preparativi per celebrare il 42esimo compleanno dell'Imperatore Napoleone Bonaparte fervevano, sempre un genetliaco era un evento importante il cui festeggiamento andava programmato nei minimi dettagli, e Milano, capitale del Regno d'Italia che di tale accadimento doveva essere il luogo, stava vivendo questi ultimi giorni con trepidazione ...



[ A Sua Eccellenza il conte Vaccari, Ministro degli Interni  del Regno d'Italia ]

Parigi, 11 luglio 1811

Monsieur Le Count,

Madame Marie, vedova del celebre Aeronauta Blanchard, pensionato del governo francese, la stessa che ha fatto una così bella ascensione con il proprio pallone aerostatico durante la celebrazione il 23 giugno a St. Cloud, La signora si propone per effettuare a Milano il suo stesso esperimento il prossimo 15 agosto. Sua Altezza Imperiale il Principe Vice Re [ Eugenio di Beauharnais ], dal quale ha l'onore e l'autorità per portare avanti la proposta, trovandola degna e meritevole, mi ha affidata la responsabilità di trasmettere a Sua Eccellenza i risultati della mia conferenza con lei.
Madame Blanchard ha consegnato un memorandum dettagliato di nuovi suggerimenti.
Ho l'onore di trasmetterne copia a sua Eccellenza, perché possiate scegliere tra due buoni suggerimenti fatti da M.me Blanchard.
Il tempo??? Iniziare con il prepararsi ??? Mando questi a Vostra Eccellenza, trascritti da me stesso, affinché possiate acquisire familiarità con queste opzioni e attendo la vostra decisione immediata.
Siate certi, Monsieur Le Duke, della mia completa fiducia circa le vostre decisioni.

--------------------------------------------------------

Memo delle spese:
Per riempire un palloncino di 22 piedi di diametro, è necessario disporre di 2.400 chili di acido solforico.
L'anno scorso ho pagato F.18 per libbra, e quest'anno vale solo F.12. Suppongo di poterlo avere a questo stesso prezzo a Milano.

2.400lbs. di acido solforico al F.12 ........................................... ................................. 1.440
1.500lbs. di trucioli di ferro o limatura da foglio di ferro; la via che più mi soddisfa per tramite della quale portarli qui passa da Firenze ...
da cui si andrà a Milano ............................................ ........................................... 150

Con il trasporto del ferro che richiede anche un dispositivo pneumatico a pompa,
che è composto da 268ft. di tubo metallico bianco, nonché della palla del
palloncino con il suo ritorno a me come è necessario ........................................ ................... 850

Senza omettere 15 [bottiglie?] .... di brandy a F.20 per la fusione del tubo ......................... 300
Molto spesso è stata costretta a pagare per l'acqua ........................................ ................. 50
Nella nota ho messo .... per Lei ....................................... ................................................ 600
           Totale:................................................ ................... f.3.390

Se ve bene ... lo aggiungerò al conteggio di questo mese al fine di fornire un bilancio esatto sostenuto dalle entrate dei fornitori, e dovrò anche inviarvene uno relativo alle mie spese personali. O meglio ancora, se la Signora lo accettasse, potrebbero esserle dati direttamente f.4.600 comprensivi delle suddette spese, così come di quelle per il mio viaggio e di quello dei dignitari onorati, il giorno dopo la celebrazione.

[ Signor Marescalchi

Ministro degli Esteri ] 1

  

Sophie Blanchard era nata Marie Madeleine-Sophie Armant da genitori protestanti nel villaggio di Trois-Canon, vicino a La Rochelle. 

Poco si conosce della sua vita prima del matrimonio con Jean-Pierre Blanchard, primo aeronauta professionista della storia, per certo si sa che durante una malattia, nel 1778 Jean-Pierre fu affidato alle cure di una paesana infaticabile, una certa Madame Armant, che stava per portare a termine la propria gravidanza: se egli avesse avuta salva la vita, e se ella in grembo avesse portato una femmina, per gratitudine, una volta adulta, l'avrebbe presa in isposa, questa fu la sua promessa.

Blanchard aveva abbandonato la sua prima moglie, Victoire Lebrun, con i loro quattro figli per viaggiare in mongolfiera nei cieli di tutta l'Europa lasciandola vivere in condizioni di estrema povertà e fu così che nel 1794, già celebre in tutta l'Europa, 


facoltoso, ed ormai vedovo, mantenendo fede all'accordo pattuito anni prima, sposò la sedicenne Sophie, piccola, minuta, descritta come graziosa da taluni, mentre altri vedevano in lei un piccolo naso simile al becco di un uccello che le dava un aspetto 'tagliente'; dal carattere nervoso che la voleva facilmente soggiogata da spaventi, ella era terrorizzata dai rumori forti, come quelli emanati dalle carrozze in corsa, ma era a proprio agio e senza paura alcuna nell'aria, era più a suo agio nel cielo che sulla terra ferma

Che in una vita precedente fosse un uccello? Come fosse un falco, una colomba, o un cigno, ella desiderava volare di nuovo, ambendo di rompere i legami di un'esistenza puramente terrestre per fare ritorno alla sua casa nel cielo. Non si può dire che fisicamente fosse molto bella. Ma nell'aria era senza paura, viaggiando dove solo le aquile osavano e al suo tempo nessuno mai si era spinto. 2

Sophie compì la sua prima salita in un pallone aerostatico con Blanchard a Marsiglia il 27 dicembre del 1804 per poi salire verso il cielo altre 66 volte. 
Monsieur Blanchard era dotato di uno scarso senso degli affari per cui la coppia, da facoltosa, cadde presto in fallimento ed entrambi furono indotti a pensare che un'aeronauta femminile fosse una novità capace di attirare l'attenzione e quindi risolvere i loro problemi finanziari. Sophie fece una seconda salita con Blanchard e per la sua terza salita il 18 agosto 1805, ella decise di fare tutto da sola partendo dal giardino del Chiostro dei Giacobini in Tolosa.



Illustrazione che mostra il primo pallone aerostatico dell'inventore francese e aeronauta Jean-Pierre Blanchard (1753-1809), Parigi, Francia, 2 Marzo 1784.





Discesa del pallone ad idrogeno, con paracadute ed ali battenti, di Jean-Pierre Blanchard, il 2 marzo 1784, nei pressi di Parigi. Louis Figuier Merveilles de la Science, Les Aerostats, Parigi 1870.





La prima ascesa di Sophie Blanchard dal Champ de Mars, 24 giugno 1810.




Nel 1808, dopo aver volato sopra i cieli dell'Aia con la propria consorte, il 55enne Monsieur Blanchard venne colpito da un infarto che lo vincolò al letto e dal quale non si riprese più, spirando infine nei primi mesi dell'anno successivo.
Rimasta vedova giovanissima e sommersa dai debiti, Sophie non si arrese, cercò di condurre una vita il più frugale possibile portando comunque avanti in modo pionieristico il sogno del marito, risparmiando anche nella scelta del pallone su cui volare: la sua esile costituzione le consentì di utilizzare un piccolo pallone pieno di gas di idrogeno (o Charlière), capace di sollevare da terra un cesto poco più grande di una sedia, non era quindi necessario tutto il tessuto che occorreva per fabbricare una mongolfiera, e tanto meno il fuoco per mantenere elevata la temperatura dell'aria ivi contenuta, cui era stato sostituito il gas, per l'appunto.

Madame Sophie Blanchard divenne così una delle favorite di Napoleone ( e qui la storia ci lascia fantasticare sul significato che possiamo attribuire a questo termine, conoscendo inoltre l'indole dell'Imperatore dei Francesi ) il quale la fregiò del titolo di "Aéronaute des Fêtes Officielles" con la responsabilità di presenziare ad eventi ufficiali ( pensate che si dice che egli abbia anche elaborato piani per una invasione aerea d'Inghilterra condotta proprio dalla giovane Sophie !)

Ella compì salite per intrattenere Napoleone il 24 Giugno 1810 dal Champ de Mars a Parigi e alla celebrazione per il suo matrimonio con Maria Luisa d'Austria.


Per la nascita del figlio di Napoleone, 
Mme.Blanchard volò sopra Parigi per gettare dall'alto volantini che inneggiavano al lieto evento, si esibì durante la celebrazione ufficiale del suo battesimo al castello di Saint-Cloud il 23 giugno 1811 con uno spettacolo pirotecnico lanciato dal piccolo pallone ed ancora alla "Féte de l'Emperor" a Milano il 15 agosto 1811, volo del quale innanzitutto tengo a raccontarvi ...
I festeggiamenti cominciarono la mattina con la S.Messa in Duomo che celebrava una delle più antiche feste della tradizione cristiana, quella dell'Assunzione in Cielo della Beata Vergine, per concludersi, dopo parate, manovre militari e musiche d'orchestra  al tramonto con il volo di madame Blanchard presso il Castello Sforzesco 



Ancora a terra Sophie Blanchard lottava per controllare il suo pallone. In una giornata d'agosto già piuttosto ventosa, il vento si era alzato notevolmente nelle ore precedenti il suo volo. [...]
I giornali italiani stamparono una sua immagine che la immortala mentre si suppone fosse in procinto di decollare. In una incisione, ella appare abbigliata con un abito semplice, probabilmente di seta o mussola, con frange a metà petto e all'orlo. Sotto indossava una camicia a maniche lunghe, per il bene del pudore piuttosto che per tenersi caldo, e una camicetta (un tipo di Dickey per donna) le copriva il décolleté, dopo tutto ella avrebbe viaggiato in aria ad un'altitudine di molti piedi ! Con i suoi impenetrabili occhi scuri appariva statuaria, serena, nella sua piccola gondola decorata a prora con ghirlande di fiori. In effetti, era così piccola che era più simile ad una carrozzina. Apposto all'arco di pror vi era inoltre un medaglione dorato con l'immagine in bassorilievo di una dea, Demetra o Cerere (?) che stringe una falce in una mano e un fascio di grano nell'altra, con i numeri romani "XV" sotto in onore di Napoleone. 3


Gli astanti, dalla Corte Imperiale, ai dignitari di valore, alla folla di curiosi che le celebrazioni aveva richiamato, erano innervositi, non comprendevano questa sua esitazione, volevano andare oltre con le celebrazioni, con i balli che li avrebbero intrattenuti fino a tarda notte, stavano divenendo irrequieti ...


Sophie Blanchard ne aveva abbastanza. Avrebbe preferito cogliere le opportune occasioni offertele dal vento con il silenzio, senza ascoltare lo scagliarsi continuo di insulti che provenivano da persone ignoranti. Non potevano seguirla tra le nuvole! In un movimento rapido si chinò e  tagliò o strappò l'ultima corda  che l'ancorava alla terra. S'infilò in fretta nell'aria, poi, una corrente trasversale sfavorevole catturò il pallone e lo costrinse a volare costretto verso est, in direzione contraria al senso previsto. Da terra, per un momento sembrò che lei non potesse liberarsi della piazza. Su nel cielo, il vento soffiava più forte e sempre più forte mentre saliva, l'arrampicata, l'accelerazione, più in alto, e più veloce, la faceva sembrare una dea nel suo carro!
I fuochi d'artificio esplosero nel cielo notturno sopra il Castello Sforzesco, mentre la folla applaudiva freneticamente, "Brava, Madame Blanchard! Bravissima! "Con il tempo e la polvere si supponeva che avrebbe lasciato Il Forum Bonaparte come una stella cadente. Pochi minuti dopo, né l'illuminazione dei fuochi d'artificio, né la luce della luna poterono permettere di vedere Sophie Blanchard nel suo pallone nel cielo di Milano. 4


Sophie volava nel cielo, libera ormai dalla voce della folla, ma sospinta da una corrente che la stava conducendo nella direzione opposta, il volo avrebbe dovuto concludersi a Torino, ma dopo pochi minuti di volo ella intravide il mare e quello che pensò essere l'Appennino Ligure ... il suo viaggio stava diventando più lungo del previsto e la quantità d'idrogeno con cui era stato gonfiato il suo pallone aerostatico non sarebbe stata sufficiente per condurla sulla costa ... stava perdendo quota in mezzo ai boschi nell'entroterra ligure ...




Lago del Brugneto, Alta Val Trebbia



Sopra le valli solcate dei fiumi Ticino e Po a sud ovest di Milano, il pallone aerostatico e la piccola culla spingevano Sophie Blanchard in alto e sempre più su. Senza zavorra di sabbia ella aveva dovuto calcolare la quantità di idrogeno necessaria affinché il suo pallone non salisse troppo in alto grazie al diminuire della pressione dell'aria. Ella accolse questa sfida con il suo abituale sangue freddo ... che coraggio! Se fosse salita troppo in alto e troppo in fretta, avrebbe potuto subire un parossismo atmosferico, un "rapimento delle nuvole" a causa della mancanza di ossigeno, con conseguente perdita di coscienza e con probabilità di decesso. Si stima che abbia superato i 9.000 ft. (2.800 metri) e a quelle altezze rarefatte, è anche molto freddo. Inoltre, ella volava ad una velocità media di 80-90 miglia all'ora, per cui l'alta quota, accoppiata con il vento gelido rappresentava per Sophie un elevato rischio di congelamento, ma l'aeronauta intrepida, dopo aver accelerato la sua partenza, abbigliata con i leggeri abiti in stile Impero, senza nemmeno uno scialle, sfidava gli elementi dell'Italia del Nord, indosso aveva poco più che le piume della sua anima per stare al caldo. 5


Frattanto nel villaggio di Montebruno






facente parte del paese di Torriglia (Genova),




Torriglia, Alta Val Trebbia




i paesani si stavano riunendo in chiesa per celebrare la Festività dell'Assunzione della Beata Vergine in Cielo - erano le ventuno - quando videro veleggiare e cadere lentamente nel bosco detto Friccea, una donna vestita di bianco ... la maggior parte di loro pensò che la Madonna si stesse manifestando per la seconda volta; racconta infatti lo storico Ferrero:

E’ utile rammentare che a Montebruno si era verificata, nel 1478, l’apparizione della Vergine e che, in memoria del fatto, era stato dedicato a Lei un grandioso tempio con annesso convento retto dagli Agostiniani.


Madame Blanchard aveva trovato il modo di atterrare tra le fronde di un albero che accolse la sua gondola di vimini tra i suoi rami, dove ella finalmente si addormentò.

All'alba del giorno dopo i paesani cercarono il luogo dove presumevano la sera prima fosse apparsa la Madonna e, quando raggiunsero la giovane 'aeronauta', le posero le più stravaganti domande ... ella non era in grado di rispondere, non comprendeva la loro lingua, cercava di spiegare loro chi era, ma lo faceva in una lingua che per loro era del tutto nuova, cosa che accresceva il loro stupore, la loro incertezza, il loro timore reverenziale, la loro devozione, la fede in un nuovo prodigio  ... si persuadevano sempre più di avere innanzi una creatura celestiale ... accorse infine anche il sindaco il quale, conoscendo il francese, giunse a chiarire la cosa ed ospitò Madame Blanchard per due giorni, facendola accompagnare a Genova da una lettera che l'avrebbe presentata ad alcuni suoi connazionali che facevano parte della Giunta Comunale.

Purtroppo passeranno solo pochi anni prima che Sophie Blanchard raggiunga le volte celesti, una volta per tutte, senza più fare ritorno ... Probabilmente, ci suggerisce Michael Kassor, autore del racconto THE VIRGIN WHO FELL FROM HEAVEN, fu Depuis Delcourt colui che meglio descrisse il tragico episodio che condusse irrimediabilmente alla morte dell'ormai famosa ed amata M.me Blanchard, in occasione del sesto anniversario della sua morte sulla rivista "Le Nature":

Era la sera del 6 Luglio 1819. Vi era una grande festa allo splendido giardino di Tivoli dove gli alberi secolari sono oggi rimpiazzati dalle volte vetrate e dai numerosi binari della stazione di Saint-Lazare. La folla è numerosa e brillante; gioiosa dal piacere, attornia il prato dove M.me Blanchard sta per elevarsi portando con essa un fuoco d’artificio. Giovane ancora, piacevole e di taglia minuta, M.me Blanchard è amata e rispettata da tutti. Ma soprattutto perché essa si adoperava per piacere. E quel giorno aveva preparata una sorpresa agli ammiratori del suo talento: oltre alle fiamme dei bengala ed alla pioggia d’oro sospesa sotto il suo pallone, essa portava nella sua navicella, con una miccia accesa per poter infiammare, un secondo fuoco d’artificio attaccato ad un paracadute. Quando essa l’avrebbe lanciato dall’alto, i poveri diavoli che non avevano potuto pagare l’ingresso e si addossavano al di fuori delle porte di Tivoli, avrebbero gioito dello spettacolo. La musica suonò una fanfara, i fuochi artificiali fiammeggiavano e Sophie Blanchard si elevò in una apoteosi. Le fiamme blu illuminavano la viaggiatrice. Dopo, come per magia, altre fiamme azzurre si accesero al di sotto del suo aerostato. Infine il rumore ed il fuoco rimbombarono ed illuminarono la terra e il cielo. Vi fu un momento di calma. Tutta la gente la guardava. Essa aveva in una mano il paracadute e dall’altra la miccia accesa. Un lampo apparve nella navicella. L’aeronauta lasciò la miccia e, a due riprese, trattenne il collo del globo di seta contro il suo petto, quando un alto sprizzo di fiamma si sprigionò dalla parte superiore dell’aerostato. “Che bello! Che bello! Viva madame Blanchard!”. Mentre la folla applaudiva, si vide il pallone scendere lasciandosi dietro una scia luminosa.“Mio Dio! Sta bruciando!” Esso illuminò Parigi come un fanale luminoso e mobile. Madame Blanchard non seppe come domare l’incendio. Con calma essa preparò la sua discesa. Il vento la trasportava sul vasto giardino che a quel tempo occupava la parte posteriore di Via della Provenza. Il gas mise un certo tempo a bruciare. L’aerostato non discese troppo velocemente, essa poteva ancora salvarsi ? “TIENIMI !” Gridava. Ed il suo piccolo guscio toccò un tetto dolcemente. Scivolò. Nulla era ancora perduto. Un arpione di ferro la agganciò, ma malauguratamente si piegò e la capovolse. Madame Blanchard precipitò sulla strada. 
La morte fu istantanea. 6






L'epitaffio inciso sulla sua lapide cita:

"Victime de son Art et de son Intrepidite"7




Ringrazio sentitamente l'amico Michael Kassor per avermi messa a conoscenza di questa storia che riguarda la mia terra, ma che ignoravo totalmente prima di leggere il suo meraviglioso racconto, e spero anche oggi di avervi trasmesso nella lettura lo stesso entusiasmo con cui ho approfondito tale affascinante argomento sulla vita di questa intraprendente e grintosa Madame vissuta nella Francia dei primi anni del XIX secolo, praticamente contemporanea di Jane Austen in Inghilterra, ma impegnata in una vita ben più movimentata.


Vi abbraccio tutti con sincero affetto e sentita riconoscenza dandovi appuntamento   


a presto 













FONTI BIBLIOGRAFICHE:


Michael E. Kassor, THE VIRGIN WHO FELL FROM HEAVEN, from BENEATH THE ITALIAN MOON, Copyright 2007;

La strana storia di Sophie Blanchard e Montebruno;

Sophie Armant Blanchard;

Sophie Blanchard, amazzone del cielo in Val Trebbia.





CITAZIONI:


1 - Michael E. Kassor, THE VIRGIN WHO FELL FROM HEAVEN, from BENEATH THE ITALIAN MOON, Copyright 2007, pag. 9;

2 - Micheal E.Kassor, op.cit., pag 10; 

3 - Ibidem, pag. 20; 

4 - Ibid., pag. 21;

5 - Ibid., pag. 25; 

6 - Ibid., pag. 34; 

7 - Ibid., pag. 34.






IN MERITO AL VINCITORE DEL GIVEAWAY:



Il vincitore, anzi la vincitrice del primo Giveaway di My little old worldè Cheryl del blog  Homespun Devotion, che ha espresso preferenza per il segnalibro con l'immagine dell'Imperatrice Elisabetta d'Austria, ma avendoli creati entrambi esclusivamente per voi ed essendo in molti a non aver espresso preferenza ho proceduto alla nomina di un'altra vincitrice, cui va quello con il ritratto della Regina Vittoria, Roxy del blog From Glory to Glory, congratulazioni ad entrambe !
Contattatemi quanto prima per comunicarmi il vostro indirizzo, vi spedirò il mio piccolo dono entro la prossima settimana, grazie ancora a tutti voi !










You'll go, said the writing, where 
The superb Juno the clouds troops;
Where the thunderbolts of Jupiter crawles
Bizarrely, without any law.

The origin, you'll see, of the various and many
Phenomena that frequently appear;
You'll see of the comets the flaming
Horsehair, bogey of low people.




- picture 1 - Sophie Blanchard ascending above Milan on August 15th, 1811, the day of the 42nd birthday of Napoleon Bonaparte. Picture by Luigi Rados (from the United States Library of Congress).




You'll see the houses of Saturn and Mars,
Deities of more than bad nature,
From which, on the earth to ruin, it comes
Every painful tragedy.

You'll see seated on His bright throne
The sovereign monarch of the Gods:
By His side there are arrows and the thunder
Which often they make tremble guilty people.
[...]
Of Venus you'll see the infamous hospice;
Just have a look in a hurry, and go forward.
It presides over the unbridled lusts
of the bad awareand and blinded lovers.

Wild beasts, meek animals
You will meet along the oblique path;
There put them the Poets
Covering them of very great mystery.

You'll see. .. What won't you see? All the stars,
And the fate they shed in the world;
You could the right dimension of them,
And their orbit understand in the deep.



Valerio da Pos, l'Astronomia da Poesie, Picotti, Venezia, 1822.




It was July of 1811, the preparations to celebrate the 42nd birthday of Emperor Napoleon Bonaparte were intense, always a birthday was an important event, the celebration of which had to be planned in detail, and Milan, capital of the Kingdom of Italy, that in this occurrence was to be the place, was living these last few days with trepidation ...


Monsieur Le Count,

Madame Marie, Widow of the celebrated Aeronaut Blanchard, pensioner of the French Government, the same who made so beautiful an aerostatique ascension during the celebration on June 23rd. at St. Cloud, La Madame proposes to render unto Milan her same experiment next August 15th. His Imperial Highness The Prince Vice-King [Eugene de Beauharnais], from whom she has the honor and authority to carry forth the proposition, finding it worthy and deserving, has charged me with the responsibility of conveying to Your Excellency the results of my conference with her.
Madame Blanchard has delivered a detailed Memorandum of new suggestions.
I have the honor to transmit copies to Your Excellency, for you to choose between two good suggestions made by M.me Blanchard.
The time??? Commence to advance??? I send these to Your Excellency, transcribed by myself, to acquaint you with these options and await your immediate decision.
Accept, Monsieur Le Duke, my assurance of your decisions.

-------------------------------------------------------

Memo of expenses:
To fill a Balloon of 22 diameter feet, it is necessary to have 2.400 pounds of sulfuric acid.
The last year I paid f.18 per pound, and this year it is worth only f.12. I suppose I can receive the same price at Milan.

2.400lbs. of sulfuric acid at f.12............................................................................1.440
1.500lbs. of waste iron turnings or sheet-iron filings; the turnings suiting
me better, I am obliged to take them here. En route from Florence...
whereto it will go to Milan.......................................................................................150

With the transportation of the iron she also requires one pneumatic-pump device,
that is composed from 268ft. of white metal tubing, as well as the Ball of the
balloon with its return to me as it is necessary...........................................................850
Without fail 15 [bottles?].... of brandy at f.20 for the pipe, smelting.........................300
Very often she was obliged to pay for the water.........................................................50
In the memo I put....for Her .......................................................................................600
Total:...................................................................f.3.390

If so... I will add it to this month’s tally and provide an exact budget supported by the receipts of the suppliers, and I will also send one for you to consider for my personal expenditures. Or better yet, if the Lady’s is acceptable, may you not give f.4.600 if the above expenses be understood, as well as for those of my trip and honored dignitaries, the day after the celebration.

[Signor Marescalchi



Minister of The Exterior] 1



Sophie Blanchard was born Marie-Madeleine Sophie Armant from Protestant parents in the village of Trois-Canon, near La Rochelle.
Little is known about her life before the marriage with Jean-Pierre Blanchard, the first professional aeronaut of history, for sure it's known that during an illness, in 1778, Jean-Pierre was in the care of an indefatigable contrywoman, a certain Madame Armant, which was about to complete her pregnancy: if he had saved his life, and if she was carried in her lap a female, for gratitude, once grown up, he would have taken her in marriage, this was his promise.
Blanchard had abandoned his first wife, Victoire Lebrun, with their four children to travel in a balloon in the skies across the whole Europe, leaving them in extreme poverty, and so it was that in 1794, already famous throughout Europe,


- picture 2 on the left -wealthy, and now a widower, keeping faith to the agreement dating back to years ago, he married the sixteen year old Sophie, small, pretty as described by some, while others saw in her a small nose like the beak of a bird which gave her a 'sharp' appearance;  with a nervous disposition that wanted her easily subdued by fear, she was terrified by loud noises, such as those issued by speeding cars, but she felt comfortable and without any fear in the air, she felt more safe in the sky than on the solid ground.

Perhaps in a previous life she was a bird? Like a hawk, or a dove, or a swan, she longed to fly again, yearning to break the bonds of a purely terrestrial existence and return to her home in the sky. It cannot be recounted that she was very physically beautiful. But in the air she was fearless, sailing where only eagles dared and in her time without equal.


Sophie made her first ascent in a balloon with Blanchard in Marseille on December 27th, 1804, and will fly for 66 times again.
Monsieur Blanchard was equipped with little business sense and the couple, from wealthy, soon fell into bankruptcy and both were led to believe that an aeronaut woman was a novelty that will have attract attention and then will have solved their financial problems. Sophie made a second ascent with Blanchard and for her third ascent on August 18th, 1805, she decided to do it all by herself, starting from the garden of the Cloister of the Jacobins in Toulouse.




- picture 3 - Illustration showing the first balloon ascent of the French inventor and aeronaut Jean-Pierre Blanchard (1753-1809), Paris, France, March 2nd, 1784.


- picture 4 - Descent of Jean-Pierre Blanchard's hydrogen balloon, 2 March 1784, near Paris. Balloon with parachute and flapping wings. Louis Figuier Merveilles de la Science, Les Aerostats, Paris, 1870.


- picture 5 - Balloon ascent of Madame Sophie Blanchard on the Field of Mars




In 1808, after flying over the skies of the Hague with his wife, the 55 year-old Monsieur Blanchard was struck by a heart attack that coerced him to his bed and from which he never recovered, finally expiring in the first months of the following year.
Remained a young widow and submerged by debts, Sophie didn't give up, tried to lead a life as frugal as she can still going on in pioneering  the dream of her husband, also saving in the choice of the ball on which to fly: her slight constitution allowed her to use a small balloon filled with hydrogen gas (or Charlière), able to lift off the ground a basket little bigger than a chair, it was not necessary all the fabric that it was necessary to manufacture a hot-air balloon, much less fire to maintain high the air temperature therein, which had been replaced by the gas, to be precise.

Madame Sophie Blanchard became one of Napoleon's favorite (and here History leaves us to fantasize about the meaning that we can attribute to this term, also knowing the character of the Emperor of the French) who will frieze her with the title of "Aéronaute des Fêtes officielles "with the responsibility to attend official events ( just think that it is said that he has also developed plans for an airborne invasion of England led by the young Sophie!)

She performed ascents to entertain Napoleon on June 24th, 1810 from the Champ de Mars in Paris and during the celebration of his marriage to Marie Louise of Austria.

- picture 7 on the right - For the birth of the son of Napoleon, Mme.Blanchard flew over from Paris to throw leaflets praising the happy event, she performed during the official celebration of his baptism at the Castle of Saint-Cloud, on June 23rd, 1811 with a fireworks display launched from the small balloon and even at the "Fete de l'Emperor" in Milan on August 15th, 1811, that is what I first want to tell you about ...
The celebrations began in the morning with the Mass in the Cathedral celebrating one of the oldest festivals of the Christian tradition, the Assumption into Heaven of the Blessed Virgin, and ended after parades, military maneuvers and orchestral music at the sunset with the flight of Madame Blanchard by the Castello Sforzesco.


Still on the ground Sophie Blanchard struggled to control her balloon. On an already breezy August day, the wind had picked up considerably in the hours before her flight.[...]
The Italian newspapers printed a picture of Sophie Blanchard as she is supposed to have looked the moment of lift-off. In one engraving, she is adorned in a plain gown, probably of silk or muslin, fringed at mid-bosom and hem. Underneath, she wore a long-sleeved chemise, for the sake of modesty rather than warmth, and a chemisette (a type of woman’s dickey) covered her décolletage—after all—she would be traveling thousands of feet in the air! With her dark impenetrable eyes she stood statuesque, serene, in her tiny gondola decked with floral bowers. Indeed, it was so small it was more like a baby carriage. Affixed to the front bow was a gilt medallion in bas-relief with the image of a goddess, Demeter or Ceres (?) clutching a scythe in one hand and corn stalks in the other, with the Roman numerals “XV” underneath in honor of Napoleon. 3

The bystanders, from the Imperial Court, to the dignitaries of value, to the crowd of onlookers that the celebrations had called, were all nervous, they did not understand what her hesitation was due to, they wanted to go further with the celebrations, with the dances that they'd entertained them until late at night, they were becoming restless ...


Sophie Blanchard had had enough. She would rather take her chances with the silent, inopportune wind than listen to the continued hurling of ignorant insults. They could not follow her into the clouds! In one swift motion she bent down and cut—or ripped loose—the last remaining rope holding her to Earth. She spun up into the air quickly, then, an unfavorable cross- current caught the balloon and forced it eastward—contrary to the direction expected. From the ground, for a moment it looked as if she may not clear The Forum. Up in the sky, the wind blew stronger and stronger as she ascended, climbing, accelerating, higher, and faster—a goddess in her chariot!  
The fireworks exploded in the night sky above the Castle of Sforza and the crowd cheered wildly, “Brava, Madame Blanchard! Bravissima!” By the time the dust had settled she’d cleared The Bonaparte Forum like a shooting star. After that, within minutes, neither by the illumination of the fireworks nor the light of the moon could Sophie Blanchard or her balloon be seen in the heavens of Milan.


Sophie was flying in the sky, now free from the voices of the crowd, but driven by a current that was leading her in the opposite direction, the flight was due to end in Turin, but after a few minutes of flight, she caught a glimpse of the sea and what she thought to be the 'Ligurian Apennines' ... her journey was becoming longer than expected and the amount of hydrogen which had been inflated into her balloon wouldn't have been sufficient to lead her on the coast ... she was losing altitude in the woods of the Ligurian hinterland ...




- picture 8 - Brugneto Lake, Alta Val Trebbia




Over the valleys of the Ticino and Po rivers southwest of Milan the balloon and tiny cradle suspending Sophie Blanchard aloft continued to ascend. Without sand ballast she had had to calculate the amount of hydrogen in her balloon so that she could estimate the altitude at which she would stop rising because of the decreasing air pressure. She met this challenge with her accustomed sang-froid; what guts! If she rose too high, too quickly, she could suffer an atmospheric paroxysm, a “rapture of the clouds” because of the lack of oxygen, resulting in unconsciousness and, possibly, death.  It is estimated she went above 9,000 ft. (2,800 meters+), at those rarefied heights, it is also freezing cold. Plus, she was flying at a mean speed of 80-90 miles per hour. Therefore, the high altitude coupled with the wind chill and she risked being flash-frozen in the upper atmosphere. The intrepid aeronaut, having hastened her departure, dressed in light Empire period clothing, without so much as a shawl, braved the Northern Italian elements clothed in little more than the feathers of her soul to keep her warm.


Meanwhile in the village of Montebruno,




- picture 9


- picture 10




part of the town of Torriglia (Genoa),




- picture 11




the villagers were gathering in the church to celebrate the Assumption of the Blessed Virgin in Heaven - it was nine p.m. - when they saw sailing and slowly fall in the woodland called Friccea, a woman dressed in white ... most of them thought of Our Lady who was appearing for the second time; the historian Ferrero tells us:


It's useful to recall that in Montebruno occurred, in 1478, the apparition of the Virgin and that, in memory of that fact, had been dedicated to Her a magnificent temple with adjoining a convent governed by the Augustinians.




- picture 12




Madame Blanchard had found a way to land among the branches of a tree that greeted her wicker gondola amongst its branches, where she finally fell asleep.

At the dawn of the following day some peasans sought the place where it was assumed the night before Our Lady appeared, and when they reached the young 'aeronaut', they asked her the most extravagant questions ... she was not able to answer, she didn't understand their language, she tried to explain them who she was, but she did it in a language that was totally new for them, something which increased their astonishment, their uncertainty, their awe, their devotion, their faith in a new prodigy ... they were persuaded more and more to have in front of them a heavenly creature ... finally the mayor reached them and,  knowing French, he came to clarify the matter and Madame Blanchard was hosted at his home for two days, writing a letter which to accompany her with in Genoa, a letter that she would have present to some compatriots of hers belonging to the City Council.

Unfortunately Sophie Blanchard passed away only a few years latrer, she'll reach the Celestial Times, once for all, with no  return ... Probably, suggests Michael E.Kassor, author of the story THE VIRGIN WHO FELL FROM HEAVEN, it was Depuis Delcourt who best described the tragic event that irrevocably led to the death of the now famous and beloved Mme Blanchard, on the occasion of the sixth anniversary of her death among the pages of the journal "The Nature":


“It was on the evening of the 6th of July 1819.  There was a grand festival at the splendid Tivoli Gardens. (In a section where today the rows of trees have been replaced by the glass facade leading to the Saint-Lazare station and railroad tracks.) The crowd was numerous and scintillating; festive and happy. They waited in the surrounding meadow where Madame Blanchard would ascend, taking with her fireworks. She was still young, delightful, and petite. M.me Blanchard was loved and respected by everyone.
Particularly, above all, she always did her utmost to please her audience. And that day she had prepared a surprise for her admirers; a specialty of hers: In addition to making it rain gold she would set off Bengal Lights suspended beneath her balloon, for which purpose she took a burning fuse on a long pole in her carriage with her so that she could ignite them. When she cast these out a secondary explosion of fireworks would occur as they descended on their own parachutes. Yes, when she jettisoned these, the poor devils who had to stay outside the gates because they couldn’t afford the price of admission could also enjoy the spectacular show. 
The music sounded a fanfare, the fireworks exploded and Sophie rose in an apotheosis. Blue flames illuminated the traveller. After this—like magic—other blue flames were seen under her balloon. And finally, in a finale, sounds and explosions echoed and lit-up the earth and sky.
There was a moment of calm. Everyone was watching what she would do next. She had in one hand another parachute and in the other the smoldering fuse. A sudden ‘flash’ came from her carriage. The areonaut dropped the fuse, and twice she pulled the collar of the balloon against her breast, when above her another jet of flame sprang out of the balloon above her.
‘How beautiful! How beautiful! Viva Madame Blanchard!’
Meanwhile, as the crowd applauded and watched, the balloon began falling from the luminescent night sky.
‘My God! She’s burning!’
In moving, she lit-up Paris like a searchlight. Madame Blanchard couldn’t quell the fire. With composure she prepared to land. The wind had transported her beyond the vast garden (which at that time included the back portion of the Rue de Provence) The escaping gas would take a certain amount of time to burn off. The balloon was not falling rapidly, maybe she could still save herself?

‘HOLD ME!’ She cried. And her tiny carriage touched down gently upon a rooftop. All was not lost, yet. The shell of her balloon had caught on an ornamental iron rod. But, at last the rod bent. Madame Blanchard fell to the street below. She was killed instantly.





- picture 13





The epithaph carved on her tomb reads: 


"A Martyr of her Art and Fearlessness" 7 





I wholeheartdly thank the dear friend Michael Kassor who made me aware of this story about my land, which I ignored completely before reading his wonderful story, and I hope today to have transmitted in reading the same enthusiasm with which I studied this fascinating topic on the life of this enterprising and gritty Madame who lived in France in the early XIXth, almost contemporary of Jane Austen in England, but engaged in a much more exciting life.


I embrace you all with heartfelt love and gratitude, 



see you soon 












BIBLIOGRAPHIC SOURCES:


Michael E. Kassor, THE VIRGIN WHO FELL FROM HEAVEN, from BENEATH THE ITALIAN MOON, Copyright 2007;








QUOTATIONS:


1 - Michael E. Kassor, THE VIRGIN WHO FELL FROM HEAVEN, from BENEATH THE ITALIAN MOON, Copyright 2007, page 9;

2 - Micheal E.Kassor, op.cit., page 10; 

3 - Ibidem, page 20; 

4 - Ibid., page 21;

5 - Ibid., page 25; 

6 - Ibid., page 34; 

7 - Ibid., page 34.






AS FOR THE WINNER OF THE GIVEAWAY:

The winner of the first Giveaway of My little old world isCherylat the blogHomespun Devotion, who expressed a preference for the bookmark with the image of Empress Elisabeth of Austria, but having created both of them exclusively for you and being you in many having not expressed a preference I proceeded to appoint another winner, who has won the one with the portrait of Queen Victoria, Roxyat the blog From Glory to Glory, congratulations to both of you !
Contact me as soon as possible to let me know your address, I'll send my little gift within next week, thanks again to you all !


Victorian Age cosmetics.

$
0
0


L'umiltà e la semplicità sono le due vere sorgenti della bellezza.

Johann Winckelmann
( archeologo, storico dell'arte ed erudito del XVIII° secolo, 1717 - 1768 )




 Euphemia White Van Rensselaer by George Peter Alexander Healy (1813 - 1894), detail




E cosa vi era di più bello, nell'epoca Vittoriana, del volto di una fanciulla scevro di trucco alcuno ?

Un viso era bello se era naturale, semplice, senza alcun artefatto che potesse alterarne i lineamenti ... 
Se vi era chi si colorava un po' le guance, chi si arrotolava la punta delle ciglia con piccoli ferri arroventati, cosa che le rendeva anche più scure, il trucco era considerato un segno di volgarità che per nulla si addiceva ad una donna elegante, rispettabile e discreta, ragion per cui ombretti con cui colorare le palpebre, pomate per le labbra ed altri prodotti cosmetici, in un'epoca il cui il puritanesimo regnava sovrano, erano considerati strumenti del diavolo degni solo delle donne di malaffare, di ballerine, attrici e prostitute, anche se va ricordato che è proprio durante questo periodo che nacquero le prime case cosmetiche parigine ed americane che cominciarono a produrre creme per il viso e prodotti di bellezza su larga scala ( dovete sapere che i primi rossetti furono introdotti nel 1828 da Guerlain in Francia, ma l'uso di tali ausili cosmetici in Inghilterra durante l'era Vittoriana divenne sempre più discreto ).

Perciò persino il pallore del viso, soprattutto durante il Romanticismo, era apprezzato, ed addirittura enfatizzato coprendolo con polvere bianca ed accentuandone l'effetto sottolineando le vene di colore blu, così come il languore dello sguardo, favorito, come già detto altrove, dall'utilizzo della belladonna che dilatava le pupille e rendeva gli occhi lucidi, ossia conferiva quell'aspetto languido che aderiva appieno all'ideale di bellezza dettato dall'epoca, anche se con il tempo procurava effetti collaterali devastanti quali cecità e paralisi. ... ebbene sì, allora si anelava alla bellezza naturale e solo pochi artifici era consentiti: si consigliava alle giovani fanciulle di bere aceto per schiarire la pelle del viso o di utilizzare un preparato casalingo a base di oppio che, ahimè, dall'epidermide passava ai capillari venosi e quindi entrava in circolo nel sangue ....


Woman With a Dove, Charles Joshua Chaplin (1825 – 1891)



" Sophia, in your white clothes with your pale skin and diet of mlk and bread, suspended in your hamock, you're like a dove, like the very doves about which you wrote.
How do you calm me so ?"


~ * ~


"Sophia, nei tuoi candidi abiti, con il tuo incarnato pallido e la tua dieta di pane e latte, sostenuta dalla tua amaca, mi sembri una colomba, come quelle di cui scrivesti.
Come puoi riuscire a placarmi così ?"


Erika Robuck, THE HOUSE OF HAWTHORNE, New American library, 2015, pg.100



In Europa ed in America le Ladies vittoriane utilizzavano ancora l'ossido di piombo ed il sotto-nitrato di bismuto come polveri sbiancanti per il viso, ma con l'avvento dell'illuminazione a gas, il primo diventava giallo ed il secondo grigio. Pertanto in America intorno al 1865 entrambi furono sostituiti dall'ossido di zinco che è ancora usato oggi, essendo molto meno tossico di quanto lo fossero i composti a base di piombo o bismuto, anche se tutte queste sostanze chimiche producevano gravi danni alla salute, nel lungo termine. 
Il primo cosmetico venduto su larga scala negli Stati Uniti fu iltalco (silicato di magnesio), convenientemente profumato e venduto in lattina e veniva utilizzato non solo sul viso come cipria, ma anche su tutto il corpo.

Era convinzione diffusa che fosse il sole il maggior responsabile dell'invecchiamento cutaneo, per cui quanto di meglio le Ladies, già da ragazzine, potessero fare per la propria bellezza era schermarsi il volto con parasoli e cappelli a falde( i così detti POKE BONNETSdi cui ebbi occasione di parlarvi nei seguenti posts: Regency Easter Bonnets and the Vanity Fair.e CIVIL WAR FASHION: Spoon Bonnets and Caps. e le mani, soggette in tarda età a coprirsi di macchie, con l'utilizzo di guanti, sempre intonati al capo indossato, ovviamente !


Euphemia White Van Rensselaer by George Peter Alexander Healy (1813 - 1894), detail




Per cercare di nascondere le proprie imperfezioni e mostrare un viso fresco, una pelle di porcellana e le guance rosee, le Ladies vittoriane cominciarono perciò a rivolgersi a rimedi e prodotti ricavati dalla natura; i giardini o gli orti domestici fornivano tutto il necessario: lavanda, rose e gigli per 'eau de parfum', mandorle da cui estrarre l'olio, cera per amalgamare i preparati e ottenere creme nutrienti, con l'aggiunta di succo di limone, bianchi d'uovo o panna e zucchero se si voleva creare delle creme esfolianti oppure purea di cetriolo per le maschere.


Princess Elvina of Bavaria by Karl Wilhelm August Gampenrieder (1860 - 1927 )




Poiché costrette a limitare l'uso dei cosmetici, costoro concentrarono la propria ambizione soprattutto sulla capigliatura che divenne lunga, fluente, raccolta ed acconciata nei modi più fantasiosi possibili ( vedi: Le acconciature vittoriane: l'importanza dei capelli femminili nell'immaginario collettivo.), ma soprattutto profumata per tramite di unguenti, pomate e tinture. Lo studio degli oli essenziali ricevette all'epoca un notevole impulso dalla classificazione botanica delle piante ed il loro uso crebbe grazie anche alla nascita delle fabbriche in grado di distillarli: nuovi distintivi aromi vennero prodotti da profumieri creativi e numerosi saponi medicati vennero inoltre introdotti sul mercato, sia per uso igienico che cosmetico.

Mi preme concludere questo mio scritto rendendovi nota più nel dettaglio l'identità della giovane donna ritratta nel dipinto che ho scelto come emblematico della semplicità vittoriana:  Euphemia White Van Rensselaer.
Euphemia era la terza degli otto figli di Stephen Van Rensselaer III e della sua seconda moglie, Cornelia Paterson Van Rensselaer (figlia di un ex governatore del New Jersey). I Van Rensselaers furono i primi proprietari terrieri dello stato di New York: Kiliaen Van Rensselaer (1586-1643), uno dei 'Patroons' - proprietari terrieri - originariamente olandese, fondò Rensselaerswyck nella zona di Albany. Stephen si suppone sia il decimo americano più ricco americano nella storia, secondo la rivista Fortune, avendo egli ereditato la più estesa tenuta, al momento della morte del padre, presso New York.

Euphemia era inoltre imparentata con i Schuyler, i Westerlo, i Livingston, i Ten Broeck, altre famiglie la cui ricchezza ed il cui prestigio erano rinomati da lunga data.
Perciò questa lady non poteva che essere al top della moda del tempo in ogni suo dettaglio ... Dopotutto è altresì vero che i dipinti sono come dei libri aperti su di un mondo del quale non facevamo parte, ma che ci viene porto in ogni suo delizioso particolare.


Considerandolo una sorta di prosieguo di questo post, vi rimando a quello in cui tratterò nello specifico delle ricette di bellezza attinte dai libri vittoriani utilizzati dalle Ladies del tempo, sempre che si di vostro interesse ...


Vi abbraccio con tutto il mio affetto, 

a presto 













FONTI BIBLIOGRAFICHE:


Arnold James Cooley,  A cyclopaedia of six thousand practical receipts, and collateral information in the arts manufactures, and trades including medicine, pharmacy, and domestic economy. Designed as a compendious book of reference for the manufacturer, tradesman, amateur, and heads of families, Published: (1851) 










Humility and simplicity are the two true sources of beauty.

Johann Winckelmann
 ( archaeologist, art historian and erudite of the XVIIIth century, 1717 - 1768 )






- picture 1 -  Euphemia White Van Rensselaer by George Peter Alexander Healy (1813 - 1894), detail





And what was most beautiful, during the Victorian era, than a girl's face devoid of any kind of embellishment ?

A face was nice if it was natural, simple, without any artifact that could alter its features ...
If there was who colored a little her cheeks with rouge, who rolled the tip of her lashes with small red-hot irons, which made them also even darker, the make-up was considered a sign of vulgarity that was suitable to an elegant, respectable and discreet woman at all, that's why eye shadow with which color the eyelids, lip ointments and other cosmetic products, in an age when puritanism reigned sovereign, were considered devil's tools worthy only of, dancers, actresses and prostitutes, although it should be noted that it is just this period that gave birth to the first Parisian and American cosmetic companies that began to produce face creams and beauty products on a large scale. (You should know that the first lipsticks were introduced in 1828 by Guerlain in France, but the use of such cosmetic aids in England during the Victorian era became increasingly discreet).

So even the facial pallor, especially during the Romanticism, was appreciated, and, furthermore making it more notable by covering the face with white powder and accentuating the effect emphasizing the blue veins, as well as the languor of the gaze, favorite, as already mentioned above, by using the deadly nightshade, which dilated pupils and made shiny eyes, giving  that languid look which fully adhered to the ideal of beauty dictated by the fashion of the age, although, with time it procured devastating effects such as blindness and paralysis. ... Yes, then they yearned to the natural beauty and only a few artifices were allowed: they advised young girls to drink vinegar to lighten their skin or to use a homemade preparation of opium which, alas, by the epidermis passed to the venous capillaries and then entered the bloodstream ....





- picture 2 - Woman With a Dove, Charles Joshua Chaplin (1825 – 1891)




" Sophia, in your white clothes with your pale skin and diet of mlk and bread, suspended in your hamock, you're like a dove, like the very doves about which you wrote.
How do you calm me so ?"


Erika Robuck, THE HOUSE OF HAWTHORNE, New American library, 2015, pg.100



In Europe and America Victorian Ladies still used lead oxide and sub-bismuth nitrate as bleaching powders for the face, but with the advent of gas lighting, the first became yellow and the second gray, therefore in America, around 1865, both were replaced by the oxide of zinc which is still used today, being much less toxic than were the compounds of lead or bismuth, even if all these chemical substances produced serious damages to health, in long term.

The first large-scale cosmetics sold in the United States was thetalc( magnesium silicate ), conveniently perfumed and sold in cans and was used not only on the face as a 'whitening' powder, but also on the whole body.

It was widely believed that the sun was the most responsible for skin aging, so the best that Ladies, already as girls, could do for their beauty was to shield their faces with parasols and pitched hats the so-called POKE BONNETS which I talked you about in the following posts: Regency Easter Bonnets and the Vanity Fair.and CIVIL WAR FASHION: Spoon Bonnets and Caps. ) and their hands, subject in old age to be covered with spots, with the use of gloves, always attuned to the garment worn, of course!




- picture 3 - Euphemia White Van Rensselaer by George Peter Alexander Healy (1813 - 1894), detail




To try to hide their imperfections and show a fresh face, a porcelain skin and rosy cheeks, the Victorian Ladies, therefore, began to seek remedies and products derived from nature; the gardens and the home gardens provided everything they need: lavender, roses and lilies for 'eau de parfum', almonds from which to extract the oil, wax to mix preparations and get nourishing creams with the addition of lemon juice, egg whites or cream and sugar if they wanted to create exfoliating creams or mashed cucumber useful for the masks.




- picture 4 - Princess Elvina of Bavaria by Karl Wilhelm August Gampenrieder (1860 - 1927 )




Since forced to limit the use of cosmetics, they focused  their ambition especially on the hair which became long and  flowing, colleced and coiffed in the most imaginative ways ( as for this topic, you may read: Victorian hairstyles: the importance of female hair in the collective imagination. ), but above all parfumed by using scented ointments, salves and tinctures. The study of essential oils at the time received a major boost from the botanical classification of plants and their use grew also thanks to the birth of factories able to distill them: new distinctive flavors were produced by creative perfumers and many medicated soaps were also introduced to the market, both for hygienic and for cosmetic use.

I wish to conclude this written of mine by letting you know more details about the identity of the young woman portrayed in the painting that I have chosen as emblematic of the Victorian simplicity: Euphemia White Van Rensselaer.
Euphemia was the third of eight children of Stephen Van Rensselaer III and his second wife, Cornelia Van Rensselaer Patersondaughter of a former governor of New Jersey ). The Van Rensselaers were the first landowners of the state of New York: Kiliaen Van Rensselaer (1586-1643), one of the 'Patroons' - landowners - originally Dutch, founded Rensselaerswyck in the Albany area. Stephen is supposedly to be the tenth amongst the most wealthy American in history, according to Fortune magazine, since he had inherited the largest estate in New York, at the time of his father's death.

Euphemia was also related to the Schuylers, the Westerlos, the Livingstons, the Ten Broeck, other families whose wealth and whose prestige was known for a long time.
So this lady could for sure be at the top of the fashion of the time in every detail ... After all, it is also true that paintings are like books open on a world which we were not part of, but which is shown us in every delightful detail of its.

Considering it a kind of continuation of this post, I refer you to a next one in which I will deal with beauty recipes drawn from the Victorian books used by the Ladies of the time, in the hope that you're interested in this topic ...


I embrace you all with all my love

see you soon 











BIBLIOGRAPHIC SOURCE:


Arnold James Cooley, A cyclopaedia of six thousand practical receipts, and collateral information in the arts manufactures, and trades including medicine, pharmacy, and domestic economy. Designed as a compendious book of reference for the manufacturer, tradesman, amateur, and heads of families, Published: (1851) 

Victorian age cosmetics - Beauty recipes.

$
0
0



Dato l'interesse che ha riscosso il post precedente incentrato sulla cosmesi dell'età vittoriana, mi piace oggi proseguire il discorso entrando nello specifico delle ricette create appositamente per il viso attingendo ai testi dell'epoca che erano, taluni, veri e propri manuali per gli speziali del tempo, mentre altri erano indirizzati specificamente alle Victorian Ladies: essi contenevano istruzioni per ogni tipo di preparato, da quelli per la pulizia della casa, a ricette gastronomiche, ma a noi qui interessa soprattutto quella parte che in essi era dedicata alla preparazione dei composti per la bellezza del volto.
Il The new family receipt book, containing eight hundred truly valuable receipts in various branches of domestic economyPublished 1819 by New-Haven: Printed by Howe & Spalding, and Samuel Wadsworthcoltiva questo tipo di trattazione all'interno del XXX capitolo, partendo, a pag.327, con l'insegnare ad estrarre essenze dai fiori, che spesso facevano parte degli ingredienti necessari per la preparazione delle creme per il viso:




Come estrarre essenze dai fiori.
Procurarsi una certa quantità di petali di fiori che abbiano un gradevole profumo; imbibire delle pezze sottili di cotone con olio di Firenze o di Lucca ( olio di oliva); spargere sui petali una piccola quantità di sale ed alternare così, uno strato di cotone unto ad uno di petali di fiori salati in un vaso di terracotta o in una bottiglia in vetro dalla bocca larga, fino a raggiungerne l'orlo.
Chiudere il tappo con l'ausilio di una vescica ed esporre al caldo del sole; in circa 15 giorni dìsi otterrà un composto profumato di ben mpoco minor prestigio del tanto prestigioso Otto o Odour of Roses.

per poi proseguire fornendo istruzioni su come preparare le più rinomate Eau de Parfume:






Acqua di Lavanda.
Mettere due libbre di semi di lavanda in due quarti di acqua, mettere tutto dentro un alambicco freddo e fare un fuoco lento sotto di esso; distillare molto lentamente e porre il liquidi distillato in un contenitore; quindi pulire l'alambicco e ridistillare lentamente la vostra acqua di lavanda, per poi conservarla in bottiglie ben sigillate.






Acqua d'Ungheria.
Prendere una quantità di fiori di rosmarino, porli dentro una storta in vetro e coprirli con alcool di vino fino ad imbeverli per bene; diluire per bene la storta e lasciate macerare i fiori per sei giorni, quindi distillare in sabbia ardente.






Come preparare l'Otto ( o Odour) di Rose.
Privare le foglie delle rose da tutti i semi e dagli steli e metterle in un vaso di terracotta, smaltato all'interno, oppure in uno in legno ben pulito. Versarvi sopra dell'acqua di sorgente, al punto da coprirle; porre il vaso al sole, all'alba e lasciarvelo fino al tramonto, quando lo ritirerete e lo riporterete in casa; ripetere per sei sette giorni, e dopo tre-quattro giorni vedrete già la formazione di uno stato di materia gialla in superficie; dopo due o tre giorni ancora tale strato diverrà schiumoso, ed ecco così formato l'otto di rose.
Esso può essere applicato con cotone oppure strizzato con le dita dentro ad un'ampolla dove verrà conservato.


Ed eccoci ai preparati per la cura dell'epidermide:




Come preparare la celebrata Crema Divina.
Secondo il Dr.Beddoes, questo composto va fatta come segue, con midollo di bue dodici once, stemperato in acqua per dieci giorni e quindi in acqua di rose per ventiquattr'ore; fiori di arancio amaro, storace pestato ( la resina di storace è un balsamo naturale che fuoriesce da incisioni praticate nell'alburno e nella corteccia dell'albero Liquidambar styraciflua ), giglio fiorentino, di ciscuno mezza oncia, cannella un quarto di un'oncia; chiodi di garofano e noce moscata un quarto di un'oncia. Il tutto deve essere posto all'interno di un vaso ben sigillato esposto al vapore, sospeso, sopra un contenitore in cui bolle acqua, per tre ore, dopo le quali il tutto andrà filtrato e conservato in apposite bottiglie.

Come preparare una Crema Leggera ( per pelli giovani ).
Prendete quanto lardo di maiale intendete utilizzare, tagliatelo in piccoli pezzi e copritelo con acqua fresca di sorgente, cambiandola ogni ventiquattr'ore per otto giorni; quando assumerà una colorazione quasi bianca, metterlo in un tegame e scioglierlo a fuoco leggero; quando sarà completamente sciolto, filtratelo ed unitevi qualche goccia di essenza di limone per profumarlo; ed ecco la crema pronta per l'uso.

Come preparare una Crema Forte ( per pelli mature ).
Sbiancare del lardo di maiale e della sugna di bue e bolliteli insieme con un po' di cera bianca; profumate il composto con essenza di limone o di lavanda, quindi preparate delle scatole di carta rotonde, versatevelo e quando sarà completamente freddo, chiudete con l'altra estremità - coperchio - ed ecco la crema pronta per l'uso.


anche se va detto che al tempo la più celebrata in assoluto era la Crème Céleste che divenne celeberrima durante il periodo che così tanto amiamo: essa constava di una miscela di spermaceti (sostanza cerosa ricavata da un organo posto nella testa dei capodogli ed, in misura inferiore, nei tessuti adiposi delle balene), olio di mandorle dolci, ed essenze profumate. Questa crema per il viso possedeva notevoli proprietà idratanti, ma aveva anche la qualità caratteristica di nascondere le imperfezioni cutanee e di fornire una carnagione liscia e luminosa. Evolutasi nella Cold Creme, da essa nacque un prodotto per rimuovere il maquillage, conosciuto oggi come struccante.



Marinai addetti all'estrazione di spermaceti dall'interno della testa di un capodoglio.









di cui esistevano numerose varianti tra cui la Cream of Roses ( pag 68 )






Crema di rose: 
olio di mandorle, una libbra
acqua di rose, una pinta
cera bianca e spermaceti, un'oncia ciascuno.
Mescolare in un contenitore un po' riscaldato quindi aggiungere
Essenza di neroli ( fiori dell'arancio amaro ) 20 gocce.
Ottar di rose, 15 gocce.
Mettere in vasi sigillando con un panno in pelle o pelle unta.


Per ammorbidire e mantenere giovani le labbra era consigliato un preparato conosciuto come Lip Salve, ovvero balsamo per labbra, una sorta di unguento nutriente




~ Balsamo per le labbra:
Prendere un oncia di cera bianca o di midollo, tre once di crema biancae mescolare tutto in un contenitore immerso in acqua calda; aggiungere una dracma di Alcanna ( oggi la conosciamo come henné ) e mescolare fino ad ottenere un colore tendente al rosso.

al quale potevano essere aggiunti lievi coloranti per dare più luce al sorriso, senza necessariamente giungere a creare l'evidente e 'riprovevole' rossetto; per la cura delle unghie delle mani ecco quanto suggeriva The Cyclopædia of Practical Receipts in All the Useful and Domestic Arts





~ Marrone da dare come base: 
antimonio 16 parti
ossido di piombo 32 parti
Manganese 8 parti
residuo calcinato di cobalto 1 parte










Per annerire le ciglia e le sopracciglia: La preparazione più semplice per questo scopo sono il succo di bacche di sambuco; il sughero bruciato, o i chiodi di garofano bruciati dalla fiamma di una candela. Alcuni impiegano il nero di incenso, di resina e di mastice; questo nero, si dice, non verrà via neppure con la sudorazione.

Lavaggio per annerire le sopracciglia: Lavare le sopracciglia in precedenza con il decotto di fiele, poi strofinare con un pennello intinto nella soluzione di vetriolo verde, e lasciarle asciugare. Un po 'di resina può essere aggiunta all'ultimo.

Composto Nero per le medesime: prendere un briciolo di pece, la stessa quantità di resina, e incenso e mezza oncia di mastice. Gettarle sul carbone acceso, sul quale si troverà un piatto per ricevere il fumo che da essi verrà sprigionato. Una fuliggine nera aderirà al piatto; con questa impregnare le ciglia e le sopracciglia, sfregandole molto delicatamente. Tale operazione, anche se a volte va ripetuta, conserverà perfettamente il nero.

Osservazione: La composizione di cui sopra può essere profumato con un po 'di olio di benzoino ( la resina di benzoino o resina di stirace è una resina balsamica estratta dalla corteccia dell'arbusto Styrax benzoin ) acqua di Colonia, o un po' di succo di bacche di sambuco ed è adatto per essere applicato sia alle sopracciglia che alle ciglia. 


Ed infine, per conferire alle guance la lucentezza propria della porcellana cosa era di meglio della Powder Pearl - Polvere di Perle ?
Leggiamo a pagina 487 del A cyclopaedia of six thousand practical receipts, and collateral information in the arts manufactures, and trades including medicine, pharmacy, and domestic economy. Designed as a compendious book of reference for the manufacturer, tradesman, amateur, and heads of families, by Cooley, Arnold James, New York, D. Appleton & Co., 1854., come veniva preparata:


POLVERE, PEARL, (cosmetici.) Prep.
Si mescolano in egual parte
puro bianco di perla, (trinitrato di bismuto,) e
gesso francese raschiato finemente da giunchi olandesi. 
Alcuni aggiungono ulteriore gesso francese per farne in autentico
cosmetico per la pelle. Questo composto è preferibile al bianco di perla
puro, poiché ha in più proprietà adesive.


E dopo aver trascorso il pomeriggio sfogliando vecchi libri che chissà quante volte sono stati letti, utilizzati e richiusi, riposti su preziosi scaffali in romantiche dimore o nei retrobottega di qualche speziale, prendo congedo da voi, sperando di avervi fatto cosa gradita nel preparare questo post che scende nei minimi dettagli delle preparazioni cosmetiche vittoriane.

Vi abbraccio con tutto il cuore augurandovi tanta gioia e tanta serenità, a voi che passate di qui per la prima volta e a voi che mi siete sempre accanto con affetto e dedizione,


a presto  












FONTI BIBLIOGRAFICHE:

 A cyclopaedia of six thousand practical receipts, and collateral information in the arts manufactures, and trades including medicine, pharmacy, and domestic economy. Designed as a compendious book of reference for the manufacturer, tradesman, amateur, and heads of families, by Cooley, Arnold James, New York, D. Appleton & Co., 1854.;

The Cyclopædia of Practical Receipts in All the Useful and Domestic Arts, by a Practical Chemist, member of several scientific societies, London: John Churchill, Princes Street, Soho, 1841;

The new family receipt book, containing eight hundred truly valuable receipts in various branches of domestic economyPublished 1819 by New-Haven: Printed by Howe & Spalding, and Samuel Wadsworth;

The Toilette of Health, Beauty, and Fashion: Embracing The Economy Of The Beard, Breath, Complexion, Ears, Eyes, Eyebrows, Eyelashes, Feet, Forehead, Gums, Hair, Head, Hands, Lips, Mouth, Mustachios, Nails Of The Toes, Nails Of The Fingers, Nose, Skin, Teeth, Tongue, Etc. Including The Comforts Of Dress And The Decorations Of The Neck ... with Directions for the Use of Most Safe and Salutary Cosmetics ... and a Variety of Select Recipes for the Dressing Room of Both SexesAllen and Ticknor, 1834.














- picture 1



Given the interest that the previous post focused on the Victorian age cosmetics has received, today I'd like to continue the discussion going into the specifics of the recipes created specially for the face, drawn from texts some of which were real handbooks for apothecaries of the time, while others were specifically written for Victorian Ladies: they contained instructions for each type of preparation, from those necessary for cleaning the house, to cooking recipes, but here it interests us especially that part in them which was devoted to the preparation of the compounds for the beauty of the face.

The new family receipt book, containing eight hundred truly valuable receipts in various branches of domestic economyPublished 1819 by New-Haven: Printed by Howe & Spalding, and Samuel Wadsworth, deals with this kind of topics within the Chapter XXX, starting at pag.327, with teaching how to extract essences from the flowers, which were often part of the ingredients needed for the preparation of creams for the skin of the face:




- picture 2 - Method of extracting Essenecs from flowers.




and continue providing instructions on how to prepare the most famous Eau de Parfume:




- picture 3 - Lavender Water.


- picture 4 - To make Hungary Water.


- picture 5 - To make Otto (or Odour) of Roses.




And here are the preparations for the care of the epidermis:




- picture 6 - To make the celebrated Pomade Divine.; To make Soft Pomatum.; To make Hard Pomatum.




although it must be said that at the time the most celebrated ever was the Creme Céleste which became utmost famous during the period that we all love so much: it consisted of a mixture of spermaceti (a waxy substance derived from an organ placed in the head of sperm whales and, and, in a lower amount, in the fatty tissues of whales), sweet almond oil, and perfumes. This face cream possessed remarkable moisturizing properties, but also had the characteristic qualities to hide skin imperfections and to provide a smooth and radiant complexion. It evolved into the Cold Creme, from it was born a product to remove make-up, know nowadays as make-up remover.




- picture 7 - Sailors extracting spermaceti from the head of a sperm whale.




The Cyclopædia of Practical Receipts in All the Useful and Domestic Arts, by a Practical Chemist, member of several scientific societies, London: John Churchill, Princes Street, Soho, 1841, at pg.60, offers us five versions of it:




- picture 8 - Cold Cream I, II. 


- picture 9 - Cold Cream III, IV, V.




but there were many variations including the Cream of Roses (pg.68)




- picture 10 - Cream of Roses.



To soften and keep young lips was recommended a preparation known as Lip Salve, or lip balm, a kind of nourishing ointment




- picture 11 - To make Lip Salve.




to which could be added slight coloring to give more light to the smile, without necessarily create the evident and 'reprehensible' lipstick; to emphasize the fingernails here is what was suggested by The Cyclopaedia of Practical Receipts in All the Useful and Domestic Arts




- picture 12 - Glaze - Brown under.


- picture 13 - Glaze - Cream Coloured.




and in The Toilette of Health, Beauty, and Fashion: Embracing The Economy Of The Beard, Breath, Complexion, Ears, Eyes, Eyebrows, Eyelashes, Feet, Forehead, Gums, Hair, Head, Hands, Lips, Mouth, Mustachios, Nails Of The Toes, Nails Of The Fingers, Nose, Skin, Teeth, Tongue, Etc. Including The Comforts Of Dress And The Decorations Of The Neck ... with Directions for the Use of Most Safe and Salutary Cosmetics ... and a Variety of Select Recipes for the Dressing Room of Both SexesAllen and Ticknor, 1834., we find written the following advices to give greater depth to the glance:




- picture 14 - To Blacken Eye-lashes and Eye-brows.; Wash to Blacken the Eye-brows.;


- picture 15 - Black Composition for the same.




And finally, to give the cheeks that shine proper of porcelain what was best than Pearl Powder ?

We read on page 487 of A cyclopaedia of six thousand practical receipts, and collateral information in the arts manufactures, and trades including medicine, pharmacy, and domestic economy. Designed as a compendious book of reference for the manufacturer, tradesman, amateur, and heads of families, by Cooley, Arnold James, New York, D. Appleton & Co., 1854., how it was prepared:


POWDER, PEARL, (COSMETIC.) Prep.
Pure pearl white, (trisnitrate of bismuth,) and
French chalk scraped fine by Dutch rushes, equal
parts, mix. Some add more French chalk. A
skin cosmetic. This is preferable to pearl white
alone, from being more adhesive.


And after spending the afternoon leafing through old books which I wonder how many times they were read, used and closed, stored on shelves in precious romantic residences or in the back room of some apothecary shop, I take my leave of you, hoping to have done something enjoyable to you preparing this post which puts in evidence the smallest detail of the Victorian cosmetic preparations.

I embrace you with all my heart and wish you much joy and so much serenity, to you who pass by here for the first time and to you who are always beside me, with affection and dedication,


see you soon 










BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

 A cyclopaedia of six thousand practical receipts, and collateral information in the arts manufactures, and trades including medicine, pharmacy, and domestic economy. Designed as a compendious book of reference for the manufacturer, tradesman, amateur, and heads of families, by Cooley, Arnold James, New York, D. Appleton & Co., 1854.;

The Cyclopædia of Practical Receipts in All the Useful and Domestic Arts, by a Practical Chemist, member of several scientific societies, London: John Churchill, Princes Street, Soho, 1841;

The new family receipt book, containing eight hundred truly valuable receipts in various branches of domestic economyPublished 1819 by New-Haven: Printed by Howe & Spalding, and Samuel Wadsworth;


The Toilette of Health, Beauty, and Fashion: Embracing The Economy Of The Beard, Breath, Complexion, Ears, Eyes, Eyebrows, Eyelashes, Feet, Forehead, Gums, Hair, Head, Hands, Lips, Mouth, Mustachios, Nails Of The Toes, Nails Of The Fingers, Nose, Skin, Teeth, Tongue, Etc. Including The Comforts Of Dress And The Decorations Of The Neck ... with Directions for the Use of Most Safe and Salutary Cosmetics ... and a Variety of Select Recipes for the Dressing Room of Both SexesAllen and Ticknor, 1834.






LINKING WITH:



∽❀∼ MY SPRING SCRAPBOOK ∽❀∼

$
0
0


Love, now an universal birth,
From heart to heart is stealing,
From earth to man, from man to earth:
–It is the hour of feeling.




Amore, che ora ovunque rinasce,
Migra furtivo di cuore in cuore,
Dalla terra all’uomo, dall’uomo alla terra,
– E’ questa l’ora dei sentimenti.






One moment now may give us more
Than fifty years of reason;
Our minds shall drink at every pore
The spirit of the season.





Ora un momento potrà darci di più
Di cinquant’anni di ragionamenti;
Le nostre menti devono attingere ad ogni poro
Lo spirito della stagione.











 There is a blessing in the air,
Which seems a sense of joy to yield







Aleggia nell’aria una benedizione
Che sembra infondere un senso di gioia ...









Some silent laws our hearts may make,
Which they shall long obey:
We for the year to come may take
Our temper from to-day.
And from the blessed power that rolls
About, below, above;
We ‘ll frame the measure of our souls:
They shall be tuned to love.


William Wordsworth, from TO MY SISTER, 1798











Poche tacite leggi si daranno i nostri cuori
Cui prestare lunga obbedienza;
Per l’anno a venire prenderemo
L’esempio da quest’oggi.
E dal beato potere che aleggia
D’Intorno, quaggiù e su in cielo,
Trarremo la misura delle anime nostre,
Accordandole alla nota d’amore.


William Wordsworth, da TO MY SISTER, 1798






If I could offer you, this morning, the most precious gift
It would be a time without beginning or end.
A life full of good health and that peace and inner joy
that can come only from the spirit.
It would be pureness in your thoughts and in your words
so anything you can approach could be nothing else than 
beauty.
It would be a deep sleep, and a breath of sweet serenity.
It would be understanding of the abyss
existing between the material
and the spiritual - so that anger and frustration
Would dissolve into a warm refuge of Love.
And you'd be forever the most faithful of friends ...
not for me but for yourself.
All the fruits of life sprout in the heart
so this is my gift
from my heart to yours.



- Hinmaton Yalaktit ( Chief Joseph )









Se potessi offrirti, questa mattina, il dono più prezioso
Sarebbe un tempo senza inizio né fine.
Una vita colma di buona salute e di quella pace e di quella gioia interiore
che possono venire solo dallo spirito.
Sarebbe purezza nei tuoi pensieri e nelle tue parole
perciò tutto ciò a cui andresti incontro altro non sarebbe che beltà.
Sarebbe un sonno profondo, e un soffio di dolce serenità.
Sarebbe comprensione del baratro
esistente tra ciò che è materiale
e ciò che è spirituale - così che rabbia e frustrazione
si dissolverebbero in un caldo rifugio d'amore.
E tu saresti sempre il più fedele degli amici ...
Non per me, ma per te stesso.
Tutti i frutti della vita germogliano nel cuore
quindi questo è il mio regalo
dal mio cuore al tuo.



- Hinmaton Yalaktit (Capo Giuseppe)




Ringrazio tutti voi per avermi accompagnata in questa passeggiata nei nostri giardini vestiti a festa poiché ammantati dai primi vessilli della primavera e animati dai commoventi segnali della vita che riprende il suo palpitìo, e vi aspetto per prendervi per mano ancora una volta quando saranno in fioritura le rose ... vi abbraccio con il cuore, 

a presto 









I thank all of you for accompanying me on this stroll in our gardens dressed up in festive clothes for they're cloaked with the early signs of Spring and animated by the first moving signs of Life resuming its breath, and I'm waiting for you to take you by hand once again as soon as roses are flowering ... I embrace you with all my heart,

see you soon ❤



LINKING WITH:






Felix Mendelssohn's extraordinary friendship with Queen Victoria & Prince Albert.

$
0
0

Se doveste andare nei boschi e sentire il fruscio delle foglie, il canto degli uccelli, ed il mormorio del ruscello sulle pietre, riuscireste tornando a casa a descrivere queste cose suonandole sul pianoforte? Senza dire nulla, potreste raccontare a vostra madre che cosa avete sentito? Riuscireste far parlare il pianoforte in vece vostra? Riuscireste a farlo borbottare come faceva il ruscello o a fargli cantare quello che cantavano gli uccelli?

Visse un tempo in Germania un fanciullo capace di fare tutto questo. Il suo nome era Felix Mendelssohn. Egli amava andare nei boschi e quando era di ritorno andava dritto a sedersi al pianoforte. In quei momenti la sorella Fanny gioiva del sentirlo suonare e quando avrebbe finito gli avrebbe chiesto, "Oh, Felix, oggi hai davvero udito un uccello cantare così?"



Robert Pötzelberger ( 1865 - 1930 ), SONGS WITHOUT WORDS




Questi fratelli vivevano in una bella casa, il loro padre era un ricco banchiere e gli piaceva comprare cose che pensava avrebbero fatto piacere ai suoi figli; la loro madre era una donna gentile che amava la musica, che sapeva suonare abilmente il pianoforte e che conosceva molte lingue.
Felix aveva inoltre un caro vecchio nonno. Il bambino era solito salire sulle sue ginocchia per invocare il racconto di una storia e quella che più gli piaceva era quella su come nacque il cognome  Mendelssohn. "Molto, molto tempo fa," il nonno raccontava, "Vivevo in una piccola città in Germania. Mio padre era un maestro di scuola, ed il suo cognome era Mendel. Chiunque nel villaggio conosceva Mendel, il maestro di scuola, ed io ero solito andare con mio padre: quando la gente ci vedeva arrivare diceva, 'Ecco Mendel e Mendel's Sohn.' Così quando crebbi, il mio nome non fu Moses Mendel, bensì Moses Mendelssohn ".

Il piccolo Felix capì allora che il suo cognome significava "figlio di Mendel." mentre il significato del suo nome era "felice", e tale nome ben gli si addiceva, poichè mai visse un ragazzino dall'indole più gioiosa.


Aveva vent'anni Felix Mendelssohn quando decise di dedicare la propria vita alla musica, che la madre cominciò con l'insegnargli da che aveva solamente tre anni - pensate che all'età di 11 anni aveva già composto 60 brani musicali - e si trovò perciò molto presto a visitare le più importanti capitali europee per far conoscere la propria arte: visitò Londra, la Scozia, l'Italia, la Svizzera e la Francia, ma più e più volte egli tornò in Inghilterra, dove aveva nella Regina Victoria e nel Principe Consorte Albert due grandi ammiratori.

Sia Victoria che il suo amato consorte erano capaci pianisti ed ottimi cantanti. 
Da buon teutonico il Principe Albert era anche un compositore appassionato fin dalla tenera età, anzi, egli scrisse molte canzoni e pezzi corali; va altresì detto che fu proprio il loro comune amore per la musica che fu complice nel far sorgere tra di loro un'attrazione reciproca: Victoria notò l'abilità di Albert al pianoforte quando si incontrarono la prima volta nel 1836 ed il giorno seguente a quello in cui la futura regina gli propose di sposarla, ella scrisse nel suo diario"... egli ha cantato per me alcune delle sue composizioni, che sono bellissime, ed ha una voce davvero molto bella. Anche io ho cantato per lui."

Spesso coinvolti in duetti al pianoforte - l'uno cantava mentre l'altra suonava o viceversa, mentre talora suonavano insieme a quattro mani - Victoria & Albert portavano i propri spartiti sempre con loro quando viaggiavano. 
Il Principe Albert era un entusiasta ammiratore della musica di Mendelssohn e fu lui che fece conoscere alla regina di opere di Felix per pianoforte e voce. 

La mattina del 14 giugno 1842, egli incontrò per la prima volta il compositore che si presentò a lui con una lettera del di lui cugino, il re di Prussia (Federico Guglielmo IV) e dopo averlo conosciuto di persona, preso dall'entusiasmo, lo invitò a Buckingham Palace per la sera successiva: voleva fargli suonare il suo organo e non poteva non presentarlo alla sua amata consorte.Secondo un appunto di Herbert Kupferberg, biografo in epoca relativamente recente del compositore, i reali erano piuttosto tesi all'idea di incontrare il loro eroe musicale, ma Mendelssohn non era di certo da meno !

Victoria scrisse questo affascinante resoconto del suo primo incontro con Mendelssohn nel suo diario il giorno successivo (16 giugno 1842, Buckingham Palace): "Dopo cena è venuto Mendelssohn, la cui conoscenza ero così tanto ansiosa di fare. Albert lo aveva già visto l'altra mattina. Egli è brevilineo, scuro, e dall'aspetto tipicamente ebraico, delicato, con un bella fronte da intellettuale. Devo dire che deve essere di circa 35 o 36 ( piedi ). E 'molto piacevole e modesto ... Ha suonato prima di tutto alcuni dei suoi "Lieder ohne Worte ( ROMANZE SENZA PAROLE N.d.A. )", dopo di che ... ci ha chiesto di dargli un tema su cui poteva improvvisare. Gliene abbiamo dato due, 'Rule Britannia', e l'Inno nazionale austriaco. Ha iniziato subito e in realtà non ho mai sentito nulla di così bello, il modo in cui egli li mescolava insieme e cambiava passando da uno all'altro, era davvero meraviglioso, così come la squisita armonia ed il sentimento che mette nelle variazioni, e i potenti, ricchi accordi, e le modulazioni, che mi hanno ricordato tutte le sue belle composizioni. Ad un certo punto ha suonato l'inno nazionale austriaco con la mano destra, ed il 'Rule Britannia', sulle note basse, con la sinistra! Ha fatto alcune ulteriori improvvisazioni su arie e canzoni famose. Eravamo tutti pieni di grande ammirazione. Povero Mendelssohn era abbastanza esausto, dopo aver finito di suonare. "
Felix scrisse a sua madre una lettera che riportò quell'evento.
'Proprio quando eravamo nel bel mezzo di una conversazione, entrò la regina, completamente sola e abbigliata con un abito da casa. Disse che avrebbe dovuto andare da Clermont entro un'ora. 'Mio Dio, che confusione vi è qui!' esclamò, notando che il vento aveva sparso i singoli fogli di un grande fascicolo non legato che giaceva sull'organo ... e li aveva sospinti in tutti gli angoli della stanza. Così dicendo, si inginocchiò e cominciò a raccogliere i fogli. Il principe Albert l'aiutò ed io mi degnai di fare altrettanto. Il principe mi spiegò quindi i vari registri e mi disse: lasci stare, rassetterà la stanza da sola. Poi chiesi al principe di suonare qualcosa per me in modo che potessi potessi farmene vanto in Germania. Egli suonò un Corale a memoria pedalando bene, in modo pulito e senza errori, così bene che molti organisti professionisti avrebbero potuto prenderne esempio. La regina, che aveva finito il suo lavoro, si sedette ed ascoltò con piacere. 


Era quindi giunto il mio turno e cominciai suonando il mio Corale Wie lieblich sind die Boten da St Paul. Ancor prima che finissi il primo verso entrambi cominciarono a cantare insieme. Mentre suonavo, il principe Albert manipolava i registri sapientemente; prima il flauto, poi il passaggio al C-Major ( DO MAGGIORE N.d.A. ), quindi un'eccellente diminuendo, e così via fino alla fine del pezzo, e tutto a memoria. Ero incantato e felice.'

La regina chiese se Mendelssohn avesse composto eventuali nuove canzoni, poichè lei amava cantare quelle appena pubblicate. Fu quindi persuasa da Albert a cantare la Spring Song, accompagnata da Felix, e poi un'altra canzone di sua sorella Fanny. Quando Victoria cantò un'altra canzone di Mendelssohn, confessò il suo nervosismo nel cantare in presenza del compositore. Felix raccontò a sua madre un episodio divertente: 'Proprio quando la regina si stava accingendo a cantare, disse, "Ma il pappagallo deve essere spostato prima, o lui urlerà più forte di quanto farò io cantando"; che indusse il principe Albert a suonare il campanello ed Principe di Gotha disse, "lo faccio io", a cui replicai, "Mi permetta di farlo io" e innalzata la grande gabbia la portai fuori ai servi attoniti. 
Infine egli chiese alla regina il permesso di dedicarle la sua 'Scottish' Simphony, e lei prontamente accettò. Il 9 luglio, egli suonò ancora una volta per la coppia reale e ancora una volta accompagnò la regina. 'Lo abbiamo ringraziato molto,' Victoria scrisse nel suo diario, 'e gli ho dato un bell'anello per ricordo.' 2 

Stava così nascendo una relazione amichevole fondata sul reciproco rispetto e sulla mutua ammirazione e Felix Mendelssohn, inconsapevolmente e con estremo diletto, stava diventando il maestro di canto di Victoria & Albert che sulle sue note affinavano le proprie abilità canore ... 

Il 30 maggio del 1844 il compositore tedesco fece ritorno a Buckingham Palace, poiché ogni qualvolta si recava a Londra per un concerto veniva puntualmente invitato dai reali che seguivano l'evolversi della sua carriera con passione e sincera devozione, ed egli accettava, sempre compiaciuto ed onorato, sapendo che lo avrebbe atteso una serata indimenticabile.


La sera dopo ( IL CONCERTO N.d.A. ) venne invitato a Buckingham Palace, dove suonò alcuni movimenti tratti da A Midsummer Night's Dream e due Lieder ohne Worte, accompagnò la regina in una canzone di Fanny e improvvisò temi tratti dall'Iphigénie en Aulide di Gluck. Ancora una volta Victoria rimase estasiata: 'E' un uomo piacevole e così gentile', scrisse nel suo diario. 'E il suo volto irradia intelligenza e genialità.' (Dieci giorni dopo Mendelssohn inviò alla regina e al principe consorte alcuni arrangiamenti per pianoforte a quattro mani del Lieder ohne Worte pensati proprio per loro.) 3 - per l'esattezza ne compose sette.

E' datata 1 maggio 1847 l'ultima visita del compositore al palazzo reale londinese, poiché davvero molto breve fu la vita di questo genio della musica romantica ( colpito da un collasso nell'apprendere della scomparsa dell'amata sorella occorsa sedici giorni dopo, egli non si riprese più da allora e dopo una serie di infarti morì all'età di soli 38 anni il 4 di novembre di quello stesso anno ): 

"Abbiamo avuto il grande piacere di sentire Mendelssohn suonare, ed ha trascorso un'ora con noi, suonando alcune nuove composizioni, con quel suo tocco indescrivibilmente bello. Ho anche cantato 3 delle sue canzoni, che sembravano compiacerlo. Egli è così amabile ed intelligente. Da qualche tempo è stato impegnato nella composizione di un Opera ['Lorelei'] e un Oratorio ['Christus'], ma si è scoraggiato. Il tema della sua opera è una leggenda del Reno, e lo è per l'Oratorio, molto bello, che raffigura la Terra, l'Inferno ed il Paradiso, e ha suonato per noi un caro tratto da questo che era davvero molto bello".

In seguito, la regina disse a Mendelssohn: "Mi avete donato tanto piacere; ora cosa posso fare io per compiacervi? "Lui rispose che gli sarebbe piaciuto vedere i bambini reali giocare nella loro nursery. Come fosse un padre, egli fu molto contento di accompagnare la regina, come in seguito riferirà, "per tutto il tempo confrontando i soggetti familiari che esercitarono una particolare attrazione su entrambi."4


Non è forse vero che la musica dà voce ai silenzi dell'anima, alle parole d'amore non dette, ai sussurri del cuore ... che essa è il soffio vitale che rende comprensibile l'inesprimibile, inteleggibile l'Infinto, che fissa nel presente ciò che è trascorso e lenisce le pene dell'esistenza ... che la musica ha essa stessa una radice divina ed avvicina l'uomo a Dio ?

Scriverà qualche anno più tardi il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844 - 1900):




SENZA MUSICA LA VITA SAREBBE UN ERRORE.



E su questa bellissima frase che esprime molto più di quanto dica prendo congedo da voi, carissimi, amati amici e lettori, nella speranza di avervi entusiasmati con questo mio post dedicato ad una tenera amicizia, poco nota, ma molto profonda e sincera.

Augurandovi tanta gioia e serenità, vi do appuntamento

a presto 










FONTI BIBLIOGRAFICHE :

Colin Timothy Eatock, Mendelssohn and Victorian England, ASHGATE PUBLISHING LIMITED, England, 2009;

Peter Gordon, Musical Visitors to Britain, Taylor & Francis, 2005; 

Herbert Kupferberg, Mendelssohns: Three Generations of Genius, Schribner, 1972; 

Katherine Lois Scobey and Olive Brown Horne, STORIES OF GREAT MUSICIANS, AMERICAN BOOK COMPANY, NEW YORK-CINCINNATI-CHICAGO, 1905; 





CITAZIONI:

1 -  Katherine Lois Scobey and Olive Brown Horne, STORIES OF GREAT MUSICIANS, AMERICAN BOOK COMPANY, NEW YORK-CINCINNATI-CHICAGO, 1905, pag. 92; 

2 - Peter Gordon, Musical Visitors to Britain, Taylor & Francis, 2005, pag. 129-130;  

3 -  Colin Timothy Eatock, Mendelssohn and Victorian England, ASHGATE PUBLISHING LIMITED, England, 2009, pag. 86; 









If you were to go into the woods and hear the rustling of the leaves, the singing of the birds, and the babbling of the brook over the stones, could you come home and describe these things by playing on the piano? Without saying anything, could you tell your mother what you heard? Could you make the piano talk for you? Could you make it babble as the brook did? Could you make it sing the songs of the birds?

There once lived a child in Germany who could do all this. His name was Felix Mendelssohn. He loved to go into the woods. When he returned, he would go straight to the piano. At such times his sister Fanny loved to hear him play. When he had finished, she would say, "Oh, Felix, did a bird sing like that to-day?"




- picture 1 - 




This brother and sister lived in a beautiful home. Their father was a rich banker. He liked to buy things that he thought would please his children. Their mother was a gentle woman, who enjoyed music and could play the piano well. She could speak many languages.

Felix had a dear old grandfather. The child used to climb on his grandfather's knee and beg for a story. The one he liked best told how he got the name Mendelssohn. "Long, long ago," the grandfather would say, "I lived in a small town in Germany. My father was a schoolmaster, whose name was Mendel. Every one in the village knew Mendel, the school-teacher. I used to go about a great deal with my father. When people saw us coming, they would say, 'Here is Mendel and here is Mendel's sohn, too.' So as I grew up, I was not called Moses Mendel, but Moses Mendelssohn."

The child Felix understood then that his last name meant, "the son of Mendel." His first name means "happy," and he was well named. There never lived a brighter, sunnier-tempered little lad. 1


Felix Mendelssohn was just twenty years old when he decided to dedicate his life to music which his mother began by teaching him when he was only three years old - think that at the age of 11 he had already composed 60 musical pieces - and so began very early to visit the most important European capitals to introduce his art: he visited London, Scotland, Italy, Switzerland and France, but again and again he returned to England, where he had in Queen Victoria and in Prince Consort Albert two great admirers.



- picture 2 on the left - Both Victoria and her beloved prince were competent pianists and excellent singers.
As a good Teutonic, Prince Albert was also a passionate composer from an early age, in fact, he wrote many songs and choral pieces; it should also be said that it was their shared love for music that was complicit in giving rise to a mutual attraction between them: Victoria noticed Albert 's skills at the piano when they met the first time in 1836 and the day following the one when the future queen asked him to marry her, she wrote in her diary:

“…he sang to me some of his own compositions, which are beautiful, & he has a very fine voice. I also sang for him.”


Often involved in duets  at the the piano - one was singing while the other was playing or vice versa, and sometimes played together at four hands - Victoria & Albert brought their music sheets always with them when they travelled.
Prince Albert was an enthusiastic admirer of Mendelssohn's music and it was he who introduced the queen to the works by Felix for piano and voice.

On the morning of June 14th, 1842, he met for the first time the composer who brought him a letter from his cousin, the King of Prussia (Frederick William IV) and after meeting him in person, taken by the enthusiasm, Prince Albert invited him to Buckingham Palace for the next evening: he wanted him to play his organ and couldn't help but present him to his beloved wife. According to a memo by Herbert Kupferberg, who became relatively recently biographer of the composer, the royals were excited about meeting their musical hero, but Mendelssohn wasn't certainly living the waiting of such an event with a different feeling !

Victoria wrote this fascinating account of her first encounter with Mendelssohn in her journal the following day (16th June 1842, Buckingham Palace): “After dinner came Mendelssohn, whose acquaintance I was so anxious to make. Albert had already seen him the other morning. He is short, dark, & Jewish looking, delicate, with a fine intellectual forehead. I should say he must be about 35 or 6. He is very pleasing & modest… He played first of all some of his ‘Lieder ohne Worte (Songs without Words)’, after which…he asked us to give him a theme upon which he could improvise. We gave him 2, ‘Rule Britannia’, & the Austrian National Anthem. He began immediately & really I have never heard anything so beautiful, the way in which he blended them both together & changed over from one to the other, was quite wonderful as well as the exquisite harmony & feeling he puts into the variations, & the powerful rich chords, & modulations, which reminded me of all his beautiful compositions. At one moment he played the Austrian National Anthem with the right hand, he played ‘Rule Britannia’ as the bass, with his left! He made some further improvisations on well-known tunes & songs. We were all filled with the greatest admiration. Poor Mendelssohn was quite exhausted when he had done playing.”
Felix elaborated on the event a letter to his mother.
'Just as we were in the midst of a conversation, in came the queen, also quite alone and dressed in a house dress. She said that she had to leave for Clremont in an hour. ' My God, what a mess there is here!' she exclaimed, noticing that  the wind had scattered single sheets of a large, unbound score which was lying on the organ ... and blow them into all corners of the room. So saying, she knelt down and began to gather up the sheets. Prince Albert helped and I deigned to do likewise. The prince explained the various registers to me and he said: never mind, she would straighten up the room all by herself. Then I asked the prince to play something for me so that I could boast about that in Germany. He played a Chorale by heart pedalling nicely, cleanly and without mistakes, so well that many a professional organist could have taken it an example. The queen, who had finished her work, sat down and listened with pleasure. 




- picture 3




Now it was my turn to play and I began my Chorus Wie lieblich sind die Boten from St Paul. Even before I had finished the first verse both of them began to sing along. While I played, Prince Albert manipulated the registers skilfully; first the flute, then at the forte at the C-Major passage everything full, then an excellent diminuendo, and so on until the end of the piece, and everything by heart. I was enchanted and happy.'

The queen asked Mendelssohn if he had composed any new songs, as she loved to sing those already published. She was persuaded by Albert to sing the Spring Song, accompanied by Felix, and later another song by his sister Fanny. When Victoria sang another Mendelssohn song, she confessed that she had been nervous performing in presence of the composer. Felix recounted to his mother one amusing incident: 'Just as the queen was about to sing, she said, "But the parrot must be removed first, or he will scream louder than I sing"; upon which Prince Albert rang the bell and the Prince of Gotha said, "I will carry him out ", upon which I replied, "Allow me to do that" and lifted up the big cage and carried it out to the astonished servants. Finally he asked the queen for permission to dedicate his 'Scottish' Simphony to her, and she readily agreed. On 9 July, he once more played for the royal couple and again accompanied the queen. 'We thanked him very much,' Victoria wrote in her journal,' and I gave him a handsome ring in remembrance.' 2


So it was borning a friendly relationship based on mutual respect and mutual admiration and Felix Mendelssohn, unconsciously and with great delight, was becoming the singing teacher of Victoria & Albert who, on his notes, honed their singing skills ...

On May 30th, 1844 the German composer returned to Buckingham Palace, because every time he went to London for a concert was promptly invited by the royal couple which followed the evolution of his career with passion and sincere devotion, and he accepted, always pleased and honored, knowing that it would have awaited him an unforgettable evening.




- picture 4




The next evening he was invited to Buckingham Palace, where he played movements from A Midsummer Night's Dream and two Lieder ohne Worte, accompanied the queen in a song by Fanny and improvised themes from Gluck's Iphigénie en Aulide. Once again Victoria was impressed: 'He's such an agreeable, clever man', she wrote in her journal. 'and his countenance beams with intelligence and genius.' ( Ten days later Mendelssohn sent some piano four-hands arrangements of Lieder ohne Worte to the queen and prince consort.) 3  - truth is that he composed seven of them.


It is dated May 1st, 1847 the last visit of the composer at the London Royal Palace, for it was really very short the life of this genius of romantic music (hit by a collapse after learning of the disappearance of his beloved sister occurred sixteen days after, he never recovered since then and after a series of heart attacks died at the age of 38 years on November 4th of that same year):

“We had the great treat of hearing Mendelssohn play, & he stayed an hour with us, playing some new compositions, with that indescribably beautiful touch of his. I also sang 3 of his songs, which seemed to please him. He is so amiable & clever. For some time he has been engaged in composing an Opera [‘Lorelei’] & an Oratorio [‘Christus’], but has lost courage about them. The subject for his Opera is a Rhine Legend, & that for the Oratorio, a very beautiful one, depicting Earth, Hell & Heaven, & he played one of the Choruses out of this to us, which was very fine.”

Afterwards, the Queen said to Mendelssohn: “You have given me so much pleasure; now what can I do to give you pleasure?” He replied that he would love to see the royal children playing in their nursery. As a father himself, he was very pleased to accompany the Queen, as she later reported, “all the while comparing notes with him on the homely subjects that had a special attraction for them both.”

Is not true that music gives voice to the silences of the soul, to the unspoken words of love, to the whispers of the heart ... that it is the breath of life that makes understandable the inexpressible, intelligible the Infinity fixing in the present what is spent and that soothes the pains of existence ... isn't true that music itself has a divine root and brings man closer to God?

The German philosopher Friedrich Nietzsche (1844 - 1900) will write a few years later, :





WITHOUT MUSIC LIFE WOULD BE A MISTAKE.



And on this beautiful phrase expressing much more than what it says,  I take my leave of you, dear, beloved friends and readers, hoping to have amused you with this post of mine dedicated to a tender friendship, probably a little known, but very deep and sincere.

Wishing you much joy and serenity, 

see you soon 













BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

Colin Timothy Eatock, Mendelssohn and Victorian England, ASHGATE PUBLISHING LIMITED, England, 2009;

Peter Gordon, Musical Visitors to Britain, Taylor & Francis, 2005; 

Herbert Kupferberg, Mendelssohns: Three Generations of Genius, Schribner, 1972; 

Katherine Lois Scobey and Olive Brown Horne, STORIES OF GREAT MUSICIANS, AMERICAN BOOK COMPANY, NEW YORK-CINCINNATI-CHICAGO, 1905; 





QUOTATIONS:

1 -  Katherine Lois Scobey and Olive Brown Horne, STORIES OF GREAT MUSICIANS, AMERICAN BOOK COMPANY, NEW YORK-CINCINNATI-CHICAGO, 1905, pg. 92; 

2 - Peter Gordon, Musical Visitors to Britain, Taylor & Francis, 2005, pg. 129-130;  

3 -  Colin Timothy Eatock, Mendelssohn and Victorian England, ASHGATE PUBLISHING LIMITED, England, 2009, pg. 86; 








LINKING WITH:




May 10th, 1881: 135 years ago they were celebrated the nuptials of Prince Rudolph of Habsburg and Princess Stéfanie of Belgium.

$
0
0




Era risaputa la puntigliosità del Principe Ereditario d'Asburgo, a cui nulla, in realtà, faceva difetto: 



Heinrich von Angeli, Crown Prince Rudolf in naval uniform with the Order of the Golden Fleece,
dipinto ad olio, 1885




Rudolph era prestante, colto, amato dal suo popolo e soprattutto erede al trono della dinastia più prestigiosa d'Europa che stava vivendo proprio sotto la guida dell'accorto governo del Kaiser Franz Joseph il suo periodo di maggior splendore, decoro e valore.
Era perciò egli un partito ambito da molte case regnanti e quando il 10 maggio del 1880 rese noto come ufficiale il suo fidanzamento con la principessa Stéphanie del Belgio (nome completo Stéphanie Clotilde Louise Herminie Marie Charlotte de Saxe-Cobourg et Gotha), 


figlia del re dei belgi Leopoldo II e della regina consorte Marie Henriette nata arciduchessa d'Asburgo Lorena, lo stupore dilagò e tra il popolo e tra i diplomatici: all'età di 22 anni Rudolph aveva dichiarato di essere alla ricerca di una consorte che non avesse più di 20 anni e Stéphanie allora ne aveva 16, perciò rientrava nei canoni stabiliti dal principe, ma per molti poteva puntare decisamente più in alto. 
Scarsamente dotata dalla natura che di lei aveva fatto una fanciulla non molto graziosa, fin troppo alta al punto da risultare sgraziata e talvolta goffa, impacciata negli atteggiamenti e decisamente poco colta, a detta di molti era del tutto inadeguata a vestire il ruolo di futura Imperatrice, ma la volontà dell'Imperatore era ferrea 


Fotografia ufficiale del fidanzamento di Stéphanie e Rudolph, 10 maggio 1880.




Painting Allegory on the betrothal of Crown Prince Rudolf and Stephanie of Belgium by Sophia and Marie Görlich, 1881.




Prima pagina dell'ALLGEMEINE ZEITUNG che rende noto il fidanzamento dei due principi



- fu infatti il Kaiser, interessato solo a salvaguardare il futuro della dinastia degli Asburgo, a condurre direttamente le trattative per questo matrimonio - ed acconsentendo a sposare la principessa Stéphanie Rudolph sembrò quasi voler conquistare definitivamente il cuore del padre, superando così le varie e nette divergenze politiche che da tempo li stavano allontanando, raffreddando il loro legame, già piuttosto flebile ed intriso di incomprensioni.
Inutile dire che l'Imperatrice Elisabeth avrebbe preferito per il figlio un matrimonio d'amore ed il trascorrere del tempo non farà che darle ragione, ahimè !



Wedding Crown Prince Rudolph & Stéphanie, foto montaggio pubblicato come stampa datato 1881




La data del matrimonio venne fissata per il 10 di maggio dell'anno successivo, nell'attesa che la futura sposa raggiungesse la pubertà, e, con il passare dei mesi, fu sempre più chiaro a tutti che si trattava di un'ennesima unione sancita da volontà dinastica, ovvero da ragion di stato, che nessuno spazio concede ai sentimenti.

Già il matrimonio dei genitori di Stéphanie era stato governato da un siffatto interesse: 
era il 22 agosto del 1853 quando Marie Henriette, di soli 16 anni, convolò a nozze con il diciottenne principe Leopoldo del Belgio, erede al trono: egli era il secondogenito superstite di Leopoldo I del Belgio e il sua moglie Louise d'Orléans e Marie Henriette, già cognata di Carlotta del Belgio, futura imperatrice del Messico, divenne con il matrimonio cugina di Victoria del Regno Unito; tale unione fu organizzata per rafforzare lo stato della monarchia belga poiché il re del Belgio, di religione protestante, a capo, inoltre, di una monarchia di nuova costituzione, volle che il figlio sposasse un membro di una prestigiosa dinastia cattolica ed il nome Asburgo conservava in essa una delle sue qualità più importanti.



Il sontuoso ingresso del corteo nuziale a Vienna accolto trionfalmente dal popolo.




L'imperatrice accompagna lo sposo all'altare.




Fotografia ufficiale dello sposalizio dei principi Stéphanie e Rudolph





Gli sposi durante la funzione





La principessa Stéphanie del Belgio in Neue Illustrierte Zeitung -  edizione speciale pubblicata in occasione del matrimonio del Principe Ereditario Rudolph con Stéphanie. No. 33. 10.5. 1881



Tornando al nostro sposalizio, se esso ebbe luogo il 10 maggio presso la sontuosa Augustinerkirche a Vienna, il banchetto nuziale, come da protocollo, si tenne la sera precedente al Palazzo della Hofburg, ospitato dai genitori dello sposo, l'Imperatore e l'Imperatrice in persona, con la partecipazione dei genitori della sposa che aveva raggiunta Vienna proprio quella stessa mattina, ma vi erano anche altri ospiti illustri quali il principe ereditario e la principessa ereditaria di Germania (il futuro Imperatore Federico III e l'Imperatrice Viktoria), il Principe di Galles (il futuro Re Edoardo VII del Regno Unito) e il principe Guglielmo di Prussia (il futuro Imperatore Guglielmo II di Germania).


Dalla collezione privata Royal Menu Collection di © Jake Smith



Per la prima volta gli ospiti di questa prestigiosa cena furono intrattenuti dalle note del valzer Viennese composto per l'occasione da Eduard Strauss intitolato'Schleier und Krone'(velo e corona); e pensando a quanto fosse intriso di fascino e di splendore il banchetto tenutosi al palazzo imperiale di Vienna, gli ospiti dell'imperatore mai avrebbero potuto immaginare di essere testimoni di un matrimonio imperiale che sarebbe finito tragicamente con il 'suicidio'(?) dell'impetuoso sposo, erede al possente trono austro-ungarico, occorso il 30 gennaio di otto anni dopo.

Uno dei più stretti confidenti dell'imperatore Francesco Giuseppe, il Barone von Margutti ricordava: 

'Il matrimonio era stato covato dai diplomatici e l'Imperatore era tutto fuoco e fiamme per esso. Per lui, un fanatico legittimista, significava splendori freschi per la sua gloriosa dinastia. Nella sua casa stava arrivando la figlia di un re che era legato a quasi tutte le famiglie reali del tempo'. 1

Ma l'imperatrice la pensava in altro modo tanto da negare, e per un tempo abbastanza lungo, il proprio consenso.

'Odiava apertamente il Re dei Belgi,' ricorda Margutti 'e non aveva nessun tipo di simpatia per la moglie, l'insignificante e incolore regina Henriette - ricordiamo che era un'Asburgo ! ( N.d.A.) -. Né pensava diversamente della Principessa Stéphanie. Considerava la sua formazione troppo poco profonda e la sua natura troppo frivola '. 2


Mi piace concludere questo post celebrativo di un evento che segnò la storia, non solo quella degli Asburgo, ma dell'intera Europa tardo vittoriana, con una citazione che non solo compendia i festeggiamenti di quei solenni giorni, ma ben rende l'idea di quali furono i prodromi ed i primi passi mossi da questa coppia, che dapprincipio, a dispetto di quanto è risaputo, visse momenti di serenità: 

La Principessa Stéphanie trascorse la sua prima notte sul suolo austriaco a Salisburgo e giunse a Vienna il 6 Maggio 1881, quattro giorni prima del matrimonio. I festeggiamenti popolari seguirono un modello ormai familiare, culminando con la cerimonia di matrimonio nella Augustinerkirche, anche se la lista degli invitati fu decisamente ben più sorprendente: vi era incluso sia il futuro re Edoardo VII che il suo nipote prussiano, il futuro Kaiser Guglielmo II. Il nemico personale di Rudolph, il cardinale principe Schwarzenberg, officiò il matrimonio affiancato da più di venti altri prelati. Johann Strauss dedicò il suo Myrthenblüthenwaltzer a Stéphanie, mentre Eduard Strauss compose un altro valzer, Schleier und Krone (Velo e Corona). Come fecero i suoi genitori, anche il principe ereditario trascorse con la sua novella sposa i propri primi giorni di vita coniugale a Laxenburg. L'imperatrice cercò di non interferire, probabilmente per il più delicato dei Motivi, poiché Elisabeth conservava vividi ricordi del vecchio imbarazzo causato dalla propria suocera, ma se ella li lasciò indisturbati, nessun'altro interferì, anzi. Secondo le memorie di Stéphanie, un'abbondante nevicata fuori stagione li accolse quando raggiunsero Laxenburg: fu decisamente demoralizzante uscire dalla carrozza ed essere avvolti 'da un soffio di aria fredda come il ghiaccio di una cantina', mentre l'odore predominante degli interni era 'di muffa': 'non ci sono piante, nessun fiore per festeggiare il mio arrivo ... nessun tappeto, nessuna toilette, nessuna stanza da bagno, nient'altro che una toilette a tre piedi con brocca e catino per lavarsi '. Lei e suo marito avevano 'poco di cui parlare: eravamo praticamente degli estranei'. Il principe ereditario, loquace fino ad essere incauto in compagnia familiare, non riusciva a trovare nulla che potesse interessare una principessa goffa di sei anni più giovane di lui. Sapeva che la madre aveva già soprannominato la propria nuora 'l'insipida sempliciotta' (Das hässliche Trampeltier)?
Troppo spesso storie di discordie familiari nascono da incidenti gonfiati dai ricordi e richiamati alla mente nelle avversità. Così accadde con le leggende tradizionali sui primi anni di vita insieme di Rudolph e Stéphanie. Ciò che si evince dalle lettere di quest'ultima suggerisce un'unione ben più che felice. Dopo una settimana a Laxenburg, costoro si diressero a Budapest, dove la Principessa Ereditaria fu festeggiata come la nipote del più popolare dei Palatini*. Poi fu d'obbligo tornare ai doveri di guarnigione a Praga, dove Rudolph trovò Stéphanie pronta a condividere i suoi interessi. Ello lo accompagnava nelle visite ufficiali e di tanto in tanto anche alle spedizioni di caccia. Il suo spirito guadagnò in vitalità trovando un punto di appoggio nella vita tumultuosa di Rudolph, quale ufficiale dell'esercito ed erede al trono. 3


Sappiamo che li attendeva un destino tragico e crudele che cominciò a prender forma dopo che la Principessa Stéphanie diede alla luce la piccola Elisabeth Marie detta Erzsi( diminutivo dall'ungherese Erzebet ) il 2 settembre del 1883, nipote prediletta del Kaiser, unica figlia della coppia ( Stéphanie non poté più concepire ), che mai avrebbe potuto dare un erede legittimo alla corona asburgica, ma questa è un'altra storia, che già vi raccontai tempo fa ...


E dopo aver partecipato virtualmente a questi fasti nuziali, vi giunga colmo di affetto e di riconoscenza il mio saluto, carissimi lettori che passate di qui per la prima volta e voi, amici fedeli che sempre mi seguite, accettate il mio più caloroso ringraziamento !

A presto 










FONTI BIBLIOGRAFICHE:


Sigrid-Maria Grössing (Autore), C. Giovanella (a cura di), F. Foradini (Traduttore), Rodolfo d'Asburgo. Libero pensatore, rubacuori, psicopatico,  Mgs Press,  2006;

Brigitte Hamann, Kronprinz Rudolf. Ein Leben. Amalthea, Wien 2005;

Alan Palmer, Twilight of the Habsburgs: The Life and Times of Emperor Francis Joseph,
Faber & Faber, 1994; 

Royal Menus ... a history of Royal dinings - Franz Joseph & 'Sissi' Host Wedding Banquet at Hofburg Palace;

John T. Salvendy (Autore), S. Melani (Traduttore), Ribelle reale. Ritratto psicologico di Rodolfo, Ugo Mursia Editore, 1995. 




CITAZIONI E NOTE:

* il nonno paterno di Stéphanie, Erzherzog Joseph von Österreich-Lothringen fu Palatino d'Ungheria dal 1796 al 1847.

1, 2 - Royal Menus ... a history of Royal dinings - Franz Joseph & 'Sissi' Host Wedding Banquet at Hofburg Palace

3 - Alan Palmer, Twilight of the Habsburgs: The Life and Times of Emperor Francis JosephFaber & Faber, 1994, Chapter 14 - FATHER AND SON.












- picture 1




It was common knowledge Crown Prince of Austria's meticulousness, to whom nothing, really, was lacking:




- picture 2 - Heinrich von Angeli, Crown Prince Rudolf in naval uniform with the Order of the Golden Fleeceoil painting, 1885




Rudolph was handsome, learned, loved by his people and especially the heir to the throne of Europe's premier dynasty that was living right under the guidance of Kaiser Franz Joseph's government his heyday, his period of most decor and value.
Therefore he was a good match coveted by many ruling houses and when on May 10th, 1880 became known as official his engagement to the Princess Stéphanie of Belgium (full name Stéphanie Clotilde Louise Herminie Marie Charlotte of Saxe-Cobourg et Gotha)




- picture 3




daughter of King Leopold II of the Belgians and of Queen Consort Marie Henriette, born Archduchess of Habsburg-Lorraine, the astonishment spread both amongst the people and the diplomats: at the age of 22 Rudolph claimed to be looking for a wife who hadn't to be more than 20 years old and Stéphanie,  then 16, fell within the rules established by the prince, but for many he could focus decisively higher: poorly endowed by Nature that made of her a girl not very pretty, too tall to the point of being ungraceful and sometimes awkward, ill at ease in her attitudes and definitely not very cultured, according to many was completely inadequate to dress the role of the future Empress but the Emperor's will was adamant




- picture 4 - Official photograph of the betrothal of Stéphanie and Rudolf, May 10th, 1880


- picture 5 - Painting Allegory on the betrothal of Crown Prince Rudolf and Stephanie of Belgium by Sophia and Marie Görlich dated 1881


- picture 6 - Front page of the Allgemeine Zeitung announcing the engagement of Princess Stéphanie and Prince Rudolph




- actually it was the Kaiser, only interested about safeguarding the future of the Habsburg dynasty, to lead directly the negotiations leading to this marriage - and agreeing to marry the Princess Stéphanie Rudolph seemed almost wanting to conquer definitely his father's heart, so overcoming the various and net political divergences that for so long  time were moving them apart, cooling their bond, already rather weak and steeped in misunderstandings.

Needless to say, that Empress Elizabeth would have preferred for his son a love marriage and the passage of time couldn't hep but give reason to her, alas!




- picture 7 - Wedding Crown Prince Rudolf & Stéphanie, photomontage published as a print dated 1881




The wedding date was set for May 10th of the following year, for the bride hadn't still reached her puberty, and, with each passing month, it was increasingly clear that this was yet another union sanctioned by dynastic will, that is by reasons of state, that no space allow to sentiments.

Already the marriage of Stéphanie's parents was ruled by such interest: it was August 22nd, 1853 when Marie Henriette, aged only 16 years, wed the 18 years old Prince Leopold of Belgium, heir to the throne: he was the second surviving son of Leopold I of Belgium and his wife Louise d'Orléans and Marie Henriette, already sister-in- law of Charlotte of Belgium, future empress of Mexico, became  cousin with Victoria of the United Kingdom by marriage; this union was organized to strengthen the status of the Belgian monarchy since the King of Belgium, protestant, head also of a new monarchy, wanted his son to marry a member of a prestigious catholic dynasty and the name Habsburg kept in it one of its most important qualities.




- picture 8 - The sumptuous arrival of the wedding procession in Vienna triumphantly welcomed by the people.


- picture 9 - The Empress accompanies the groom to the altar.


- picture 10 - Official photograph of the wedding of Princess Stephanie and Prince Rudolph.


- picture 11 - The bride and groom during the function.


- picture 12 - Princess Stephanie of Belgium in Neue Illustrierte Zeitung - Special edition on the occasion of the wedding of crown prince Rudolf with Stephanie. No. 33. 10.5. 1881



Returning to our marriage, if it took place on May 10th in the sumptuous Augustinerkirche in Vienna, the wedding banquet, as per protocol, was held the night before at the Hofburg Palace, hosted by the groom's parents, the Emperor and Empress in person, with the participation of the bride's parents who had reached Vienna that very same morning, but there were also other distinguished guests such as the Crown Prince and Crown Princess of Germany (future Emperor Frederick III and future Empress Viktoria), the Prince of Wales (future King Edward VII of the United Kingdom) and Prince William of Prussia (future Emperor Wilhelm II of Germany).




- picture 13 - From the private Royal Menu Collection of © Jake Smith



For the first time, the guests at this prestigious dinner were entertained by the Viennese waltz composed for the occasion by Eduard Strauss entitled 'Schleier und Krone' (veil and crown) and thinking of how the banquet held at the Imperial Palace in Vienna was filled with charm and splendor, the guests of the Emperor never would have imagined to be witnesses of an imperial wedding that would tragically end with the 'suicide' (?) of the impetuous groom, heir to the throne of the mighty Austro-Hungarian Empire, which occurred on January 30th, eight years later.

One of the closest confidants of the Emperor Francis Joseph, Baron von Margutti, remembered:

‘This marriage was hatched by the diplomats and the Emperor was all fire and flame for it. To him, a legitimist fanatic, it meant fresh splendors for his glorious dynasty.  Into his House came a King's daughter who was related to nearly all the royal families of the day.’1

But the Empress was thinking otherwise and for quite a long time she denied  her consent for this marriage.

'She positively hated the King of the Belgians,’ recalled Margutti ‘and had no sort of liking for his wife, the insignificant and colorless Queen Henriette. Nor did [Empress] Elisabeth think much of Princess Stéphanie. She considered her education too shallow and her nature too frivolous.’2

I like to end this post of mine celebrating the event which marked History, not only that of the Habsburgs, but of the whole late Victorian Europe, with a quote that sums up not only the celebration of those solemn days, but well makes the idea of how they were the first warnings and the first steps taken by this couple, which at first, in spite of what is known, lived moments of serenity:

Princess Stephanie spent her first night on Austrian soil at Salzburg and arrived in Vienna on 6 May 1881, four days before the wedding. The popular festivities followed as familiar a pattern as the marriage ceremony in the Augustinerkirche, though the guest list was even more striking: it included both the future King Edward VII and his Prussian nephew, the future Kaiser William II. Rudolph's personal enemy, Cardinal Prince Schwarzenberg, officiated at the wedding with more than twenty other prelates to assist him. Johann Strauss dedicated his Myrthenblüthenwaltzer to Stephanie, while Eduard Strauss composed another waltz, Schleier und Krone ( Veil and Crown ). Like his parents, the Crown Prince and his bride spent their first days of married life at Laxenburg. The Empress did not seek to interfere, probably for the kindest of motivs, for Elizabeth had vivid recollections of old embarassement caused by her mother-in-law. But if the Empress did not fuss around them, nobody else did, either. According to Stephanie's memoirs, unseasonal snow was falling when they reached Laxenburg: it was dispiriting to step out of the carriage and be met ' by a breath of air as cold as ice in a cellar', while the predominant smell was 'of mould' : ' No plants, no flowers to celebrate my arrival ... no carpets, no dressing-table, no bathroom, nothing but a wash handstand on a three-legged framework'. She and her husband had 'little to say to each other; we were virtual strangers'. The Crown Prince, recklessly loquacious in familiar company, could think of nothing to interest a gauche princess six years his junior. Did he know that his mother had already dubbed her daughter-in-law 'the plain bumpkin' ( das hässliche Trampeltier )?
All too often, tales of marital discord spring from incidents inflated in reminiscence and recollected in adversity. So it is with the traditional legends of Rudolph and Stephanie's early life together. The evidence of his letters suggest a far happier association. After a week in Laxenburg, they travelled to Budapest, where the Crown Princess was fêted as a grandaughter of the most popular of the Palatines. Then back to garrison duties in Prague, where he found Stephanie ready to share his interests. She accompanied him on official visits and occasionally on hunting expeditions and shoots, too. Her vitality of spirit quickened once she gained a solid foothold in Rudolph's topsy-turvy life, as army officer and heir apparent. 3


We know that was waiting for them a tragic and cruel fate that began to take shape after that Princess Stephanie gave birth to the little Elisabeth Marie said Erzsi (diminutive of the Hungarian Erzebet) on September 2nd, 1883, the Emperor's favourite  granddaughter and the couple's only daughter (Stéphanie couldn't conceive anymore ), which never could give a rightful heir to the Habsburg crown, but that's another story that I already told you long ago ...

And after participating virtually to these sumptuous wedding celebrations, I hope will reach you full of affection and gratitude my greeting, dear readers who pass here for the first time and you, faithful friends who always follow me, please accept my warmest thanks!

See you soon 











BIBLIOGRAPHIC SOURCES:

Sigrid-Maria Grössing (Autore), C. Giovanella (a cura di), F. Foradini (Traduttore), Rodolfo d'Asburgo. Libero pensatore, rubacuori, psicopatico,  Mgs Press,  2006;

Brigitte Hamann, Kronprinz Rudolf. Ein Leben. Amalthea, Wien 2005;

Alan Palmer, Twilight of the Habsburgs: The Life and Times of Emperor Francis Joseph,
Faber & Faber, 1994; 

Royal Menus ... a history of Royal dinings - Franz Joseph & 'Sissi' Host Wedding Banquet at Hofburg Palace;

John T. Salvendy (Autore), S. Melani (Traduttore), Ribelle reale. Ritratto psicologico di Rodolfo, Ugo Mursia Editore, 1995. 




QUOTATIONS AND NOTES:

* Stéphanie paternal grandfather, Erzherzog Joseph von Österreich-Lothringen was Palatine of Hungary from 1796 to 1847.

1, 2 - Royal Menus ... a history of Royal dinings - Franz Joseph & 'Sissi' Host Wedding Banquet at Hofburg Palace

3 - Alan Palmer, Twilight of the Habsburgs: The Life and Times of Emperor Francis JosephFaber & Faber, 1994, Chapter 14 - FATHER AND SON.



A forgotten master in Victorian painting: Hugues Merle.

$
0
0


Ogni artista intinge il pennello nella sua anima,
e dipinge la sua stessa natura nelle sue immagini.


Henry Ward Beecher (1813 - 1887)




Maternal Affection



Spesso paragonato a William-Adolphe Bouguereau, che conobbe nel 1862 e del quale condivise temi sentimentali espressi con tecniche chiroscurali affini, Hugues Merle nacque nel 1823 nel villaggio di Saint-Marcellin nella regione dell'Isère ( situato nel Sud-Est della Francia). Poco ci è dato di sapere della sua famiglia e della sua educazione infantile; per certo sappiamo che come comunità, quella dell'Isère era connotata da un forte accento politico ed era nota per le profonde radici protestanti e per il supporto quasi uniforme a favore dell'Impero e non a caso all'inizio della sua carriera Merle dipinse una serie di opere pro-impero che potrebbero essere una chiara espressione delle sue origini.

Accettato quale studente all'École des Beaux-Arts in Paris, la più prestigiosa scuola per artisti dell'intera nazione, egli si iscrisse presso lo studio di Léon Cogniet (1784-1880) famoso e capace pittore anche se ricordato principalmente per le proprie doti in fatto di insegnamento; Merle iniziò ad esporre le proprie opere al Salon (Parigi) nel 1847 e dopo aver ricevuto il secondo premio nel 1861 e nel 1863, venne nominato Chevalier de la Legion d' Honor nel 1866.

Guardando ai suoi dipinti si potrebbero quasi distinguere tre differenti fasi evolutivo-espressive della sua produzione, poiché partendo dai tele di natura propriamente storica, approda alle scene di carattere romantico - sentimentale intorno agli anni '50 per concludere con le figure tratte dal repertorio letterario, anche stimolato dalla traduzione in francese da parte di François-Victor Hugo, figlio del celeberrimo scrittore, di tutte le opere di William Shakespeare, cui attinsero il teatro, la scultura ed, appunto, anche la pittura. 



 Romeo and Juliet




Tristan and Isolde



Ma è nell'ambito della pittura così detta di 'genere', nelle scene affettive e familiari, che a mio modo di vedere egli riesce ad esprimere il meglio di sé, basta osservare i volti dei protagonisti dei suoi dipinti ... non occorre leggerne e conoscerne il titolo, lo si comprende dalle espressioni ritratte, dalle luci che si accordano con gli stati d'animo che egli vuole suscitare e comunicare, dai temi scelti che infondono serenità d'animo ...



Grandmother's Story




The Embroidery Lesson




Young Girl Holding A Sleeping Baby





Mother and Children




Best Friends




The First Thorns of Knowledge




Mother and Child




Afternoon Dreaming (detail)




Good Sister





Chi ha arte o scienza
quegli ha anche religione;
Chi non ha arte o scienza
quegli abbia religione.


Johann Wolfgang  von Goethe (1749 - 1842)




Che nel vostro cuore trovi sempre spazio la gioia per le piccole cose, mie carissimi lettori, ve lo auguro sinceramente ...

A presto 💕






















"Every artist dips his brush in his own soul, 
and paints his own nature into his pictures."


Henry Ward Beecher (1813 - 1887)






- picture 1 - Maternal Affection





Often compared to William-Adolphe Bouguereau, whom he met in 1862 and with which he shared sentimental themes expressed with similar chiroscurali techniques, Hugues Merle was born in 1823 in the village of Saint-Marcellin, located in the Isère region (South-East of France). Just a little we are given to know about his family and his childhood education; we do know that as a community, the Isère was marked by a strong political accent and was known for deep Protestant roots and for an almost uniform support in favor of the Empire and not by chance early in his career Merle painted a series of pro-empire works that could be a clear expression of its origins.

Accepted as a student at the Ecole des Beaux-Arts in Paris, the most prestigious school for artists of the entire nation, he enrolled at the studio of Léon Cogniet(1784-1880) famous and capable painter although primarily remembered for his talents in teaching; Merle began to exhibit his works at the Salon (Paris) in 1847, received the second prize in 1861 and in 1863 and was appointed Chevalier de la Legion d'Honor in 1866.

Looking at his paintings we could distinguish three different evolutionary-expressive stages of his production, since starting from the strictly historical paintings, lands to the romantic – sentimental scenes nearly in the 50ies to finish with figures taken from the literary repertoire, also stimulated by the translation into French by François-Victor Hugo, son of the famous writer, of all the works of William Shakespeare, by which drew the theater, sculpture and, of course, also painting.




- picture 2 -  Romeo and Juliet


- picture 3 - Tristan and Isolde 




But it is in paintings so-called 'of genre', in affective and familiar scenes, that, in my view, he's able to express the best of his artistitalent, just look at the faces of the protagonists of his paintings ... it's needless to read and know their title, you can understand it by the expressions portrayed, by the lights that accord with the states of mind he wants to stimulate and communicate, by the themes chosen to infuse peace of one's soul ...




- picture 4 - Grandmother's Story


- picture 5 - The Embroidery Lesson


- picture 6 - Young Girl Holding A Sleeping Baby


- picture 7 - Mother and Children


- picture 8 - Best Friends


- picture 9 - The First Thorns of Knowledge


- picture 10 - Mother and Child


- picture 11 - Afternoon Dreaming (detail)


- picture 12 - Good Sister







He who possesses science and art,
has religion;
 he who possesses neither science nor art,
let him get religion. 


Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1842)





May the joy for the little things always dwell in your heart, my dear readers, that's my sincere and fond wish for you ...


See you soon 💕






A life finishes ... while some others come into the world ...

$
0
0



L'anima dovrebbe sempre stare socchiusa,
pronta ad accogliere l'esperienza dell'estasi.

Emily Dickinson





Accade, spesso, sempre più spesso che il tempo scorra in fretta e non ci si renda conto di quanto velocemente i mesi, gli anni passino ... a giugno il nostro Anacleto avrebbe compiuto 17 anni, un micio dalle dimensioni minute come prima non mi era mai capitato di vedere, che venne alla luce presso la casa di alcuni vicini, nella borgata dove allora abitavamo, ma non appena cominciò con il muovere i primi passi venne da noi ed ... aveva già fatto la sua scelta, voleva che fossimo noi la sua famiglia ... divenne il piccolino di mamma e papà coccolato da quella che allora era una grande famigliola fatta di tanti 'fratelli' per lui, famigliola che purtroppo, con il trascorrere del tempo, divenne sempre più piccola fino a che egli si trovò a rimanere l'ultimo, sempre più gioioso, sempre più coccolato ed amato ... 

Da alcuni mesi l'età era divenuta un peso per lui ed il suo brio è andato sfumando a poco a poco, ma davvero non ci voleva lasciare ... fino a che questa mattina la troppa debolezza lo ha vinto ed è tornato al cielo ... sì, da oggi in cielo vi è un piccolo angelo in più ... grazie piccolino per tutto quello che ci hai donato ...



Il dolore che si prova in questi casi lo può comprendere solo chi abita in compagnia di creature che ci accompagnano durante il cammino della vita di ogni giorno, talvolta facendoci sorridere, talvolta consolandoci in momenti di sconforto, sempre comunque al nostro fianco, creature che si fanno dono per noi ...

Ma la vita è sempre pronta a sorprenderci, e, poco dopo la scomparsa di Anacleto, con gli occhi ancora velati dal pianto ed il cuore in preda allo sconforto, passeggiando nel nostro portico in compagnia di Bea e Giannotto, con il cuore gonfio di tristezza e di malinconia, ho udito un trillo che ben conosco ... erano i primi gemiti di una nidiata di codirossi 





... si trattava solo di scoprire dove fosse, l'unica cosa che compresi subito era che questi suoni finissimi provenivano dall'alto e Giannotto sembrava averlo compreso con me




 ... tanti, tantissimi sono i nidi di cinciallegre, fringuelli, merli, usignoli, allodole, ballerine, picchi, ghiandaie, passeri, pettirossi, codibugnoli ed altri ancora che ogni giorno brulicano di vita sui nostri alberi e tra le fessure dei nostri vecchi muri, ma oggi davvero non credevo mi attendesse una tale meraviglia: da anni alcuni passeracei trovano albergo nel nostro portico durante l'inverno e con ogni probabilità vi è chi, in mezzo ai cesti che tengo appesi alle vecchie travi del soffitto,




ha scorto il luogo ideale, sicuro e protetto, per deporre le proprie uova e crescere i propri piccoli .... 




il cuore mi si è riconfortato, è stato come se una mano dal cielo avesse voluto lenire le mie pene mostrandomi come la vita sia un continuo rinnovarsi e come sempre, anche tra le lacrime, vi possa essere spazio per un sorriso di incanto, di commozione, quello che solo un abbraccio celeste può donare ... 

E comunque non eravamo soli, altri occhi incuriositi, ma tutt'altro che spaventati, ci stavano osservando, proprio a pochi passi da noi ...




 



un'altra nidiata, questa volta di quattro coniglietti, stava compiendo, indisturbata, la propria passeggiata quotidiana ... mi correggo, non erano quattro, bensì cinque, 




uno, ancor più tranquillo di tutti gli altri, e di sicuro da poco sveglio, era un po' più in disparte a fare toilette ... 




Mi ricordai allora di una frase che lessi tempo fa tra le pagine del romanzo Emma di Jane Austen:


Nessun incanto è pari alla tenerezza del cuore.





Ho scritto commossa queste righe, perché ancora la tristezza non mi abbandona, ci vuole tempo per accettare certi accadimenti che fanno parte della vita, anche se sono consapevole di avere tanti, davvero tanti motivi per cui gioire in ogni attimo delle mie giornate ...




Un dolore è più forte in primavera,
per contrasto alle cose che cantano -
non soltanto gli uccelli - ma le menti -
e i minuti splendori e le brezze -
quando ciò per cui cantano è distrutto,
a che serve un'azzurra melodia -
ma la resurrezione ebbe da attendere
finché non fosse rimossa una pietra -


Emily Dickinson, 1530




A presto 💕



















The soul should always stand ajar, 


ready to welcome the ecstatic experience.


Emily Dickinson





- picture 1  




It happens, more and more often, that the time passes quickly and we don't realize how fast days, months and years go by ... in June our Anacleto would have turned 17 years old, a kitten from such a minute size as I had never seen before, which came into the world at the house of some neighbors in the little village where we lived then, but as soon as he began moving his first steps, he came to us and ... he had already made his choice, he wanted us to become his family ...  he became mom and dad's little one, spoiled by what was then a great family made up of many little cats, 'siblings' for him, family that unfortunately, with the flowing  of the time, became smaller and smaller until he remained the last, always more joyful, pampered and loved more and more ...

For some months his age had become a burden to him and his liveliness went vanishing little by little, but he really didn't want to leave us ... until this morning, the far too much weakness  won him and he returned to heaven. .. yes, now in heaven there is one more little angel ... thank you, my little one, for everything you've given us during these so lovely years ...




- picture 2




The pain you feel in such cases may understood just by those who live in the company of creatures that lead us along the way of life every day, sometimes making us laugh, sometimes consoling us in moments of despair, but always by our side, creatures which make themselves a gift for us ...

But life is always ready to surprise us, and, shortly after Anacleto's death, with my eyes still veiled by tears and my heart in despair, walking along our porch together with Bea and Giannotto, with my soul full of sadness and melancholy, I heard a trill which I know so well ... they were the first groans of a brood of redstarts




- picture 3


- picture 4




... It was just to find out where the nest was, the only thing I quickly realized was that these fine sounds came from above and Giannotto seemed to have understood it together with me




- picture 5




... Such a lot are the nests of titmice, finches, blackbirds, warblers, skylarks, dancers, woodpeckers, jays, sparrows, robins, long-tailed tits and others which every day are teeming with life on our trees and between the cracks of our old walls, but today really I didn't think tha such a wonder was awaiting me: for years some passerines find housing in our porch during the Winter and in all probability one of them, in the midst of the baskets that I keep hanging on the old ceiling beams,




- picture 6


- picture 7




She has chosen the perfect location, safe and secure, where to lay her eggs and raise her little ones ....




- picture 8


- picture 9




my heart was comforted, it was as if a hand coming from heaven had wanted to soothe my pain showing me that life is a continuous renewal and as always, even through tears, there may be room for a smile of enchantment, of emotion, which only a celestial hug can donate ...

Anyway, we were not alone, other curious - but not scared at all - little eyes were looking at us, just a few steps from us ...




- picture 10


- picture 11


- picture 12


- picture 13




one litter, this time of four bunnies, was fulfilling, undisturbed, its daily walk ...I'm correcting myself, they weren't four, but five,




- picture 14 




one, even quieter than everyone else, and certainly just woken up, was a little more on the sidelines to make toilet ...




- picture 15




Then I remembered a phrase that I read long ago amongst the pages of the novel Emma by Jane Austen:



No wonder is equal to the tenderness of the heart.





- picture 16




I wrote down these lines so moved, this sadness still doesn't leave me, it takes some time to accept certain events that are part of life, even though I have many, so very many reasons for which to rejoice in every moment of my day ...



A Pang is more conspicuous in Spring
In contrast with the things that sing
Not Birds entirely—but Minds—
Minute Effulgencies and Winds—
When what they sung for is undone
Who cares about a Blue Bird’s Tune—
Why, Resurrection had to wait
Till they had moved a Stone—


Emily Dickinson, 1530




The fattest men in Regency England.

$
0
0


Agli inizi del XIX° secolo, con la rivoluzione industriale ai propri albori, la distinzione in classi sociali andava definendosi sempre più marcatamente e sempre maggiore era il divario tra la classe operaia che viveva tra stenti ed enormi difficoltà, perseguitata dallo spettro della fame e della debolezza fisica -  gli orari di lavoro negli opifici erano interminabili ed estenuanti - quella borghese, da un lato, che, appena sorta, si stava arricchendo velocemente, e quella aristocratica dall'altro, che sempre più si pasceva dei propri privilegi; probabilmente, date le contraddizioni che lo connotavano, questo secolo dapprincipio lo si può a ragione considerare come la coda del secolo precedente.

Sta di fatto che accanto a chi periva per fiaccato dalla fame, vi era chi dal troppo cibo rimaneva soffocato ... banchetti e ricevimenti, tenuti nel lusso più sfrenato, coniugati all'ozio più licenzioso, condussero al decesso più persone che passarono alla storia come gli uomini più grassi dell'epoca Regency e tra i più 'corpulenti' dell'intera storia anglosassone ... non è un caso che proprio durante questa epoca anche gli uomini furono costretti a vestire il corsetto per mascherare le proprie forme, non si poteva esibire forme sproporzionate proprio nel periodo in cui era di moda lo stile dandy, impeccabile, snello ed elegante, propugnato da Lord George Bryan Brummell !


Lo stesso principe Giorgio III da cui questa brevissima epoca trasse origine era spesso oggetto di caricature che lo ritraevano quale Prince of Pleasure - Principe del Piacere ( qui sotto lo vediamo in una vignetta satirica che reca la firma di James Gilray ) la cui voluttà, da libertino e dotato perdigiorno quale ci viene descritto dalle cronache del tempo, lo condusse dall'essere magro e slanciato a divenire pesante e pingue, ma non di lui intendo qui parlarvi, quanto piuttosto di veri e propri fenomeni.


"A Voluptuary Under The Horrors of Digestion": caricatura del 1792 by James Gillray che ritrae Georgio III all'epoca ancora Prince of Wales



Furono così notevoli da passare alla storia Edward Bright di Maldon, Essex, John Love, un venditore di libri di Weymouth, Dorset, e Daniel Lambert di Leicester, East Midlands, il quale forse anche grazie alla propria 'agilità', battè entrambi in quanto a corpulenza ... ed anche in quanto a fama, poiché ancor oggi il suo nome è associato a qualcosa di dimensioni particolarmente ciclopiche.



IL GRANDE EDWARD BRIGHT ~

Maldon vanta l'uomo più grasso del XVIII secolo dell'intero Essex. Egli si chiamava Edward Bright e, quando morì nel 1750, all'età di soli 29 anni, il suo peso si aggirava intorno ai 44 stones ( tenuto conto del fatto che 1 stone equivale a 6,350 kg. il peso in questione dovrebbe essere di poco inferiore ai 300 chili !) Bright lavorava da ragazzo come postino e si recava regolarmente a Chelmsford e da lì faceva ritorno a casa. Viveva presso la Church House di St.Peter in High Street, dove in seguito aprì un negozio. Quando morì un buco dovette essere praticato in una parete della sua casa e una gru improvvisata lavorò per far scendere la bara. Sei forti uomini lo condussero fuori dal cancello anteriore e lo immisero sul carro funebre.


Nato nel 1721, dimostrò presto la propria corpulenza che mantenne per tutta la sua breve vita sia per costituzione sia, si narra, di conseguenza ad una scommessa: a quanto pare, un giocatore d'azzardo incallito accettò di scommettere che settecento uomini sarebbero potuti entrare nel gilet di Bright, scommessa che egli, ahimè, non vinse poiché il suddetto panciotto non riuscì che ad ospitare più di sette uomini i quali non impedirono comunque che esso fosse debitamente appuntato, senza rompere un punto o sforzare un bottone. 
Egli perì per letargia - di sicuro dovuta da un eccesso di cibo - ed è inutile dire che anche la sua bara ebbe proporzioni straordinarie: si dice che fosse larga 3 piedi e 6 pollici all'altezza delle spalle ( cm.106,5 ca.), 2 piedi 3,5 pollici all'altezza della testa ( cm.70) 22 pollici ai piedi ( cm 56 ca.) e quanto a profondità la misura che gli annali riportano è la seguente: 3 piedi e 1,5 pollici (cm.95.5 ) Furono necessari circa dodici uomini per condurlo dalla chiesa al cimitero, lungo un corteo che attraversò l'intero centro richiamando persone provenienti da ogni dove per assistere ad una così straordinaria sepoltura - fu infatti necessario l'ausilio di un argano per calare la sua bara nel terreno !



~ JOHN LOVE DA WEYMOUTH ~

Chi lo conobbe da adulto stentava a credere che di lui, da fanciullo, si facessero scherno i suoi compagni di scuola e di gioco per l'eccessiva magrezza e gracilità che lo connotavano, tanto da farlo pensare affetto da rachitismo o addirittura da tubercolosi.


Fu quando aprì una libreria in città che, seguendo i consigli del proprio medico, si lasciò andare ad ogni tipo di sollazzo, concedendosi vino ed ogni sorta di leccornia ingrassando al punto da divenire una sorta di attrazione: si dice che dovesse tenere una cinta fin sotto il mento affinché non gli calassero i pantaloni, che non potesse vestire un cappotto per l'imbroglio del giromanica e che l'unico indumento in cui riuscisse a sentirsi a proprio agio fosse una camicia da notte .... mi viene da pensare a come facesse a stare in negozio, dietro ad un banco, con quelle dimensioni e per di più in camicia da notte ...
A causa di quella che per lui divenne una vera e propria dipendenza dal cibo e dalle bevande, egli divenne talmente obeso, ossia molto più pesante di quanto la sua struttura potesse reggere, da morire a soli 40 anni soffocato dall'adipe. I registri mostrano che al momento del suo decesso pesava 26 stones o 368 libbre, corrispondenti a circa 167 chilogrammi. Fu sepolto nel mese di ottobre del 1793 e presumibilmente la bara insieme con la salma raggiungevano il peso di circa 1 ton, ovvero 900 chili: la bara fu fatta uscire dalla finestra e fatta scendere grazie a due pali in legno conficcati nel terreno e all'aiuto di corde che su di essi la fecero scivolare.






DANIEL LAMBERT DI LEICESTER ~

Nonostante in quanto a peso Lambert superò sia Bright che Love, stiamo parlando di una persona affatto apatica e sedentaria, quanto piuttosto di uno sportivo che già in giovanissima età - 8 anni - insegnava nuoto ai bambini più piccoli e che mantenne sempre una certa agilità nonostante le proprie dimensioni davvero eccessive.

Per quanto ci è dato di sapere egli sembra non fosse particolarmente pesante fino a dopo il 1788 - talune fonti suggeriscono il 1791 - anno in cui egli fece ritorno a Leicester, la sua città natale, ( egli si era recato per lavoro a Birmingham ma quando la fabbrica di fibbie presso cui era impiegato chiuse tornò sui propri passi ) dove il padre lavorava presso il carcere della cittadina; quando questi si ritirò cedette il posto al figlio che divenne un rispettato carceriere, ma quando nel 1793 il carcere chiuse egli pesava 32 stones ( equivalenti a 203 chilogrammi) , e, trovandosi disoccupato, dopo aver guadagnato peso aggiuntivo, decise di trarre profitto dalla propria corpulenza.
Numerose sono le descrizioni che furono si di lui pubblicate, ma leggiamo insieme la seguente:

"Quando è seduto egli sembra essere una massa stupefacente di carne, poiché le sue cosce sono così coperte dalla sua pancia che nulla altro che le sue ginocchia emerge, mentre la carne delle gambe, che assomigliano a cuscini, sembra quasi sommergerne i piedi ".

Egli visitò in più tempi Londra, Cambridge, Huntingdon, e Stamford dove morì al Waggon and Horses Inn il 21 luglio del 1809 di conseguenza a quella che venne allora definita "degenerazione grassa del cuore": aveva da poco compiuto 39 anni. 
Come ben potete immaginare non diversamente da quanto accadde per Bright e Love fu tutt'altro che semplice rimuovere la salma dei Lambert che aveva al tempo raggiunto i 53 stones ( più di 336 kg.) e per condurre i suoi resti e la sua bara fuori dalla locanda fu necessario demolirne una finestra ed un muro, e questa volta né argani né corde furono impiegati per spostarlo, quanto piuttosto ruote a motore che, seguendo una pendenza graduale, dalla locanda lo condussero al cimitero di Stamford Baron St.Martin’s dove, per interrarlo, furono necessari ben trenta minuti e la forza di 20 uomini.


Ritratto di Daniel Lambert, l'uomo più pingue del suo tempo tanto da divenire un'attrazione nel primo decennio del XIX° secolo.
Questa incisione di Robert Cooper fu pubblicata nel 1821, 12 anni dopo la morte di Lambert.




La fama è come un fiume che porta a galla le cose leggere e gonfie, e manda a fondo quelle pesanti e massicce.




Chissà, ... se fosse vissuto due secoli più tardi, forse Sir Francis Bacon (1561 - 1626) erudito - filosofo, saggista, politico e giurista - vissuto alla corte inglese a fianco della regina Elizabeth I Tudor, prima, e di James I Stuart, dopo, avrebbe riflettuto un po' prima di tramandarci una tale citazione, perché se la leggiamo nel suo significato letterale non giustifica, anzi nega il successo di questi massicci signori ... !!!

Ammetto di aver scelto per oggi un argomento un po' insolito con cui intrattenervi, ma la storia è fatta anche di questo amici miei cari !

Spero che abbiate gradito tale bizzarro momento di evasione e lasciate che prenda il mio congedo da voi non prima di avervi augurato ogni bene.

A presto 💕












FONTI BIBLIGRAFICHE:

Sylvia Kent, Folklore of Essex;

Lynne Raymond, EDWARD BRIGHT, 'THE FAT MAN AT MALDON', 1721-1750, 2014;

The New wonderful magazine, and marvellous chronicle. Vol.1, no.1-vol.5;

WIKIPEDIA.



CITAZIONI:

1 - Sylvia Kent, Folklore of Essex













- picture 1




In the beginning of the XIXth century, with the Industrial Revolution to its early days, the distinction in social classes was defining itself openly more and more and it was increasing the gap between the working class, that lived between enormous hardships and difficulties, haunted by the specter of hunger and of physical weakness - the working hours in the factories were endless and exhausting - the middle class, on one hand, that, just sort, was getting rich very quickly, and the aristocratic one on the other hand, that was trying to keep more and more its privileges; probably, given the contradictions connoting this century at first, it can be rightly regarded as the tail of the previous one.
The thing is that beside those who perished weakened by hunger, there were those who remained stifled by too much food ... banquets and receptions, held in the most unbridled luxury, 'married' to the more licentious laziness, led to death several people who became famous in History as the fattest men of the Regency era and amongst the most burly of the entire Anglo-Saxon History ... it is not a coincidence that during this era men too were forced to wear the corset to hide their forms, they couldn't be showed disproportionate forms in the period when it was fashionable the dandy style, flawless, slender and elegant, advocated by Lord George Bryan Brummell!




- picture 2




The same Prince George III from which this brief era draws its origin was often the subject of caricatures portraying him as Prince of Pleasure (below you can see him in a satirical one bearing the signature of James Gilray) whose pleasures, as a libertine and 'equipped' idlers so as he's described in the chronicles of the time, led him from being lean and slender to become heavy and stout, but it's not my intention to talk to you about him, but rather about of real 'phenomena'.




- picture 3 - "A Voluptuary Under The Horrors of Digestion": 1792 caricature by James Gillray from George's time as Prince of Wales




Were so significant to pass to History Edward Bright of Maldon, Essex, John Love, a bookseller from Weymouth, Dorset, and Daniel Lambert of Leicester, East Midlands, who perhaps thanks to its 'agility', beated both of them as for his weight ... and also in terms of fame, since even today his name is associated with something sized very huge.






~ THE GREAT EDWARD BRIGHT ~

Maldon claims the fattest man in eighteenth-century Essex. This was Edward Bright, who, when he died in 1750 at the age of twenty-nine, weighted 44 stones. Bright was once a post boy and rode regularly to Chelmsford and back. He lived at the Church House near St.Peter's in the High Street, where he later kept a shop. When he died a hole had to be cut into the wall of his house and an improvised crane employed to lower his coffin. Six strong men carried him out of the front gate and placed him on the hearse. 1 



- picture 4 on the left - Born in 1721, he soon showed his corpulence as a typical characteristic of his nature which he held throughout his short life both for his constitution and, it is said, accordingly a bet: apparently, an inveterate gambler agreed to bet that seven hundred men would be able to enter Bright's waistcoat, bet that he, of course, didn't win because the aforementioned waistcoat couldn't accommodate more than seven men who did not prevent, however, that it was duly pinned, without breaking a point or straining a button.
He perished by lethargy - certainly due to an excess of food - and it is needless to say that his coffin had extraordinary proportions: it is said that it was 3 feet and 6 inches wide at the shoulders (approx cm.106,5 ), 2 feet and  3.5 inches at the head (70 cm), 22 inches at the feet (56 cm approx) and its depth, according to what is recorded, was 3 feet and 1.5 inches ( cm.95.5);  about twelve men were needed to lead it from the church to the cemetery in that which was a long procession through the entire center attracting people from all over to attend such an extraordinary burial - was in fact needed the help of a winch to lower his coffin into the ground!





~ JOHN LOVE FROM WEYMOUTH ~

Those who knew him as an adult could hardly believe that he, as a child, was teased by his classmates for his excessive thinness and frailty that connoted him, to the point to make people think that he was suffering from rickets or even consumption.




- picture 5 on the right 













~ DANIEL LAMBERT OF LEICESTER ~

Although in terms of weight Lambert surpassed both Bright and Love, we are talking about a person lethargic and sedentary at all, but rather about a sportsman that already at early age - 8 years - taught swimming for younger children and always maintained a certain agility despite its dimensions.



- picture 6 on the left - As far as we know he wasn't particularly heavy until after 1788 - some sources suggest 1791 - the year in which he returned to Leicester, his hometown (he had gone to Birmingham for work but when the buckles factory where he was employed closed, he retraced his steps), where his father worked at the prison of the town; when he retired, he gave way for his son who became a respected jailer, but when in 1793 the prison closed, he weighed 32 stones (equivalent to 203 kilograms), and, finding himself unemployed, after having gained additional weight, he decided to exploit his corpulence.
There are numerous descriptions that were published about him, but let' s read together the following one:

"When he is sitting he seems to be an amazing mass of flesh, because his thighs are so covered by his belly that nothing but his knees emerges, while the meat of the legs, which look like pillows, seems almost to submerge his feet".

He visited more times London, Cambridge, Huntingdon, and Stamford, where he died at the Waggon and Horses Inn on July 21st, 1809 consequently to what was then called "fat degeneration of the heart": he had just turned 39 years old.
As you can imagine, not unlike what happened to Bright and Love it was anything but easy to remove the remains of Lambert who had at the time reached 53 stones (more than 336 kg.), and for bringing his remains and his coffin out the inn it was necessary to demolish a window and a wall, and this time neither winches or ropes were used, but rather motorized wheels that, following a gradual slope, brought him from the inn to Stamford Baron St. Martin's cemetery where, to bury him, they were necessary thirty minutes and it took the strength of 20 men.




- picture 7 - Portrait of Daniel Lambert, the most corpulent man of his time. He became an attraction in the first decade of the 19th century, being portrayed by several artists. This engraving by Robert Cooper was published in 1821, 12 years after Lambert's death.





Fame is like a river that brings up things light and swollen, and sends down those heavy and massive.



I wonder ... perhaps, if he had lived two centuries later, Sir Francis Bacon (1561 - 1626) erudite - philosopher, essayist, politician and jurist - who lived at the English court alongside the reign of Queen Elizabeth I Tudor, first, and of James I Stuart, later, would have thought a little bit before than handing down such a quote, because if we read it in its literal meaning it does not justify, indeed, it denies the success of these massive gentlemen ... !!!

I admit I chose for today a little unusual topic with which entertain you, but History is made also of this my dear friends !

I hope you enjoyed this bizarre moment of escape and let me take my leave of you not before having wished you all my best.



See you soon💕











BIBLIGRAFIC SOURCES:

Sylvia Kent, Folklore of Essex;

Lynne Raymond, EDWARD BRIGHT, 'THE FAT MAN AT MALDON', 1721-1750, 2014;

The New wonderful magazine, and marvellous chronicle. Vol.1, no.1-vol.5;

WIKIPEDIA.



QUOTATIONS:

1 - Sylvia Kent, Folklore of Essex


History of Irish crochet lace - Il Merletto d'Irlanda.

$
0
0


Passò alla storia come THE GREAT FAMINE - LA GRANDE CARESTIA e fu una delle piaghe più laceranti dell'intero periodo durante il quale regnò la regina Victoria, interessando la già da sempre provata Irlanda, annessa definitivamente nel 1800 con l'Act of Union al Regno Unito ...




... Molteplici furono le cause che inginocchiarono gli abitanti di questa verde terra tra il 1845 ed il 1846, ma quella che è da considerarsi scatenante fu la sfortunata apparizione di una patologia che interessò la coltura delle patate procurata da un fungo, la peronospora, che raggiunse il paese nell'autunno del 1845 distruggendo circa un terzo del raccolto della stagione e l'intero raccolto dell'anno successivo. 

L'isola d'Irlanda era al tempo ancora divisa tra proprietari terrieri e contadini e fortemente legata all'agricoltura e all'allevamento, traeva sostentamento principalmente dalle coltivazioni di patate, cereali e lino e dai numerosi allevamenti di bovini che davano latte, burro e formaggi, l'industrializzazione che dilagava in Inghilterra ancora non aveva raggiunto le sue verdi lande e fu anche questo, se vogliamo, uno dei motivi per cui fece molta fatica a superare questo momento difficile e a risollevare il capo.

I primi danni ai raccolti di patate da parte di un'infezione sconosciuta si ebbero nel 1844 sulla costa orientale degli Stati Uniti, mentre nell'agosto del 1845 vi furono le prime segnalazioni provenienti dall'isola di Wight; i primi resoconti del settembre del 1845 trasmisero un cauto ottimismo sulla diffusione del misterioso infestante che colpiva le patate, ma al momento del raccolto i dati rivelarono che le perdite erano ben più consistenti di quanto auspicato. 
Nella primavera del 1846 fra coloro che risultarono più colpiti dalla penuria di cibo cominciarono a manifestarsi i primi casi di "febbri", le cosiddette fevers, ossia il tifo e la febbre ricorrente, temutissime dalla popolazione poiché negli anni successivi divennero la principale causa di mortalità.



Jean-François Millet (1814–1875), è l'autore di questo dipinto ad olio datato 1861 circa. 
Esso è ora di proprietà del Museum of Fine Arts in Boston grazie ad un dono (1917) di Quincy Adams Shaw tramite Quincy Adams Shaw, Jr., e Mrs. Marian Shaw Haughton.



Nel 1845, a fronte del primo calo di produzione della patata vi fu un brusco aumento del flusso migratorio: spesso erano gli stessi proprietari terrieri ad incoraggiare i propri contadini a lasciare il paese, pagando loro la traversata, ma se la prima ondata migratoria era composta da persone in discrete condizioni fisiche e di salute a partire dal 1846 vi fu un esodo senza precedenti costituito da enormi masse di persone allo stremo delle forze che si riversarono su ogni possibile imbarcazione, dirette principalmente verso le colonie del Canada, le coste orientali degli Stati Uniti, in Gran Bretagna ed in Galles, portando con sé le malattie derivanti dalla denutrizione e scatenando epidemie nei luoghi di destinazione. 

Chi rimaneva in patria doveva ingegnarsi inventandosi un modo per procurasi il denaro necessario per sfamare le proprie famiglie e fu così che le donne, spronate dalle monache orsoline, con rudimentali uncinetti di legno



giunsero a dar vita ai capolavori che oggi conosciamo come Merletto d'Irlanda.

Fortemente influenzato dal merletto ad ago veneziano, il pizzo all'uncinetto irlandese vantava modelli personalizzati e custoditi gelosamente in seno ad ogni famiglia, tramandati scrupolosamente di generazione in generazione di modo che ogni ricamo potesse essere unico ed irripetibile per mano di altri. 



La popolarità del merletto d'Irlandese crebbe significativamente durante la seconda metà del 1800 raggiungendo l'apice della propria fama con la fine del XIX° secolo: dopo essere stato reso noto e venduto presso le famiglie aristocratiche inglesi esso divenne sinonimo di moda da che ne fu fatto dono alla regina Victoria ed ella non solo lo accettò, ma lo vestì immediatamente qualificando così i pizzi all'uncinetto provenienti dall'Irlanda come rifiniture decisamente in voga. 
La Regina del Popolo, inoltre, volle ella stessa imparare l'arte dell'uncinetto d'Irlanda e di sicuro un tale passatempo le fu di sollievo nei momenti di maggior tristezza dovuti alla precoce ed improvvisa perdita dell'amato consorte Prince Albert ( il suo decesso risale al 14 dicembre del 1861 quando egli aveva solamente 42 anni ), quando vi si dedicava con diletto per ore ed ore senza sosta.

Le donne più facoltose si vestivano di pizzo da capo a piedi, ma anche coloro che appartenevano alla classe media potevano permettersi un paio di polsini, un collare, 




o un bordo ricamato ... e fu così che velocemente il merletto d'Irlanda andò definendosi come una scelta popolare nelle principali città del mondo.

Parigi, Londra, Dublino e San Francisco, divennero importanti centri di distribuzione di questo prezioso manufatto: 



parasoli, passamanerie, ombrelloni e persino interi abiti da sposa venivano commissionati delle famiglie più benestanti del tempo, ma con l'avanzare del 1900 le merlettaie, anche le più abili, non poterono più competere con le macchine che producevano pizzi, sì di minor prestigio, ma molto più velocemente e ad un costo inferiore ed oggi possiamo ammirare alcuni di questi incantevoli antichi lavori solamente presso le sedi di alcuni musei irlandesi, poiché con il trascorrere del tempo questa antica arte è andata sfumando del tutto.
    

Quello del merletto era un vero lavoro a domicilio, e soprattutto un lavoro di famiglia che coinvolgeva tutte le donne di casa: esso veniva prodotto con l'utilizzo di tre fili di spessore differente e creato in tre diversi momenti: prima occorreva realizzare ad uncinetto tanti piccoli motivi, quali fiori, foglie, ventagli, trifogli, rose irlandesi che diverranno i veri protagonisti del lavoro che si voleva creare; per dare volume, spessore e rilievo ai motivi veniva usato un filato più spesso che faceva da base ai singoli elementi oppure vi venivano ricamati intorno dei piccoli cordoncini.




I motivi venivano quindi disposti su di un modello di carta, cercando di comporre un disegno, e fissati, generalmente con un'imbastitura: 



a questo punto venivano uniti tra di loro con un ricamo lavorato a rete, fatto con filo più sottile, di cotone o di lino.



... e pensare che tutto ciò fu originato dalla peronospora, famigerato fungo che minò le colture delle patate nella metà del XIX° secolo ... se mai fosse comparso, forse mai avrebbero potuto trovare realizzazione tali opere d'arte !



Nella speranza di avervi intrattenuti piacevolmente con un argomento sì, prettamente femminile, ma di netto interesse storico e di costume, vi auguro ogni bene per il tempo che ci separa dal nostro prossimo appuntamento, 

a presto 💕












FONTI BIBLIOGRAFICHE:


Enda Delaney, The Great Irish Famine: A History in Four Lives, Gill & Macmillan, 2014; 

Therese De Dillmont, Masterpieces of Irish Crochet Lace: Techniques, Patterns and Instructions, Dover Pubns, 1986; 

Ciarán Ó Murchadha, The Great Famine: Ireland's Agony 1845-1852, Bloomsbury Academic, 2013;

THE IRISH CROCHET BOOK - Designs and Working Directions By Helen Marvin, PUBLISHED BY THE WOMAN'S HOME COMPANION, 1913.










It became known as THE GREAT FAMINEand was one of the most lacerating wounds of the entire period during which Queen Victoria reigned, affecting the already proven Ireland, annexed in 1800 with the Act of Union to the United Kingdom ...





- picture 1 




... Several were the reasons knelting the inhabitants of this green land between 1845 and 1846, but the one which is considered the triggering cause was the unfortunate appearance of a disease that affected the cultivation of potatoes procured by a fungus, the late blight, that reached the country in the Autumn of 1845 destroying about a third of the harvest of the season and the whole crop of the following year.

The island of Ireland was at the time still divided between landowners and peasants and strongly linked to agriculture and farming, drew sustenance mainly from potatoes, cereals and flax crops and numerous herds of cattle giving milk, butter and cheeses to the single families, the industrialization that was spreading in England had not yet reached its green lands and was even this, probably, one of the reasons that made it hard for this Land to get through this difficult time and to raise its own head again.

The very firts damages to potatoes crops due to an unknown infection occurred in 1844 on the east coast of the United States, while in August of 1845 there were the first reportings from the island of Wight; the very first reports of September 1845 handed cautious optimism on the spread of the mysterious weed that struck the potatoes, but at the moment of the harvest the data revealed that the losses were much more consistent than ever thought.

In the Spring of 1846 amongst those who turned most affected by the food shortages began to appear the first cases of "fevers", that were typhus and relapsing fever, feared by the population because in later years became the leading cause of mortality .




- picture 2 - Jean-François Millet (1814–1875), created this oil-on-canvas painting, circa 1861. 
The painting is now owned by the Museum of Fine Arts (in Boston) via a gift (in 1917) from Quincy Adams Shaw through Quincy Adams Shaw, Jr., and Mrs. Marian Shaw Haughton.




In 1845, consequently to the first decline in production of potatoes, there was a sharp increase in the flow of migrants; they were often the same landowners to encourage their farmers to leave the country, paying them the crossing, but if the first wave of migration was composed by people in reasonable physical and quite good health conditions, starting from 1846 there was an unprecedented exodus consisting of huge masses of people every ounce of energy that poured out of every possible vessel, directed mainly to the colonies of Canada, the eastern coasts of the States, to Britain and Wales, bringing with them the diseases resulting from their malnutrition causing thus epidemics in the places of destination.

Those who remained at home had to strive inventing a way to procure money to feed their families and that was how women, spurred by the Ursuline nuns, with rudimentary wooden crochet hooks




- picture 3




came to give life to the masterpieces that we know today as the Irish lace.

Strongly influenced by Venetian needle lace, the Irish crocheted lace boasted custom templates and jealously guarded within each family, carefully passed down from generation to generation so that every embroidery could be unique and unrepeatable for other hands.




- picture 4




The popularity of Irish lace grew significantly during the second half of 1800, reaching the pinnacle of his fame with the late XIXth century: after having made it known to the English aristocratic families who bought it with enthusiasm, it became synonymous with fashion since it was given as a gift to Queen Victoria and She not only accepted it with joy, but dressed it immediately qualifying so crochet lace from Ireland as a very popular and fashionable finishing.

The Queen of People, moreover, wanted to learn herself the art of Irish crocheting and for sure by such a pastime she was relieved in moments of deep sadness due to the early and sudden loss of her beloved Prince Consort Albert his death dates back to December 14th, 1861 when he was only 42 years old ), when she devoted herself to it with delight for hours and hours without stopping.

The wealthiest women dressed with lace from head to toe, but also those who belonged to the middle class could afford a pair of cuffs, a collar,




- picture 5


- picture 6




or an embroidered trim ... and so it was that quickly the Irish lace went defining itself as a popular choice in the world's most famous cities.

Paris, London, Dublin and San Francisco, became important centers of distribution of this precious artifact:




- picture 7




parasols, trimmings, umbrellas and even entire wedding dresses were commissioned by the wealthiest families of the time, but with the beginning of the XXth century lace-makers, even the most skilled, could no longer compete with machines producing lace, yes less prestigious, but much faster and at a lower cost and today we can see some of these beautiful ancient works in some Irish museums, because with the flowing of time this ancient art has been vanishing altogether.




- picture 8




That lace was a real cottage industry, and above all a family business that involved all the women of the house: it was produced with the use of three wires of different thickness and designed in three different times: first it was necessary to create crocheting many small motifs, such as flowers, leaves, fans, clovers, Irish roses that will become the real stars of the job that they wanted to create; to add them volume, thickness and relief it was used a yarn thicker that served as the basis of the individual elements or there were embroidered around them some small cords.




- picture 9


- picture 10




The mitifs were then arranged on a model of paper, trying to compose a drawing, and fixed on it, generally with basting:




- picture 11




at this point they were joined together with an mesh embroidery, made with thinner wire, cotton or flax.




- picture 12




the late blight, notorious fungus that undermined the potatoes harvests in the mid XIXth century ... if it never appeared, perhaps never they could be realized such works of art !



Hoping to have entertained youn pleasantly with a topic yes, purely feminine and romantic, but of historical and of costume interest, I wish you all the best for the time which separates us from our next appointment,


see you soon 💕













FONTI BIBLIOGRAFICHE:


Enda Delaney, The Great Irish Famine: A History in Four Lives, Gill & Macmillan, 2014; 

Therese De Dillmont, Masterpieces of Irish Crochet Lace: Techniques, Patterns and Instructions, Dover Pubns, 1986; 

Ciarán Ó Murchadha, The Great Famine: Ireland's Agony 1845-1852, Bloomsbury Academic, 2013;

THE IRISH CROCHET BOOK - Designs and Working Directions By Helen Marvin, PUBLISHED BY THE WOMAN'S HOME COMPANION, 1913.








LINKING WITH:


A Victorian Afternoon Tea in our Secret Garden - Thank you Stephanie !

$
0
0

An afternoon tea or Victorian tea party may be one of the most delightful and informal affairs in the whole social round or it may be an unmitigated bore. It all depends upon the hostess. If she is a wise woman she will limit her guests to the afternoon tea to the number her house can accommodate with ease, and have her hours long enough to avoid all coming at the same time; she will have some regard to making her guests to her afternoon tea acquainted if they have not already met; and she will furnish forth her tea table so invitingly that those who come perfunctorily will remain to chat over the teacups, and pay her the compliment of forgetting the time of day.


HARPER'S BAZAAR, 1890-1907





I was given the opportunity to create a tea like those dictated by the Victorian tradition by Stephanie of the charming blog THE ENCHANTING ROSE, who, sweet and dear to me more and more, sent me so many goodies in an envelope filled with plenty of love ... an unexpected gift, coming from far away, but as you all know the distances are canceled when the feelings are strong and true ... to reciprocate to her delicate gesture, which really filled my heart with joy, I decided to invite her to this virtual tea ... but believe me, here there's a place for each of you !

Our days are becoming milder, day by day, and our SECRET GARDEN seems to invite us,


with its slow awakening ...





with the delicate sound of the water flowing from and to everywhere, creating an harmony of natural spontaneity that caresses the hearing winning the passing of the time,




with the game of the butterflies amusing themselves among the fragrant flowers of the privet bush beside the gazebo,


with the old elder tree in flower which, like every year, greets, with its tiny, sweet, countless efflorescences, the good season



and the rose garden, which we skirt to reach it, that begins to show the first roses of the year, blooming as timid as ever,




but starting with scenting the air heralding the arrival of the hottest months of the year ...

And then what better place where to spend our time together?




During the Victorian period that of the Afternoon Tea was the main occasion of meeting, both for Ladies and for Gentlemen ( something else was the High Tea that, as I told you months ago: it was served on a large table and was especially a time when feasting, because they were served not only sweet treats, but also savory food, including sandwiches, pieces of cold meat and pretzels), and, according to the tradition, I thought to serve some homemade pastries keeping chocolate as a dominant theme, always having in mind the what the Victorian era rules dictated: I have prepared some shortcakes, stuffed with a white chocolate cream, and some chocolate shortcakes enriched with chopped hazelnuts and candied orange peel.




And if the Victorian tradition wanted that on the table there were always arranged roses in bloom, to perfume this late afternoon I picked those, facing south and climbing on the main facade of Tenuta Geremia, that are about to complete their first flowering just reaching the pinnacle of their gracefulness, the beautiful, irresistible Geoff Hamilton, with the many nuances of ancient pink and the intense scent,





the first English roses from David Austin which knew our estate and given the lushness that they soon shown, they have encouraged us to give life to the collection which we're preserving with much love; a Victorian Tea should always be illuminated by alight candles, whatever is the time of day and the brightness around it



and as for the 'equipment' I've had no doubt, I decorated our little table with what I inherited by my Grandparents, indeed, my beloved Grandmothers ...





Finally I prepared two little dishes with a slice of a pie made with plums - even the seasonal fruit was often present on the table of the Afternoon Tea -, pastries filled with custard cream and a shortcake made with hazelnuts stuffed with dark chocolate, what we call 'Baci di dama'.




I was forgetting to tell you that we are never alone here ... anyway ... besides squirrels that always accompany our days outdoors





and bunnies coming  from the PRAIRIE below, even if we do not see them, curious elves peep a little anywhere ... well, to reach the SECRET GARDEN you have to walk along the ELVES' PATH and just every little thing recalls their attention ...




Althought my neighbours are all barbarians,
And you, you are a thousand miles away,
There are always two cups on my table. 


Tang Dynasty





THANK YOU MY BEAUTIFUL LADY !




My dear Italian friends and readers, forgive me if this time I felt to prefer to write in English before than in Italian, but addressing my text primarily to Stephanie, of English mother tongue, and to all the friends and readers sharing her language, it seemed rightful to me.


Wishing you all the best, I embrace you with sincere affection and infinite gratitude.


See you soon 💕
















Un 'afternoon tea' o un 'Victorian tea party' possono essere uno degli eventi più piacevoli e informali in tutto il sociale, o un fallimento assoluto. Tutto dipende dalla padrona di casa. Se ella è una donna saggia che limiterà i suoi ospiti per il tè del pomeriggio al numero che la sua casa può ospitare con facilità, e vi dedicherà ore sufficienti per evitare che tutti i convenuti si accalchino allo stesso tempo; se avrà qualche riguardo per far sì che al suo tè i suoi ospiti si conoscano se mai si sono incontrati prima; e fornirà luce al suo tavolo da tè in modo da invitare coloro che vengono di volta in volta a rimanere per qualche chiacchiera, meriterà così i complimenti per aver creato un momento indimenticabile in cui si è persa la cognizione del tempo.


HARPER'S BAZAAR, 1890-1907





- fotografia 1




L'occasione per ricreare un tè del tutto simile a quello dettato dalla tradizione vittoriana mi è stata offerta da Stephanie del delizioso blog THE ENCHANTING ROSE, la quale, dolcissima e sempre più cara, mi ha inviato talmente tanti doni in una busta colma di amore ... un regalo inaspettato, proveniente da molto lontano, ma come tutti voi sapete le distanze si annullano quando i sentimenti sono forti e sinceri ... per ricambiare il suo gesto che mi ha realmente colmato il cuore di gioia, ho pensato di invitarla a questo tè virtuale ..., ma credetemi, qui c'è posto per ognuna di voi !

Le giornate da noi si fanno sempre più miti, il nostro GIARDINO SEGRETO sembra volerci invitare, 



- fotografia 2



con il suo lento risveglio ...with its slow awakening ...



- fotografia 3

- fotografia 4 


- fotografia 5





con il suono delicato delle sue acque che scorrono un po' ovunque, creando un'armonia di spontanea naturalezza che accarezza l'udito e che vince lo scorrere del tempo, 



- fotografia 6

- fotografia 7


- fotografia 8




con il gioco delle farfalle che si trastullano tra i profumatissimi fiori del cespuglio di ligustro che affianca il gazebo,




- fotografia 9





con il vecchio albero di sambuco in fiore che, come ogni anno, saluta con le sue minuscole, dolcissime, innumerevoli efflorescenze la bella stagione



- fotografia 10




e con il roseto, che si fiancheggia per raggiungerlo, che comincia con l'esibire le prime rose della stagione, timide come non mai,



- fotografia 11

- fotografia 12


- fotografia 13




ma che iniziano con il profumare l'aria preannunciando l'arrivo dei mesi più caldi dell'anno ...

Ed allora quale luogo migliore per 'trascorrere' questo nostro tempo insieme ?



- fotografia 14

- fotografia 15




Durante il periodo vittoriano quella dell'Afternoon Tea era la principale occasione d'incontro, sia per le Ladies che per i Gentlemen ( altra cosa era l'High Tea che, come già vi dissi, era servito su di un grande tavolo ed era soprattutto un momento in cui banchettare, poiché su di esso non mancavano non solo leccornie dolci, ma anche prelibatezze salate, tra cui sandwiches, bocconcini di carne fredda e salatini ), e, come da rituale, ho pensato di servire alcuni pasticcini fatti in casa mantenendo tradizionalmente il cioccolato come tema dominante, avendo sempre bene a mente i dettami dell'epoca vittoriana: li ho preparati di pasta frolla semplice, farciti con una crema al cioccolato bianco e con frolla al cioccolato arricchita con nocciole tritate e scorzette di arancia candite.



- fotografia 16

- fotografia 17




E se la tradizione vittoriana vuole che al centro del tavolo siano sempre disposte delle rose in fiore, per profumare questo tardo pomeriggio ho cercato quelle che, esposte a sud e rampicanti sulla facciata principale di Tenuta Geremia, stanno quasi per ultimare la loro prima fioritura raggiungendo l'apice della loro leggiadria, le splendide, irresistibili Geoff Hamilton, dalle innumerevoli sfumature di rosa antico e dalla profumazione intensa,



- fotografia 18

- fotografia 19


- fotografia 20




le prime rose inglesi di David Austin che hanno conosciuto la nostra Tenuta e che dato il rigoglio che hanno manifestato, ci hanno invogliato a dar vita alla collezione che tutt'ora conserviamo con amore; sempre il tè vittoriano deve essere illuminato da candele accese, qualsiasi sia l'ora del giorno e la luminosità che lo circonda 



- fotografia 21



e per la scelta degli accessori non ho avuto alcun dubbio, ho decorato questo nostro tavolo con quanto ereditato dai nonni, anzi, dalle nonne ...



- fotografia 22 

- fotografia 23


- fotografia 24




Infine ho preparato due piattini con una fetta di torta di prugne ciascuno - anche la frutta di stagione era spesso presente sul piccolo tavolo dell'Afternoon Tea -, pastine di frolla farcite di crema pasticcera ed un pasticcino fatto con pasta frolla alle nocciole farcita di cioccolato fondente, quelli che noi chiamiamo 'Baci di dama'.



- fotografia 25

- fotografia 26




Dimenticavo di dirvi che comunque qui non siamo mai soli ... oltre agli scoiattoli che sempre accompagnano le nostre giornate all'aperto



- fotografia  27

- fotografia 28


- fotografia 29




e ai coniglietti che,  provenienti dalla PRATERIA sottostante, di quando in quando arrivano saltellando, anche se non li vediamo, folletti curiosi occhieggiano un po' ovunque ... dopotutto si percorre il SENTIERO DEI FOLLETTI per raggiungere il GIARDINO SEGRETO e con nulla si richiama la loro attenzione ...




- fotografia 30






Anche se i miei vicini di casa sono tutti barbari,
E voi siete a un migliaio di miglia di distanza,
Ci sono sempre due tazze sul mio tavolo.



Dinastia Tang




- fotografia 31





Mi scuso con gli amici ed i lettori italiani se questa volta mi sono sentita di anteporre il testo in inglese a quello in italiano, ma rivolgendomi in primis a Stephanie, di madre lingua inglese e a tutto il pubblico che condivide il suo idioma, mi sembrava doveroso.

Augurando a tutti voi che sempre mi seguite tutto il meglio che possiate desiderare vi abbraccio con affetto sincero ed infinita gratitudine.


A presto 💕












Viewing all 255 articles
Browse latest View live